Utente:Falcodigiada/Sandbox/Disastro del monte Everest del 2006

Tragedia dell'Everest del 1996
La cima del monte Everest
Tipoincidente in montagna
Data10 maggio 1996
LuogoMonte Everest
StatoBandiera del Nepal Nepal
Conseguenze
Morti8

La tragedia del Monte Everest del 1996 fu un incidente occorso tra il 10 e l'11 maggio del 1996 che portò alla morte di 8 alpinisti colti da una tempesta durante il tentativo di ascesa alla vetta del Monte Everest. Questo fu l'evento che, fino a quel momento, segnò il più alto numero di morti in un giorno solo sulle pendici dell'Everest; record negativo superato dalla valanga del 2014 che causò 16 morti, e dal terremoto del 2015 che ne causò 18[1]. La tragedia del 1996 ebbe un'importante eco a seguito delle polemiche riguardo la commercializzazione delle spedizioni sull'Everest che ne seguì.[2] L'evento è stato narrato l'anno successivo nel libro Aria sottile dal giornalista Jon Krakauer che faceva parte, per conto della rivista Outside, della spedizione della Adventure Consultants guidata da Rob Hall che quel giorno perse quattro scalatori, tra cui lo stesso Hall.[3]. Il libro scatenò un'accesa disputa tra Krakauer e la guida kazaka Anatoli Boukreev, che faceva parte della spedizione di Scott Fischer e che si sentì accusato di alcune negligenze dal libro di Krakauer. Boukreev scrisse a sua volta, assieme al giornalista Weston Dewalt, il libro Everest 1996. Cronaca di un salvataggio impossibile nel quale difende il suo operato.[4].

Scalatori modifica

Di seguito una lista di alcuni degli scalatori presenti sul versante nepalese dell'Everest il giorno 10 maggio 1996 divisi per spedizione. Le età riportate sono al 1996. Sono riportate solo le spedizioni che subirono perdite umane.

Adventure Consultants modifica

Guide modifica

  • Rob Hall – prima guida (morto nei pressi della Cima sud)
  • Mike Groom
  • Andy Harris (disperso nei pressi della Cima Sud mentre prestava soccorso a Hall)

Clienti modifica

  • Frank Fischbeck (53) – che aveva tentato l'ascesa alla cima già tre volte, raggiungendo la Cima Sud nel 1994
  • Doug Hansen (46) – che aveva già tentato l'ascesa con la squadra di Hall nel 1995 (scomparso tra l'Hillary Step e la Cima Sud durante la discesa)
  • Stuart Hutchison (34) – il più giovane cliente della squadra di Hall. Aveva al suo attivo un cospicuo numero di 8000 tra cui l'ascensione invernale del K2 nel 1988, il Broad Peak nel 1992 e la parete nord dell'Everest nel 1994.
  • Lou Kasischke (53) – che aveva scalato sei delle Seven Summits
  • Jon Krakauer (41) – giornalista inviato dalla rivista Outside. Alpinista di buona esperienza ma privo di precedenti esperienze al di sopra degli 8000 m.
  • Yasuko Namba (47) – alpinista giapponese che aveva scalato sei delle Seven Summits, durante la spedizione è diventata la donna più anziana ad aver scalato l'Everest (morì sul Colle Sud durante la discesa)
  • John Taske (56) – il più anziano membro della squadra dell'Adventures Consultant. Era alla sua prima esperienza sopra gli 8000 m.
  • Beck Weathers (49) – scalatore con più di 10 anni di esperienza, anche lui stava tentando di scalare le Seven Summits e non aveva precedenti esperienze sopra gli 8000 m.

Nessuno dei clienti del team di Hall aveva precedentemente raggiunto la cima di un Ottomila, e solo Fischbeck, Hansen e Hutchison avevano precedenti esperienze ad alte altitudini nell'Himalaya.

Jon Krakauer, giornalista di Outside incaricato di redigere un articolo sulle spedizioni commerciali sull'Everest, avrebbe originariamente dovuto prendere parte alla spedizione della Mountain Madness di Scott Fischer, ma si unì a quella di Hall a seguito dell'offerta che quest'ultimo fece alla rivista di un forte sconto sul costo della spedizione in cambio di spazio pubblicitario gratuito.[5]

Sherpa scalatori modifica

  • sirdar (capo sherpa) Ang Dorje Sherpa (29)
  • Arita Sherpas
  • Chuldum Sherpa
  • Kami Sherpa
  • Lhakpa Chhiri Sherpa
  • Ngawang Norbu Sherpa
  • Tenzing Sherpa
  • Lopsang Jangbu

Vi erano inoltre molti altri sherpa assunti per lavorare al campo base o ai primi campi. Gli sherpa scalatori invece sono coloro che sono stati assunti per assistere la scalata dai campi superiori fino alla cima[6].

Mountain Madness modifica

Guide modifica

  • Scott Fischer – prima guida (morì durante la discesa, sulla cresta Sud-Est a 350 m dalla cima)
  • Neal Beidleman
  • Anatoli Boukreev – alpinista professionista, aveva al suo attivo numerose ascese oltre gli 8000 m tra cui la stesa cima dell'Everest, conquistata senza ossigeno supplementare

Clienti modifica

  • Martin Adams (47) – che aveva già scalato l'Aconcagua, il Denali e il Kilimanjaro
  • Charlotte Fox (38) – che aveva scalato tutti e 53 i 4.000 m del Colorado, e due Ottomila: il Gasherbrum II e il Cho Oyu
  • Lene Gammelgaard (35) – esperta scalatrice e amica di Fisher, divenne la prima donna danese a scalare l'Everest
  • Dale Kruse (45) – amico di Scott Fisher da lunga data
  • Tim Madsen (33) – che aveva scalato molte cime in Colorado e in Canada ma non aveva esperienze sugli Ottomila
  • Sandy Hill Pittman (41) – che aveva già scalato sei delle Seven Summits
  • Pete Schoening (68) – famoso scalatore - uno dei primi a scalare il Gasherbrum I e il monte Vinson. Famoso per una celebre operazione di salvataggio nel 1953 nel Karakorum in cui salvò la vita a 6 apinisti sul K2.
  • Klev Schoening (38) – il nipote di Pete; ex membro della squadra statunitense di discesa libera, con nessuna precedente esperienza sugli Ottomila

Schoening decise, mentre si trovava al campo base (a 6500 m) di non tentare la salita alla cima. La squadra cominciò l'assalto alla cima il 6 maggio, oltrepassò il Campo 1 a 5944 m e arrivò al Campo 2 (6.500 m) dove si fermò due notti. Durante questa ascesa iniziale Kruse ebbe un attacco di mal di montagna e si fermò al Campo 1, temendo un possibile edema cerebrale. Durante la giornata le sue condizioni peggiorarono e Fischer, che nel frattempo era salito al Campo 2, ridiscese per accompagnare Kruse al campo base per poi ritornare al Campo 2.

Sherpa modifica

  • sirdar Lopsang Jangbu Sherpa (23)
  • "Big" Pemba Sherpa
  • Ngawang Dorje Sherpa
  • Ngawang Sya Kya Sherpa
  • Ngawang Tendi Sherpa
  • Ngawang Topche Sherpa (morì nei mesi successivi per un edema polmonare e cerebrale causato dall'altitudine contratto al Campo 2)[6]
  • Tashi Tshering Sherpa
  • Tendi Sherpa

Ngawang Topche venne ricoverato ad aprile per aver sviluppato un edema polmonare causato dall'altitudine al di sopra del campo base mentre, disobbedendo agli ordini di Fisher che gli aveva ordinato di tornare al campo base, salì dal Campo 2 al Campo 3 nonostante manifestasse già i primi sintomi della malattia. Non era sulla montagna il giorno del tentativo sulla cima, il 10 maggio. Morì in ospedale quello stesso giugno a causa delle conseguenze della sua malattia.

Spedizione nazionale di Taiwan modifica

  • "Makalu" Gau Ming-Ho - prima guida
  • Chen Yu-Nan - scalatore di Taiwan - morì il 9 maggio cadendo sul Lhotse.[7]
  • Kami Dorje Sherpa - sirdar scalatore
  • Ngima Gombu Sherpa - sherpa scalatore
  • Mingma Tshering Sherpa - sherpa scalatore

Spedizione della polizia di confine indo-tibetana modifica

(salita dal versante tibetano della montagna)

  • Mohindor Singh - organizzatore
  • Harbhajan Singh - vice e scalatore
  • Tsewang Smanla - scalatore, morto sulla cresta di Nord-est
  • Tsewang Paljor - scalatore, morto sulla cresta di Nord-est
  • Dorje Morup - scalatore, morto sulla cresta di Nord-est
  • Hira Ram - scalatore
  • Tashi Ram - scalatore
  • Sange Sherpa - sherpa scalatore
  • Nadra Sherpa - sherpa scalatore
  • Koshing Sherpa - sherpa scalatore

Progressione modifica

Ritardi nel raggiungere la cima modifica

Poco dopo la mezzanotte del 10 maggio 1996 la spedizione della Adventure Consultants iniziò il suo tentativo di raggiungere la cima dal Campo 4, sistemato sulla sommità del Colle Sud a 7.900 m. A loro si unirono i sei clienti, le tre guide e gli sherpa della spedizione della Mountain Madness di Scott Fischer e una spedizione sponsorizzata dal governo di Taiwan.

Le spedizioni incominciarono presto ad incontrare imprevisti. A causa, probabilmente, di incomprensioni né sherpa scalatori né le guide avevano sistemato le corde fisse prima dell'arrivo degli scalatori sul balcone (The Balcony, a 8.350 m) e quindi l'ascesa dovette fermarsi in questo punto per quasi un'ora nell'attesa.[8]

Anche una volta raggiunto l'Hillary Step, a 8.760 m, gli scalatori si accorseno che non vi erano corde fisse e questo comportò un ulteriore ritardo di un'ora sulla tabella di marcia. A causa del fatto che ben 33 scalatori stavano tentando di raggiungere la cima quel giorno e che, per motivi di sicurezza, sia Hall che Fischer avevano chiesto ai membri delle proprie spedizioni di non allontanarsi più di 150 m gli uni dagli altri, ci fu un importante imbottigliamento sull'unica corda fissa dell'Hillary Step. Stuart Hutchison, Lou Kasischke e John Taske ritornarono al Campo 4 per la stanchezza e per il timore di terminare l'ossigeno a causa dei ritardi nell'ascesa.

Scalando senza ossigeno supplementare, la guida Anatoli Boukreev, della spedizione Mountain Madness, raggiunse la cima a 8.848 m alle 13.07.[9] Molti degli scalatori, tuttavia, non avevano ancora raggiunto la cima per le 14.00, l'ora dopo la quale sarebbe stato difficile ritornare al Campo 4 in tempo per la notte.

Boukreev iniziò la sua discesa verso il Campo 4 verso le 14.30, dopo aver trascorso all'incirca un'ora e mezza sulla cima aiutando gli altri scalatori a terminare la loro ascesa. A quell'ora erano arrivati in cima Hall, Krakauer, Harris, Beidleman, Namba oltre a tutti i clienti della Mountain Madness[9]. Sempre verso quest'ora Krakauer, sulla via del ritorno, notò che il tempo si stava scurendo. Alle 15.00 cominciò a nevicare e la luce iniziò a diminuire.

Il sirdar di Hall, Ang Dorje Sherpa, assieme ad altri sherpa scalatori attesero sulla cima l'arrivo degli ultimi clienti fino alle 15.00, quando cominciarono la loro discesa. Sulla via del ritorno Ang Dorje incontro Doug Hansen sopra l'Hillary Step e gli disse di scendere. Hansen non rispose ma scosse la testa e continuò a camminare verso la cima.[10] Quando arrivò Hall gli sherpa si offrirono di accompagnare Hansen sulla cima ma Hall gli ordinò di scendere ad assistere gli altri clienti e di sistemare bombole di ossigeno di scorta lungo la via del ritorno. Hall rimase ad assistere Hansen che aveva terminato il suo ossigeno supplementare.[10]

Scott Fischer raggiunse la cima verso le 15:45. Era esausto e cominciò a sentirsi male, probabilmente a causa di un edema polmonare o cerebrale. Gli altri, tra cui Doug Hansen e Makalu Gau, raggiunsero la cima ancora più tardi.[8]

Discesa nella tempesta modifica

Boukreev ricorda di aver raggiunto il Campo 4 alle 17.00. Le ragioni per le quali Boukreev è tornato al Campo 4 prima dei suoi Boukreev sono discusse.[11] Boukreev sostenne che era sceso prima, in accordo con Fischer, per essere pronto ad aiutare i clienti negli ultimi tratti della discesa e per fare scorta di tè caldo e ossigeno supplementare da riportare su a chi ne avesse avuto bisogno.[12] Krakauer, nel suo libro, sostenne che invece la discesa anticipata di Boukreev fu dovuta al fatto che egli, essendo salito senza bombole di ossigeno, non poteva trattenersi troppo a quote elevate e fu quindi costretto a scendere presto. La scelta di salire, da guida, senza ossigeno fu criticata da Krakauer che la ritenne poco responsabile. La posizione di Krakauer venne sostenuta anche da Reinhold Messner che dichiarò all'autore: «Nessuno dovrebbe guidare sull'Everest senza l'aiuto delle bombole d'ossigeno»[13] I sostenitori di Boukreev (tra cui Weston DeWalt - coautore, assieme a Boukreev, del libro Everest 1996 e Simone Moro che fu compagno di scalata di Boukreev) sostengono, invece, che l'utilizzo dell'ossigeno supplementare dà un falso senso di sicurezza e che quindi è stato più responsabile, per Boukreev non utilizzarlo piuttosto che il contrario.[14] Il peggioramento del tempo cominciò a causare problemi alla discesa diminuendo la visibilità, seppellendo nella neve le corde fisse e le tracce dell'ascesa e rendendo più difficile quindi ritrovare la strada fino al Campo 4. Fischer rimase bloccato dalla tempesta sul "Balcone" (a 8.350 m) assieme a Makalu Gau e a Lopsang Jangbu Sherpa. Constatando la sua impossibilità di proseguire ordinò a Lopsang Jangbu, che voleva rimanere con lui, di proseguire da solo per poter aiutare i clienti in discesa[8]. Hall chiamò aiuto via radio comunicando che Hansen era vivo ma aveva perso conoscenza. Alle 17.30 Andy Harris, guida della spedizione Adventure Consultants, che aveva già raggiunto la Cima sud (a 8.749 m) fece marcia indietro in direzione di Hansen e Hall portando con sé delle bombole di ossigeno. Krakauer riferisce che, alle 18.30, il tempo era peggiorato tanto da diventare una vera e propria tempesta: "Pungenti pallottole di neve, sospinte da raffiche di vento da settanta nodi, mi bersagliavano il viso"[15]. Molti scalatori di entrambe le spedizioni commerciali risultavano ancora dispersi. Beidleman, Klev Schoening, Fox, Madsen, Pittman e Gammelgaard della Mountain Madness e Groom, Weathers e Namba della Adventures Consultant vagarono nella tempesta fino a mezzanotte. Quando non riuscirono più a camminare si accucciarono per riposarsi e per proteggersi dal vento attendendo che il tempo migliorasse. Poco dopo mezzanotte il cielo si aprì abbastanza per permettere loro di vedere il Campo 4 a circa 200 m più in basso. Beidleman, Groom, Schoening e Gammelgaard discesero fino al Campo per chiedere aiuto mentre Madsen e Fox rimasero con il resto del gruppo per gridare e dirigere i soccorritori. Boukreev, raggiunto da coloro che erano scesi, risalì verso gli scalatori rimasti sulla parete e, in due escursioni, portò Pittman, Fox e Madsen al Campo 4. Boukreev decise di portare con sé questi tre (tutti della spedizione Mountain Madness) e non Namba (della spedizione Adventure Consultants) perché la giudicò prossima alla morte. Non vide invece Weathers (anche lui della Adventure Consultants) che si trovava lì vicino. Dopo le due risalite Boukreev era esausto e né lui né nessun altro scalatore presente al Campo 4 si sentivano più in grado di risalire per raggiungere Namba e Weathers.

11 maggio modifica

L'11 maggio, alle 04:43, Hall chiamò il campo base via radio dicendo di essere sulla cima sud a 8.749 m. Disse inoltre che Harris aveva raggiunto lui e Hansen ma che quest'ultimo "se n'era andato" mentre Harris sapeva dove fosse. Hall riferì inoltre di non riuscire ad inalare l'ossigeno delle bombole in quanto il suo regolatore era ghiacciato. Verso le 9.00 Hall era riuscito ad aggiustare la sua maschera dell'ossigeno ma disse anche che il principio di congelamento che la notte all'addiaccio gli aveva procurato alle mani e ai piedi gli impediva di scendere sfruttando le corte fisse. Più tardi, quel pomeriggio, chiese via radio al Campo Base di chiamare sua moglie Jan Arnold collegando il telefono satellitare alla radio. Durante la loro ultima conversazione Hall rassicurò la moglie dicendole: «Ti amo. Dormi bene, tesoro. Ti prego, non preoccuparti troppo»[16]. Poco dopo, morì. Il suo corpo venne trovato il 23 maggio dagli alpinisti della spedizione della IMAX, ma fu lasciato lì su richiesta della moglie che disse che lui si trovava "dove avrebbe voluto essere". I corpi di Doug Hansen e di Andy Harris non sono mai stati trovati.

Sempre l'11 maggio Stuart Hutchison, un cliente della Adventures Consultant che il 10 maggio era tornato al Campo 4 prima di raggiungere la cima, tentò una nuova spedizione di salvataggio alla ricerca di Weathers e Namba. Quando li trovò erano entrambi vivi, rispondevano a mala pena, presentavano pesanti segni di congelamento ed era impossibile muoverli. Constatata l'impossibilità di organizzare un salvataggio, Hutchison decide di lasciare i due scalatori al loro destino, scelta condivisa - seppur a malincuore - dagli altri superstiti del Campo 4.[17]

Tuttavia e contro ogni aspettativa, quello stesso giorno, Weathers riprese i sensi e si incamminò da solo verso il campo. Il suo arrivo sorprese tutti, dal momento che lo ritenevano morto. Dato la sua grave ipotermia e i gravi segni di congelamento alle mani e al volto gli venne somministrato ossigeno e fu scaldato. Durante la notte la sua tenda collassò e lui, incapace di rimetterla in piedi, passò un'altra notte all'addiaccio in balia del vento di alta quota. La mattina del 12 maggio gli altri scalatori, credendolo morto durante la notte, si prepararono a scendere senza di lui ma Krakauer scoprì che era ancora vivo. Nonostante le sue precarie condizioni, riuscì a scendere - aiutato da scalatori appartenenti a varie spedizioni - fino al Campo 2, dove fu evacuato in elicottero. Incredibilmente sopravvisse anche se gli dovettero amputare, per via del congelamento, il naso, le dita della mano sinistra e tutto l'avambraccio destro.[18]

Fischer e Gau, infine, vennero localizzati dagli sherpa durante la giornata dell'11 maggio. Le condizioni di Fischer, tuttavia, erano talmente gravi che gli sherpa poterono somministragli solo cure palliative prima di salvare Gau. Sempre durante la stessa giornata ci fu un nuovo tentativo di salvataggio da parte di Boukreev che trovò tuttavia il corpo di Fischer già congelato.

Analisi modifica

La tragedia fu causata da una combinazioni di eventi, tra cui:

  1. L'arrivo improvviso di una violenta tempesta che prese gli scalatori di sorpresa.
  2. Un'ora e mezza di ritardo sulla tabella di marcia causata da due imbottigliamenti sul Balcone e sull'Hillary Step derivanti dall'elevato numero di persone che si trovava in parete (34 scalatori) e dal mancato preventivo fissaggio delle corde fisse.
  3. La decisione dei capi della spedizione di non rispettare il limite orario massimo per il rientro, fissato alle 14.30, e permettendo a molte persone di giungere in cima ben dopo questo orario.
  4. L'improvviso malore di due scalatori nei pressi della cima verso le ore 15.00.
  5. Il fatto che molti scalatori terminarono l'ossigeno prima del ritorno alla Cima Sud.

Krakauer osservò che l'uso delle bombole di ossigeno e la presenza di guide pagate per accompagnare i clienti, segnare i sentieri, portare l'equipaggiamento e prendere le decisioni ha permesso ha molto più persone, che altrimenti non si sarebbero mai potute trovare lì, di poter tentare di salire montagne al di sopra delle loro possibilità, aumentando in questa maniera i rischi e, conseguentemente, i morti. In aggiunta a questo, scrisse che la competizione tra le compagnie di Hall e di Fischer potrebbe aver influito sulla decisione di Hall di non rispettare l'orario massimo della 14.00 fissato per il ritorno, così come la sua stessa presenza come giornalista inviato da un'importante rivista di alpinismo potrebbe aver aggiunto ulteriore pressione alle guide per portare in cima quanti più clienti possibili a scapito dei crescenti pericoli. La sua proposta è quella di vietare le bombole di ossigeno tranne che in casi di estrema emergenza, sostenendo che ciò avrebbe dissuaso molte persone impreparate a tentare l'ascesa dell'Everest, oltre a diminuire il crescente inquinamento sulle pendici della montagna causato proprio dall'abbandono delle bombole di ossigeno vuote. Sempre Krakauer, tuttavia, nota che scalare l'Everest è sempre stato un'impresa pericolosa, anche prima dell'avvento delle spedizioni commerciali, con una mortalità di uno scalatore ogni quattro scalatori che arrivano in cima. Oltre a questo, fa notare che la maggior parte delle decisioni prese il giorno 10 maggio e che si sono rivelate sbagliate sono state prese dopo due o più giorni di permanenza della zona della morte, in condizioni di carenza di ossigeno, cibo e riposo. La sua conclusione è quindi che decisioni prese in queste condizioni non possono essere criticate da coloro che non le hanno mai sperimentate.

Krakauer analizzò tuttavia alcune statistiche sulle morti sull'Everest stabilendo che i 12 morti della stagione primaverile del 1996, rappresentano solo il 3% di coloro che, in quella stessa stagione, sono saliti più oltre del Campo Base contro la media del 3,3% degli altri anni. Oltre a questo, il rapporto tra di 1 a 7 tra i 12 morti della stagione e gli 84 scalatori che hanno raggiunto la cima è significativamente più basso della media di 1 a 4 che c'era fino a quel momento. Conseguentemente, a livello statistico, si può dire che il 1996 sia stato un anno relativamente "sicuro".

Ossigeno supplementare modifica

Il non utilizzo dell'ossigeno supplementare da parte di una guida e di un sirdar è stato al centro di una polemica, dopo la tragedia, scatenata da Jon Krakauer. Sia la guida che il sirdar hanno fornito dettagliati scritti nei quali hanno difeso il loro operare e hanno spiegato i motivi che li hanno portati a scegliere di non utilizzare l'ossigeno supplementare pur portando con loro una bombola da usare in caso di emergenza.

Radio modifica

Ci furono numerosi problemi e malfunzionamenti con le radio il giorno 10 maggio. Il sirdar di Scott Fischer non era munito di una radio della compagnia ma utilizzava la "radiolina gialla" di proprietà di Sandy Pittman. Anche la squadra di Rob Hall ebbe alcuni problemi di comunicazione causati da una radio malfunzionante che creò alcune incomprensioni in una discussione sulle bombole di ossigeno.

Lista dei morti modifica

Nome[19] Nazionalità Spedizione Luogo della morte Causa della morte
Andrew "Harold" Harris (Guida) Nuova Zelanda Adventure Consultants vicino alla cima sud, 8.749 m sconosciuta
Doug Hansen (cliente) Stati Uniti
Rob Hall (Guida/Capo spedizione) Nuova Zelanda assideramento
Yasuko Namba (cliente) Giappone Colle Sud, circa 7.900 m
Scott Fischer (Guida/Capo spedizione) Stati Uniti Mountain Madness Cresta sud-est, 8.300 m
Tsewang Samanla India Polizia di confine indo-tibetana Cresta nord-est, 8.600 m
Naik Dorje Morup India
Tsewang Paljor India

Altre morti nel 1996= modifica

Di seguito una lista dei caduti sul monte Everest durante la stagione primaverile del 1996 non direttamente collegate con gli eventi del 10-11 maggio.

  • 9 maggio – Chen Yu-Nan (陳玉男) – della spedizione nazionale di Taiwan, morì dopo una caduta sulla parete del Lhotse[20]
  • 19 maggio – Reinhard Wlasich – scalatore austriaco morì per una combinazione di edema polmonare e cerebrale sulla cresta nord-est[21]
  • 25 maggio – Bruce Herrod – fotografo del team sudafricano che si trovava sul Colle Sud durante la tempesta del 10-11 maggio, raggiunse la cima due settimane dopo ma morì durante la discesa sulla cresta di sud-est[22].
  • 6 giugno – Ngawang Topche Sherpa – Sherpa della spedizione Mountain Madness, aveva sviluppato un grave caso di edema polmonare dovuto all'altitudie il 22 aprile, morì il 6 giugno in un ospedale a Kathmandu[23]

Di seguito una lista dei caduti sul monte Everest durante la stagione autunnale del 1996[24][25]

  • 25 settembre – Yves Bouchon – scalatore francese, fu travolto da una valanga sul versante sud assieme ai due sherpa elencati qui sotto
  • 25 settembre – Lopsang Jangbu SherpaSherpa nepalese che aveva accompagnato la spedizione Mountain Madness del 10 maggio
  • 25 settembre – Dawa Sherpa – Sherpa nepalese

Nell'epilogo del suo libro, High Exposure, David Breashears scrisse che incontrò alcuni dei corpi nella sua ascesa all'Everest nel maggio del 1997: "Eccettuato il corpo di Scott, ancora coperto dallo zaino e dalle corde nel modo in cui l'aveva lasciato Anatoli, i versanti della montagna erano pietosamente privi di accenni alla tragedia. Quando raggiungemmo la Cima Sud, il corpo di Rob era nascosto alla vista, coperto da un alto cumulo di neve. Andy Harris e Doug Hansen potrebbero giacere lì vicino a lui, ma probabilmente non lo sapremo mai. [...] Vicino alla base dell'Hillary Step trovammo l'ultimo indizio della tragedia del 1996, il corpo di Bruce Herrod, il fotografo che faceva parte del team sudafricano."

La tragedia nei media modifica

Vista del monte Everest modifica

 
Ghiacciaio Khumbu + Cascata di ghiaccio Khumbu + Cwm Occidentale + Monte Everest

Voci correlate modifica

References modifica

  1. ^ Mount Everest Nepal Earthquake, in The New York Times, 28 April 2015.
  2. ^ John-Thor Dahlburg, Climbing Veterans Call Everest Deaths Inevitable, LA Times.
  3. ^ Krakauer
  4. ^
  5. ^ Boukreev; Dewalt p. 12
  6. ^ a b Krakauer,  pp. xv–xvi
  7. ^ U.S. climber, thought dead, rescued from Mount Everest, in CNN, 13 May 1996. URL consultato il 14 November 2015.
  8. ^ a b c Lopsang Jangbu Sherpa's response to Krakauer's article, su outsideonline.com. URL consultato il 5 December 2010 (archiviato dall'url originale il 19 September 2010).
  9. ^ a b Anatoli Boukreev's response to Krakauer's article, su outsideonline.com. URL consultato il 5 December 2010.
  10. ^ a b Storm Over Everest.
    «Statement by Ang Dorje»
  11. ^ Salon Wanderlust | Coming down, su salon.com, 10 May 1996. URL consultato il 5 December 2010 (archiviato dall'url originale il 26 October 2010).
  12. ^ Summit Journal '96: Scott Fischer Returns to Everest: Anatoli Boukreev response, in outsideonline.com. URL consultato il 27 September 2015 (archiviato dall'url originale il 30 May 2001).
  13. ^ Jon Krakauer, Aria Sottile, p. 647
  14. ^ GlaxoSmithKline: On top of the world – Acclimatisation Archiviato il 25 May 2009 Data nell'URL non combaciante: 25 maggio 2009 in Internet Archive.
  15. ^ Jon Krakauer, Aria Sottile, p. 439
  16. ^ Jon Krakauer, Aria Sottile, p. 523
  17. ^ Jon Krakauer, Aria Sottile, p. 541
  18. ^ Jon Krakauer, Aria Sottile, p. 610
  19. ^ List of Everest Fatalities AdventureStats.com
  20. ^ Jon Krakauer, Aria Sottile, p. 362
  21. ^ Jon Krakauer, Aria Sottile, p. 603
  22. ^ Jon Krakauer, Aria Sottile, p. 439
  23. ^ Jon Krakauer, Aria Sottile, p. 282
  24. ^ Video, in CNN, 14 October 1996. URL consultato il 24 February 2011.
  25. ^ Lopsang Jangbu Sherpa killed in Everest avalanche, su classic.mountainzone.com.
  26. ^ Into Thin Air: Death on Everest, 9 November 1997.
  27. ^ Baumgarten, Marjorie, Everest, in The Austin Chronicle, 14 October 2014. URL consultato il 19 November 2014.
  28. ^ Frontline: Storm Over Everest, PBS, 2007.
  29. ^ REVIEW: Dallas Opera’s stunning world premiere of ‘Everest’, su dallasvoice.com. URL consultato il 27 January 2017.

Bibliografia modifica

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica