Fiano di Avellino

vino DOCG campani

Il Fiano di Avellino è un vino DOCG la cui produzione è consentita nella provincia di Avellino.

Fiano di Avellino
Dettagli
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneCampania
Resa (uva/ettaro)10,0 t
Resa massima dell'uva70%
Titolo alcolometrico
naturale dell'uva
11,0%
Titolo alcolometrico
minimo del vino
11,5%
Estratto secco
netto minimo
16,0 g/l
Riconoscimento
TipoDOCG
Istituito con
decreto del
18/07/2003  
Gazzetta Ufficiale delnº 180 del 5 agosto 2003
Vitigni con cui è consentito produrlo
MiPAAF - Disciplinari di produzione vini[1]

L'indicazione della denominazione di origine controllata e garantita Fiano di Avellino può essere accompagnata dalla menzione tradizionale di origine classica Apianum.[1]

Vitigni con cui è consentito produrlo modifica

Zona di produzione modifica

L'intero territorio amministrativo dei comuni di Avellino, Lapio, Atripalda, Cesinali, Aiello del Sabato, Santo Stefano del Sole, Sorbo Serpico, Salza Irpina, Parolise, San Potito Ultra, Candida, Manocalzati, Pratola Serra, Montefredane, Grottolella, Capriglia Irpina, Sant'Angelo a Scala, Summonte, Mercogliano, Forino, Contrada, Monteforte Irpino, Ospedaletto d'Alpinolo, Montefalcione, Santa Lucia di Serino e San Michele di Serino tutti in provincia di Avellino.[1]

Tecniche di produzione modifica

Per i nuovi impianti e i reimpianti la densità non può essere inferiore a 2 500 ceppi/ha. Sono esclusi i vigneti di fondovalle umidi e non soleggiati. Le forme di allevamento consentite sono quelle verticali. È vietata ogni pratica di forzatura. Tutte le operazioni di vinificazione debbono essere effettuate nella provincia di Avellino.[1]

Caratteristiche organolettiche modifica

  • colore: giallo paglierino più o meno intenso;
  • odore: gradevole, intenso, fine, caratteristico;
  • sapore: fresco, armonico;
  • acidità totale minima: 5,0 g/l;[1]

Informazioni sulla zona geografica modifica

La zona di produzione della DOCG si estende per 27 600 ha. È compresa in parte nel parco regionale del Partenio ed è costituita dalla Piana di Serino e da una estesa fascia collinare di altitudine compresa fra i 300 ed i 600 m s.l.m., limitata ad ovest dal gruppo montuoso del Partenio, ad est dal Gruppo Terminio-Tuoro.[1]

I terreni sono caratterizzati dalla presenza dell'argilla (anche il 50% della terra fina) con scarsa presenza di scheletro siliceo-calcareo anche se spesso frammista a limo o sabbia. Questa ricchezza d'argilla costituisce un fattore molto positivo per la viticoltura poiché contrasta i periodi di siccità estiva con una maturazione più regolare dell'uva ed un suo buon contenuto di acidità fissa. La reazione di detti terreni è neutra o sub-alcalina (max pH 8,02), essi hanno un modesto contenuto in calcare ed ancora più scarsa presenza di humus, sostanza organica in generale (meno del 2%) e azoto (0,5-2,46 g/kg). Anche il fosforo assimilabile è scarso (21-70 mg/kg di anidride fosforica), mentre sono abbondantemente rappresentati potassio (250-980 mg/kg di ossido di potassio) e magnesio scambiabile magnesio (110-940 mg/kg). Quest'ultimo è particolarmente importante sia per i processi di lignificazione sia per le caratteristiche organolettiche del vino. Anche boro, rame, manganese e zinco sono ben rappresentati.[1]

Il clima della zona è influenzato dalla sua orografia collinare e dalla presenza di numerosi boschi che attenuano i picchi di temperatura soprattutto durante l'estate. Ciononostante gli inverni sono rigidi con numerose precipitazioni nevose e nel periodo luglio-settembre si verificano escursioni termiche giornaliere molto accentuate.[1]

La piovosità è di 1 100 mm annui concentrate per il 70% nel periodo autunno-vernino ed estati molto asciutte. L'area è protetta dai venti orientali (più freddi) ed è esposta alle correnti umide provenienti dal tirreno[1]

In conclusione: “L'orografia collinare del territorio di produzione e l'esposizione prevalente dei vigneti, orientati a sudest/sudovest, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all'espletamento equilibrato di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.”[1]

Storia modifica

Vi sono diverse ipotesi circa la storia del vitigno. Una prima racconta che furono i Greci a portare in Italia l'originario vitigno del Fiano, la "Vitis Apicia": le prime viti furono piantate a Lapio, una località che prese il nome dall'uva, il comune dove tuttora si produce il Fiano. A sua volta, il nome "Vitis Apicia" o "Apina" deriva dalla caratteristica, proprio di quest'uva dal dolce profumo, di attirare sciami di api nelle vigne. Da Apina derivò "Apiana" e da questo "Afiana", quindi Fiano. Un'altra ipotesi prevede che il nome abbia origine da una popolazione proveniente dalle Alpi Apuane, sopraffatta dai Romani e scesa nel II secolo a.C. in Campania. Questi avrebbero portato con sé il vitigno Apuano, mutato in Apiano, poi in Afiano e infine in Fiano.

Si trovano documenti relativi al vino Fiano già nel XII secolo: sono ordini di acquisto da parte della corte di Federico II di Svevia relativi al periodo in cui l'imperatore si trova a Foggia. Altro ordine, nel secolo successivo, ma questa volta da parte del re Carlo II d'Angiò per 1600 viti di Fiano da spedire a Manfredonia Documenti risalenti al XIII secolo, fanno rilevare l'ordine impartito da re Carlo II d'Angiò al proprio commissario, Guglielmo dei Fisoni, di trovare 1600 viti di fiano da spedire a Manfredonia, a) fine di piantarle nelle proprie tenute.[1]

Che Lapio fosse un importante centro di produzione vinicola lo attesta una nota del 5 novembre del 1592, indirizzata al Capitano di Montefusco, capitale del Principato d'Ultra: «L'Università ha ottenuto Regio Assenso, su la gabella del vino per far pagare 4 carlini per ogni soma che entra nella terra. Ora molti particolari di Lapio portano il vino, ma non vogliono pagare perché dicono di venderlo al minuto. Il Capitano li costringa al pagamento.» Nel 1642 lo storico Fra' Scipione Bellabona descrive la zona ed il suo vino nei "Raguagli della città di Avellino ".[1]

Nel 1800 si verifica il primo exploit produttivo: si arriva a cento milioni di litri per la maggior parte esportati (persino in Francia) e la vitivinicoltura diviene l'asse portante dell'economia irpina tanto da stimolare la realizzazione della prima ferrovia dell'avellinese. Ha in questo un ruolo fondamentale l'apertura della Regia Scuola di Viticoltura & Enologia di Avellino (l'attuale Istituto Tecnico Agrario) che fornisce, nella zona del Fiano, un adeguato supporto tecnico-scientifico alla neonata enologia. Nel 1882 Michele Carlucci, direttore della suddetta scuola, mette a punto e rende pubblici metodi di vinificazione sviluppati per l'uva Fiano per allineare le qualità del vino prodotto alla richiesta commerciale.[1]

L'invasione della fillossera interviene a ridimensionare drasticamente questa importante realtà produttiva.

Intorno al 1950, mentre l'Office International du Vin pubblica lo studio ampelografico sul Fiano di Violante e Ciarimboli, fornendo così il giusto “imprimatur” internazionale al Fiano, gli stessi autori devono constatare che la viticoltura della zona è ridotta al lumicino: 2 ha in coltura specializzata e 53 ha in coltura promiscua con una produzione che non arriva ai 100 000 l di vino (cioè l'1‰ di quella del secolo precedente).[1]

Venti anni di difficile risalita e nel 1970 si arriva ai 17 ha di vigneti specializzati. Attualmente (2011) le vigne occupano 560 ha con una produzione effettiva di 2 300 000 l (ed una potenziale di 3 900 000 l). Nel frattempo si sono evolute anche le tecniche di allevamento delle viti passando dall'antico “Sistema Avellinese” alle moderne spalliere a guyot o a cordone speronato.[1]

Precedentemente l'attuale disciplinare DOCG era stato:

Approvato DOC con DPR 27.04.1978 G.U. 241 - 29.08.1978
Approvato DOCG con DM DM 18.07.2003 G.U. 180 - 05.08.2003

Disciplinare abrogato modifica

Il precedente disciplinare[2], approvato con decreto del 18/07/2003, pubblicato sulla gazzetta_ufficiale nº 180 del 05/08/2003, prevedeva:

  • resa_uva=100 q
  • resa_vino=70,0%
  • titolo_uva=11,0%
  • titolo_vino=11,5%
  • estratto_secco=16,0‰
  • vitigni:
    • Fiano 85.0% - 100.0%
    • Greco 0.0% - 15%
    • Coda di Volpe 0.0% - 15%
    • Trebbiano toscano 0.0% - 15%
  • Caratteristiche organolettiche:
    • colore: giallo paglierino più o meno intenso.
    • odore: gradevole, intenso, fine, caratteristico.
    • sapore: armonico, equilibrato e ricco di sfumature di frutta secca.
  • Zona di produzione:
L'intero territorio amministrativo dei comuni di Avellino, Aiello del Sabato, Atripalda, Candida, Capriglia Irpina, Cesinali, Contrada, Forino, Grottolella, Lapio, Manocalzati, Mercogliano, Montefalcione, Monteforte Irpino, Montefredane, Montoro Inferiore, Ospedaletto d'Alpinolo, Parolise, Prata di Principato Ultra, Pratola Serra, Salza Irpina, San Michele di Serino, San Potito Ultra, Santa Lucia di Serino, Sant'Angelo a Scala, Santo Stefano del Sole, Sorbo Serpico e Summonte tutti in provincia di Avellino.

Abbinamenti consigliati modifica

Primi piatti a base di pesce, crostacei, scampi, polpo, pesce al forno, formaggi non stagionati, carni bianche.

Produzione modifica

Provincia, stagione, volume in ettolitri

  • Avellino (1990/91) 1803,93
  • Avellino (1991/92) 1530,2
  • Avellino (1992/93) 2672,0
  • Avellino (1993/94) 2757,19
  • Avellino (1994/95) 4125,17
  • Avellino (1995/96) 6325,48
  • Avellino (1996/97) 13821,52

Note modifica

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p [1] Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali - Disciplinari di produzione vini
  2. ^ Fiano di Avellino DOCG - Zona di produzione e storia, su agraria.org. URL consultato il 1º settembre 2009.

Voci correlate modifica

Parco regionale del Partenio Irpinia

Collegamenti esterni modifica

Fiano di Avellino DOCG