Biblioteca dei ragazzi ai Giardini Margherita

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La Biblioteca dei ragazzi ai Giardini Margherita è stata una biblioteca comunale della città Bologna. Istituita nel 1954[1], è stata una delle prime biblioteche per ragazzi in Italia.

La proposta di istituire una biblioteca per ragazzi a Bologna era partita dalla Soprintendenza bibliografica ed era stata subito accolta dal Comune e dalla Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche, in seno al Ministero della Pubblica Istruzione. Il Comune mise a disposizione la palazzina liberty all’interno dei Giardini Margherita, realizzata nel 1910 dall'architetto Edoardo Collamarini[2] e per l'occasione restaurata poiché da tempo era in stato di abbandono[3], mentre il Ministero stanziò un milione e mezzo di lire per l’acquisto dell'arredamento e delle scaffalature metalliche che vennero montate al primo piano della palazzina. La terrazza a piano terra venne arredata con sedie a sdraio e ombrelloni, per permettere la lettura all’aperto.[1][3]

La biblioteca, inaugurata il 16 giugno 1954[1], è stata una delle prime esperienze di biblioteca interamente dedicata ai bambini e ai ragazzi in Italia, assieme alla Biblioteca dei ragazzi Maria Pezzè Pascolato di Venezia, attiva dal 1926 al 1938[4], e alla Biblioteca Giardino per Ragazzi di Imola, fondata nel 1961 e diventata poi Biblioteca Casa Piani[5]. ((( Già esistevano molte sezioni ragazzi di biblioteche comunali... )))

Alla sua nascita la Biblioteca dei ragazzi dipendeva dalla Biblioteca Popolare Comunale, sita in via de’ Foscherari 2 a Bologna, e non aveva un regolamento proprio. Solo nel 1956 la biblioteca divenne autonoma dotandosi di un proprio regolamento-statuto.[3]

Nel luglio 1959 alla Biblioteca venne affiancato il Centro Ricreativo dei Giardini Margherita, uno dei tredici centri di aggregazione giovanile voluti dal nuovo Assessorato alla Gioventù e Sport[6][7] dell'amministrazione guidata da Giuseppe Dozza, giunto nel 1956 al terzo mandato. Nel 1960 sulla terrazza superiore della palazzina venne inaugurato un osservatorio su postazione fissa, costruito dal Gruppo Astrofili del Centro Giovanile.[1][8]

La biblioteca venne chiusa nel 1977 per lasciare spazio ad una scuola materna.[1] ((( su progetto dell'architetto Riccardo Merlo, coordinatore dell’edilizia scolastica del Comune di Bologna dal 1967 al 1984.[9] )))

Patrimonio

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La collezione della biblioteca comprendeva all'inaugurazione 2.348 volumi che già nell'anno successivo i volumi diventavano 3.300[1][3][10]. La maggior parte del posseduto era frutto di donazioni, 287 volumi furono donati dalla Biblioteca popolare comunale, 705 dal club bolognese dell’Associazione femminile Soroptimist International e 1815 dall'Ufficio Assistenza scolastica del Comune di Bologna.[10]

La collezione, indirizzata ad un pubblico di bambini e ragazzi dal primo anno delle elementari all'ultimo anno delle secondarie, includeva autori bolognesi, italiani, francesi, inglesi, tedeschi, spagnoli, russi e ungheresi nonché una ricca selezione di libri di divulgazione scientifica.[10]

Nel 1988 il Comune di Bologna aprì la Biblioteca centrale bambini e ragazzi di Villa Mazzacorati[11] in via Toscana nella quale confluirono i materiali della biblioteca dei Giardini Margherita. La Biblioteca di Villa Mazzacorati resterà attiva fino all'apertura della Biblioteca Salaborsa e alla riorganizzazione delle biblioteche comunali bolognesi.[12]

Dal 2000, in seguito alla riorganizzazione del sistema bibliotecario e alla progettazione di Biblioteca Salaborsa, la collezione della Biblioteca dei ragazzi confluisce nella raccolta storica della Biblioteca Salaborsa Ragazzi e in piccola parte in altre sedi del Settore Biblioteche e Welfare Culturale del Comune di Bologna. Il fondo della biblioteca dei Giardini Margherita, denominato GiM, conta attualmente XXXX unità che documentano la produzione editoriale bolognese e italiana dell'editoria per ragazzi tra l'inizio del Novecento e gli anni Settanta, con autori come...

  1. ^ a b c d e f La biblioteca dei ragazzi ai Giardini Margherita, su bibliotecasalaborsa.it. URL consultato il 15/05/2024.
  2. ^ La palazzina Liberty ai Giardini Margherita, su bibliotecasalaborsa.it. URL consultato il 17/05/2024.
  3. ^ a b c d La biblioteca dei ragazzi ai Giardini Margherita, su badigit.comune.bologna.it. URL consultato il 15/05/2024.
  4. ^ Fondo Biblioteca dei ragazzi Maria Pezzè Pascolato, su comune.venezia.it. URL consultato il 16/05/2024.
  5. ^ Biblioteca Giardino, su bim.comune.imola.bo.it. URL consultato il 16/05/2024.
  6. ^ Luciano Valente e Mauro Mencaroni, Il centro ricreativo Giardini Margherita, Bologna, 1980.
  7. ^ I centri ricreativi, su bibliotecasalaborsa.it. URL consultato il 16/05/2024.
  8. ^ Gruppo Astrofili Giardini Margherita, su gizarastro.it. URL consultato il 16/05/2024.
  9. ^ [Scuola materna Giardini Margherita 16/05/2024].
  10. ^ a b c Luigi Arnaud, La biblioteca dei ragazzi bolognesi, in Bologna. Rivista del comune, n. 14, 1955, pp. 32-34.
  11. ^ Anagrafe delle biblioteche italiane, su anagrafe.iccu.sbn.it. URL consultato il 16/05/2024.
  12. ^ Piani del Comune di Bologna per le biblioteche contemporanee, su aib.it. URL consultato il 16/05/2024.

Bibliografia

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  • Maria Nobili, Le biblioteche specializzate per l'infanzia, in Accademie e biblioteche d'Italia, n. 6, 1934, pp. 609-618.
  • Luigi Arnaud, La biblioteca dei ragazzi bolognesi, in Bologna. Rivista del comune, n. 14, 1955, pp. 32-34.
  • Luciano Valente e Mauro Mencaroni, Il centro ricreativo Giardini Margherita, Bologna, 1980.

Voci correlate

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Altri progetti

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Alfredo Pitta

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Alfredo Pitta (Lucera, 27 febbraio 1875Roma, 24 novembre 1952) è stato un traduttore e scrittore italiano.

Biografia

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Alfredo Pitta, noto anche con lo pseudonimo di Norman Charger [1][2], è stato uno scrittore che ha pubblicato con molte case editrici, tra cui Sonzogno, Mondadori e Nerbini, e anche traduttore di libri dall'inglese, dal francese, dall'inglese e dal russo[3][2]. Era figlio di un sarto, Agostino, e di una casalinga, Raffaela Loiacono, mentre suo fratello maggiore Gaetano fu il fondatore e direttore de “Il Foglietto”, giornale locale ad indirizzo socialista e libertario, ed il fratello Giovanni disegnatore e pittore[2]. Pitta fu massone del Grande Oriente d’Italia e della Serenissima Gran Loggia del Rito Simbolico fino al 19125, quando il Fascismo chiuse le logge[4][2].


Alfredo Pitta cominciò nel 1904 la sua carriera di giornalista e narratore, scrivendo racconti e novelle sul giornale diretto dal fratello Gaetano, su cui curava, con lo pseudonimo di Madonna Ginevrina, anche la rubrica Tratti di penna. Scrisse alcuni articoli anche per Critica Sociale. Trasferitosi a Roma, dove abitava anche il fratello, fu collaboratore e redattore per vari giornali tra cui Il Messaggero.[2]

Scrisse 33 romanzi[4]: L’anello di Vior e L’idolo di Rankanava nel filone della letteratura fantastica italiana; nel 1930 pubblicò L’asilo d’amore, La lampada d’amore, Una notte orrenda, La rosa rossa; nel 1931 Castelmalo, nel 1932 Ruhama, nel 1933 Le tredici colonne, nel 1934 La favorita del giustiziere, nel 1935 Goccia d’oro e I cinque falchi , nel 1936 L’albero della paura, La dama verde e Santajusta, nel 1937 La Scala Vermiglia e Il Liberatore, nel 1938 Il Cavaliere della chimera e Il triangolo dell’ABC, tra il 1939 ed il 1940 la trilogia del commissario Enderton, nel 1942 L’ultimo giullare, tra il 1940 e il 1945 La predizione, La figlia del sole, Fior di Sogno, La fontana malata, Mastro ventura, Tutte le stelle, La canzone del fiume, Tre luci nella notte, La Cattedrale di Sant’Io, Le tre fortune di Numeno[2].

Il suo romanzo più conosciuto è Santajusta, ambientato tra il 1267 e il 1269 a Lucera, il suo paese natale, e ristampata nel 1954 e successivamente nel 2017[2][5][6][7][8].

Nel 1942 progettò un’enciclopedia popolare per l’editore Salani, in cui trattare gli argomenti "con molta sobrietà, in modo da dare un’idea precisa ma elementare della disciplina cui si riferiscono"[2].

Molto fiorente fu anche la sua attività di traduttore di romanzi di autori francesi, inglesi, tedeschi e russi, come Joseph Conrad, Arthur Conan Doyle, Alessandro Dumas, August Maquet, Henryk Sienkiewicz, Pelhany Grenville Wodehouse, Edgar Wallace, Zane Grey. Ebbe anche il merito di tradurre autrici e autori meno conosciuti in Italia, come Emma Orczy, James Oliver Curwood, sir Henry Rider Haggard, Alfred Sabatini, Dennis Wheatley.[2]

Pitta è noto per essere stato nel 1935 il primo traduttore dall’inglese all’italiano di Assassinio sull’Orient Express di Agatha Christie, per la collana I Libri Gialli Mondadori[2].

DA CONSULTARE: https://it.wikipedia.org/wiki/Assassinio_sull%27Orient_Express https://it.wikipedia.org/wiki/I_Libri_Gialli_dal_101_al_200


Nel 1944 ha tradotto anche Quo vadis? di Henryk Sienkiewicz[4][9][10], trasposto nel 1951 nel celeberrimo colossal omonimo.

  1. ^ Letteratura tradotta in Italia, su ltit.it. URL consultato il 25/06/2024.
  2. ^ a b c d e f g h i j Liber Liber, su liberliber.it. URL consultato il 25/06/2024.
  3. ^ Centro Studi Diomede, su diomede.it. URL consultato il 25/06/2024.
  4. ^ a b c Grande Oriente d'Italia, su grandeoriente.it. URL consultato il 25/06/2024.
  5. ^ Lucera Memoria e Cultura, su luceramemoriaecultura.it. URL consultato il 25/06/2024.
  6. ^ [Claudio Grenzi editore 25/06/2024].
  7. ^ La grande quercia di Santa Justa, su quotidianodifoggia.it. URL consultato il 25/06/2024.
  8. ^ Gazzetta del Mezzogiorno, su lagazzettadelmezzogiorno.it. URL consultato il 25/06/2024.
  9. ^ La Feltrinelli, su lafeltrinelli.it. URL consultato il 25/06/2024.
  10. ^ AbeBooks, su abebooks.com. URL consultato il 25/06/2024.

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Fabio Fabbi

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INTEGRAZIONE da inserire dopo la frase: Decise, pertanto, di portarne testimonianza attraverso un diario e fotografie che riporterà su tela.

Si dedicò anche all'attività di illustratore di libri per ragazzi: in particolare curò le illustrazioni dei libri di Emilio Salgari, profondendo "nei libri dello scrittore una particolare e aggraziata atmosfera di sogno orientale"[1]. Illustrò anche i libri di Louisa May Alcott: prima Piccoli uomini, tra il 1910 ed il 1911, e vsuccessivamente Piccole donne nel 1916[2].

IN CHIUSURA: Fabio Fabbi, definito “l'ultimo degli Orientalisti”, può essere annoverato fra gli artisti più documentati e studiati, fra quelli del "lungo Ottocento bolognese"[3][4]. L'Archivio Fabio Fabbi ne conserva e tutela la documentazione ed esegue perizie e ricerche storico-artistiche[5].

  1. ^ Antonio Faeti 2011, p. 164
  2. ^ Fabio Fabbi in Dizionario Biografico degli Italiani, su treccani.it. URL consultato il 26/06/2024.
  3. ^ La pittura a Bologna nel lungo Ottocento, su museibologna.it. URL consultato il 26/06/2024.
  4. ^ Titolazione "Giardino Fabio Fabbi", su museibologna.it. URL consultato il 26/06/2024.
  5. ^ Archivio Fabio Fabbi, su archiviofabiofabbi.it. URL consultato il 26/06/2024.


AGGIUNGERE IN BIBLIOGRAFIA

  • A. Faeti. Guardare le figure. Gli illustratori italiani dei libri per l'infanzia, Nuova edizione con un'introduzione, Donzelli editore, Roma 2011, pag. 164


AGGIUNGERE IN COLLEGAMENTI ESTERNI

Alberto Cioci

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Alberto Cioci (Pistoia, 23 aprile 1867Roma, 27 marzo 1925) è stato un insegnante e scrittore italiano.

Biografia

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Alberto Cioci si sposò con Ida Caioli e dalla loro unione nacque nel 1900 Vilma. Maestro elementare, è noto per essere stato uno scrittore continuatore di Carlo Collodi. Scrisse una trilogia di racconti per ragazzi: nel 1896 Lucignolo. L'amico di Pinocchio, nel 1897 Moccolo. L'amico di Lucignolo e nel 1898 Fioretto. L'amico di Lucignolo e Moccolo[1]. Collodiani furono anche l'illustratore dei suoi libri Carlo Chiostri[1][2] e l'editore Bemporad[1].

Sulla scia di Collodi, Cioci tratta i temi legati all'infanzia e ai monelli, puntando sull'ironia che mette a nudo le convenzioni dell'età adulta[1][3], toccando figure "inviolabili" come la madre, il curato ed il maestro[4]. Con Cioci, Lucignolo diventa il protagonista di una serie di libri scolastici, come Lucignolo agricoltore. Libro di lettura del 1903; Complemento al Sillabario di Lucignolo e Lucignolo a Selvapiana. Il Sillabario di Lucignolodel 1906; Il Taccuino di Lucignolo. Libretto complementare (senza data)[1]. La figura di Lucignolo, che rappresenta l'amico dispettoso e ozioso, diventa così un personaggio utile per esplorare temi cari alla scuola dei prima metà del Novecento, come l’amicizia, la responsabilità, la crescita personale e il confronto tra l’innocenza dell’infanzia e la realtà adulta, facendo riflettere gli studenti[1].

ATTENZIONE: http://www.alettieditore.it/emersi/2019/cioci.html

  1. ^ a b c d e f Editrice Bibliografica, su dbe.editricebibliografica.it. URL consultato il 25/06/2024.
  2. ^ [Portale Cultura 25/06/2024].
  3. ^ Area Museale Giulio Cesare, su museogiuliocesare.it. URL consultato il 25/06/2024.
  4. ^ Genna Blog - Letteratura per ragazzi #26 25/06/2024, su antoniogenna.com.


Bibliografia

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  • R. Biaggioni, Pinocchio: cent'anni d'avventure illustrate, Giunti Marzocco, Firenze 1984
  • P. Boero, C. De Luca, Letteratura per l'infanzia, Laterza, Roma-Bari 2009, pagg. 130-131
  • A. Faeti. Guardare le figure. Gli illustratori italiani dei libri per l'infanzia, Nuova edizione con un'introduzione, Donzelli editore, Roma 2011, pagg. 71, 83
  • L. Santucci, Letteratura per l'infanzia, Barbèra, Firenze 1950, pagg. 93-95

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Achille Griffini

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Achille Griffini (Milano, 10 agosto 1870Brescia, 24 giugno 1932) è stato uno zoologo italiano.

Biografia

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https://nl.wikipedia.org/wiki/Achille_Griffini

[1] [1]<


  1. ^ a b


Bibliografia

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  • Biografia di Achille Griffini (PDF), su liceoberchet.edu.it. URL consultato il 26/06/2024.

Adele Cremonini Ongaro

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Adele Cremonini Ongaro (Fidenza, 1908Bologna, 1969) è stata un'insegnante e scrittrice italiana.

Biografia

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Adele Cremonini Ongaro passò gran parte della sua vita a Bologna, città in cui esercitava la professione di maestra elementare e fu insignita postuma dalla Presidenza della Repubblica italiana con la Medaglia d’oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte[1]. Rimasta vedova, crebbe da sola cinque figli. Nel 1946 inizia a pubblicare libri per bambini e dal 1948 collabora con il “Giornalino della Domenica”, con lo pseudonimo di Cenerentola. Si dedicò anche alla traduzione di testi classici per l’infanzia per varie case editrici. Scrisse anche un volume di liriche in dialetto bolognese dedicate alla Madonna. Compilò il corso di lettura “Cartelle Nuove” per il primo ciclo della Scuola Elementare. Nel 1966 fu nominata Presidente dell’Istituzione Bolognese per la Protezione dell’Infanzia Abbandonata. Morì a sessantuno anni nel 1969. Tre anni dopo la sua morte, il 2 giugno 1972, le fu conferita la Medaglia d’oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte. A Bologna esiste una scuola primaria a lei dedicata.[2]

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Carolina Isolani

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Carolina Isolani (Bologna, 4 settembre 1875Bologna, 24 febbraio 1945) è stata una scrittrice e filantropa italiana.

Biografia

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Carolina Isolani, appartenente alla famiglia dei conti Isolani, molto influenti a Bologna fin dal Trecento[3], era una dei cinque figli di Francesco Isolani Lupari e di Letizia Tattini[4]. Trascorse la sua vita da nubile a Bologna, nel Palazzo Isolani di via Santo Stefano 16, da non confondere con casa Isolana in Strada Maggiore. Carolina viveva insieme alla famiglia del fratello Gualtiero, con il quale fu uccisa la sera di sabato 24 febbraio 1945[5][6] da una squadra di partigiani della Settima Gap Garibaldi[7]. Nell'attentato rimase gravemente ferita Letizia, l'unica figlia di Gualtiero[8] e furono uccisi anche il fattore Andrea Montebugnoli e la maestra Ines Benfenati Antonelli di Budrio.[9]. Secondo il rapporto della Brigata, l'uccisione dei conti fu quasi accidentale, in quanto il vero obiettivo era la maestra Ines Benfenati, ritenuta una spia[7], e che aveva tradito un partigiano per un quantitativo di sale[10]. La notizia dell'attentato fu riportata su il Resto del Carlino in articoli diversi (27 febbraio 1945, 28 febbraio 1945, 3 marzo 1945, 11 marzo 1945)[9]. Carolina e Gualtiero Isolani furono seppelliti nel Monumento Isolani Lupari al Cimitero monumentale della Certosa di Bologna, come testimonia l'epigrafe in marmo, collocata nell'arco 77 del Chiostro Terzo[11].

Il nome di Carolina Isolani è legato non solo alla storia della sua famiglia, ma anche all'editoria per l'infanzia: tra le diverse pubblicazioni, si ricordano "Fiabe" per la casa editrice Gherardi e la seconda edizione con la Zanichelli, "Nuove favole" per la Zanichelli e "Le avventure di Biribi", pubblicato in due volumi, per Cappelli. Il primo volume, edito nel 1913, è una raccolta di storie di genere fantastico, illustrate da Leonella Nasi; il secondo narra le disavventure di Biribì, la cagnolina di una famiglia nobile bolognese, che abita nella campagna di Castel San Pietro. Le illustrazioni, complete di didascalia e alcune corredate di un'elegante cornice liberty, seguono in modo pedissequo il racconto e lo stile signorile della Isolani[12]. Per Zanichelli ha pubblicato anche "Donne di virtù nella baraonda bolognese del Settecento", un saggio storico biografico su alcune donne della famiglia Isolani[5]. Carolina Isolani è stata anche Ispettrice del Corpo delle infermiere volontarie della Croce Rossa italiana di Bologna, la cui sede, dal 1915 al 1930, fu proprio presso palazzo Isolani[13]. Nel 1916, con l'ausilio del pediatra Carlo Francioni, fondò l’Istituto Aiuto Materno, di cui fu anche presidentessa[5][14][15].

Bibliografia

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  • Gli Ospedali Territoriali della Croce Rossa Italiana nella Grande Guerra / AA. VV. FrancoAngeli
  • La Grande Guerra delle italiane: Mobilitazioni, diritti, trasformazioni / AA. VV. Viella Libreria Editrice
  • Il torchio e le torri: editoria e cultura a Bologna dall'Unità al secondo dopoguerra / Gianfranco Tortorelli. Edizioni Pendragon, 2006
  • Enciclopedia storico-nobiliare italiana / Vittorio Spreti. Milano 1931
  • Bologna, città aperta, settembre 1943 - aprile 1945 / Mario Agnoli. Bologna Tamari, 1975
  • Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese, 1919-1945, Bologna, Comune-ISREBO, vol. I, Nazario Sauro Onofri, Bologna dall'antifascismo alla Resistenza, 2005, p. 385
  • Bologna 1937-1987. Cinquant'anni di vita economica, a cura di Fabio Gobbo, Bologna, Cassa Di Risparmio in Bologna, 1987, p. 135
  • Carlo Degli Esposti, Dal ricordo alla storia. Vite da telefonici bolognesi, p. 15, parte seconda pubbl. in: "La Torre della Magione", 1 (2014)
  • Giacomo e Giuseppe Savini, Cinni di guerra. Memorie e fantasie dei bimbi che videro passare il fronte, Argelato, Minerva, 2020, pp. 133-134
  1. ^ Presidenza della Repubblica, su quirinale.it. URL consultato il 28/05/2024.
  2. ^ Storia e memoria di Bologna, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 28/05/2024.
  3. ^ [Gli Archivi dell'Emilia Romagna 18 giugno 2024].
  4. ^ Francesco Isolani, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 18 giugno 2024.
  5. ^ a b c Carolina Isolani, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 18 giugno 2024.
  6. ^ Uccisione dei conti Isolani, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 19 giugno 2024.
  7. ^ a b 24 febbraio 1945, su storiedimenticate.wordpress.com. URL consultato il 19 giugno 2024.
  8. ^ Letizia Isolani, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 19 giugno 2024.
  9. ^ a b Gualtiero Isolani, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 19 giugno 2024.
  10. ^ Salaborsa - Uccisione dei conti Isolani, su bibliotecasalaborsa.it. URL consultato il 19 giugno 2024.
  11. ^ Epigrafi della famiglia Isolani Lupari, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 19 giugno 2024.
  12. ^ Storia e memoria di Bologna, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 26 giugno 2024.
  13. ^ Croce Rossa Italiana, su dati.san.beniculturali.it. URL consultato il 18 giugno 2024.
  14. ^ Associazione Aiuto Materno Carlo Francioni, su aosp.bo.it. URL consultato il 18 giugno 2024.
  15. ^ Carlo Francioni (PDF), su archiviostorico.unibo.it. URL consultato il 18 giugno 2024.

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Giuseppe Guidicini

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Giuseppe Guidicini (Bologna, 29 agosto 1763Bologna, 25 gennaio 1837) è stato un ingegnere e storico italiano. È ricordato per la sua opera Cose notabili della città di Bologna ossia storia cronologica dei suoi stabili pubblici e privati, pubblicata dal figlio Ferdinando tra il 1868 ed il 1873[1].

Biografia

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Giuseppe Guidicini nacque a Bologna in via Santo Stefano il 29 agosto 1763 da Giovanni Battista Guidicini e da Cattarina Solaroli, primo di 13 figli[2]. Guidicini fin da piccolo eccelle in aritmetica, matematica e disegno, fino a diventare Ingegnere Architetto nel 1791 e Ingegnere Agricoltore e Agrimensore nel 1793. Nel 1799 Guidicini si trasferisce a Parigi, dove stringe amicizia con il conte Ferdinando Marescalchi.[3]

Nel 1800 Guidicini torna in Italia, per incarichi affidatigli dal conte Marescalchi, prima a Milano e poi a Bologna, dove viene nominato Amministratore del Dipartimento del Reno[4] e, sempre nello stesso anno, Ispettore Generale dell’illuminazione pubblica di Bologna, incarico che conserva fino al 1816, “con ragguardevole stipendio”[3]. Durante i suoi soggiorni a Parigi, conosce Maria Fanfard che diventa sua moglie[5] e con cui avrà un figlio, di nome Ferdinando (Bologna, 6 aprile 1815-Bologna, 2 dicembre 1895)[6].

Parallelamente alla sua carriera pubblica, Guidicini si dedica anche ad una serie di ricerche archivistiche sulla storia di Bologna. Il frutto di queste ricerche in oltre 350 archivi pubblici e privati, lo porta alla stesura della sua opera più conosciuta Cose notabili della città di Bologna ossia storia cronologica dei suoi stabili pubblici e privati, un lavoro molto dettagliato di ricerca storica sull’urbanistica bolognese sacra e profana e sulle trasformazioni subite dalla città nel tempo. Composta tra il 1817 ed il 1829 e pubblicata postuma in cinque volumi, l'opera era una delle poche indagini di questo genere in quel periodo e gli vale ancora oggi il riconoscimento di storico.[1]

Guidicini muore la mattina del 25 gennaio 1837 all’età di 77 anni[7] e viene sepolto nel Cimitero monumentale della Certosa di Bologna[8]. Dopo la sua morte, tra il 1868 ed il 1873 il figlio Ferdinando pubblicherà le opere del padre, benché con rimaneggiamenti e omissioni, come in parte aveva fatto lo stesso Guidicini in vita, quando per esempio aveva venduto una raccolta di documenti storici al conte Giovanni Gozzadini, lo scopritore della cultura villanoviana.[1]

  1. ^ a b c Marina Sindaco, Giuseppe Guidicini possidente e storiografo bolognese, in Il Carrobbio. Tradizioni, problemi, immagini dell'Emilia Romagna, XXIX, Bologna, Pàtron editore, 2003, pp. 211-224.
  2. ^ Archivio Arcivescovile di Bologna, Parrocchie di Bologna soppresse, S. Biagio, Stati delle anime, 1763-1786.
  3. ^ a b Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna, manoscritti di Salvatore Muzzi, cartone III, 1, 8, Notizie intorno alla vita di Giuseppe Guidicini.
  4. ^ Storia e memoria di Bologna, su bibliotecasalaborsa.it. URL consultato il 29/05/2024.
  5. ^ Archivio di Stato di Bologna, Archivio notarile, notaio Paolo Guidetti, 4/2, Generale procura della Signora Maria Fanfard Guidicini nel Signor Giuseppe Guidicini di Lei marito, 24 maggio 1817.
  6. ^ Mario Fanti, Introduzione in Gli schizzi topografici originali di Giuseppe Guidicini per le Cose notabili della città di Bologna, Bologna, 2000, p. 8.
  7. ^ Archivio Storico Comunale di Bologna, Archivio della Certosa, Permessi di seppellimento, 1837, permesso n. 5723.
  8. ^ Archivio Storico Comunale di Bologna, Archivio della Certosa, Registro dei Tumuli in particolari Sepolcri dalla lettera D alla lettera M (1801-1848).

Bibliografia

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  • Mario Fanti, Introduzione in Gli schizzi topografici originali di Giuseppe Guidicini per le Cose notabili della città di Bologna, Bologna, 2000, pp. 5-17.
  • Marina Sindaco, Giuseppe Guidicini possidente e storiografo bolognese, in Il Carrobbio. Tradizioni, problemi, immagini dell'Emilia Romagna, XXIX, Bologna, Pàtron editore, 2003, pp. 211-224.

Collegamenti esterni

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