Adolfo Tettoni (Sassari, 1853Roma, 1922) è stato un generale italiano, che durante il corso della prima guerra mondiale fu comandante del VII e XVIII Corpo d'armata e tra i protagonisti della repressione dell'ammutinamento della Brigata Catanzaro. Decorato con la Croce di Commendatore dell'Ordine militare di Savoia e con la Medaglia d'argento al valor militare.

Adolfo Tettoni
NascitaSassari, 1853
MorteRoma, 1922
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaArtiglieria
CorpoRegio corpo truppe coloniali d'Eritrea
GradoGenerale di corpo d'armata
GuerreGuerra d'Eritrea
Guerra italo-turca
Prima guerra mondiale
BattaglieSesta battaglia dell'Isonzo
Battaglia di Caporetto
Comandante diVII Corpo d'armata
XVIII Corpo d'armata
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Militare di Artiglieria e Genio di Torino
dati tratti da Gli Ordini Militari di Savoia e d'Italia[1]
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Biografia modifica

Nacque a Sassari nel 1853.[2] Arruolatosi nel Regio Esercito frequentò la Regia Accademia Militare di Artiglieria e Genio di Torino, da cui uscì nel 1873 con il grado di sottotenente assegnato all'arma di artiglieria. Tra il 1895 e il 1896 prese parte alla Guerra d'Eritrea.[2] Colonnello nel 1903, comandò il Reggimento artiglieria da montagna, e promosso maggior generale nel 1909 l'artiglieria da costa e da fortezza della Piazzaforte di Roma.[2] Nel 1910 diviene Ispettore dell'artiglieria, e nel 1911 comandante dell'artiglieria da campagna di Firenze. Con lo scoppio della Guerra italo-turca assume il comando dell'artiglieria del corpo di spedizione italiano in Libia, e del 7 settembre 1912 assunse il comando del settore di Zuara e divenne Ispettore dell'artiglieria della Tripolitania.[2]

Rientrato in Patria nel 1913, promosso tenente generale assunse il comando della Divisione militare di Padova, passando poi alla Direzione dei servizi logistici ed amministrativi[3] presso il Ministero della guerra del Regno d'Italia.[2] Appena insediatosi, nel luglio 1914 redasse subito una accurata relazione sullo stato di impreparazione, mettendo in evidenza le enormi manchevolezze che aveva trovato nei magazzini dell'esercito che fu portata all'attenzione del Capo di stato maggiore Luigi Cadorna.[4] Inoltre il 25 settembre dello stesso anno scrisse una violentissima lettera al Ministro della Guerra Domenico Grandi denunciando che lo stanziamento da lui richiesto, di 12 milioni di lire,[4] per ripianare le scorte consumate durante la Guerra italo-turca, era assolutamente insufficiente, e che sarebbe servita una cifra tripla. Questa lettera portò alle dimissioni di Grandi l'8 ottobre successivo.[4]

Dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 24 maggio 1915, fu comandante del VII Corpo d'armata.[2] Decorato con una Medaglia d'argento al valor militare il 6 luglio 1916,[2] mentre era al comando del VII Corpo d'armata rimase coinvolto nella repressione dell'ammutinamento della Brigata Catanzaro[N 1] (15-17 luglio 1917)[2] a Santa Maria la Longa che portò a una durissima repressione, con 42 condanne a morte eseguite.[5] Secondo la sua opinione all’origine dell'ammutinamento vi era la propaganda sovversiva e le notizie sulla Rivoluzione russa e non il malcontento per lo sfinimento dei reparti in un settore così logorante come quello del Carso.[5] Il 7 ottobre 1917 passò al comando del XVIII Corpo d'armata, che dopo la ritirata di Caporetto venne schierato nel settore del Grappa, rimanendovi fino al 18 dicembre 1917.[5] Dopo la fine del conflitto venne posto subito in posizione di riserva, venendo richiamato in servizio per un breve periodo come Ispettore Generale degli Effettivi dell’Esercito.[5] Messo definitivamente a riposo non riuscì ad adattarsi alla vita civile, venendo trovato morto in una strada della Capitale nel 1922, sembra per inedia.[5]

Onorificenze modifica

«Tenne lodevolmente il Comando del Campo Trincerato di Sidi Said. Riordinò il servizio d’artiglieria nella piazza di Tripoli e presso le truppe mobili, dimostrando attività, energia ed intelligenza. Nella battaglia di Sidi Bilai (20 settembre 1912), quando più ferveva il combattimento sul fronte, lo percorse interamente regolando efficacemente l’azione dell’artiglieria e concorse personalmente a rimettere in azione una batteria da montagna e la sezione eritrea che avevano dovuto in parte ripiegare, dimostrando insieme il suo coraggio e la sua distinta capacità tattica
— Regio Decreto 16 marzo 1913[6]
«Comandante di Corpo d’Armata, dal maggio 1916 ha dato alla condotta delle operazioni impulso attivissimo, energico, illuminato, guidando in ogni combattimento le sue truppe alla conquista di numerosi trinceramenti nemici presso Selz e Monfalcone. Con ben riuscita manovra, durante l’attacco della testa di ponte di Gorizia, distrasse l’attenzione del nemico dagli obiettivi principali dell’Armata, inseguendolo quindi nella sua successiva ritirata fino a contatto della poderosissima posizione di quota 144, strappata poi dall’avversario a palmo a palmo, con tenacia di eroici sforzi. Carso, maggio-novembre 1916
— Regio Decreto n.43 dell'11 febbraio 1917[6]
«Comandante del 18º Corpo d’Armata, diresse in modo inappuntabile e malgrado gravi difficoltà di terreno la ritirata delle sue truppe sulle nuove posizioni assegnategli, sostenendo contro il nemico incalzante aspri e gloriosi combattimenti di retroguardia. Difese con indomito valore le nuove posizioni, quantunque non organizzate a difesa e respingendo gli attacchi nemici rese possibile la permanenza dell’Esercito sulla linea del Piave. Ritirata dall’alto Vanoi e alto Cismon – Difesa del Grappa, novembre 1917
— R.D. n.126 dell'11 novembre 1920.[6]
«Esempio costante di ardimento ai suoi soldati, il 6 luglio 1916 recavasi in una posizione avanzatissima, conquistata due giorni innanzi ed ancora minacciata fortemente, e là, sotto il fuoco nemico ed al grido di “Viva il Re”, consegnava allo strenuo difensore di essa la medaglia al valore che eragli stata concessa. Monfalcone quota 85, 6 luglio 1916

Note modifica

Annotazioni modifica

  1. ^ Tale Brigata era formata da 141º e 142º Reggimento fanteria.

Fonti modifica

  1. ^ Bianchi 2012, p. 251.
  2. ^ a b c d e f g h Bianchi 2012, p. 252.
  3. ^ Coltrinari 2016, p. 44.
  4. ^ a b c Coltrinari 2016, p. 45.
  5. ^ a b c d e Bianchi 2012, p. 253.
  6. ^ a b c Quirinale - Scheda - visto 16 gennaio 2009

Bibliografia modifica

  • Andrea Bianchi, Gli Ordini Militari di Savoia e d'Italia, Associazione Nazionale Alpini, 2012, ISBN 978-88-902153-3-9.
  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 1, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Alberto Cavaciocchi, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.
  • Massimo Coltrinari, Le Marche e la Prima Guerra Mondiale: il 1915: sotto attacco tanto indifese quanto interventiste Vol.1, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2016, ISBN 978-88-902153-3-9.
  • L'Esercito italiano nella grande guerra 1915-1918. Le forze belligeranti. Vol.1, Ufficio Storico del Ministero della Guerra-Comando di Corpo di Stato Maggiore, Roma, 1927.

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