Eulogìa Lascaris

principessa bizantina

Eulogìa Lascaris (in greco Εὐλογία Λασκαρίνα Aσανίνα?, Eulogia Laskarina Asanina (dal greco "eylogía/lode; benedizione"); Nicea, 1248Saragozza, 1307) è stata una principessa bizantina, figlia dell'imperatore Teodoro II Lascaris e di Elena Asen.

L'imponente castello gotico di Xàtiva, città sede di importanti fiere bovine, infeudata a Eulogìa contessa di Ventimiglia.

Biografia modifica

Nel 1261 suo fratello Giovanni IV Lascaris fu deposto ed accecato ed ella fu data tredicenne in sposa al conte di Tenda Guglielmo Pietro I di Ventimiglia.

Vivente ancora il marito Eulogìa[1] segue in esilio Costanza di Hohenstaufen – figlia di Federico II e vedova dell'imperatore Giovanni III Ducas Vatatze, nonno paterno di Eulogìa – in Aragona, presso la nipote Costanza di Hohenstaufen, che si era accasata con il re Pietro III d'Aragona. Eulogìa è accompagnata dai figli Giovanni e Giacomo e dalle figlie Vatatza, Lascara, Violante e Beatrice. Nel 1280 il re Pietro concede a Eulogìa il diritto di porre in enfiteusi porzioni della signoria di Mexen, sequestrata ai saraceni. L'anno seguente la contessa di Ventimiglia ottiene esenzione da ogni pedaggio, erbaggio e passaggio riguardante i suoi allevamenti bovini.

Negli anni 1286-1304 Eulogìa ottiene dai successori Alfonso III e Giacomo II le signorie di Jativa e Berbegal e due pensioni annue di 27000 soldi sulle rendite dei Giudei di Barcellona e sulla signoria di Castellòn de Burriana, oltre a 1750 soldi sulle rendite di Huesca. Nella città di Montblanc la principessa bizantina fonda - nel 1298 - il convento della Mare de Déu de la Serra, officiato dalle Clarisse. Quivi depone una meravigliosa e miracolosa statua della Madonna con Bambino di scuola italiana, proveniente da Ventimiglia, che diverrà il centro d'interesse di affollati pellegrinaggi che porteranno questo convento, nel Medioevo, a essere il santuario iberico secondo solo a Montserrat.

Discendenza modifica

Dal conte di Ventimiglia e Tenda ebbe:

  • Giovanni I, detto Lascaris come erede dei diritti sull'Impero d'Oriente, conte di Ventimiglia, Val Lantosque, Tenda, Limone, Vernante e Bussana
  • Giacomo, conte di Ventimiglia
  • Otto, vescovo di Ventimiglia
  • Beatrice, che si maritò con Guglielmo di Moncada, figlio di Raimondo signore di Fraga. I Moncada riconoscono a Beatrice di Ventimiglia – alla presenza di Eulogìa e del re Pietro - l'enorme dote di millecinquecento marche d'argento, con contratti stipulati il 13 aprile 1282 e il 1º giugno 1282, garantendone il valore con la città, castello e porto di Tortosa, da loro posseduti.[2]
  • Vatatza
  • Lucrezia
  • Violante, signora di Foradada, Campo, Navarri e Pallaruelo, fu sposa di Ximeno Cornell e in seconde nozze di Guglielmo conte di Ribagorza, dando vita alla dinastia dei Lascaris/Lascorz di Ribagorza.[3]

Ascendenza modifica

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Basilio Vatatzes  
 
 
Giovanni III Vatatze  
 
 
 
Teodoro II Lascaris  
Teodoro I Lascaris  
 
 
Irene Lascarina  
Anna Comnena Angelina Alessio III Angelo  
 
Eufrosina Ducena Camatera  
Eudossia Lascaris  
Ivan Asen I  
 
 
Ivan Asen II  
Elena-Eugenia  
 
 
Elena Asen  
Andrea II d'Ungheria Béla III d'Ungheria  
 
Agnese d'Antiochia  
Anna Maria d'Ungheria  
Gertrude di Merania Bertoldo IV d'Andechs  
 
Agnese di Rochlitz  
 

Note modifica

  1. ^ Il nome Eulogìa risulta in documento autentico del 1312, e va quindi sostituito a quelli attribuiti erroneamente al medesimo personaggio nelle cronache successive; di Eudossia o Irene: Daniel Duran Duelt, «Sobre la demanda que vos e vuestras hermanas havedes en el emperio de Grecia». Mujeres, poder y diplomacia en el Mediterráneo medieval: una mensajería de Fernando IV de Castilla a Bizancio en favor de Vataza Láscaris Ventimiglia., in Revue des Études Byzantines, vol. 80, (2022), pp. 257-308; 264-265: "Velogia, alias vocata Laschara, infantissa Grecorum...domine Laschare, vocate aliter Eulogie, quondam, filie superi llustris imperatoris Grecorum”.
  2. ^ Masià i de Ros, p. 147-151.
  3. ^ Luis Yilar y Pascual, 3., p. 188-194; Puig i Ferreté, 1., p. 119-136; Miret i Sans, p. 455-470; Baucells i Reig, 4., p. 63-80; Masià i de Ros, p. 145-151.

Collegamenti esterni modifica