Nell'Islam, il masjid (in arabo ﻣﺴﺠﺪ?; dalla radice s-j-d 'prosternarsi'), indicato all'incirca quale sinonimo di moschea, vale «luogo in cui un fedele musulmano può assolvere alla ṣalāt quotidiana (o preghiera canonica) in modo conveniente».

Il Masjid Thaqwa di Melapalayam (distretto di Tirunelveli, Stato del Tamil Nadu, India).

In quanto tale, il masjid non implica alcuna dimensione, tanto da poter indicare un semplice oratorio oppure grande moschea. La Kaʿba di Mecca è, ad esempio, chiamata anche al-Masjid al-Ḥarām, mentre la moschea della Cupola della Roccia di Gerusalemme viene indicata come Masjid al-Aqṣà. In linea di massima si preferisce però il termine masjid per indicare un luogo di dimensioni ridotte rispetto alla jāmiʿ (in arabo ﺟﺎﻣﻊ?), la moschea-cattedrale, dove - come avverte la radice araba di riferimento di questa parola - si "raduna" un ampio numero di fedeli per compiere la ṣalāt di mezzodì (ṣalāt al-ẓuhr) del venerdì.

Il Salimiye Masjid, ossia "Masjid del Sultano ottomano Selim", anche detta "moschea di Selim" o Salimiye Camii (Edirne, Turchia).

Il masjid può quindi essere costituito da una semplice e spoglia stanza che si apra su una qualsiasi stradetta, dove il fedele possa ripararsi per adempiere al proprio dovere mentre si trova fuori casa. Avrà quindi il necessario per compiere le doverose abluzioni (wuḍūʾ) e le opportune stuoie su cui effettuare le rukūʿ e le sujūd.

Dall'equivoco circa la dimensione del luogo di norma delegato alla preghiera fuori dalla propria abitazione deriva il reiterato proporre cifre iperboliche per ricordare il numero di luoghi di preghiera (definiti genericamente "moschee") di città quali la Cordova o la Palermo islamiche, che non riflettono il fatto che una moschea esigeva (al contrario dei semplici "oratori") un alto costo di costruzione e non meno irrilevanti spesi di manutenzione, oltre alla presenza di personale addetto ad agevolare lo svolgimento della ṣalāt.

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