Balocchi e profumi (brano musicale)

Balocchi e profumi è una canzone italiana del periodo interbellico.[1]

Balocchi e profumi
ArtistaVari
Autore/iE. A. Mario
GenereTango
Tempo (bpm)lento
Data1928
Durata3 min 30 s — 4 min 10 s circa

La canzone narra la vicenda di una donna che conduce una vita amorale e che insieme alla figlia si reca regolarmente in un negozio di lusso. In vetrina oltre ai prodotti cosmetici ci sono diversi giocattoli e la bambina si lamenta di non riceverne mai in regalo, mentre la madre compra regolarmente per sé cipria e cosmetici di marca Coty, trascurando quindi di dare alla figlia un minimo gesto del suo amore. Ogni ritornello si conclude pertanto con l'invocazione della piccola: Per la tua piccolina / non compri mai balocchi / Mamma, tu compri soltanto profumi per te! Il testo non lo specifica esplicitamente, ma la madre potrebbe essere una prostituta e comunque una donna non attenta alla figlia, dal momento che pensa infatti solo a farsi bella invece di badare alla sua bambina e il fatto è ancor più sottolineato dalla seconda strofa nella quale si dice che nel salotto profumato, ricco di cuscini di seta la madre porge il labbro tumido al peccato come per l'appunto a voler evidenziare la sua vita sentimentale sregolata. Il tutto si svolge sotto lo sguardo "indiscreto" della bambina, della quale la madre ancora una volta sembra non preoccuparsi.[2]

Accade un giorno che la bambina si ammala: spaventata dal male improvviso della fanciulla, la madre, presa dal rimorso, torna al solito negozio per comprare finalmente i giocattoli che ella tanto desidera. La bambina fa appena in tempo a vederli e quindi a rendersi conto del pentimento della madre. Con tutta probabilità, però, la fanciulla muore subito dopo senza poterci giocare (ma il capo già reclina / ella socchiude gli occhi).[3]

Il testo della canzone è una critica rivolta contro l'attaccamento ai beni materiali e contro i comportamenti considerati peccaminosi.[1] Concordemente alla morale diffusa all'epoca, infatti, il testo segue un ragionamento secondo il quale il peccato verrebbe punito con la malattia. L'infermità finisce comunque per colpire la figliola e non la madre, perché quest'ultima si renda conto di aver perso con la morte della figlia il bene più grande, ancor più importante dei suoi profumi.

I diritti editoriali del brano appartengono alla Nazionalmusic in comproprietà con la Diesis srl. La canzone, cantata in originale dal tenore Fernando Orlandis, negli anni è stata cantata anche da molti altri artisti italiani tra i quali spiccano Angela Luce, Luciano Virgili, Nilla Pizzi, Luciano Tajoli, Claudio Villa, Peppe Barra, Giorgio Consolini, Milva ed Enrico Musiani.[3] Il tema della madre avara e snaturata venne poi ripreso da Renato Zero per la canzone Profumi, balocchi e maritozzi anche se, a parte la citazione di un verso, il collegamento tra i due brani è quasi inesistente (infatti, il figlio non è una fanciulla, ma un uomo adulto che pretende dalla madre non già dei giocattoli, ma niente di meno che un marito).

Cinema modifica

Il tema dà vita a due film:

La canzone viene cantata da Vittorio De Sica nell'episodio "Il fine dicitore" del film Gran varietà del 1954.

Note modifica

  1. ^ a b Balocchi e profumi, la canzone strappalacrime, su lanuovapadania.it, 2. URL consultato il 5 agosto 2022.
  2. ^ Ufficio stampa, Scoprire il femminile con note e poesie di autori del Novecento, su teatroregio.torino.it, 25 febbraio 2014. URL consultato il 9 aprile 2022 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2018).
  3. ^ a b Balocchi e profumi, su canzoneitaliana.it. URL consultato il 5 agosto 2022.

Collegamenti esterni modifica

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