Éric Rohmer

regista francese

Éric Rohmer, pseudonimo di Jean Marie Maurice Schérer (Tulle, 21 marzo 1920Parigi, 11 gennaio 2010), è stato un regista, sceneggiatore, scenografo, montatore, critico cinematografico e scrittore francese, uno dei protagonisti della Nouvelle Vague[1][2][3] da cui «si è presto distaccato (...) diventando un autore isolato»[4].

Éric Rohmer nel 2004

È stato critico cinematografico sui Cahiers du cinéma, sin dalla fondazione nel 1951. Dopo aver realizzato numerosi cortometraggi nel corso degli anni cinquanta, ha esordito nel lungometraggio nel 1959. Ha realizzato ventitré film, la maggior parte dei quali organizzati in tre cicli narrativi: Sei racconti morali (1962-1972), Commedie e proverbi (1981-1987) e Racconti delle quattro stagioni (1990-1998).

Biografia modifica

Éric Rohmer è lo pseudonimo di Maurice Schérer, ricavato dalla combinazione di due noti artisti: il regista e attore Erich von Stroheim e lo scrittore di gialli Sax Rohmer. Le fonti più autorevoli indicano come data di nascita il 21 marzo 1920 e come località Tulle, Corrèze, nella regione del Limosino[5][6]. La famiglia ha origini alsaziane ebraiche. Tuttavia in altre pubblicazioni, a causa di interviste depistanti rilasciate da lui stesso[7], viene indicata anche la data 4 aprile e Nancy come luogo di nascita.[8][9][10] Il regista Claude Chabrol, suo amico e collaboratore, spiega questa ambiguità con il gusto che Rohmer aveva del mistero:

(FR)

«Il adorait les mystères et changeait de lieu de naissance selon les décennies.»

(IT)

«Adorava i misteri e cambiava luogo di nascita nei decenni»

Si laurea in lettere e si trasferisce a Parigi, dove lavora come insegnante in un liceo di Vierzon.

Gli inizi e i Cahiers du Cinéma modifica

Nel 1946 pubblica, con lo pseudonimo di Gilbert Cordier, il suo unico romanzo, Élisabeth[11].

Dal 1947 al 1951 anima il Cine Club del Quartiere latino di rue Danton[12], con Frédéric Froeschel. Vi incontra Jean-Luc Godard e Jacques Rivette.[13]. Nel 1948 inizia a collaborare con riviste quali La Revue du cinéma, diretta da Jacques Doniol-Valcroze[14] e Les Temps Modernes, diretta da Maurice Merleau-Ponty[15]. Nel 1950, un anno dopo la chiusura della Revue, fonda La Gazette du cinéma, bollettino del cineclub del Quartiere latino che pubblicherà solo cinque numeri ma avrà la collaborazione di Godard, Rivette e Jean Douchet. Adotta lo pseudonimo Éric Rohmer per firmare i suoi articoli: un omaggio al regista Erich von Stroheim e allo scrittore britannico Sax Rohmer, autore della serie Fu Manchú.

Nell'aprile 1951 André Bazin e Jacques Doniol-Valcroze fondano i Cahiers du cinéma, in cui confluiscono le redazioni della Revue e della Gazette. Rohmer ne sarà caporedattore tra il 1957 e il 1963[16]. Nel 1957 pubblica un saggio sul cinema di Alfred Hitchcock, realizzato con il collega e futuro regista Claude Chabrol. Nel 1977 L'organisation de l'espace dans le «Faust» de Murnau, la sua prova critica più importante ed impegnativa, saggio sul film di Friedrich Wilhelm Murnau del 1926. Nel 1984 Le goût de la beauté, raccolta di scritti curata da Jean Narboni.

I Cahiers sono la culla della Nouvelle Vague: gran parte dei critici che scrivono sulla rivista esordiscono alla regia tra la fine degli anni cinquanta e l'inizio degli anni sessanta. Nel 1952 Rohmer dà il via alla produzione di un lungometraggio, Les petites filles modèles, che non verrà mai portato a termine per problemi produttivi[6]. Il suo primo lungometraggio sarà Il segno del leone, completato nel 1959. Deve però attendere il 1962 perché il sia distribuito, senza però incontrare i gusti del pubblico[17]. Pierre Cottrell spiega:

(FR)

«Le Signe du lion a mis trois ans à sortir et a été un échec cuisant. Pendant la première moitié des années 60, Rohmer, c'était un peu l'enfant déshérité de la Nouvelle Vague.»

(IT)

«Il segno del leone ha impiegato tre anni ad uscire e è stato un insuccesso cocente. Nella prima metà degli anni 60, Rohmer era in qualche modo, il figlio diseredato della Nouvelle Vague.»

Lo stile cinematografico di Rohmer è riconoscibile:

(FR)

«La griffe de Rohmer est là bien caractéristique: l'action se déroule lentement, les dialogues sont simples, les acteurs ne semblent pas être dirigés, comme s'ils improvisaient sereinement. Chaque plan est composé comme un tableau, évoquant Gauguin et les impressionnistes.»

(IT)

«La firma di Rohmer è d'altronde ben caratteristica: l'azione si svolge lentamente, i dialoghi sono semplici, gli attori non sembrano essere diretti, come se improvvisassero con naturalezza. Ogni inquadratura è composta come un quadro, evocando Gauguin e gli impressionisti

In un'intervista concessa nel 1998 alla rivista Inrockuptibles, Rohmer spiega perché ricorra raramente ad attori celebri:

(FR)

«Je ne trouve plus d'acteurs qui aient à la fois une grande prestance et un grand charme auprès d'un grand public, comme pouvaient en avoir Trintignant ou Brialy, et qui soient capables d'imposer leur personnalité à des personnages sans les détruire et sans les assimiler à eux-mêmes. Je dois donc chercher mes acteurs au théâtre ou à la télévision.»

(IT)

«Non trovo più attori che abbiano nello stesso tempo una grande prestanza e un grande fascino presso un vasto pubblico, come potevano averlo Trintignant o Brialy, e che siano capaci di imporre la loro personalità ai personaggi senza distruggerli e senza assimilarli a se stessi. Devo dunque cercare i miei attori a teatro o in televisione.»

Sei racconti morali e il successo modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sei racconti morali.

Nel 1962 fonda con Barbet Schroeder e Pierre Cottrell la società di produzione Les Films du Losange, che produrrà la maggior parte dei suoi film[18].

Ripiega sulla dimensione del corto per dare il via ad un ciclo di film denominati Sei racconti morali (Six contes moraux). Per Rohmer, l'espressione «racconto morale» deve essere così intesa:

(FR)

«Du point de vue de la littérature, le moraliste est celui qui autrefois étudiait les mœurs et les caractères. Entrevus sous cet angle, mes films traitent de certains états d'âme. Mes Contes moraux sont l'histoire de personnages qui aiment bien analyser leurs pensées et leurs états d'esprit.»

(IT)

«Dal punto di vista della letteratura, il moralista è colui che un tempo studiava i costumi e i caratteri. Osservati da questa prospettiva, i miei film trattano di particolari stati d'animo. I miei Racconti Morali sono la storia di personaggi che prediligono analizzare i loro pensieri e la loro condizione spirituale.»

Tutti i Racconti morali si basano su un protagonista maschile posto di fronte ad una scelta di tipo morale. I primi due sono cortometraggi realizzati a basso costo, La Boulangère de Monceau e La Carrière de Suzanne, e saranno distribuiti soltanto nel 1973. I successivi film saranno maggiormente apprezzati dal pubblico e dalla critica: La collezionista vince l'Orso d'argento al Festival internazionale del cinema di Berlino, mentre La mia notte con Maud è da molti citato come la sua opera più felice.

Éric Rohmer, nel 1974, ha pubblicato, presso l'Editions de L'Herne di Parigi, un libro dal titolo Six Contes Moraux, contenente i racconti da cui sono tratti i sei film e che cronologicamente li precedono, come l'autore spiega nell'introduzione. Il libro è stato tradotto in italiano da Elena De Angeli e pubblicato da Einaudi nel 1988, col titolo La mia notte con Maud. Sei racconti morali. Nel volume è contenuto un saggio di Sergio Toffetti, La morale, la bellezza, sulla poetica del regista.

Concluso questo ciclo, nel 1972, Rohmer realizza due pellicole di argomento storico[19]: La Marchesa von..., del 1976, tratto da una novella di Heinrich von Kleist, e Il fuorilegge, del 1978, un adattamento dal poema medievale di Chrétien de Troyes. In queste opere, Rohmer si mostra capace di dirigere produzioni ben diverse dalle ambientazioni contemporanee e quotidiane della sua produzione più nota.

Dal 1980 al 1987: Commedie e proverbi modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Commedie e proverbi.
(FR)

«Dès le début des années 80, une intelligence supérieure lui a fait prendre conscience avant tout le monde d'une urgence absolue : la légèreté. C'est-à-dire des budgets modestes, des tournages al fresco, des équipes réduites et une autonomie de production[20]

(IT)

«Dagli inizi degli anni 80, un'intelligenza superiore gli fa prendere anzitutto coscienza di un'urgenza assoluta: la leggerezza. Ciò significa budgets modesti, riprese in esterni, ridotto numero di collaboratori e autonomia nella produzione.»

Nel 1980 il regista fonda una casa di produzione che porta il suo nome, la Compagnie Éric Rohmer, impegnata quasi in esclusiva con i suoi film, seppure in concorso con Les Films du Losange. Inoltre la Compagnie produce e realizza cinque cortometraggi scritti da sue collaboratrici dirette: France di Diane Baratier, Les amis de Ninon di Rosette (che ha interpretato Louisette in Pauline alla spiaggia), Des goûts et des couleurs di Anne-Sophie Rouvillois, Heurts divers di Florence Rauscher, La cambrure di Edwige Shaki. In ognuno di questi casi il regista è citato solo in quanto sceneggiatore. I primi quattro vengono riuniti nel film Anniversaires (1998)[21]. In realtà esiste già un precedente, quando Rohmer rende noto che per i soggetti dei quattro episodi di Reinette e Mirabelle (1987) ha tratto spunto dalle conversazioni con Joëlle Miquel, l'attrice che interpreta Reinette[22].

Commedie e proverbi è il suo secondo grande ciclo. Ogni film illustra un proverbio, una frase della saggezza popolare, una citazione letteraria[23].

  • La moglie dell'aviatore (1981): Non si può pensare a niente, dal titolo dell'opera di Alfred de Musset Non si può pensare a tutto;
  • Il bel matrimonio (1982) il motto di Jean de La Fontaine Chi non batte la campagna? Chi non si inventa castelli in Spagna?;
  • Pauline alla spiaggia (1982) una frase di Chrétien de Troyes Chi parla troppo si danneggia;
  • Le notti della luna piena (1984) il detto popolare: Chi ha due donne perde l'anima, chi ha due case perde il senno;
  • Il raggio verde (1986) il verso di Arthur Rimbaud Ah, venga il tempo in cui i cuori s'innamorano;
  • L'amico della mia amica (1987) il proverbio Gli amici dei miei amici sono miei amici.

I due capitoli più celebrati, Le notti della luna piena e Il raggio verde (co-sceneggiato ed interpretato da una delle attrici-musa di Rohmer, Marie Rivière), vincono premi alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e ottengono un certo successo commerciale.

Dal 1989 al 1998: I racconti delle quattro stagioni modifica

 
Tomba al cimitero di Montparnasse.

Negli anni 90 inizia il ciclo dei Racconti delle quattro stagioni, nell'ordine: Racconto di primavera, Racconto d'inverno, Un ragazzo, tre ragazze (in originale Conte d'été, letteralmente Racconto d'estate) e Racconto d'autunno.

Gli ultimi anni modifica

Nel 2001 utilizza per la prima volta le tecnologie digitali per ambientare il suo La nobildonna e il duca in una serie di quadri che raffigurano la Parigi d'epoca rivoluzionaria. Il film viene presentato alla 58ª Mostra del Cinema di Venezia, dove Rohmer riceve il Leone d'oro alla carriera. Il suo ultimo film è Gli amori di Astrea e Céladon del 2007 ed è presentato in concorso alla 64ª Mostra del Cinema di Venezia.

Rohmer è morto a 89 anni, l'11 gennaio 2010. È sepolto nel cimitero di Montparnasse a Parigi.

Personalità artistica modifica

Persona riservata, difficile da intervistare, cattolico e ambientalista, Rohmer è un esempio di cineasta autoriale[24]: scrive da solo le sue sceneggiature (anche se non si considera uno scrittore[25]), siano esse originali o adattate da opere letterarie come La Marchesa von..., Il fuorilegge, Gli amori di Astrea e Celadon. Egli stesso, nell'introduzione al libro Six Contes Moraux, delinea vantaggi e rischi di questa posizione:

(FR)

«L'ambition du cinéaste moderne, et qui fut aussi la mienne, est d'être l'auteur à part entière de son œuvre, en assumant la tâche traditionnellement dévolue au scénariste. Mais cette toute-puissance, au lieu d'être un avantage et un stimulant, est ressentie parfois comme une gêne. Etre le maître absolu de son sujet, pouvoir y retrancher et y ajouter selon l'inspiration ou les nécessités du moment, sans avoir de compte à rendre à personne, cela vous grise, mais cela vous paralyse aussi : cette fatalité est un piège.»

(IT)

«L'ambizione del cineasta moderno, che è stata anche la mia, è di essere autore a tutti gli effetti della propria opera, assumendosi altresì il compito tradizionalmente riservato allo sceneggiatore. Questa onnipotenza però, anziché costituire un vantaggio e uno stimolo, è talvolta sentita come un impedimento. Essere padrone assoluto del proprio soggetto, poter operare tagli o arricchimenti a seconda dell'ispirazione o delle necessità del momento senza dover rendere conto a nessuno è inebriante, ma può anche paralizzare: in un certo senso è una trappola.»

Durante tutta la carriera realizza film a basso costo e lavora con un gruppo ristretto di collaboratori. Egli temeva infatti che un'équipe di tecnici troppo numerosa rallentasse la lavorazione e lo avrebbe condizionato nei suoi tentativi di sperimentazione[26]. Utilizza in senso restrittivo la colonna sonora[27], in vista di un realismo privo di caratteri extradiegetici, con il solo accompagnamento di rumori e suoni naturali o urbani, in presa diretta[28]. Quando compare della musica, essa è strettamente legata a quello che fanno i personaggi; a volte utilizza sue proprie composizioni, firmandosi con lo pseudonimo di Sébastien Erms[29]. Nei suoi film i dialoghi e la parola hanno un ruolo centrale[30], tanto che i suoi detrattori qualificano i suoi film com "films bavards"[31] ("film chiacchieroni").

Per Rohmer il cinema

(FR)

«...se propose la beauté come fin suprême. [...] Une beauté qu'il a la mission, non pas d'inventer, mais de découvrir, de capturer comme une proie.»

(IT)

«...si propone la bellezza come fine supremo. [...] Una bellezza che esso ha la missione, non tanto di inventare, ma di scoprire, di catturare come una preda.»

Filmografia modifica

Cortometraggi modifica

Mediometraggi modifica

Lungometraggi modifica

Televisione modifica

Documentari modifica

  • Les Cabinets de physique au XVIIIème siècle - cortometraggio (1964)
  • Les Métamorphoses du paysage - cortometraggio (1964)
  • Don Quichotte de Cervantès - cortometraggio (1965)
  • Perceval ou le conte du Graal - cortometraggio (1965)
  • Les Caractères de La Bruyère - cortometraggio (1965)
  • Les Histoires extraordinaires d'Edgar Poe - cortometraggio (1965)
  • Entretien sur Pascal - cortometraggio (1965)
  • Cinéastes de notre temps - serie TV, episodi Carl Th. Dreyer, Le Celluloïd et le Marbre (1965-1966)
  • Une étudiante d'aujourd'hui - cortometraggio (1966)
  • Nancy au XVIIIe siècle - cortometraggio (1966)
  • Victor Hugo: Les Contemplations - cortometraggio (1966)
  • Stéphane Mallarmé - cortometraggio (1966)
  • Louis Lumière avec Jean Renoir et Henri Langlois (1966)
  • Fermière à Montfaucon - cortometraggio (1967)
  • Victor Hugo architecte - cortometraggio (1969)
  • Le Béton dans la ville - cortometraggio (1969)
  • Villes nouvelles - serie TV, episodi Enfance d'une ville, La Diversité du paysage urbain, La Forme d'une ville, Le Logement à la demande (1975)

Fiction modifica

  • Catherine de Heilbronn - film TV (1979)
  • Les Jeux de société - film TV (1989)

Opere modifica

  • Éric Rohmer, L'organizzazione dello spazio nel "Faust" di Murnau, traduzione di Michele Canosa, Maria Pia Toscano, Venezia, Marsilio, 1985.
  • Éric Rohmer e Claude Chabrol, Hitchcock, a cura di Antonio Costa, traduzione di Michele Canosa, Venezia, Marsilio, 1986, ISBN 88-317-6402-0.
  • Éric Rohmer, Racconti delle quattro stagioni, traduzione di Daniela Giuffrida, Sergio Toffetti, Milano, Il Castoro, 1999.
  • Éric Rohmer, La mia notte con Maud: sei racconti morali, a cura di Sergio Toffetti, traduzione di Elena De Angeli, Torino, Einaudi, 1988.
  • Éric Rohmer, Il trio in mi bemolle, a cura di Sergio Toffetti, Torino, Einaudi, 1989.
  • Éric Rohmer, Il gusto della bellezza, a cura di Jean Narboni, Cristina Bragaglia, Parma, Pratiche Editrice, 1991.
  • Éric Rohmer, Élisabeth, traduzione di Marianna Basile, Milano, Mondadori, 2005.
  • Éric Rohmer, Mozart a Beethoven: saggio sulla nozione di profondità nella musica, a cura di Andrea Mello, Milano, Mimesis edizioni, 2017.
  • Éric Rohmer, Bricconcelle di porcellana, a cura di Andrea Mello, Firenze, Tassinari edizioni, 2018.

Note modifica

  1. ^ Enciclopedia del Cinema, Rohmer, Eric, in Treccani, 2004. URL consultato l'8 febbraio 2024.
  2. ^ (FR) Philippe Azoury, L'odyssée Rohmer [collegamento interrotto], su Libération, 22 gennaio 2010.
  3. ^ (EN) RIchard Brody, In Memoriam: Éric Rohmer, in The New Yorker, 11 gennaio 2010. URL consultato il 16 novembre 2019.
  4. ^ Georges Sadoul, Il cinema, in Enciclopedie pratiche, Vol. 1°, n. 13, Firenze, Sansoni, settembre 1967, p. 455.
  5. ^ (FR) Who's Who in France 2008, 39ª ed., Editions Lafitte-Hébrard, 2007, p. 1925, ISBN 9782857840480.
  6. ^ a b (FR) Éric Rohmer, su Ciné-ressources : le catalogue collectif des bibliothèques et archives de cinéma. URL consultato il 16 novembre 2019.
  7. ^ (EN) Graham Petrie e Éric Rohmer, Éric Rohmer: An Interview, in Film Quarterly, vol. 24, n. 4, 1971, pp. 34–41, DOI:10.2307/1211422. URL consultato il 16 novembre 2019.
  8. ^ (FR) Tatjana Marwinski, Éric Rohmer: Biographie, su arte.tv, 5 settembre 2007. URL consultato il 21 marzo 2012 (archiviato dall'url originale il 4 luglio 2011).
  9. ^ (EN) Tamara Tracz, Rohmer, Éric, su Senses of Cinema, 24 gennaio 2003. URL consultato il 16 novembre 2019.
  10. ^ Claudia Morgoglione, Addio a Éric Rohmer mente della Nouvelle Vague, su La Repubblica, 11 gennaio 2010. URL consultato il 16 novembre 2019.
  11. ^ (FR) Samuel Blumenfeld, Éric Rohmer: « Je voulais trouver un style moderne », in Le Monde des livres, 17 maggio 2007.
  12. ^ (FR) Rohmer - Mes dates, mes clés [collegamento interrotto], su Libération, 17 marzo 2004.
  13. ^ (FR) Jean-Michel Frodon, Éric Rohmer, le goût de la liberté, su Slate, 12 gennaio 2010.
  14. ^ (FR) Maurice Schérer, Du cinéma, art de l'espace, in La Revue du cinéma, giugno 1948.
  15. ^ (FR) Jean Narboni, Le temps de la critique: entretien avec Éric Rohmer, in Éric Rohmer, Le goût de la beauté, Cahiers du cinéma, 1984.
  16. ^ (FR) Michel Mourlet, Éric Rohmer, Carnet de route, 21 gennaio 2010.
  17. ^ (FR) Philippe Azoury, Le roman de Rohmer, su Libération, 11 gennaio 2010.
  18. ^ (FR) Stéphane Delorme, Barbet Schroeder, in Cahiers du cinéma, n. 653, febbraio 2010, pp. 14-16.
  19. ^ (FR) Aurélien Ferenczi, Entretien avec Éric Rohmer, in Senses of cinema, 18 settembre 2001.
  20. ^ (FR) Olivier Segouret, Éric Rohmer, dernier vague [collegamento interrotto], su Libération, 12 gennaio 2010.
  21. ^ (FR) Olivier Séguret, Anniversaires, trop d'airs de Rohmer, su Libération, 27 marzo 1998.
  22. ^ Giancarlo Zappoli, Éric Rohmer, Milano, Il castoro, 1999, p. 106.
  23. ^ Matteo Marelli, Éric Rohmer: Il filologo della realtà, su web.archive.org, 23 settembre 2015. URL consultato il 16 novembre 2019 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2015).
  24. ^ (FR) Olivier Segouret, Un modèle [collegamento interrotto], su Libération, 17 marzo 2004.
  25. ^ [...] je me considère comme un metteur en scène, mais je ne suis pas un écrivain. (FR) Serge Daney e Louella Interim, Faire confiance à un mouvement naturel des choses, sans trop intervenir [collegamento interrotto], su Libération, 12 gennaio 2010.
  26. ^ (FR) Jean-Luc Godard, Les petites filles modèles, in Les amis du cinéma, n. 1, ottobre 1952.
  27. ^ (FR) Jean-Louis Valero, Rohmer et les Autres, collana Spectaculaire | Cinéma, Presses universitaires de Rennes, 25 gennaio 2013, pp. 233–235, ISBN 9782753526891. URL consultato il 16 novembre 2019.
  28. ^ (FR) Jean-Louis Valero, Pas besoin de musique, su books.openedition.org, 2007.
  29. ^ (FR) Bertrand Dermoncourt, Éric Rohmer, le son au plus vrai, su L'Express, 13 gennaio 2010.
  30. ^ Stefano Finesi, Éric Rohmer, su Off-screen, 2001. URL consultato il 16 novembre 2019.
  31. ^ (FR) Frédéric Bonnaud, Arte, 23h30. Cinéma de notre temps, Éric Rohmer, preuves à l'appui, in Libération, 29 marzo 1996.

Bibliografia modifica

  • Giovanna Angeli, Éric Rohmer, Milano, Moizzi, 1979.
  • Michele Mancini, Éric Rohmer, Firenze, La nuova Italia, 1983.
  • Enzo Capizzi, Éric Rohmer, in Dizionario Universale del Cinema, I registi, Roma, Editori Riuniti, 1984.
  • Pietro Balla, Éric Rohmer, Torino, Visuel, 1984.
  • Goffredo Fofi, Morando Morandini e Gianni Volpi, Éric Rohmer, in Storia del cinema, III - Le "nouvelles vagues" e i loro sviluppi, Milano, Garzanti, 1990.
  • (FR) Pascal Bonitzer, Éric Rohmer, Parigi, Editions de l'Etoile, Diffusion, Seuil, 1991.
  • Flavio Vergerio, Giancarlo Zappoli (a cura di), Éric Rohmer: la parola vista, Bergamo, Moretti & Vitali, 1996.
  • Paolo Marocco, Éric Rohmer, Recco, Le mani, 1996.
  • Giancarlo Zappoli, Éric Rohmer, Milano, Il castoro, 1999.
  • (FR) Michel Serceau, Éric Rohmer, les jeux de l'amour, du hazard st du discours, Parigi, Éditions du cerf, 2000.
  • Sergio Arecco, Rohmer e i giochi di società, in Il paesaggio nel cinema, Genova, Le Mani, 2001.
  • Antoine de Baecque, Charles Tesson (a cura di), La nouvelle vague: il cinema secondo Chabrol, Godard, Resnais, Rivette, Rohmer, Truffaut, traduzione di Lorenza Pieri, Roma, Minimum fax, 2004.
  • Paolo Marocco, Éric Rohmer, in Gian Piero Brunetta (a cura di), Dizionario dei registi del cinema mondiale, III P/Z, Torino, Einaudi, 2006, ISBN 88-06-17862-8.
  • Gianni Rondolino e Dario Tomasi, Éric Rohmer, in Manuale di storia del cinema, Utet Università, 2009, ISBN 978-88-6008-299-2.

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