Cronologia dei primi casi di AIDS

Questa è la lista di tutti i casi di AIDS il cui decesso sia avvenuto prima del 5 giugno 1981 (data dell'emanazione del primo bollettino del CDC riguardo l'epidemia[1]) o la cui infezione o manifestazione dei sintomi tipici sia avvenuta prima di tale data.

Sebbene la lista possa essere aggiornata in futuro, è altamente improbabile che si possano scoprire nuovi casi a posteriori, visto anche il calo generale di interesse per tale sindrome.

Contesto modifica

I virus HIV-1 e HIV-2 (specifico per l'Africa) derivano dal virus delle scimmie SIV. In particolare l'HIV-1 del gruppo M, responsabile di praticamente tutti i casi di infezione al di fuori dell'Africa, sembra che si sia originato nel Congo belga, soprattutto nell'odierna capitale Kinshasa.[2][3]

Cronologia modifica

I ricercatori cominciano già durante gli anni 1950 a segnalare diversi casi strani di pneumocistosi e infezioni da Cytomegalovirus, sia nei neonati che negli adulti.[5]

  • Caso XR59 - Primo campione del 1959 di sangue infetto da HIV-1, da un adulto di etnia Bantu di Kinshasa affetto anche da tratto drepanocitico e G6PD-carenza (non è noto se abbia sviluppato l'AIDS e se sia morto a causa di ciò)[6];
  • Ardouin Antonio - un haitiano emigrato negli Stati Uniti nel 1927 e stabilitosi a New York, morto il 28 giugno 1959 a 48 anni di età di un raro tipo di polmonite[7];
  • David Carr - Un tipografo britannico di Manchester (all'epoca riportato erroneamente come marinaio) morto il 31 agosto 1959 a causa del collasso misterioso del suo sistema immunitario con una polmonite da pneumocistosi[7]; sebbene sia stato storicamente identificato come il "primo paziente" della pandemia, alcune ricerche negli anni '90 ne misero in dubbio la causa della sua morte.[8] I medici all'epoca rimasero sconvolti per l'inspiegabilità della sua morte;
  • Caso DRC60 - Un campione del 1960 (testato nel 2008) di una biopsia di linfonodo di una donna congolese dell'odierna Kinshasa morta quell'anno è un secondo caso documentato di infezione HIV-1; A posteriori si comprese che l'88% del materiale genetico del virus del caso DRC60 fosse uguale a quello del caso XR59, che essi sono attualmente i campioni di HIV-1 filogeneticamente più "antichi" e che al 1960 nella zona di Kinshasa il virus avesse già una diversità genetica elevata;[9]
  • Caso congolese del 1966 - Una biopsia di un linfonodo di un uomo congolese di 38 anni è stata recentemente studiata, trovandovi materiale genetico del virus HIV;[10]
  • Caso probabile di Miami del 1966 - Una donna nera di Miami di 50 anni muore a Miami dopo tre mesi di progressiva debolezza, febbre e perdita di peso, incluso il Sarcoma di Kaposi, ma senza apparente immunodeficienza;[7]
  • Caso probabile di Columbus del 1966 - Un uomo nero di 54 anni e malato di Sarcoma di Kaposi viene ammesso al St. Anthony Hospital di Columbus, negli Stati Uniti;[7]
  • Robert R. - Un afroamericano di Saint Louis muore a 16 anni il 15 maggio 1969, dopo aver mostrato i primi sintomi all'inizio del 1967 di quella che sarebbe stata poi identificata vent'anni dopo come AIDS. Viene ricordato come la prima vittima dell'epidemia negli Stati Uniti.
  • Casi probabili dell'Uganda del 1972-1973 - Campioni di sangue di 75 bambini vengono prelevati per uno studio sul linfoma di Burkitt; nel 1985 un ulteriore studio identifica in due terzi degli stessi gli anticorpi compatibili con un virus HIV-equivalente;[11]
  • Caso probabile di New York del 1975 - La polmonite PCP è diagnosticata in un neonato nero di 7 mesi al Kings County Hospital di New York;[7]
  • Arvid Noe - Marinaio norvegese morto il 24 aprile 1976 in Norvegia, dopo aver viaggiato in Africa nella prima metà degli anni '60 e aver sviluppato i primi sintomi dal 1966. Viene ricordato come la prima vittima ad aver contratto l'HIV e ad esserne morta al di fuori degli Stati Uniti (anche la moglie e la figlia terzogenita morirono lo stesso anno a causa degli stessi sintomi);

Nel luglio 1976 si festeggia il bicentenario dell'indipendenza degli Stati Uniti: per l'occasione arrivano in America molti viaggiatori da tutto il mondo e secondo alcuni ricercatori ciò avrebbe nettamente favorito la creazione di masse critiche di persone infette da HIV nelle principali città statunitensi (tesi anche di Randy Shilts, autore del best-seller del 1987 sull'AIDS And the Band Played On)[12]. Nel corso degli anni '70 si scatena a New York una strana 'influenza' che comportava polmonite PCP (ribattezzata all'epoca come "junkie flu" o "the dwindles").[13][14] Nel 1977, inoltre, vengono trovate le prime evidenze di quella che poi sarebbe stata identificata come infezione HIV-1 in tre neonati con sintomatologia da AIDS, suggerendo una penetrazione del virus nella città già nel 1975-1976 o anche prima.[15]

  • Grethe Rask - Un medico danese muore il 12 dicembre 1977 di polmonite PCP e altre infezioni opportunistiche, dopo essere stata in Congo negli anni '60 e '70 e aver sviluppato i primi sintomi nel tardo 1974;
  • Caso di Londra del 1978 - Un portoghese viene curato presso l'Hospital for Tropical Diseases di Londra finché non muore di AIDS: è il primo caso di infezione da HIV-2, contratta molto probabilmente durante la sua permanenza in Guinea-Bissau tra il 1956 e il 1966;[16]
  • Herbert Heinrich - Un violinista tedesco morto nel 1979 in Germania: uno studio di 10 anni dopo lo troverà positivo all'HIV;[17]
  • Caso probabile di New York del 1979 - A un uomo bianco omosessuale di 44 anni è diagnosticato il Sarcoma di Kaposi a New York;[7]

A partire dall'anno 1980 cominciano a presentarsi presso gli ospedali di New York, Los Angeles e San Francisco sempre più persone con Sarcoma di Kaposi, polmoniti PCP e altre infezioni opportunistiche, portando infine il CDC di Atlanta a diramare nel giugno 1981 il primo bollettino ufficiale su questa sindrome dell'immunodeficienza acquisita.

Note modifica

  1. ^ (EN) Pneumocystis Pneumonia --- Los Angeles, in Epidemiologic Notes and Reports, CDC, 5 giugno 1981.
  2. ^ (EN) Aids: Origin of pandemic 'was 1920s Kinshasa', su BBC, 3 ottobre 2014. URL consultato il 20 settembre 2023 (archiviato dall'url originale il 6 giugno 2022).
  3. ^ AIDS/HIV: una storia lunga un secolo, su Fondazione Umberto Veronesi. URL consultato il 20 settembre 2023.
  4. ^ (EN) John P. Wyatt, T. Simon e M. L. Trumbull, Cytomegalic Inclusion Pneumonitis in the Adult, in American Journal of Clinical Pathology, vol. 23, n. 4, aprile 1953, pp. 353–362.
  5. ^ (EN) H. Hamperl, Pneumocystis Infection and Cytomegaly of the Lungs in the Newborn and Adult, in The American Journal of Pathology, vol. 32, n. 1, febbraio 1956.
  6. ^ (EN) Tuofu Zhu, Bette T. Korber e Andre J. Nahmias, An African HIV-1 sequence from 1959 and implications for the origin of the epidemic, in Nature, vol. 391, n. 6667, 1998-02, pp. 594–597, DOI:10.1038/35400. URL consultato il 20 settembre 2023.
  7. ^ a b c d e f (EN) John Crewdson, How Long Has Virus Been Stalking Victims?, in Chicago Tribune, 25 ottobre 1987. URL consultato il 20 settembre 2023 (archiviato dall'url originale il 22 dicembre 2007).
    «CHART: Early AIDS cases chronology: [...]»
  8. ^ (EN) How scientists discovered false evidence on the world's "first Aids, su The Independent, 24 marzo 1995. URL consultato il 20 settembre 2023.
  9. ^ (EN) Michael Worobey, Marlea Gemmel e Dirk E. Teuwen, Direct Evidence of Extensive Diversity of HIV-1 in Kinshasa by 1960, in Nature, 2008, pp. 661-664.
  10. ^ (EN) Ed Yong, A Tissue Sample From 1966 Held Traces of Early HIV, su The Atlantic, 16 agosto 2019. URL consultato il 20 settembre 2023.
  11. ^ (EN) Robert Gallo, Evidence for exposure to HTLV-III in Uganda before 1973 (PDF), in Science, vol. 227, American Association for the Advancement of Science, marzo 1985, pp. 1036-1038.
  12. ^ (EN) Randy Shilts, And the Band Played On, 1987, pp. 142-143.
  13. ^ (EN) Steven W. Thrasher, Why did it take so long for science to debunk the Aids 'Patient Zero'?, in The Guardian, 1º novembre 2016. URL consultato il 20 settembre 2023.
  14. ^ (EN) ACT UP Oral History Project - Interview of Betty Williams (PDF), su actuporalhistory.org, 23 agosto 2008, pp. 18-19. URL consultato il 20 settembre 2023 (archiviato dall'url originale il 4 luglio 2021).
    «Of course, the horror stories came, mainly concerning women who were

    injection-drug users, who would get blown off by hospitals, who had PCP pneumonia, and were told that they just had bronchitis, because even then a diagnosis of PCP meant they had to house them, they couldn’t discharge them, make them a Friday night special on the doorstep of some drop-in center. I actually believe that AIDS kind of existed among this group of people

    first, because if you look back, there was something called junkie pneumonia, there was something called the dwindles that addicts got, and I think this was another early AIDS population way too helpless to ever do anything for themselves on their own behalf [...]»
  15. ^ (EN) Samuel R. Friedman, e altri, Harm reduction theory: Users culture, micro-social indigenous harm reduction, and the self-organization and outside-organizing of users’ groups, in The International Journal on Drug Policy, 2006, pp. 107-117.
  16. ^ (EN) Anthony D. M. Bryceson, e altri, HIV-2 associated AIDS in the 1970s, in Letter Lancet, vol. 2, n. 221, 1988.
  17. ^ (EN) Edward Hooper, Sailors and star-bursts, and the arrival of HIV (abstract), in British Medical Journal, Royal Society of Medicine Press, dicembre 1997, pp. 1689-1691.

Voci correlate modifica