Matteo Matteotti

giornalista e politico italiano
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Gianmatteo Matteotti, meglio noto come Matteo Matteotti (Roma, 17 febbraio 1921Verona, 13 giugno 2000), è stato un giornalista e politico italiano, deputato e ministro della Repubblica, figlio di Giacomo Matteotti e fratello minore di Giancarlo, anch'egli politico.

Gianmatteo Matteotti

Ministro del commercio con l'estero
Durata mandato26 giugno 1972 –
23 novembre 1974
Capo del governoGiulio Andreotti
Mariano Rumor
PredecessoreCamillo Ripamonti
SuccessoreCiriaco De Mita

Ministro del turismo e dello spettacolo
Durata mandato6 agosto 1970 –
18 febbraio 1972
Capo del governoEmilio Colombo
PredecessoreGiuseppe Lupis
SuccessoreGiovanni Battista Scaglia

Segretario nazionale del
Partito Socialista Democratico Italiano
Durata mandatofebbraio 1954 –
aprile 1957
PredecessoreGiuseppe Saragat
SuccessoreGiuseppe Saragat

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato25 gennaio 1946 –
11 luglio 1983
LegislaturaAC, I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII
Gruppo
parlamentare
PSDI (I, II, III, V dal 7 luglio 1969, VI, VII, VIII)
PSI (IV, V fino al 7 luglio 1969)
CoalizioneCentro-sinistra "organico"
CircoscrizioneVeneto
CollegioVE-TV, VR
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPSI (1943-1947; 1959-1969)
PSDI (1947-1959; 1969-1998)
SDI (1998-2000)
Titolo di studioLaurea in Scienze politiche
ProfessioneGiornalista

Biografia modifica

Il padre Giacomo, martire dell'antifascismo, fu ucciso quando Gianmatteo aveva solo tre anni. Il giovane orfano studiò al Liceo Terenzio Mamiani di Roma[1] e si laureò in Scienze politiche.

Dopo l'8 settembre 1943, è stato Commissario della brigata partigiana comandata da Eugenio Colorni. Giornalista Professionista iscritto all'Albo del Veneto, è stato direttore dal 1944 di Rivoluzione Socialista, il settimanale della Federazione Giovanile Socialista Italiana; editore e collaboratore di Tempi moderni, rivista diretta da Fabrizio Onofri; collaboratore di Critica Sociale, Tempo presente e Ragionamenti.

Ha fatto parte della Costituente; è stato deputato per otto legislature, e Presidente dell'Unione Internazionale della Gioventù Socialista dal 1945 al 1946. Tra i protagonisti della scissione di Palazzo Barberini del 1947; è stato segretario del PSDI dal 1954 al 1957, nel 1959 rientrò al PSI, per poi ritornare nel PSDI nel 1969.

Fu ministro del Turismo e dello spettacolo nel governo Colombo dal 1970 al 1972, e del Commercio estero dal 1972 al 1974 (nel secondo governo Andreotti e nel quarto e quinto governo Rumor). Dal 1985 al 1988 è stato direttore politico de L'Umanità, organo ufficiale del PSDI; essendo un parlamentare, Matteotti fu affiancato da Gianpiero Orsello in qualità di direttore responsabile, ai sensi della legge 47/1948.

Nel 1998 confluì (insieme al PSDI) nei Socialisti Democratici Italiani, cui rimase iscritto fino alla morte nel 2000.[2]

Matteo Matteotti è stato anche presidente generale del Corpo Nazionale Giovani Esploratori Italiani (CNGEI)[3].

Le opinioni sull'omicidio del padre modifica

Matteo Matteotti sostenne sempre l'intenzionalità dell'uccisione del padre. A sapere che Matteotti doveva essere ucciso, secondo il figlio, erano Amerigo Dumini e Amleto Poveromo; mentre ad assassinarlo furono i colpi vibrati da Poveromo stesso, il quale, dopo aver chiesto a Dumini (al volante dell'auto) di uscire da Roma, seppellì sommariamente il cadavere nel bosco della Quartarella con gli altri complici. Il seppellimento sarebbe stato volontariamente sommario - nell'auto non c'erano strumenti da scavo - perché in caso d'arresto l'assassinio doveva apparire preterintenzionale[4].

In varie interviste alla stampa e allo storico Marcello Staglieno[5], inoltre, condivise le accuse a Vittorio Emanuele III di essere stato il mandante dell'omicidio del padre, essendo divenuto il re azionista della compagnia petrolifera statunitense Sinclair Oil Corporation, a titolo di tangente per non permettere a un ente petrolifero italiano di intraprendere trivellazioni nel deserto libico[6]. Giacomo Matteotti sarebbe stato ucciso in quanto in possesso di documenti attestanti il coinvolgimento del sovrano, e sul punto di divulgarli. Al momento dell'omicidio, il deputato socialista avrebbe avuto con sé una busta con dentro i documenti sui rapporti tra il re e la Sinclair.

Opere modifica

  • Gianmatteo Matteotti, Il nostro commercio con l’estero: fatti e problemi, Roma, Banco di Roma, 1974.
  • Matteo Matteotti, La classe lavoratrice sotto la dominazione fascista (1921-1943), Roma, Lavoro Italiano, 1983.
  • Matteo Matteotti, Quei vent’anni: dal fascismo all’Italia che cambia, Milano, Rusconi, 1985.
  • Matteo Matteotti, Il duello Treves-Mussolini, Milano, SugarCo, 1987.
  • Enrico Fedi e Matteo Matteotti (a cura di), Il processo Nagy: il revisionismo comunista alla sbarra, Roma, Edizioni di Tempo Presente, 1987.
  • Matteo Matteotti, Le rivoluzioni promesse, Napoli, Loffredo, 2000.

Note modifica

  1. ^ Confronta, in proposito, la voce "Giovanni Abbate" nella pagina internet allegata [1][collegamento interrotto]
  2. ^ SOCIALISTI: MORTO MATTEO MATTEOTTI, su www1.adnkronos.com. URL consultato il 10 giugno 2020.
  3. ^ Mario Sica, Storia dello scautismo in Italia, 4ª ed., Roma, Fiordaliso, 2006, p. 266, ISBN 978-88-8054-774-7.
  4. ^ Matteo Matteotti in: Storia illustrata, Milano, n.336, novembre 1985, pp.54-61: "Me lo confessò, piangente e pentito, Poveromo in persona nel carcere di Parma dov'ero andato a trovarlo nel gennaio 1951, poco prima della morte di lui"
  5. ^ Cfr.: Marcello Staglieno, Arnaldo e Benito, due fratelli, Mondadori, 2003
  6. ^ Marcello Staglieno, Delitto Matteotti. Parla il figlio: "Dietro la morte di mio padre c'era il re. Fu uno sporco affare di petrolio. L'assassinio di Giacomo Matteotti non fu un delitto politico, ma affaristico", in: Storia illustrata, cit.

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