Ariete di bronzo
L'Ariete in bronzo è una scultura bronzea, unica superstite di una coppia, di provenienza siracusana databile ai primi decenni del III secolo a.C. e custodito nella "sala dei bronzi" al museo archeologico Salinas di Palermo[1]. La scultura viene attribuita alla cerchia di Lisippo. La tecnica realizzativa è quella della fusione a cera persa e raffigura un ariete accovacciato probabilmente pronto allo scatto.
Ariete di bronzo | |
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Autore | anonimo (scuola di Lisippo?) |
Data | III secolo a.C.? |
Materiale | bronzo |
Altezza | 80 cm |
Ubicazione | Museo archeologico regionale Antonio Salinas, Palermo |
«L’ariete di bronzo di Siracusa, il migliore pezzo del museo di Palermo, (...) sembra contenere tutta l'animalità del mondo. La bestia, possente, è coricata, il corpo ripiegato sulle zampe e la testa voltata a sinistra. Questa testa di animale pare la testa di un dio, un dio bestiale, impuro, superbo. La fronte è larga e ricciuta, gli occhi distanti,il naso arcuato, lungo, forte e schiacciato, di una prodigiosa espressione brutale. Le corna, piegate all'indietro, ricadono, si avvolgono e si incurvano, portando le loro punte aguzze sotto le orecchie sottili somiglianti esse stesse a due corna. E lo sguardo dell'animale vi penetra, attonito, inquietante e duro. Si avverte la natura selvatica quando ci si avvicina a questo bronzo.»
Storia
modificaI due arieti
modificaLe statue risalgono ai primi decenni del III sec. a.C. Si pensa che i due Arieti decorassero la reggia di Agatocle a Siracusa[2].
Secondo un'altra tradizione due arieti in bronzo furono portati da Costantinopoli a Siracusa, dall'ammiraglio bizantino Giorgio Maniace e posti ad ornamento della fortezza da lui costruita in quella città[3], tuttavia tale tradizione pare piuttosto dubbia se confrontata con le strategie di conquista di Maniace della Sicilia: un'altra ipotesi vuole infatti che gli arieti siano stati rinvenuti in scavi occasionali nella stessa città aretusea[4].
Quando tra il 1233 e il 1240 venne rieretto il Castello Maniace sulla estrema punta sud dell'Isola di Ortigia, su volere di re Federico per il progetto di Riccardo da Lentini, l'architetto previde per la facciata un ampio portale gotico strombato in frammenti di marmo, ai cui lati aprì due finestre archiacute e tra esse ed il portale posizionò due alte mensole su cui furono posizionati i due arieti in bronzo di scuola greca. Quale che fosse la loro origine appare significativo che essi furono posti a bella mostra sulla faccia del castello, nell'ottica di gusto "classicista" dell'imperatore Federico II.[5]
L'asportazione dei due arieti si deve alla regina Maria, moglie di Alfonso V d'Aragona, la quale, nel 1443, ne fece dono al marchese Giovanni Ventimiglia per la sua prova di fedeltà per aver soffocato la rivolta siracusana. Pare infatti che il condottiero invitò alcuni nobili siciliani, sospetti di tradimento alla corona, a un sontuoso banchetto, per poi farli uccidere tutti[6]. Giovanni Ventimiglia condusse con sé nel suo castello a Castelbuono i due reperti, che dal figlio Antonio furono successivamente (1475) apposti sul suo sepolcro.
Quando i Ventimiglia, marchesi di Geraci, si ribellarono ai sovrani del Regno, e furono esiliati nel 1485, gli arieti furono confiscati dal viceré Gaspare de Spes e posti nel palazzo Steri a Palermo. In seguito furono collocati per decorazione del Castello a mare, dove rimasero fino al 1556, anno in cui il viceré trasferì la propria residenza a Napoli.
Tornate le due statue a Palermo, nel XVIII secolo Jean-Pierre Houël ha modo di vedere entrambi gli arieti a Palazzo Reale e raffigurarli nel suo Voyage Pitoresque. Nell'occasione Houël riporta una tradizione - frutto di leggende popolari - che vuole la coppia facente parte di un quartetto di arieti bronzei, posti su alte colonne nella direzione dei quattro venti principali, così che quando avessero soffiato le statue avrebbero prodotto un suono simile ad un belato e tale ingegnosa opera sarebbe stata opera di Archimede[7].
Anche l'archeologo inglese Richard Payne Knight vedendo pochi anni dopo Houël gli arieti ne espresse parole di apprezzamento:
«Vi sono anche due arieti in ottone sottratti a Siracusa; sono un po' più grandi rispetto alla realtà e di eccellente lavorazione scultorea. E sorprendente quanta aria di dignità e grandiosità abbia dato l'artista ad un animale così umile, preservando nello stesso tempo l'esattezza del disegno. La rifinitura è in quel vigoroso stile da maestro che è caratteristico della migliore epoca greca. Perfino nella rotazione delle corna c'è grazia ed eleganza e la lana, sebbene apparentemente trascurata, mostra tutta la delicatezza e la lucentezza della natura. Nell'insieme questi bronzi sono uguali se non superiori a qualsiasi cosa abbia mai visto a Roma, Portici o Firenze, e possono essere annoverati tra i pochi lavori più genuini che esistano dei bravi artisti greci. Questi due bronzi hanno lo stesso disegno, ma uno risulta superiore all'altro. Fazinello afferma che furono posti sopra i cancelli della fortezza di Ortigia da Giorgio Maniace, generale dell'imperatore Costantino Monomaco, e si suppone provengano da Costantinopoli; anche se io credo si tratti piuttosto di resti dell'antico gusto e magnificenza siracusana.»
La perdita di un ariete
modificaAntonino Salinas, presentando l'opera, scrisse nel 1875 che "si conservavano due di questi arieti nel palazzo Reale; durante la rivoluzione siciliana del 1848 uno fu fatto in pezzi e fuso, e quest'altro ebbe rotte alcune parti più sporgenti, come la coda, il ginocchio dritto, la gamba destra posteriore e un'orecchia[8] Secondo altre fonti nel 1820 durante i moti di quell'anno a Palermo vennero defenestrati, e di essi uno solo fu fatto salvo[3].
Nel 1866, per volere di re Vittorio Emanuele II, la statua superstite, restaurata, fu donata al "Real Museo Archeologico" di Palermo[9].
Oggi
modificaNel 2005 è iniziata una campagna di restauro dell'ariete minacciato dalla corrosione per umidità atmosferica - che ha visto già la separazione della zampa posteriore sinistra - da parte di Anna Maria Carruba e sotto la direzione della direttrice del museo Salinas, Agata Villa. Il restauro ha seguito diverse fasi, tra cui la pulitura delle superfici tramite microsabbiatrice ad emissione di microsfere di vetro per togliere lo strato di atacamite, rifinitura con bisturi e spazzolini di setola montati su microtrapano dentistico, stabilizzazione dei prodotti di corrosione con benzotriazolo al 5% applicato a pennello, copertura delle superfici con una delicata pellicola di resina acrilica (Polaroid B72); infine per il riavvicinamento e il bloccaggio della zampa distaccata è stato usato un supporto meccanico in acciaio e resina epossidica.
Del 2011 è invece la notizia del prestito dell'ariete in bronzo alla città di Castelbuono, in occasione di un ciclo di studi dedicato al manufatto[10].
L'ariete, dal 15 settembre al 9 dicembre 2012, è stata una delle centosessanta opere scelte dalla Royal Academy of Arts di Londra per la mostra "Bronze", in rappresentanza di seimila anni di civiltà artistica mondiale.
Dal 6 aprile 2016 l'Ariete originale è tornato nella sua sede, al museo archeologico Salinas di Palermo[11].
Le copie
modificaNel corso del restauro è stata sfruttata una matrice di stampo realizzata dalla Fonderia Storica Chiurazzi[12] di Napoli nel XIX secolo, ancora vergine, con la quale, mediante l'uso delle tecniche della fusione a cera persa, si sono potute riprodurre due copie fedeli all'originale esposto. Le opere sono state dunque condotte al Castello Maniace di Siracusa, sede definitiva, esposte in uno degli ambienti del maniero a ricordo dell'antica collocazione delle due statue, in attesa di essere posizionate sulle mensole della facciata.
Note
modifica- ^ BBCC Regione Siciliana
- ^ sito museo Salinas
- ^ a b R. La Duca. Maniace, secondo le fonti, eresse una propria fortezza a Siracusa nel 1038, anno in cui conquistò la città. Tale fortezza verosimilmente dovette essere una struttura in materiale deperibile (legno?), dacché di essa non vi è traccia.
- ^ G. M. Agnello, p. 31.
- ^ Elio Tocco, Castello Maniace, in La Sicilia in pericolo, Sugarco Edizioni. URL consultato il 27 giugno 2012 (archiviato dall'url originale il 20 gennaio 2012).
- ^ Carla Delfino, Castello Maniace di Siracusa (archiviato dall'url originale il 29 luglio 2012). In alcuni testi si fa riferimento alla rivolta del 1448, ma sembra un errore rispetto alla datazione del 1443, testimoniata da privilegi reali successivi ai fatti. Giovanni Ventimiglia interviene in qualità di camerlengo e amministratore della Camera reginale a cui era assegnata la città di Siracusa: "Ritrovavasi in Messina Maria Moglie del Re Alfonso, allora quando Siracusa si rivoltò. Era stata quella Città donata in appannaggio alla Regina, che ivi constituito aveva la sua Corte chiamata la Camera Reginale per esiggere i proventi; mal ciò soffrendo i Siracusani si rivoltarono seguiti da parecchie Città della Sicilia. Per sedare adunque questa sedizione si adoprò Placido Giovanni Gallo Messinese; egli con pericolo della propria vita si portò nascostamente in Siracusa d'ordine della Regina, e fingendosi della partita de' malcontenti, cavò da Teobaldo tutto il trattato; indi ritornato in Messina, consultò la maniera d'opprimere i Ribelli, ed unitosi con Giovanni XXmiglia, e Ximenio de' Urrea, ritornò con lui in Siracusa ove tanto si adoprò, che avuti per le mani i capi li trucidarono in un Banchetto, e Teobaldo principale tra Rubelli restò ucciso dal Gallo." Seguono poi i diplomi della regina e del re, del 1443 e 1444, per premiare con opere d'arte e uffici le spie e gli infiltrati che collaborarono con il marchese Giovanni Ventimiglia nello stroncare la sedizione: Gallo, 2., p. 325.
- ^ Jean-Pierre Hoüel, Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Lipari et de Malte, Parigi, 1782-87.
- ^ Breve guida del Museo Nazionale di Palermo
- ^ Arte.it
- ^ Giuseppe Spallino, Dopo 500 anni l’ariete di bronzo ritornerà a Castelbuono, su castelbuono.org, 28 settembre 2011. URL consultato il 28 giugno 2012 (archiviato dall'url originale il 2 settembre 2012).
- ^ Ansa
- ^ Oggi denominata A.I.D.A.
Bibliografia
modifica- G. M. Agnello, Il castello Maniace di Siracusa: funzione e simbologia, in Il Treno Federiciano, Roma, 1994, pp. 31-33.
- Caio Domenico Gallo, Annali della città di Messina capitale del Regno di Sicilia, Palermo, Francesco Gaipa, 1758.
- Rosario La Duca, Il castello a mare di Palermo, Palermo, Edizioni popolari siciliane, 1980.
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