Utente:GJo/Sandbox/Sbarco a Melito

Sbarco a Melito
parte della Spedizione dei Mille
Sbarco della spedizione Musolino ad Altafiumara
Data19 luglio 1860
LuogoMelito di Porto Salvo, Calabria
EsitoSbarco garibaldino avvenuto con successo
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
3267
Perdite
nessunanessuna
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Lo sbarco a Melito avvenuto il 19 luglio 1860 sulle spiagge di Melito segnò l'inizio delle operazioni dell'Esercito Meridionale garibaldino sulla parte continentale del Regno delle Due Sicilie.

La preparazione modifica

Dopo la firma della convenzione Clary-Medici, che consegnava la Sicilia ai garibaldini, mantenendo all'esercito delle Due Sicilie le sole piazzaforti di Siracusa ed Augusta insieme alla cittadella di Messina, Giuseppe Garibaldi incominciò a progettare il passaggio sulla parte continentale del Regno delle Due Sicilie della spedizione dei Mille; a questo scopo incaricò il Castiglia, comandante generale della Marina siciliana, di censire i mezzi disponibili a questo scopo e radunarli nel porto di Palermo e negli altri porti della costa settentrionale.[1] Castiglia riuscì a radunare circa 150 barche che fece successivamente giungere a Milazzo, tra il 18 e il 22 luglio e che dal 27 iniziarono a spostarsi verso Messina. A queste barche si unirono anche tre vapori armati con cannoni. Aumentate in seguito le barche a disposizione, il Castiglia le divise in quattro divisioni di 40 barche ciascuna, eccetto la prima che ne comprendeva 50; la flotta era sotto il comando dello stesso Castiglia, mentre Gustavo Tilling ne era il comandante in seconda e aveva il titolo di capo di stato maggiore.[1] Inoltre cinque barche, denominate cannoniere, erano state dotate di un cannoncino in modo tale dare alla flotta dei mezzi di offesa e di difesa.

La spedizione Musolino modifica

Dopo che vari tentativi di passare lo stretto, strettamente sorvegliato da una squadra della Marina borbonica, erano falliti, il 9 agosto, su proposta di Benedetto Musolino che aveva assicurato – tramite contatti da lui stabiliti – sarebbe stato possibile impadronirsi del forte di Altafiumara, una spedizione fu approntata sotto il comando del Musolino stesso e l'8 agosto 25 barche con 12 volontari ciascuna furono preparate per il tentativo; Garibaldi venne in serata a dare le ultime istruzioni ed ad animare i volontari.[2] Due navi con 2000 uomini erano state preparate ed attendavano solo il segnale che il forte era stato conquistato per passare lo stretto. Durante la traversata, alcune delle barche all'estremità sinistra della formazione, sotto il comando del De Flotte persero contatto con il resto della flotta e dovettero tornare indietro; invece altre barche, che portavano le Guide del Missori e i bersaglieri del Bonnet presero terra lontano dalla flotta principale riprendendo contatto con il resto della spedizione solo parecchie ore più tardi.[3]

All'arrivo i garibaldini di Missori non trovarono le persone del luogo incaricate di guidarle; decisero comunque di cercare di avvicinarsi al forte di Altafiumara, ma la squadra garibaldina, quando era quasi arrivata sotto il forte, si imbatté in una pattuglia borbonica ed ebbe con essa uno scambio di colpi che portò alla ritirata degli uomini di Missori, ritirata causata anche dal colpo di cannone sparato dal forte e che aveva messo in allarme tutte le forze borboniche presenti nei dintorni; perso così il vantaggio della sorpresa, gli uomini di Missori decisero di ritirarsi verso l'Aspromonte; il colpo di cannone fu udito anche sulla sponda siciliana dove si trovava Garibaldi che, proprio in conseguenza del colpo di cannone, annullò la spedizione composta da 2000 uomini che era stata preparata. Gli uomini di Missori, guidati da gente del luogo, sostarono infine su un vasto altopiano, quello della Melià.[4] Il mattino successivo, quando ancora non aveva deciso cosa fare, visto che il loro obiettivo di occupare il forte era fallito, furono raggiunti da Gerace, un patriota del luogo, che portava con sé delle provviste, di cui i garibaldini mancavano (essi infatti contavano di usare le provviste presenti presso il forte e, in alternativa, sull'aiuto delle popolazioni locali). Il Gerace li informò che il Comitato liberale di Reggio sapeva del loro sbarco e li avrebbe assistiti, inoltre dai paesi vicini sarebbero giunti presto viveri e uomini in loro aiuto; andato via il Gerace, portando con sé una lettera del Missori per Garibaldi, le sentinelle segnalarono l'avvicinarsi del resto degli uomini della spedizione capitanati dal Musolino, la cui colonna doveva al momento lamentare l'assenza di una decina di uomini i quali, smarittesi nel buio, erano caduti in mano ai napoletani.[5] Il Musolino comunicò che anch'essi si erano scontrati con le truppe borboniche, ritirandosi in seguito verso la montagna e ricevendo soccorso nel paese di Fiumara. La spedizione spostatisi ancora, si riposò la notte successiva presso una fattoria situata ai piedi del Monte Sant'Angelo.

Visto il fallimento dell'obiettivo prefissato (la conquista del forte di Altafiumara) gli ufficiali garibaldini riuniti in consiglio prima dell'arrivo del Musolino avevano incaricato il Cattabeni di recarsi presso il generale per riferirgli cosa era successo e richiedere la rimozione del Musolino dal suo incarico di comandante della spedizione per la sua inettitudine, e la sua sostituzione con Missori.[6] A causa della sorveglianza borbonica il Cattabeni non riuscì ad attraversare lo Stretto e fu costretto ad inviare un lettera a Garibaldi; il Generale rispose, al Musolino, che «io vi sono amico e possedete la mia intera fiducia, ma se l'opinione dei nostri e del paese si manifestasse per Missori, concedetegli il comando».[7] Alla fine il Musolino comunicò al generale che «gli stessi ufficiali unanimi risolvettero di conservarmi il comando per l'organizzazione rivoluzionaria, per l'amministrazione e il governo provvisorio, manifestando il desiderio di vedere il Missori comandante per le operazioni militari».[7]

Nel consiglio tenuto il 10 agosto si decise di attendere l'arrivo dei rinforzi "locali" che incominciarono a giungere il giorno stesso, al comando di Domenico de Lieto (120 uomini); il giorno seguente, di primo mattino, al comando del Gerace giunse un altro centinaio di persone e altrettanti al seguito di Agostino Plutino, probabilmente il più importante tra i liberali della provincia presenti.[7] La colonna raggiunse così la consistenza totale di circa 500 uomini. Nel consiglio del giorno 11 non vennero prese decisioni in quanto s'ignoravano i movimenti del nemico, perciò una pattuglia guidata dal Missori e dal Mario si spinse in esplorazione fino ad un colle sopra il forte di Torre Cavallo, la scoperta della presenza della pattuglia nemica mise in agitazione la guarnigione borbonica la quale, riavutosi dalla sorpresa e non vedendo giungere altre truppe incominciò a manovrare per catturarla, ma i garibaldini, riusciti a sganciarsi, tornarono al campo. Si decise quindi, vista l'aggressività mostrata dalle truppe regie, di spostarsi ancora di più verso l'interno.[8] Giunti al monte Basilicò, Musolino comunicò la nuova posizione a Garibaldi e vistosi respingere il suggerito attacco su Reggio, seguì le indicazioni del generale di disturbare quanto più possibile le comunicazioni nemiche. Nel frattempo il maresciallo Vial ordinava ai generali Briganti e Melendez di effettuare un battuta con metà del 1º cacciatori per disperdere i rivoltosi e al solo Briganti di comunicare al generale di Marina Salazar che «la crociera deve essere attiva e vigilante tra Reggio e Scilla».[9] Le forze borboniche dislocate nella provincia erano destinata a raggiungere, il 25 agosto la cifra di 12.000 uomini. L'incarico di disperdere i garibaldini presenti in Aspromonte venne dato al colonnello Giuseppe Ruiz de Ballesteros, ha cui fu messa a disposizione una colonna mobile formata col 1º e con il 5º cacciatori. Nel frattempo gli uomini del Musolino, per contrastare le manovre borboniche, si mossero verso i Piani di Aspromonte presso la casa dei Forestali, all'epoca ancora in costruzione.

Mentre il Salazar riceveva giorno 13 agosto l'ordine di distruggere il naviglio garibaldino che si potesse prestare ad uno sbarco in Calabria (ordine da lui eseguito svogliatamente), Missori, con l'appoggio di Musolino e l'opposizione di Plutino, decise di effettuare una scorreria su Bagnara, azione che si risolvette però essenzialmente in un fallimento, non portando nessun beneficio e costando una marcia di 22 ore su un terreno molto difficile e influendo negativamente sul morale dei volontari.[10] Respinto quindi il suggerimento del Plutino di ritirarsi verso Gerace, fu deciso per il giorno dopo di recarsi a Pedavoli. In questo paese, dove si stava festeggiando l'Assunta i garibaldini ricevettero un'ottima accoglienza e vi si trattenero, tra banchetti e danze, fino al 15 inoltrato. Ritornati ai Forestali il 16, vi trovarono la signora Le Monnier, corrispondente del francese Journal des Débats, che li informò sul fatto che in Sicilia su di loro girava la voce, tra le altre, che fossero tutti morti e che da tre giorni Garibaldi era scomparso e non si sapeva dove fosse.[11] Rinviata la Le Monnier con la scorta di un ufficiale e una lettera per il capo di stato maggiore Sirtori, i capi della spedizione dovettero incominciare in serata a preoccuparsi delle forze di Ruiz che, divise in tre colonne, si stavano ormai approssimando al loro accampamento; il campo fu tolto e i garibaldini si inoltrarono nella foresta non potendo, anche per le divisioni interne tra il Missori e il Musolino da un lato e il Plutino dall'altro, offrire una resistenza decisa alle forze borboniche. I garibaldini si diressero quindi verso San Lorenzo perdendo per strada, a causa di diserzioni, 200 dei 500 calabresi che si erano uniti loro dall'inizio della spedizione.[11] San Lorenzo permetteva agli uomini di Musolino di controllare agevolmente la zona da Melito a Reggio. Nel frattempo le forze di Ruiz, che il 16 si erano riposate ai Forestali e il 17 si erano mosse verso Santo Stefano, furono distolte dall'inseguimento da un avviso del generale Briganti che segnalava un possibile sbarco garibaldino tra Bianco e Bovalino, spingendo il Ruiz a muoversi verso Pedavoli, da dove il giorno dopo ritornò verso Villa San Giovanni a causa della notizia di uno sbarco «tra Capo d'Armi e Pellaro di circa 6 mila garibaldesi».[12]

Il Musolino, all'oscuro dei movimenti delle forze regie, comunicava intanto al Generale l'intenzione di rimanere a San Lorenzo «posizione felicissima, che il nemico non potrebbe investire con meno di 5 - 6 mila uomini, che io per altro sono in grado di respingere con successo […] In questa posizione io non sono che ad 8 ore di distanza da Reggio e a 4 dalla marina di Bova, onde potrei operare facilmente ed efficacemente per appoggiare uno sbarco nell'uno e nell'altro punto».[12]

La mattina del 19 due uomini della colonna del Musolino, Ergisto Bezzi e Angelo Golini, si diressero verso Melito Porto Salvo per procurarsi viveri, esplorare e tagliare i fili del telegrafo. Giunti nelle vicinanze di Melito sentirono dei colpi di cannone e arrivati in cima ad un colle videro due navi borboniche tirare verso un vapore arenato mentre gruppi di camicie rosse sbarcavano; rimasti all'inizio interdetti si precipitarono subito dopo verso i compagni, dai quali appresero che si trattava di una spedizione di 3500 uomini, con a capo Garibaldi e Bixio, appena sbarcati in Calabria. Furono quindi portati dal Generale che, dopo averli interrogati, rimandò indietro il solo Golini con un messaggio per il Musolino:

«Mélito, 19 agosto 1860.
Caro colonnello Musolino - Sono fortunatamente sulla terra calabrese con parte dell'esercito. Credo bene che vi avviciniate a questo Quartier generale coi prodi calabresi e coi nostri che vi accompagnano.
Salutate Missori e tutti i compagni. Vostro
G. Garibaldi»

L'annuncio fu accolto con grande gioia dai garibaldini presenti a San Lorenzo, che si affrettarono ad unirsi ai compagni appena sbarcati.[13]

Note modifica

  1. ^ a b Agrati, p. 282
  2. ^ Agrati, pp. 283-4
  3. ^ Agrati, p. 287
  4. ^ Agrati, p. 288
  5. ^ Agrati, p. 289
  6. ^ Agrati, p. 291
  7. ^ a b c Agrati, p. 295
  8. ^ Agrati, p. 301
  9. ^ Agrati, p. 303
  10. ^ Agrati, pp. 306-9
  11. ^ a b Agrati, p. 311
  12. ^ a b Agrati, p. 316
  13. ^ Agrati, pp. 319-9

Bibliografia modifica

  • Carlo Agrati, Da Palermo al Volturno, Milano, Mondadori, 1937.
  • Giulio Aromolo, La difesa borbonica delle coste calabre. Lo sbarco di Garibaldi, in Atti del 2º congresso storico calabrese, Napoli, Fausto Fiorentino Editore, 1961, pp. pp. 163-196.
  • Mariano Gabriele, Il passaggio dello Stretto, in Da Marsala allo Stretto, Roma, A. Giuffrè, 1961, pp. pp. 163-196.
  • Gaetano Marafioti, Lo sbarco garibaldino a Mèlito. Il vapore sommerso, in La Voce di Calabria, 20 giugno 1971, p. 1, 4.
  • Gaetano Marafioti, Lo sbarco garibaldino a Mèlito. Il vapore sommerso, in La Voce di Calabria, 27 giugno 1971, p. 3.
  • Cesare Minicucci, Lo sbarco di Garibaldi a Melito il 19 agosto 1860 e la marcia su Reggio. I fratelli Antonino e Agostino Plutino, Cosenza, Tip. Cronaca di Calabria, 1960.
  • Tommaso Nardella, Marco Centola e lo sbarco garibaldino a Melito, Napoli, Fausto Fiorentino Editore, 1969.
  • Salvatore Orlando, Garibaldi a Melito. Una pagina di storia nazionale, Reggio Calabria, Città del Sole edizioni, 2007, ISBN 978-88-7351-159-5.
  • Domenico Puzzolo Sigillo, Itinerario garibaldino. Da Giardini a Melito, Messina, Tipografia D'Amico, 1910.
  • Saverio Zuccalà, San Lorenzo sull'Aspromonte e l'Unità d'Italia, Reggio Calabria, Laruffa Editore, 2010, ISBN 978-88-7221-495-4.

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