Scandalo dei petroli (1924)

Lo scandalo dei petroli, o affare Sinclair, fu un caso di corruzione avvenuto in Italia nella primavera del 1924. Secondo alcuni giornali dell'epoca[1], esponenti del parlamento e del governo italiano avrebbero infatti ricevuto tangenti da parte della società petrolifera Sinclair Oil, per l'ottenimento di concessioni petrolifere sul territorio italiano.

 
Il Nuovo Paese, venerdì 13 giugno 1924, prima pagina.

Il 29 aprile 1924[2] il governo italiano aveva concesso alla società petrolifera statunitense Sinclair Oil (al tempo sostenuta economicamente da alcuni gruppi finanziari di New York, tra cui la banca del magnate petrolifero John Davison Rockefeller, e probabilmente legata alla Standard Oil of New Jersey[3]) l'esclusiva cinquantennale per la ricerca e lo sfruttamento di tutti i giacimenti petroliferi presenti in Emilia e in Sicilia (RDL n.677 del 4 maggio 1924). Le richieste della compagnia petrolifera per poter effettuare scavi in ulteriori territori della penisola prevedevano condizioni estremamente vantaggiose per la Sinclair stessa, come la durata novantennale delle concessioni e l'esenzione da imposte.

 
Una pompa di benzina Sinclair degli anni '30

Nel maggio 1924, Il Nuovo Paese di Carlo Bazzi enfatizzò i sospetti che da mesi circondavano quella negoziazione: da un lato ospitò un articolo di Massimo Rocca, che rivelava che l'anno prima aveva ricevuto offerte da rappresentanti della Standard per un affare analogo a quello della Sinclair; dall'altro lato il quotidiano filo-fascista sceglieva di riprendere l’accusa, secondo cui «una qualsiasi convenzione con uno dei sindacati costituenti il trust del petrolio non possa che essere esiziale per l’economia nazionale».[4] Il quotidiano metteva perfino in dubbio la legalità, e quindi la legittimità, della stessa convenzione,[5] definendola un «tentativo compiuto incoscientemente di vendere il sottosuolo petrolifero d'Italia allo straniero»[2].

Solo quando il 16 maggio Bazzi pubblicò la nota della Presidenza del consiglio di difesa pubblica della convenzione Sinclairuno actu con la decisione di espellere Rocca dal Partito Nazionale Fascista – la polemica pubblica passò in secondo piano. Il quotidiano Il Nuovo Paese la riprenderà nel giugno 1924, nell’articolo La convenzione Sinclair deve essere discussa alla Camera: «esso dimostra che il trust continuava ad essere un argomento con cui, attingendo alle fonti inquinate degli ambienti di sottogoverno, si cercava di regolare i conti tra i “legalitari” e quelli della “seconda ondata”»[4].

Fino a quando non sarà a sua volta compromesso dal suo coinvolgimento in un processo minore (quello della purga a Mazzolani), Bazzi era «utile a Mussolini [...] proprio grazie al diversivo affaristico, al quale si aggrega[va]no Gayda ed i fratelli Perrone con una campagna analoga del Messaggero. Tutta materia che produrrà l’irritato commento di Mauro Del Giudice»[6].

Mussolini decise di cancellare gli accordi con la Sinclair Oil solo nel dicembre del 1924, anche a causa delle contrastanti opinioni emerse nella commissione parlamentare che doveva approvare la convenzione[7].

Le ipotesi di corruzione e l'assassinio di Matteotti

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L'ipotesi è che dietro alla concessione ci fosse stato un pagamento di tangenti, e in un documento redatto nel 1933 da Amerigo Dumini (uno dei responsabili dell'omicidio Matteotti) si faceva riferimento a un coinvolgimento diretto di Arnaldo Mussolini, fratello del Duce. Il documento fu pubblicato sulla rivista Il Ponte.[12]

La Corte d'assise di Roma (prima sezione speciale), 4 aprile 1947, che chiuse il caso a livello giudiziario, tuttavia, sul cosiddetto movente affaristico affermò: «fatti concreti non ne sono stati addotti […] risulta che la causale politica, consistente nell’interesse, ed anzi nella necessità, di eliminare nel Matteotti il più formidabile avversario del fascismo, è così evidente che ogni altra causale non può che apparire infondata»[13].

Secondo ulteriori ricerche condotte da Mauro Canali alla fine degli anni 1990, Benito Mussolini avrebbe però dato l'ordine di assassinare Matteotti[14] per impedirgli di denunciare le tangenti davanti alla Camera.

«Dico [...] che ne fu una concausa, perfettamente conciliabile con il movente politico»

Anche Matteo Matteotti, secondogenito di Giacomo, avvalorò la pista affaristica[15], «salvo ricredersi nell'ultimo scorcio della sua vita, considerando con il grande giurista Giuliano Vassalli questa pista disconnessa e ingannevole»[16].

Nella cultura di massa

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Nel capitolo Tecniche di un colpo di Stato del romanzo giallo di Rita Monaldi e Francesco Sorti, Malaparte: morte come me, Baldini & Castoldi, 2016, un immaginario Curzio Malaparte morente narra del delitto Matteotti, ascrivendone il movente all'affare Sinclair.

  1. ^ Si veda a es. l'articolo de Il Secolo XIX del 16 maggio 1924, dal titolo «Le concessioni petrolifere agli stranieri».
  2. ^ a b Un edificante episodio sulla Convenzione "Sinclair", in Il nuovo Paese, 15 maggio 1924.
  3. ^ Benito Li Vigni, Le guerre del petrolio, Editori Riuniti, 2004, ISBN 88-359-5462-2, p. 177.
  4. ^ a b G. Buonomo, Quel che non torna nel movente affaristico del delitto Matteotti, Tempo presente, XLIII, n. 502-504, pp. 67-83.
  5. ^ Perché in Italia non si trovi il petrolio, in Il nuovo Paese, 7 maggio 1924.
  6. ^ G. Buonomo, Il diversivo affaristico, Questione Giustizia, 8 giugno 2024, p. 8.
  7. ^ Mauro Canali, Il delitto Matteotti, Il Mulino, Bologna, 1997, pp. 287 e ss.
  8. ^ Italiani in Uk: a Londra una mostra su Matteotti che “occupa” l’ex Casa del Fascio, Agenzia internazionale stampa estero, 23/04/2024.
  9. ^ MARIO JOSÉ CEREGHINO-GIOVANNI FASANELLA, NERO DI LONDRA, CHIARELETTERE, 2022.
  10. ^ Marcello Staglieno, in: Storia illustrata, Milano, n.336, novembre 1985, pp. 54-61, sostenne che, quando Dumini venne arrestato, la borsa sarebbe passata al capo della Polizia, Emilio De Bono, che la avrebbe conservata per vent'anni. Come successivamente sostenuto da Renzo De Felice, tale borsa avrebbe contenuto preziosi documenti sui rapporti tra re Vittorio Emanuele III e la Sinclair Oil. Nel gennaio 1944 Emilio De Bono fu processato a Verona con l'accusa di alto tradimento (era prevista la pena capitale). Per cercare di evitare la condanna, il militare consegnò a Benito Mussolini le carte di Matteotti.
  11. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista, op. cit., p. 601.
  12. ^ Il Ponte, anno XLII, n.2, marzo-aprile 1986, pp. 76-93.
  13. ^ Archivio di Stato di Roma, Corte d'assise speciale, Procedimento penale contro Amerigo Dumini e altri per l'omicidio dell'on. Giacomo Matteotti (secondo processo), num. 77 (Sentenza processo Matteotti 4 aprile 1947 pronunciata dalla Prima Sezione speciale della Corte di assise di Roma nel processo contro Francesco Giunta e altri), p. 216.
  14. ^ Mauro Canali, Il delitto Matteotti. Affarismo e politica nel primo governo Mussolini, Bologna, Il Mulino, 1997 (nuova ed. 2004).
  15. ^ Matteo Matteotti, Quei vent'anni. Dal fascismo all'Italia che cambia, Milano, Rusconi, 1985.
  16. ^ Marzio Breda e Stefano Caretti, Il nemico di Mussolini: Giacomo Matteotti, storia di un eroe dimenticato, Solferino, 2024, p. 32.

Bibliografia

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  • Matteo Pizzigallo, Alle origini della politica petrolifera italiana 1920-1925, Milano, Giuffré, 1981
  • Benito Li Vigni, Le guerre del petrolio, Editori Riuniti, 2004, ISBN 88-359-5462-2.

Voci correlate

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