Carlo Croce

militare e partigiano italiano

Carlo Croce (Milano, 15 aprile 1892Bergamo, 24 luglio 1944) è stato un militare e partigiano italiano, fondatore di una delle primissime formazioni della Resistenza italiana, fu catturato dalle SS il 24 luglio 1944. Deceduto all'ospedale di Bergamo in seguito alla ferite riportate durante i durissimi interrogatori ai quali venne sottoposto, fu insignito della Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Carlo Croce
NascitaMilano, 15 aprile 1892[1]
MorteBergamo, 24 luglio 1944
Cause della morteesecuzione
Luogo di sepolturaSacrario Belforte (Varese)
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
CorpoBersaglieri
Anni di servizio1915-1918, 1940-1944
GradoColonnello
Feriteal braccio, con conseguente amputazione
GuerrePrima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
CampagneCampagna di Russia
Campagna d'Italia
BattaglieBattaglia del San Martino
Comandante diGruppo militare "Cinque Giornate"
Decorazionivedi qui
Altre caricheindustriale[2]
voci di militari presenti su Wikipedia

Biografia modifica

Nato a Milano il 15 aprile 1892, figlio di Gaetano e Maria Ferri. Arruolato nel Regio Esercito, viene congedato il 4 giugno 1912, ma subito richiamato in servizio attivo il 5 agosto dello stesso anno, ed assegnato al 5º Reggimento bersaglieri. Promosso caporale, fece carriera rapidamente, promosso caporale maggiore (5 dicembre 1913), e sergente (31 ottobre 1914).

Dopo l’entrata in guerra del Regno d’Italia, il 25 ottobre 1915 diviene Aspirante ufficiale, ed è promosso sottotenente di complemento il 17 dicembre successivo, in forza al 7º Reggimento bersaglieri. Tenente dal 29 dicembre 1916, diviene capitano il 1 agosto 1918, prestando poi servizio nel 22°, 12° ed ancora al 7º Reggimento bersaglieri.

Congedato il 9 aprile 1920, si stabilisce a Milano avviando l’attività di industriale nel settore delle carrozzelle per disabili.[3]

Promosso 1º capitano della riserva il 26 dicembre 1930, diviene maggiore il 22 febbraio 1939. Richiamato in servizio attivo nel corso del 1942, il 13 giugno dello stesso anno parte per il fronte orientale al seguito del CSIR, venendo promosso tenente colonnello il 23 marzo 1943, e rientrando in Patria nel corso dello stesso anno.

Si sposò con Albertina Seveso ed ebbe tre figli: Alda (nata dal matrimonio precedente), Alberto, Adriana (nata nel 1937).

Il "Gruppo Cinque Giornate" modifica

Colonnello dei Bersaglieri, comandante di distaccamento del terzo reggimento bersaglieri a Porto Val Travaglia, al momento della firma dell'armistizio dell'8 settembre 1943 Croce assistette allo sfacelo del Regio Esercito lasciato senza ordini rendendosi subito conto che il proclama del Maresciallo d'Italia Badoglio di fatto apriva le porte all'occupazione dell'Italia da parte dei tedeschi, di cui aveva già potuto constatare la ferocia sul fronte orientale.

Il reparto che presiedeva era formato da due battaglioni, compresi avieri della Regia Aeronautica ancora da addestrare. Per i primi giorni successivi all'armistizio questi rimasero intorno al comandante, ma con il precipitare degli eventi la truppa cominciò a sfaldarsi. Croce decise allora di spostarsi nelle fortificazioni della Frontiera Nord che sorgevano presso Cascina Fiorini, risalenti alla prima guerra mondiale e ai tempi in stato di abbandono.

Poiché il presidio non aveva armi né munizioni a disposizione, Croce dovette procurarsele facendole prelevare dalle caserme delle vicine Luino e Laveno, oppure ottenendole dai militari sbandati che cercavano di riparare in Svizzera: si trattava per lo più di moschetti 91 insieme a poche armi automatiche e pistole, con una buona quantità di bombe a mano e circa diecimila munizioni sciolte.[4] Tutto questo materiale fu trasferito al Quartier generale nella ex caserma "Luigi Cadorna" di Vallalta di San Martino su camion militari e automezzi civili requisiti. L'impegno successivo fu di dare un nome al reparto, che fu battezzato ufficialmente Esercito Italiano-Gruppo Militare "Cinque Giornate" Monte San Martino di Vallata Varese.

Nel frattempo, benché gran parte dei soldati avesse tentato il ritorno a casa (a un certo punto lasciando Croce con soli dieci compagni), la formazione autonoma fu poi rimpolpata dall'afflusso di altri ex-sbandati intenzionati a prendere le armi contro i tedeschi: non solo italiani (militari e civili) ma anche prigionieri di guerra fuggiti dai campi di concentramento, fino a raggiungere la consistenza di 170 unità tanto che il 22 ottobre 1943 il gruppo venne diviso in tre compagnie. Inizialmente le azioni del gruppo "Cinque Giornate" si limitarono all'irrobustimento delle fortificazioni e delle postazioni, allo scavo di fossati e trincee, alle "puntate" a valle per il rifornimento di viveri (talvolta ancora più scarsi delle munizioni) e alla sorveglianza delle strade vicine, che confluivano proprio nel piazzale antistante l'ex caserma in Vallalta.

Da notare è il fatto che Croce organizzò la formazione come un vero e proprio reparto del Regio Esercito, avendo in mente una linea "attendista" e non una guerra mobile che si avvaleva della conoscenza del terreno: l'esatto contrario della tattica che in seguito avrebbe determinato il successo dell'esperienza partigiana. A nulla servì il tentativo di un rappresentante del CLNAI di convincere Croce a suddividere i suoi uomini in gruppi di minore consistenza, ma più agili e adatti alla guerriglia, che avrebbero prolungato la sopravvivenza della formazione aumentandone anche l'efficacia. Inoltre la scarsa segretezza che contraddistingueva il reparto (non vi erano "nomi di battaglia" ma addirittura carte di identità militari con tanto di fotografia) lo rese facilmente infiltrabile dallo spionaggio nemico, così che per i tedeschi e i fascisti non fu difficile raccogliere informazioni sulla consistenza e sui punti deboli del Gruppo.

Per le prime settimane il "Cinque Giornate" non sembrò preoccupare troppo gli occupanti, ma con l'avanzare dell'inverno si temette che la formazione "ribelle" potesse costituire un intralcio nel controllo del territorio, per cui il 13 novembre fu proclamato lo stato d'assedio e il giorno seguente tutti gli uomini dai 15 ai 65 anni furono rastrellati dai paesi siti ai piedi delle montagne e rinchiusi negli edifici pubblici o nelle chiese. Vennero liberati alcuni giorni dopo, non prima però che molti subissero sevizie o torture perché accusati di essere partigiani o loro simpatizzanti.

La Battaglia del San Martino modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia del San Martino.

Il 14 novembre 1943 i tedeschi lanciarono un massiccio attacco contro le fortificazioni del San Martino: anche se largamente inferiori di numero, gli uomini di Croce riuscirono a tenere testa a ben duemila soldati della Wehrmacht.

La morte modifica

Il colonnello Carlo Croce, insieme con altri uomini rientrati dalla Confederazione svizzera nei mesi successivi, cercarono di unirsi ad altri gruppi combattenti: il colonnello fu catturato all'Alpe Painale, presso Sondrio, e rimediò una ferita a un braccio che gli venne amputato. Morì il 24 luglio 1944 all'ospedale di Bergamo presso il comando tedesco, in seguito alle torture inflittegli dalle SS.

Onorificenze modifica

«Comandante di distaccamento del terzo reggimento bersaglieri a Porto Val Travaglia, con i suoi soldati e con alcuni patrioti organizzava, dopo l’armistizio, la resistenza all’invasore tedesco mantenendo le posizioni fortificate di San Martino di Vallalta. Più volte rifiutate le offerte del nemico, il 13 novembre 1943, con soli 180 uomini, sosteneva per quattro giorni di furiosa lotta l’attacco di 3000 tedeschi, infliggendo gravi perdite, abbattendo un aereo, distruggendo alcune autoblinde incappate su campo minato. Ferito e serrato senza apparente via di scampo, con ardita azione, sì apriva la strada fino al confine svizzero, trasportando gli invalidi e ritirandosi per ultimo dopo aver fatto saltare il forte. Insofferente di inazione e dopo un primo fallito tentativo di rientrare in Italia, varcava nuovamente il confine con sei compagni. Attorniato da nemici e gravemente ferito ad un braccio cadeva prigioniero. Prelevato dalle SS. dall’ospedale di Sondrio, poche ore dopo di avere subita l’amputazione del braccio destro, veniva barbaramente torturato senza che gli aguzzini altro potessero cavargli di bocca se non le parole: « Il mio nome è l’Italia ». Salvava con il silenzio i compagni, ma, portato irriconoscibile all’ospedale di Bergamo, chiudeva nobilmente poche ore dopo la sua fiera vita di soldato»
— Bergamo, 24 luglio 1944[5]
«Alla testa del proprio plotone prima, di due altri plotoni poi, attaccava con slancio e ardimento non comuni e riconquistavano una posizione perduta, mantenendola saldamente contro tre successivi, furiosi contrattacchi nemici, e contribuendo alla cattura di numerosi prigionieri e mitragliatrici. Molino della Sega (Fagarè di Piave), 16-17 novembre 1917.»

Note modifica

  1. ^ Informazioni biografiche tratte dal database Onorcaduti nel sito www.difesa.it
  2. ^ ANPI | Biografia: Carlo Croce
  3. ^ In quegli anni non prese mai la tessera del Partito Nazionale Fascista, e quando gli fu consegnata la restituì al competente ufficio.
  4. ^ Storia San Martino, su dmorganti.interfree.it (archiviato dall'url originale il 12 agosto 2010).
  5. ^ http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=14374

Bibliografia modifica

  • Enzo Biagi, La Seconda guerra mondiale, Fabbri Editori, Milano 1997.

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica