Vittorio Da Camino

Vittorio Da Camino (Venezia, 1864Torino, 1919) è stato un letterato, giornalista e filantropo italiano.

Biografia modifica

Terzo ed ultimo figlio di Francesco Eugenio II Da Camino e della dalmata Giuseppina Matusevich, visse l'infanzia spostandosi in base agli incarichi lavorativi del padre, primario chirurgo e medico condotto in varie località del trevigiano e veneziano.

Il trasferimento a Torino modifica

Dopo la laurea in lettere ottenuta all'Università di Padova, si trasferì sempre al seguito della famiglia a Torino nel 1888. Qui la passione per la politica e la letteratura lo spinse a frequentare i salotti letterari cittadini, stringendo amicizia tra gli altri con Filippo Turati ed Edmondo De Amicis[1].

Già dal 1884, quindi prima di trasferirsi in Piemonte, aveva iniziato a scrivere e pubblicare dei componimenti: entro il 1916 portò a termine una trentina di opere tra cui quattro opere teatrali in versi, tre romanzi storici e vari componimenti poetici[2].

Contemporaneamente condusse una prolifica attività di giornalismo che lo spinse a fondare e dirigere dei giornali (La voce italiana, Arte italica[3], La gazzetta popolare, Prime armi, Sulle rive del Po[4]) e a collaborare con varie testate italiane ed estere (La farfalla, La commedia umana, La provincia di Mantova, Lettere ed arte, Flora mirabilis, La Carmen, Il venerdì della contessa)[1].

L'attività filantropica modifica

Socialista di idee repubblicane, Vittorio volle concretizzare le sue convinzioni politiche nel 1890 quando, di tasca propria e con l’aiuto di un gruppo di insegnanti volontari, fondò una scuola serale aperta a maschi e femmine a cui si iscrissero inizialmente ottanta persone dai quindici ai trent’anni.

L’Istituto di commercio, lavoro ed arte, popolarmente chiamato “Scuole Da Camino”, aveva sede in via Francesco da Paola 36. Nel 1897 contava quattro corsi (scuola diurna femminile commerciale e di lavoro, scuola serale di commercio maschile e femminile, scuola festiva femminile, scuola artistica serale e festiva maschile e femminile) a cui partecipavano 677 allievi[1]; nel 1907 gli allievi erano circa cinquecento[5].

La scuola era retta da un comitato onorario, che vedeva Vittorio presidente, al quale aderirono numerosi notabili della città tra i quali il sindaco, vari parlamentari e Tommaso di Savoia-Genova. Allo scoppio della prima guerra mondiale, l’istituto avviò anche una scuola-famiglia per i figli dei soldati e la Casa nazionale orfani di guerra.

L’istituto chiuse i battenti a seguito della morte del suo fondatore, avvenuta nel 1919[1]; tra i docenti che vi insegnarono ci fu anche un ancora giovane Vittorio Valletta[6].

Vittorio collaborò anche con la Società di mutuo soccorso di Torino[7].

Opere modifica

Prosa e poesia modifica

  • Per la morte di Amedeo di Savoia, duca d'Aosta, ode, 1890
  • Umberto Biancamano primo conte di Casa Savoia, romanzo, 1892
  • La metrica comparata latina italiana e le Odi barbare di G. Carducci con la nuova metrica classica italiana seguita dalle odi classiche, Torino, Paravia 1891[8]
  • Amori di Quinto Orazio Flacco ed i suoi tempi, 1895
  • Dante a Parigi e sue peregrinazioni, 1895
  • Feuilles au vent, 1898
  • A Francesco Tamagno: ode a l'Arte, ode, 1907
  • I drammi di Milano, romanzo
  • Il carro dei poveri, romanzo

Opere teatrali modifica

  • Luce e tenebre
  • Scuola per amore
  • Eterno amore
  • Fiori

Discendenza modifica

Da Erminia Barucchi ebbe due figli[1]:

Antenati modifica

 
Stemma Da Camino

Vittorio, secondo un'antica tradizione di famiglia, riteneva di essere un discendente del casato veneto dei da Camino.

Era lontano parente del chirurgo e patriota triestino Francesco Saverio da Camino, ed entrambi discendevano dai da Camin documentati a Cordignano a partire dal XVI secolo. Questi ultimi, a loro volta, ritenevano di discendere da un figlio di Gherardo VIII da Camino nato dopo il suo esilio in Germania, che sarebbe avvenuto nel 1422: quest'ultima ipotesi, sebbene piuttosto probabile, non è tuttavia ben supportata da fonti certe.

Vittorio, anche forte di questa sua convinzione, rifiutò vari riconoscimenti per la sua attività filantropica e pure delle proposte di candidatura in parlamento, in quanto sosteneva di avere già abbastanza titoli ereditati dai propri avi[1].

Nel 1911, con l’aiuto del fratello, diede alle stampe l’albero genealogico della famiglia che venne in seguito usato dal figlio Gherardo IX Maria per la storia della famiglia che pubblicò nel 1958[11].

Note modifica

  1. ^ a b c d e f Circolo vittoriese di ricerche storiche 2002.
  2. ^ Poesie che non trovarono il favore di Giosuè Carducci, stando ad una lettera di quest'ultimo datata 1885 ( Commentari per l’ateneo di Brescia per l’anno 1957, su docplayer.it. URL consultato il 26 giugno 2021.)
  3. ^ Bibliografia italiana: giornale dell'Associazione tipografico-libraria italiana, su google.it. URL consultato il 26 giugno 2021.
  4. ^ Bibliografia italiana giornale dell'Associazione libraria italiana, su google.it. URL consultato il 26 giugno 2021.
  5. ^ Autori vari, La formazione professionale in Piemonte dall'unità d'Italia all'Unione Europea, Torino, Regione Piemonte, 2014.
  6. ^ Storia e cultura dell’industria: Vittorio Valletta, su corsi.storiaindustria.it. URL consultato il 26 giugno 2021.
  7. ^ Relazione della seduta di Lunedi sera 28 Gennaio 1889 tenuta nel locale dell'Ospedale cooperativo operaio tra l'onorevole direzione di questo e la commissione nominata nell'assemblea dei presidenti e dei segretari dell Società di mutuo soccorso di Torino del 23 dicembre 1888, su ncbi.nlm.nih.gov. URL consultato il 26 giugno 2021.
  8. ^ (IT) Rivista della stampa, in La Civiltà Cattolica, VIII, Roma, Alessandro Befani, settembre 1893, pp. 564-572. URL consultato il 26 giugno 2021.
  9. ^ Rosa Vercellana, la Bela Rosin (PDF), su bct.comune.torino.it. URL consultato il 26 giugno 2021.
  10. ^ The Descendants of Donna Vittoria Guerrieri (1848-1905), su wargs.com. URL consultato il 26 giugno 2021.
  11. ^ a b Da Camino 1958.

Collegamenti esterni modifica