Zio Tom

personaggio immaginario
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Lo zio Tom (in inglese Uncle Tom) è il protagonista del romanzo abolizionista La capanna dello zio Tom (1853) di Harriet Beecher Stowe.

Zio Tom
Tom ed Eva di La capanna dello zio Tom
Nome orig.Uncle Tom
Lingua orig.Inglese
AutoreHarriet Beecher Stowe
Caratteristiche immaginarie
SessoMaschio
Luogo di nascitaStati Uniti d'America
Professioneschiavo

Concezione del personaggio modifica

La figura dello zio Tom è ispirata all'autobiografia di Josiah Henson (1789-1883), schiavo afroamericano del Kentucky che, dopo aver abbracciato la fede cristiana, divenne un predicatore e tentò invano di comprare la sua libertà.[1] Poco più tardi, Henson fu condotto negli Stati Uniti meridionali ove scoprì che sarebbe stato venduto. Sebbene fosse in possesso di un'arma, Henson decise comunque di non ribellarsi ai suoi padroni, usando la violenza, in quanto la sua morale cristiana glielo impediva. Dopo essere tornato nel Kentucky, Henson fuggì con la sua famiglia nel Canada dove divenne un attivista per i diritti dei neri.

Accoglienza modifica

 
Statuetta kitsch raffigurante Tom ed Eva

Sin dall'epoca della pubblicazione del bestseller di Stowe, il personaggio dello zio Tom è stato oggetto di molte critiche negative e rappresenta per tanti la figura stereotipata e razzista del nero docile, bonario e ingenuo che si lascia sottomettere ai bianchi in nome del suo status di persona di colore.[2][3] Un autore anonimo riportò sul periodico The Liberator di William Lloyd Garrison:[4]

«La figura dello zio Tom è abbozzata con grande potenza e rara percezione religiosa. Egli esemplifica trionfalmente la natura, lo spirito e i frutti degli ideali della non-resistenza cristiana. Vorremmo però sapere se, secondo la signora Stowe, anche l'uomo bianco dovrebbe attenersi a questi principi, ciò indipendentemente dal tipo di oltraggio o pericolo a cui questi potrebbe essere sottomesso (un parallelismo che viene spesso fatto in questo genere di situazioni). È assurdo che nel romanzo non si parli della vittoria del male con il bene! Ed è ingiusto che vengano omessi il discorso sulla sottomissione pacifica alla più abietta schiavitù e quello dell'obbedienza dei sottomessi ai loro padroni! Che i tiranni vengano repressi nel sangue! Esiste davvero una legge morale di sottomissione e non-resistenza che impedisce all'uomo nero di entrare in aperto conflitto con l'uomo bianco? Ed è davvero possibile conciliare le due cose? Quando i bianchi vengono oppressi e umiliati, Cristo dichiara forse che essi possono imbracciare le armi per rivendicare i loro diritti? E quando sono i neri che vengono trattati così, Cristo dice a loro di essere pazienti, innocui, longanimi e indulgenti? Ci sono forse due Cristi?»

James Weldon Johnson, una delle maggiori personalità del Rinascimento di Harlem, esprime un'opinione altrettanto malevola nella sua autobiografia:[5]

«Da parte mia, non sono mai stato un ammiratore dello zio Tom, né del suo tipo di bontà; tuttavia, sono comunque convinto che all'epoca vi fossero molti vecchi negri buoni e stupidi come lui.»

Nel 1949, lo scrittore americano James Baldwin dichiarò che Tom sarebbe stato ingiustamente emasculato per aver cercato di ottenere la salvezza spirituale solo a causa della sua condizione di afroamericano.[6]

In psicologia modifica

In psicologia, il termine "sindrome dello zio Tom" descrive il comportamento di alcune persone nere eccessivamente mansuete e che si lasciano asservire e sottomettere dai loro padroni senza opporre resistenza.[7]

Note modifica

  1. ^ Autori vari, Americana. Storie e culture degli Stati Uniti dalla A alla Z, Il Saggiatore, 2012, p. 650.
  2. ^ Arrigo Arrigoni, Jazz foto di gruppo, Il Saggiatore, 2010, p. 138.
  3. ^ (EN) Riche Richardson, Black Masculinity and the U. S. South: From Uncle Tom to Gangsta, University of Georgia, 2010, p. 3.
  4. ^ (EN) Debra J. Rosenthal, A Routledge Literary Sourcebook on Harriet Beecher Stowe's Uncle Tom's Cabin, Routledge, 2004, p. 35.
  5. ^ (EN) James Weldon Johnson, The Essential Writings of James Weldon Johnson, Random House, 2011, p. 49.
  6. ^ (EN) Zoe Trodd, American Protest Literature, Belknap Press of Harvard University, 2006, pp. 118-21.
  7. ^ (EN) Yo Jackson, Encyclopedia of Multicultural Psychology, SAGE, 2006, p. 509.

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica

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