Colpo di Stato in Egitto del 2013

Rivoluzione popolare del 2013 in Egitto ad opera dell'esercito nazionale
(Reindirizzamento da Golpe egiziano del 2013)

Il colpo di Stato in Egitto del 2013 è stato attuato il 3 luglio 2013 dall'esercito nazionale contro il Presidente egiziano Mohamed Morsi, dopo una fase di contrapposizione tra quest'ultimo e un vasto movimento popolare di opposizione, noto come Tamàrrud.[2]

Colpo di Stato in Egitto del 2013
Corteo di protesta contro Morsi al Cairo, il 28 giugno 2013.
Data3 luglio 2013
LuogoBandiera dell'Egitto Egitto: piazza Tahrir e palazzo Heliopolis a Il Cairo e in altre città egiziane tra cui Alessandria, Porto Said e Suez
CausaProteste egiziane di giugno 2013
Esito
  • Il presidente della Repubblica Mohamed Morsi deposto dai militari[1]
  • Costituzione sospesa[1]
  • Adli Mansur diventa presidente della Repubblica ad interim[1]
  • Invito a una nuova elezione da determinarsi da parte del governo provvisorio[1]
  • Arresti e detenzione di membri dei Fratelli Musulmani[1]
  • Schieramenti
    Comandanti
    Voci di colpi di Stato presenti su Wikipedia

    Storia modifica

    Antefatti modifica

    I disordini incominciano nel novembre 2012 all'indomani dell'auto-attribuzione, mediante decreto, del presidente Mohamed Morsi di ampi poteri nel campo del potere giudiziario, giustificandosi di voler rendere non impugnabili i suoi decreti presidenziali per mettere al riparo il lavoro dell'Assemblea Costituente incaricata di redigere una nuova Costituzione.[3][4]

    Il colpo di Stato militare modifica

    Dal 30 giugno 2013, a un anno dall'elezione del presidente e leader dei Fratelli Musulmani Mohamed Morsi, milioni[senza fonte] di egiziani scesero in piazza per protestare contro il governo, secondo i dati di Tamàrrud che è[quando?] un movimento egiziano di opposizione. Il movimento ha annunciato di aver raccolto oltre ventidue milioni di firme per chiedere la destituzione del presidente Morsi e per ottenere elezioni anticipate.[senza fonte] Nella capitale, in particolare, i manifestanti arrivarono quasi a circondare il palazzo presidenziale.[senza fonte]

    Il 3 luglio 2013, di fronte al movimento di protesta, Mohamed Morsi è stato rimosso dalla carica da un colpo di Stato messo in atto dal comandante in capo delle Forze armate egiziane, gen. Abdel Fattah al-Sisi, e sottoposto a misure restrittive della libertà, a poco più di un anno dalla sua elezione, nel 2012 avvenuta nelle file del Partito Libertà e Giustizia, espressione dei Fratelli Musulmani.[1][5]

    Numerosi saranno gli scontri durante la notte con 16 morti al Cairo, dopo che molti baltajiya (termine usato dalla popolazione egiziana, per definire i criminali che agiscono in cambio di soldi), hanno attaccato la sede dei Fratelli Musulmani nella capitale.

    Le proteste vanno avanti, e il 1º luglio le forze armate egiziane e il ministero della difesa impongono un ultimatum di 48 ore al presidente Morsi. Entro quel tempo il presidente dovrà «dare delle risposte al popolo egiziano», realizzando le loro richieste.

    L'ultimatum verrà rifiutato da Morsi il giorno seguente.[6][7]

    Lo stesso giorno (2 luglio) il presidente Morsi lancia un «appello al martirio», affermando di voler proteggere la democrazia con la sua stessa vita. Su Twitter il presidente ribadisce: «Non mi lascerò dare ordini, né dall'interno né dall'estero».

    Allo scadere dell'ultimatum il presidente Morsi propone un governo di coalizione nazionale[8], ma le forze armate dopo un dialogo con uno dei leader della protesta decidono di deporre il presidente.[9]

    Morsi e i suoi collaboratori e membri del governo vengono arrestati per evitare l'espatrio. L'annuncio del colpo di Stato è andato in onda a reti unificate nel paese ed è stato annunciato dal generale Abdel Fattah al-Sisi.[1][5]

    Dopo il golpe modifica

    Il giorno dopo il golpe, in molte città ci sono stati scontri tra gli oppositori e i Fratelli Musulmani. Vengono inoltre arrestati la guida spirituale musulmana e il suo vice, per "istigazione" alla violenza.

    4 luglio modifica

    Il 4 luglio viene nominato presidente ad interim fino alle future elezioni presidenziali il giudice, nonché presidente della corte costituzionale, Adli Mansur.[1][10]

    Si verificano nuovi scontri nelle principali città del paese, durante la notte, con 9 morti e 16 feriti, tutti da parte dei Fratelli Musulmani.[10]

    5 luglio modifica

    Il 5 luglio, giorno chiamato anche "Venerdì del rifiuto" dai Fratelli Musulmani e dalla maggior parte della popolazione che si era schierata contro il golpe militare, ci sono stati altri scontri tra i sostenitori di Morsi e l'esercito. A fine giornata il bilancio sarà di 30 morti.[11]

    Il procuratore generale d'Egitto ha ordinato la scarcerazione di due figure di spicco della Fratellanza: Sa'd al-Katatni, capo del partito della Giustizia e Libertà e il vice della Guida Suprema, Rashad al-Bayumi.[11]

    Ha fatto scalpore l'apparizione pubblica di Muḥammad Badīʿ, guida spirituale dei Fratelli Musulmani, durante le manifestazioni degli islamici, in quanto si riteneva fosse stato arrestato il 3 luglio. Egli ha dichiarato:

    «Non sono in fuga, non mi hanno arrestato. A tutti gli egiziani dico: Morsi è il vostro presidente. E resteremo nelle strade a milioni finché non riporteremo in trionfo il nostro presidente eletto. Proteggeremo il presidente Mohamed Morsi a costo della nostra vita. L'esercito deve restare lontano dalla politica e l'Egitto non conoscerà mai più il potere militare.[11]»

    Lo stesso giorno il Presidente della Repubblica ad interim Adli Mansur ha emesso un decreto costituzionale con cui viene sciolto anche il Consiglio della Shūra (che era l'unico organo depositario del potere legislativo dal 29 novembre 2012[12]).[11]

    6 luglio modifica

    Il Fronte di salvezza nazionale, che raccoglie tutte le forze laiche di opposizione, ha convocato una manifestazione per «difendere la rivoluzione del 30 giugno», a seguito della decisioni dei Fratelli Musulmani e della maggior parte della popolazione di rimanere in piazza «fino al ritorno del nostro presidente eletto Mohamed Morsi».[13]

    Il Presidente Mansour rende noto di voler nominare Mohamed El Baradei primo ministro d'Egitto ad interim, raccogliendo la forte opposizione dei Fratelli Musulmani e dei salafiti.[14]

    7 luglio modifica

    Nel clima di forte opposizione del partito al-Nur (che sostiene l'azione dei militari per non rischiare di essere esclusi dalla vita politica) all'ipotesi di nominare al-Barade'i nuovo Primo ministro, l'economista liberale (laureato a Oxford), Ziyād Bahāʾ al-Dīn,[15] cofondatore del Partito Socialdemocratico Egiziano, è stato indicato dalla TV di Stato egiziana come il probabile nuovo premier ad interim. Un portavoce della presidenza ha riferito che al-Barade'i sarebbe invece stato nominato vicepremier ad interim.[16][17][18]

    Tale opzione trova, all'inizio, l'appoggio dei salafiti di al-Nūr: il loro portavoce dichiara che Ziyād Bahā' al-Dīn «è una delle figure liberali che gode di grande rispetto».[19]

    In seguito però - per bocca del suo presidente - al-Nūr boccia anche questa proposta, poiché Muhammad al-Barāde'ī e Ziyād Bahā' al-Dīn «sono entrambi del Fronte di salvezza nazionale [la coalizione delle opposizioni laiche], ed è una cosa che respingiamo».[20][21]

    Al Jazeera denuncia che le forze di sicurezza egiziane sono entrate nella redazione del Cairo dell'emittente qatarina. Già il 3 luglio, giorno in cui le Forze Armate deposero Morsi, la sede di Al Jazeera in Egitto era stata oggetto di un'irruzione apparentemente simile, conclusasi con l'arresto dei suoi dipendenti.[18][21]

    In piena notte un'esplosione è avvenuta a un gasdotto che attraversa il Sinai diretto in Giordania.[20]

    Fonti dell'esercito hanno rivelato che le forze armate egiziane hanno chiuso tutti gli altri accessi alla parte orientale del Cairo, così da impedirvi l'afflusso dei seguaci del deposto presidente Mohamed Morsi e dei Fratelli Musulmani, allo scopo di evitare scontri con i militanti laici.[21]

    Fonti militari hanno indicato in circa 20 000 i manifestanti pro-Morsi, radunati di fronte alla moschea di Rābiʿa al-ʿAdawiyya a Nasr City, pressappoco a 5 km dal Palazzo presidenziale al-Ittiḥādiyya (Unità).

    8 luglio modifica

    Un gruppo di sostenitori dell'ex presidente Morsi, che manifestava davanti a una sede della Guardia Repubblicana (esercito egiziano), è stato attaccato da un gruppo di militari. I morti, dice la televisione di stato, sono 42 e i feriti almeno 300.[22][23]

    Un esponente di spicco dei Fratelli Musulmani, Muhammad Ibrahim al-Beltagi, ha parlato di «vera carneficina» e ha esortato «tutte le persone libere del mondo a intervenire per fermare ulteriori massacri e impedire una nuova Siria nel mondo arabo», chiedendo alla comunità internazionale di fermare le stragi.[24]

    L'esercito ha giustificato l'attacco ai sostenitori di Morsi con la necessità di impedire a un «gruppo terroristico» di assaltare una postazione della Guardia Repubblicana.[24]

    Al Jazeera ha riferito che molte delle vittime della strage sarebbero state uccise da alcuni cecchini dell'esercito, poiché molti dei morti, secondo una fonte dei servizi di soccorso, riportano spari alla testa o al collo. Molti esponenti della Fratellanza hanno pubblicato su Twitter foto di cadaveri o di feriti che mostrano segni di pallottole al cranio o nella parte alta del corpo.[25]

    A seguito della strage, al-Barade'i ha richiesto l'apertura di un'inchiesta su quanto accaduto. Sul suo profilo Twitter egli ha scritto: «La violenza genera violenza, e dovrebbe essere condannata in maniera forte. Un'indagine indipendente è necessaria. La transizione pacifica è l'unica strada da percorrere».[22][26]

    L'agenzia di stampa AFP ha riferito che è stata ordinata la chiusura della sede del partito Libertà e Giustizia al Cairo dopo che la polizia vi avrebbe trovato «liquidi infiammabili, coltelli e armi» da usare durante le manifestazioni anti-Morsi, contro i militanti dell'opposizione laica.[22][27]

    A fine giornata il portavoce delle forze armate chiede che «vengano smobilitati i sit-in [dei manifestanti pro-Morsi]» e promette che i «manifestanti non saranno arrestati».[28][29]

    9 luglio modifica

    In attesa di nuove elezioni il portavoce presidenziale, Ahmad al-Muslimani, annuncia che è stato nominato Primo ministro ad interim l'economista liberale Ḥāzem al-Beblāwī, già ministro delle Finanze, anche in considerazione della non ostilità di al-Nūr.[30][31]

    Il presidente Mansur ha deciso di assegnare ad al-Barade'i la carica di vice Presidente della Repubblica ad interim.[30][31]

    I Fratelli Musulmani, in risposta a queste scelte, convocano un'altra manifestazione, definendo il 9 luglio il «giorno del milione di martiri», per chiedere la liberazione di Morsi e il ripristino della legalità.[32]

    Nello stesso giorno il presidente Mansour emana un decreto che definisce la road map istituzionale per riportare il paese alla normalità:[32]

    • entro 15 giorni va istituita una commissione costituente che entro due mesi presenti alla presidenza gli emendamenti alla nuova costituzione di stampo islamico – sospesa dal colpo di Stato – voluta dai Fratelli musulmani;
    • gli emendamenti saranno quindi sottoposti a referendum popolare entro un mese dalla loro presentazione.
    • svolta la consultazione popolare, entro due mesi (cioè entro la fine dell'anno) si dovranno tenere le elezioni parlamentari.
    • solo allora, con una nuova costituzione e un parlamento funzionante, saranno indette nuove elezioni presidenziali.

    I leader della campagna Tamàrrud (contro l'ex presidente egiziano Mohammed Morsi) hanno definito «dittatoriale» la dichiarazione costituzionale diffusa dal presidente ad interim Adly Mansour. Lo si legge sul profilo Twitter di Tamàrrud.[33]

    10 luglio modifica

    Nella notte tra il 9 e il 10 luglio si sono verificati scontri nella regione del Sinai tra militanti islamisti e militari. Il bilancio è di due morti e sei feriti.[34]

    In mattinata il Fronte di Salvezza Nazionale (opposizione laica) ha dichiarato di non essere soddisfatto del decreto presidenziale di Mansour, così come i Fratelli Musulmani.[35]

    Il nuovo premier al-Beblawi ha annunciato che avvierà oggi i lavori per la formazione del nuovo governo.[36] Un portavoce dell'esecutivo ha riferito che il premier Ḥāzem al-Beblāwī sarebbe intenzionato a offrire dei ministeri anche al partito Libertà e Giustizia (l'ala politica dei Fratelli Musulmani).[34] Il portavoce della Fratellanza ha però smentito qualsiasi possibilità di entrare nel governo provvisorio: «Non trattiamo con i golpisti, respingiamo qualunque cosa che arrivi da questo colpo di Stato».[37]

    Il Procuratore generale egiziano ha emanato, poco dopo mezzogiorno, un mandato d'arresto per il leader dei Fratelli Musulmani, Muḥammad Badīʿ, per «istigazione all'omicidio e alla violenza».[38][39]

    Opinioni e valutazioni sul colpo di Stato modifica

    Il professore Roger Owen, docente di Storia del Medio Oriente all'Università di Harvard, ha dichiarato in un'intervista a il manifesto:

    «L'esercito egiziano interviene per fermare la mobilitazione popolare, dice di farlo in nome del popolo ma in realtà lo fa per far tornare il popolo a casa. È avvenuto lo stesso durante la rivoluzione francese.[40]»

    David Piccardo, coordinatore delle Associazioni Islamiche di Milano (AIM), in un intervento sull'Huffington Post, ha scritto che ciò che è accaduto in Egitto è stato un vero colpo di Stato:

    «Anche in Italia i difensori della democrazia a senso unico, oggi, nella migliore delle ipotesi, tacciono imbarazzati, nella maggior parte dei casi gioiscono chiamando democrazia, libertà e progresso la destituzione di un presidente eletto, legittimo, la sospensione della costituzione, l'arresto dell'intera leadership di un movimento politico e la chiusura immediata dei canali televisivi ritenuti ostili. Questi provvedimenti, è bene ricordarlo, si sommano alla sospensione del parlamento eletto dagli egiziani avvenuta un anno fa.[41]»

    Anche l'orientalista e storico della filosofia islamica Massimo Campanini, è convinto che si sia trattato di un vero e proprio colpo di Stato e non di una "rivoluzione". Lo studioso però pone l'accento sull'alleanza tra esercito e opposizione:

    «Quello egiziano è stato un golpe, non una rivoluzione. I militari hanno rovesciato Morsi, eletto democraticamente, pretendendo di interpretare la volontà popolare. Non riuscendo in altro modo a ottenere le dimissioni di un presidente che durante il suo mandato ha fatto degli errori, varando anche provvedimenti autoritari, l'opposizione si è alleata con i generali, avallando il loro colpo di Stato.[42]»

    Per il quotidiano francese Le Figaro si è trattato di «golpe che nessuno vuole chiamare golpe».[42]

    Al contrario per il quotidiano britannico The Guardian: «La cacciata di Morsi in Egitto è la seconda rivoluzione in due anni».[42]

    Per Hasni Abidi, politologo e specialista del mondo arabo, direttore del "Centro di studi e di ricerca sul mondo arabo e mediterraneo", l'azione dell'opposizione e dell'esercito rappresenta una continuazione della rivoluzione che depose Mubarak:

    «Abbiamo assistito al colpo di Stato più twittato e più connesso della storia. Questo evento ci trasmette anche un'altra immagine della democrazia. La nostra percezione europea non è la stessa di quella degli egiziani scesi in strada. Sono convinti che il fatto di aver chiamato in aiuto l'esercito per rovesciare un uomo eletto rappresenta un ripristino della rivoluzione del 24 gennaio 2011.[43]»

    Il giornalista francese Bernard Guetta, esperto di politica internazionale, in un articolo sull'Internazionale sostiene che:

    «Non è stato solo l'esercito a rovesciare il presidente Mohamed Morsi, ma anche una larga coalizione che politicamente rappresenta la maggioranza degli egiziani. Ciò non toglie che si tratta di un golpe contro un capo di Stato legittimo, che l'esercito ha ripreso in mano il controllo del paese e che l'ondata di arresti nei ranghi dei Fratelli musulmani è ingiustificabile. Certo, questo non significa necessariamente che siamo tornati alla dittatura militare, perché l'Egitto in rivoluzione non si lascerà rubare facilmente le libertà conquistate. Ma resta il fatto che l'esercito è uscito dalle caserme, e non sarà facile farcelo ritornare.[44]»

    Il portavoce dei cattolici egiziani, Rafic Greiche, sostiene che ciò che è accaduto in Egitto non è un golpe:

    «Quanto sta accadendo in Egitto non è un colpo di Stato. L'esercito ha scelto di proteggere una rivoluzione pacifica organizzata dai giovani egiziani e seguita da milioni di persone in tutto il Paese.[45]»

    Note modifica

    1. ^ a b c d e f g h L'Egitto ai militari. Mansour presidente. Morsi agli arresti, su avvenire.it, Avvenire, 4 luglio 2013. URL consultato il 5 luglio 2013.
    2. ^ Tommaso di Francesco, Quando il golpe non dispiace, in il manifesto, 5 luglio 2013. URL consultato il 5 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 5 luglio 2013).
    3. ^ Rita Fenini, Egitto: un morto e 20 feriti nei disordini scoppiati dopo le misure del presidente Morsi, su news.panorama.it, Panorama, 26 novembre 2012. URL consultato il 5 luglio 2013.
    4. ^ (EN) Yolande Knell, Egypt's President Mursi assumes sweeping powers, su bbc.co.uk, BBC, 22 novembre 2012. URL consultato il 5 luglio 2013.
    5. ^ a b Giuseppe Acconcia, Morsi agli arresti, è golpe militare, su ilmanifesto.it, il manifesto, 3 luglio 2013. URL consultato il 5 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 10 luglio 2013).
    6. ^ Giuseppe Acconcia, L’esercito cede alla piazza, su ilmanifesto.it, il manifesto, 1º luglio 2013. URL consultato il 5 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 5 luglio 2013).
    7. ^ Giuseppe Acconcia, Morsi rifiuta di dimettersi, inizia la disobbedienza civile, su ilmanifesto.it, il manifesto, 2 luglio 2013. URL consultato il 5 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 10 luglio 2013).
    8. ^ Egitto: scaduto ultimatum Morsi propone governo coalizione, su repubblica.it, la Repubblica, 3 luglio. URL consultato il 5 luglio 2013.
    9. ^ Egitto, è golpe. Destituito Morsi. Arrestati i leader dei Fratelli Musulmani, su repubblica.it, la Repubblica, 3 luglio 2013. URL consultato il 5 luglio 2013.
    10. ^ a b Giuseppe Acconcia, «La rivoluzione inizia ora», su ilmanifesto.it, il manifesto, 4 luglio 2013. URL consultato il 5 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 10 luglio 2013).
    11. ^ a b c d Egitto, scontri: 30 morti. Interviene l'esercito. Sciolto Parlamento. Riappare leader islamista, su repubblica.it, la Repubblica, 5 luglio 2013. URL consultato il 6 luglio 2013 (archiviato il 6 luglio 2013).
    12. ^ Viviana Schiavo, Egitto: potere legislativo in mano alla «Shura», su arabpress.eu, Arab Press, 29 novembre 2012. URL consultato il 6 luglio 2013 (archiviato il 6 luglio 2013).
    13. ^ Egitto sul baratro della guerra civile. Islamisti per la mobilitazione continua, su repubblica.it, la Repubblica, 6 luglio 2013. URL consultato il 6 luglio 2013 (archiviato il 6 luglio 2013).
    14. ^ El Baradei premier ad interim, «no» della Fratellanza, su ilsecoloxix.it, Il Secolo XIX, 6 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato il 7 luglio 2013).
    15. ^ Il nome viene facilmente storpiato dalla stampa scritta internazionale, che ignora per lo più il fatto che "Ziyād" è il nome proprio di persona e che "Baha' al-Din" è il nome del padre, che assume quasi la funzione di cognome. Del tutto erroneo dunque usare una porzione solo del nome paterno ("al-Din", che vuol dire "religione") per indicarlo.
    16. ^ Egitto, El Baradei premier spacca il Paese. Ziad Baha El-Din verso nomina ad interim, su ilfattoquotidiano.it, il Fatto Quotidiano, 7 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato il 7 luglio 2013).
    17. ^ (EN) Reuters, Ziad Bahaa El-Din likely to be chosen as new Egyptian prime minister, su jpost.com, The Jerusalem Post, 7 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato il 7 luglio 2013).
    18. ^ a b Egitto, l'Esercito sceglie un economista.El Baradei potrebbe essere vicepremier, su repubblica.it, la Repubblica, 7 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato il 7 luglio 2013).
    19. ^ Egitto: salafiti bocciano anche El-Din premier e ElBaradei vice, su agi.it, AGI, 7 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 7 luglio 2013).
    20. ^ a b Egitto, l'economista El-Din indicato come probabile nuovo premier, su corriere.it, Corriere della Sera, 7 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato il 7 luglio 2013).
    21. ^ a b c Egitto, spunta il nome di El-Din per la nomina a premier, ma c’è subito lo stop dei salafiti, su lastampa.it, la Stampa, 7 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato il 7 luglio 2013).
    22. ^ a b c La strage al Cairo, su ilpost.it, Il Post, 8 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato l'8 luglio 2013).
    23. ^ (EN) Death toll in Cairo shooting rises to 42 - state TV, in Reuters (UK), 8 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato l'8 luglio 2013).
    24. ^ a b Davide Falcioni, Egitto, nuova carneficina all'alba: decine di morti, 500 feriti, su fanpage.it, fanpage, 8 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato l'8 luglio 2013).
    25. ^ Al Jazeera, Choc a Il Cairo: «In azione cecchini dell'esercito, vittime colpite alla testa», in Today, 8 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato l'8 luglio 2013).
    26. ^ TM News, 42 morti al Cairo, ElBaradei chiede inchiesta su strage, in Internazionale, 8 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato l'8 luglio 2013).
    27. ^ (EN) Egypt closes Islamist party HQ over arms find: security, su hurriyetdailynews.com, The Hurriyet Daily News, 8 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato l'8 luglio 2013).
    28. ^ Egitto: scontri tra l'esercito e i Fratelli musulmani, i militari sparano, su corriere.it, Corriere della Sera, 8 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato l'8 luglio 2013).
    29. ^ Egitto, esercito ordina sgombero piazze. 51 morti in sparatoria, su tmnews.it, TM News, 8 luglio 2013. URL consultato l'8 luglio 2013 (archiviato dall'url originale l'8 luglio 2013).
    30. ^ a b Marco Bascetta, Lo spettro della democrazia, su ilmanifesto.it, il manifesto, 9 luglio 2013. URL consultato il 9 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 9 luglio 2013).
    31. ^ a b Egitto, Hazem El Beblawi nominato premier. El Baradei è il vicepresidente, su corriere.it, Corriere della Sera, 9 luglio 2013. URL consultato il 9 luglio 2013 (archiviato il 9 luglio 2013).
    32. ^ a b Egitto, in migliaia in piazza per Morsi. Beblawi nominato nuovo premier, su ilfattoquotidiano.it, il Fatto Quotidiano, 9 luglio 2013. URL consultato il 10 luglio 2013 (archiviato il 10 luglio 2013).
    33. ^ Egitto, Tamarod: il decreto di Mansour è dittatoriale, su ilmondo.it, il Mondo, 9 luglio 2013. URL consultato il 10 luglio 2013 (archiviato il 10 luglio 2013).
    34. ^ a b Susanna Picone, Egitto, nuovi scontri nel Sinai. Governo apre alla Fratellanza, su fanpage.it, fanpage, 10 luglio 2013. URL consultato il 10 luglio 2013 (archiviato il 10 luglio 2013).
    35. ^ Egitto sul filo di lana. Opposizione laica boccia decreto Mansour, su ilmondo.it, il Mondo, 9 luglio 2013. URL consultato il 10 luglio 2013 (archiviato il 10 luglio 2013).
    36. ^ Egitto:premier avvia formazione governo, su ansa.it, ANSA, 10 luglio 2013. URL consultato il 10 luglio 2013 (archiviato il 10 luglio 2013).
    37. ^ Egitto: Fratelli Musulmani escludono ingresso in governo con 'golpisti', in Adnkronos, 10 luglio 2013. URL consultato il 10 luglio 2013 (archiviato il 10 luglio 2013).
    38. ^ Egitto: ordine arresto leader Fratellanza, su ansa.it, ANSA, 10 luglio 2013. URL consultato l'11 luglio 2013 (archiviato l'11 luglio 2013).
    39. ^ Egitto, la procura ordina l'arresto del leader dei Fratelli musulmani, su corriere.it, Corriere della Sera, 10 luglio 2013. URL consultato l'11 luglio 2013 (archiviato l'11 luglio 2013).
    40. ^ Giuseppe Acconcia, «L'esercito ha fermato di nuovo la rivoluzione», su ilmanifesto.it, il manifesto, 5 luglio 2013. URL consultato il 5 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 5 luglio 2013).
    41. ^ David Piccardo, In Egitto l'ennesimo colpo di stato democratico, su huffingtonpost.it, Huffington Post, 4 luglio 2013. URL consultato il 6 luglio 2013 (archiviato il 5 luglio 2013).
    42. ^ a b c Barbara Ciolli, Egitto, il golpe chiamato transizione, su lettera43.it, Lettera43, 4 luglio 2013. URL consultato il 6 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 5 luglio 2013).
    43. ^ Frederic Burnand, La seconda scossa della rivoluzione egiziana?, su swissinfo.ch, SwissInfo, 4 luglio 2013. URL consultato il 6 luglio 2013 (archiviato il 5 luglio 2013).
    44. ^ Bernard Guetta, Le contraddizioni di un golpe democratico, su internazionale.it, Internazionale, 4 luglio 2013. URL consultato il 6 luglio 2013 (archiviato il 5 luglio 2013).
    45. ^ S.C, Chiesa cattolica: «In Egitto non vi è un colpo di Stato», in Diocesi di Torino, 4 luglio 2013. URL consultato il 6 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2013).

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