Assedio di Rodi (88 a.C.)

assedio dell'88 a.C.

L'assedio di Rodi dell'88 a.C. vide le forze dei Rodii, alleate della Repubblica romana, resistere ad un blocco navale del re del Ponto, Mitridate VI.

Assedio di Rodi (88 a.C.)
parte della prima guerra mitridatica
L'isola di Rodi vista dal satellite
Data88 a.C.
LuogoIsola di Rodi
CausaOccupazione di tutta l'Asia Minore da parte di Mitridate VI
EsitoFallito assedio di Mitridate
Schieramenti
Comandanti
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Contesto storico modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Prima guerra mitridatica.

L'espansionismo da parte di Mitridate era iniziata verso la fine dell'89 a.C., con due vittorie sulle forze prima del re di Bitinia, Nicomede IV e poi contro lo stesso Manio Aquilio, a capo della delegazione e dell'esercito romano in Asia Minore. L'anno successivo Mitridate decise di continuare nel suo progetto di occupazione dell'intera penisola anatolica, ripartendo dalla Frigia. La sua avanzata proseguì, passando dalla Frigia alla Misia, e toccando quelle parti di Asia che erano state recentemente acquisite dai Romani. Poi mandò i suoi ufficiali per le province adiacenti, sottomettendo la Licia, la Panfilia, ed il resto della Ionia.[3]

A Laodicea sul fiume Lico, dove la città stava ancora resistendo, grazie al contributo del proconsole Quinto Oppio, Mitridate fece questo annuncio sotto le mura della città:

«"Il Re Mitridate promette agli abitanti di Laodicea che non subiranno alcuna angheria, se gli consegneranno [il procuratore] Oppio".»

Dopo questo annuncio, gli abitanti di Laodicea lasciarono liberi i mercenari, ed inviarono Oppio con i suoi littori a Mitridate, il quale però decise di risparmiare il generale romano.[3][4]

Non molto tempo dopo Mitridate riuscì a catturare anche Manio Aquilio, che egli riteneva il principale responsabile di questa guerra e lo uccise barbaramente.[5][6]

Sembra che a questo punto, la maggior parte delle città della Asia si arresero al conquistatore pontico, accogliendolo come un liberatore dalle popolazioni locali, stanche del malgoverno romano, identificato da molti nella ristretta cerchia dei pubblicani. Rodi, invece, rimase fedele a Roma.

Non appena queste notizie giunsero a Roma, il Senato emise una solenne dichiarazione di guerra contro il re del Ponto, seppure nell'Urbe vi fossero gravi dissensi tra le due principali fazioni interne alla Res publica (degli Optimates e dei Populares) ed una guerra sociale non fosse stata del tutto condotta a termine. Si procedette, quindi, a decretare a quale dei due consoli, sarebbe spettato il governo della provincia d'Asia, e questa toccò in sorte a Lucio Cornelio Silla.[7]

Mitridate, preso possesso della maggior parte dell'Asia Minore, dispose che tutti coloro, liberi o meno, che parlavano una lingua italica, fossero barbaramente trucidati, non solo quindi i pochi soldati romani rimasti a presidio delle guarnigioni locali. 80.000 tra cittadini romani e non, furono massacrati nelle due ex-province romane d'Asia e Cilicia (episodio noto come Vespri asiatici).[4][7][8]

Assedio modifica

La città di Rodi riuscì a respingere, per lungo tempo, gli attacchi del re del Ponto,[9] anche grazie ad aver rinforzato le loro mura, il porto, aggiungendo anche nuove macchine da guerra, ricevendo aiuto anche dalla vicina Telmesso e dalla Licia. Inoltre tutti gli Italici scampati alla strage si rifugiarono a Rodi, tra i quali lo stesso Lucio Cassio, il proconsole della provincia d'Asia.[2]

«Quando Mitridate si avvicinò con la sua flotta, gli abitanti [di Rodi] distrussero la periferia in modo che non potessero essere utilizzata dal nemico. Poi presero il mare per affrontarlo in una battaglia navale con alcune delle loro navi per un attacco frontale e sul fianco. Mitridate, che veleggiava su una grande quinquereme, ordinò alle sue navi di ampliare la propria "ala" verso il mare aperto e di accelerare nel remare al fine di circondare il nemico, che era in inferiorità numerica. I Rodii che erano in apprensione per questa manovra, si ritirarono lentamente. Infine si voltarono e si rifugiarono nel porto, chiuse le porte, combatterono Mitridate dalle mura cittadine. Mitridate che era accampato nei pressi della città, continuamente aveva tentato di ottenerne l'accesso dal porto, ma non riuscendo a farlo, attese l'arrivo della sua fanteria dall'Asia. Nel frattempo ci furono continue schermaglie tra i soldati che erano in agguato intorno alle mura. Ma i Rodii ebbero la meglio in questi attacchi, a poco a poco presero coraggio e avendo dalla loro la flotta, la lanciarono contro il nemico ogni volta che se ne vedeva l'occasione.»

«E poiché uno dei mercanti del re si muoveva vicino [alle navi dei Rodii] da sotto, una nave a due sponde rodia avanzò contro questo. Molti su entrambe le parti si affrettarono a soccorrerlo ed ebbe luogo uno scontro navale. E se Mitridate superava i suoi avversari in furia e nella moltitudine della sua flotta, i Rodiesi riuscirono ad aggirarli e speronarono le navi del re con tale abilità, che affondarono una delle triremi al seguito insieme al suo equipaggio, ne affrontarono altre e ne rovinare molte, tornandosene poi nel porto. Un'altra volta, quando una delle loro quinqueremi era stata presa dal nemico, i Rodii, non sapendo di questo fatto, inviarono le sei navi più rapide per cercarla, sotto il comando del loro ammiraglio, Demagora. Mitridate ne inviò allora 25 delle sue contro di loro. Demagora si ritirò solo al tramonto. Quando cominciò a far buio e le navi del re tornarono indietro, Demagora piombò su di loro, ne affondò due, ne spinse altre due in Licia, e tornò indietro attraverso il mare aperto di notte. Questo fu il risultato della battaglia navale, senza che i Rodii se lo attendessero, a causa del loro numero limitato rispetto al grande numero [delle imbarcazioni] di Mitridate.»

Appiano di Alessandria racconta infine un episodio curioso:

«In questi episodi, mentre il re stava navigando con la sua nave e incitava i suoi uomini, una nave alleata proveniente da Chios colpì la sua [nave ammiraglia] nella confusione, con un grande colpo. Il re finse di dimenticare l'episodio, ma più tardi punì il pilota e l'uomo di guardia della nave, e concepì un odio per tutti i Chii.»

Nell'autunno poi dell'88 a.C.,[10]

«[...] le forze di terra di Mitridate salparono a bordo di navi mercantili e triremi, ma una tempesta, che soffiava da Caunus, li spinse verso Rodi. I Rodii navigarono loro incontro e piombarono su di loro mentre erano ancora dispersi per gli effetti della tempesta; ne catturano alcuni, speronano altri, altri ne bruciano e ne fanno prigionieri 400 circa. Allora Mitridate si preparò per un'altra battaglia navale ed un nuovo assedio al tempo stesso. Egli costruì una sambuca, un'immensa macchina da guerra per scalare le mura con una scala, montata su due navi. Alcuni disertori gli mostrarono una collina, facile da scalare, dove si trovava il tempio di Zeus Atabyrius, circondato da un muretto. Mise una parte del suo esercito sulle navi di notte, distribuite altre scale agli altri, comandò ad entrambi gli eserciti di muoversi in silenzio fino a quando non avessero visto un segnale luminoso dato dal monte Atabyrius, per poi fare il maggior rumore possibile, dando disposizioni ad alcuni di attaccare il porto e ad altri le mura. E così cominciarono ad avvicinarsi in un profondo silenzio. Le sentinelle di Rodi sapevano quello che stava succedendo e accesero un fuoco. L'esercito di Mitridate, pensando che questo era il segnale luminoso da Atabyrius, ruppero il silenzio con grande clamore, coloro che disponevano delle scale [sotto le mura] e il contingente navale cominciarono a gridare tutti insieme. I Rodii, non tutti sbigottiti, risposero al clamore precipitandosi in massa sulle mura. Le armate del re non ottennero nulla quella notte, e il giorno dopo furono cacciati fuori.»

Alla fine Mitridate desistette ed abbandonò Rodi:

«I Rodii risultarono più che altro sorpresi dalla sambuca, che fu spostata contro la parte di mura dove si trova il tempio di Iside. [Mitridate] operava con varie armi, sia arieti, sia proiettili. I soldati erano tutti intorno in cerchio, sopra numerose piccole imbarcazioni, con scale, pronti a scalare le mura grazie a queste. Tuttavia i Rodii resistettero all'attacco con fermezza. Infine, la sambuca crollò a causa del proprio peso, e l'apparizione di Iside fu vista scagliare una grande quantità di fuoco su di essa. Mitridate disperando della sua impresa, si ritirò da Rodi.»

Conseguenze modifica

La situazione precipitò ulteriormente, quando a seguito delle ribellioni nella provincia asiatica, insorse anche l'Acaia. Il governo della stessa Atene, formato da un'oligarchia di mercanti di schiavi e proprietari di miniere, fu rovesciato da un certo Aristione, che poi si dimostrò a favore di Mitridate, meritandosi dallo stesso il titolo di amico.[11] Il re del Ponto appariva ai loro occhi come un liberatore della grecità, quasi fosse un nuovo Alessandro Magno.

Frattanto la flotta pontica invadeva Delo e Cos, sotto la guida dell'ammiraglio Archelao,[12] che si spingeva poi fino al Pireo, accolto dai rivoluzionari ateniesi, capitanati da un certo Aristione. L'anno successivo (nell'88 a.C.) si unirono alla rivolta anche gli Achei, i Lacedemoni, i Beoti, mentre i Parti, lungo il fronte orientale, attraversavano l'Eufrate e invadevano il regno seleucide di Siria. La morte improvvisa del loro re Mitridate II di Partia, metteva però fine alla loro offensiva.[11]

Note modifica

  1. ^ Appiano, Guerre mitridatiche, 25.
  2. ^ a b c Appiano, Guerre mitridatiche, 24.
  3. ^ a b Appiano, Guerre mitridatiche, 20.
  4. ^ a b Livio, Periochae ab Urbe condita libri, 78.1.
  5. ^ Livio, Periochae ab Urbe condita libri, 77.9.
  6. ^ Appiano, Guerre mitridatiche, 21.
  7. ^ a b Appiano, Guerre mitridatiche, 22.
  8. ^ Appiano, Guerre mitridatiche, 23.
  9. ^ Livio, Periochae ab Urbe condita libri, 78.2.
  10. ^ Appiano, Guerre mitridatiche, 26.
  11. ^ a b André Piganiol, Le conquiste dei Romani, Milano 1989, p. 393.
  12. ^ Appiano, Guerre mitridatiche, 92.

Bibliografia modifica

Fonti primarie
Fonti storiografiche moderne
  • Giuseppe Antonelli, Mitridate, il nemico mortale di Roma, in Il Giornale - Biblioteca storica, n.49, Milano 1992.
  • Giovanni Brizzi, Storia di Roma. 1. Dalle origini ad Azio, Bologna 1997.
  • André Piganiol, Le conquiste dei Romani, Milano 1989.