Palazzo Montenegro
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegionePuglia
LocalitàBrindisi
IndirizzoPiazza San Teodoro d’Amasea
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Usocivile

Palazzo Montenegro è un edificio civile di Brindisi, si trova nella piazza intitolata a San Teodoro d’Amasea, patrono della città. Nonostante il suo impianto rinascimentale, l’edificio risale alla fine del XVII secolo.

Il palazzo fu fatto costruire dalla famiglia Montenegro, ricchissimi commercianti di origine montenegrina che si trasferirono a Brindisi verso la metà del Seicento, mutando il loro cognome da Petrovich in Montenegro. La famiglia, il cui stemma rappresenta un’aquila bianca con una corona di oro, ali aperte e con la testa voltata a destra, appoggiata sopra tre monti, fu ammessa al regimento della città il 6 febbraio 1679. Il capostipite Leonardo fu un uomo benefico che in tempi di grave carestia mise a disposizione della popolazione i suoi granai, per cui il Decurionato (l’attuale amministrazione comunale) non solo gli conferì la cittadinanza brindisina, ma lo elesse sindaco.

A Leonardo successe il figlio Gerolamo e a quest’ultimo i figli Giuseppe e Leonardo; con i figli di Leonardo, l’ultimo dei quali, Teodoro, si spense il 17 dicembre 1848, si chiuse la vicenda dei Montenegro a Brindisi[1].

Il palazzo è stato in più occasioni al centro di eventi storici di rilevante importanza: nel luglio del 1707 per quattro giorni fu tenuto illuminato per festeggiare l’occupazione del Regno di Napoli ad opera delle truppe tedesche. Successivamente ospitò il re delle Due Sicilie Ferdinando IV di Borbone durante la sua visita ai lavori del porto, al castello di mare e alla città il 26 aprile del 1797 e l’8 maggio dello stesso anno. Nell’aprile del 1813 ospitò il re di Napoli Gioacchino Murat.

Sul finire del gennaio del 1818 il palazzo fu teatro di una rocambolesca vicenda per la contemporanea presenza del brigante Ciro Annicchiarico, capo della setta dei Decisi, e del generale britannico Church, incaricato della repressione del brigantaggio. Il padrone di casa (al tempo don Giacomo Montenegro) aiutò il ricercato, travestito da donna, a fuggire, poi ammise la colpa all’ufficiale inglese, che gli perdonò l’aiuto prestato.

Con l’estinzione della famiglia Montenegro, dopo la metà dell’800 il palazzo fu venduto alla Peninsular and Oriental Steam Navigation Company, società di navigazione britannica titolare del collegamento da Londra a Bombay via Brindisi con i piroscafi della “Valigia delle Indie”. La società inglese appose il proprio simbolo, un sole nascente, sulla parte semisferica sopra al portone d’ingresso, dov’è ancora visibile. Nel 1928 il palazzo fu acquistato per 460.000 lire dalla neo costituita Amministrazione Provinciale, che per adeguarlo a sede dovette restaurarlo e arredarlo, ma ritenuto angusto allo scopo fu presto destinato a residenza del Prefetto, utilizzo attuale[2].

Descrizione

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La facciata si articola su due livelli e presenta due finestre architravate al primo piano e due incorniciate al piano terra. Il portale d’accesso risulta incastonato tra due colonne e in asse con quest’ultimo vi è una balconata, decorata da medaglioni nella parte inferiore che poggia su mensoloni ornati con figure e mascheroni aventi la funzione di allontanare gli spiriti maligni.

Sulla loggia si affaccia la porta del salone, delimitata da una cornice a tutto sesto, decorata con motivi floreali. L’impianto planimetrico quadrangolare viene sottolineato nelle strutture in elevato dal bugnato presente sui cantonali dell’edificio.

Dall’ingresso principale si accede, tramite un androne dalla volta a botte, al cortile scoperto delimitato da un semiportico, da qui una doppia scalinata sovrastata da un arco in pietra decorata conduce al giardino, oggi di molto ridimensionato rispetto all’originale [Carito, 245].

Il palazzo fu anche ritratto dall’artista francese Jean Louis Deprez durante la permanenza in città tra il 28 aprile e il 2 maggio 1778, a seguito del barone Vivant de Saint-Non nel viaggio tra Napoli e la Sicilia alla ricerca di vedute da rappresentare con disegni e illustrazioni.

Al pian terreno ci sono, oltre al cortile e al giardino, tredici locali, un tempo adibiti a stalle e a magazzini, mentre il piano nobile comprende cinque ampie camere, tra le quali il salone, il cui soffitto fu decorato dal pittore latianese Agesilao Flora, durante la seconda metà degli anni’20, con figure femminili domestiche dedite alla musica del quale non è rimasta alcuna traccia se non alcuni bozzetti dello stesso autore.

Sul ballatoio della scalinata che dalla galleria dell’ingresso porta al piano superiore è ammurata un’epigrafe, scoperta nel giardino il 12 maggio del 1736 durante l’esecuzione di alcuni lavori. Risalente al 110 d.C. riporta la seguente iscrizione dedicata dai brindisini all’imperatore Traiano per aver permesso il restauro della strada di collegamento tra Benevento e Brindisi, detta Appia-Traiana:

IMP – CAESARI – DIVI – NERVAE – F – NERVAE – TRAIANO – AVG – GER – DACIC -PONT – MAX – TRIB – POT – XIV – IMP – V – COS – VI – P – P – BRVNDVSINI – DECVRIONES – ET – MVNICIPES (A Nerva Traiano Imperatore, Cesare, Augusto, figlio del divo Nerva, Germanico, Dacico, Pontefice Massimo, Tribuno per la quattordicesima volta, Imperatore per la quinta, Console per la sesta, Padre della Patria, i Decurioni e i Municipali Brindisini)[3].

  1. ^ Giacomo Carito, Nuova Guida Brindisi, Oria, Italgrafica, 1993, p. 247.
  2. ^ Giacomo Carito, Nuona Guida Brindisi, Oria, Italgrafica, 1993, p. 246.
  3. ^ Giacomo Carito, Nuova Guida Brindisi, Oria, Italgrafica, 1993, p. 244.

Bibliografia

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  • G. Carito, Nuova guida Brindisi, Brindisi ItalGrafica, 1994
  • N. Cavalera, Palazzi di Brindisi, Schena, Fasano 1986.

Collegamenti esterni

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