Fortezza del Priamar

fortezza di Savona
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La Fortezza del Priamar di Savona (o Priamâ in lingua ligure) è un imponente complesso di carattere militare che domina il centro cittadino in corrispondenza del porto. Costruita tra il 1542 e il 1544 dai Genovesi nell'ambito degli interventi finalizzati al definitivo assoggettamento della città di Savona da parte della "Superba", e più volte ampliata, prende il nome dalla collina immediatamente prospiciente il mare su cui sorge, dove i ritrovamenti dei primi insediamenti abitativi risalgono all'età del bronzo. La denominazione potrebbe derivare secondo alcuni studiosi da pria a' mà (pietra sul mare in lingua ligure)[1], oppure da pria mala (pietra cattiva, cioè friabile)[2]. Si tratta della fortificazione di maggiore importanza di tutta la Liguria di Ponente[3] che si presenta attualmente con una forma molto articolata e complessa dovuta alle molte e diverse fasi storiche di costruzione ed ampliamento. Dopo decenni di abbandono, è stata restaurata ed è attualmente sede di diverse attività culturali.

Fortezza del Priamar
fortificazioni di Savona
Visuale della fortezza con La Rosa del Deserto di Arnaldo Pomodoro
Ubicazione
Stato Repubblica di Genova
Stato attualeBandiera dell'Italia Italia
RegioneLiguria
CittàSavona
IndirizzoCorso Giuseppe Mazzini, 1, Savona (SV)
Coordinate44°18′15.87″N 8°29′02.94″E
Mappa di localizzazione: Nord Italia
Fortezza del Priamar
Informazioni generali
Tipofortezza
Costruzione1542-1750
CostruttoreGiovanni Maria Olgiati
successivamente
Domenico Serena
Materialepietra
Proprietario attualeproprietà comunale
Visitabilecon visite guidate
Informazioni militari
Funzione strategicaPresidiare lo sbocco della strada da colle di Cadibona principale accesso alla riviera ligure di Ponente
Termine funzione strategica1815
OccupantiGenovesi 1544 - 1797
Savoia (Assedio del 1746) 1746 - 1749
Francesi 1797 - 1815
Regno Sardo 1815 - 1860
Regno d'Italia 1860 - 1909
Azioni di guerra1746 espugnato dalle truppe savoiarde
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Il promontorio roccioso del Priamàr prima della costruzione della fortezza

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Il promontorio del Priamàr, connesso alle propaggini tra le Alpi e gli Appenniniche che circondano Savona, fu sede dei più antichi insediamenti da cui la città ebbe origine. Risalgono infatti ad un periodo intorno al 1600 a. C. (età del bronzo) le prime tracce di presenza umana ritrovate nell'area[4]. Per la sua conformazione rilevata fu da sempre il luogo più adatto alla difesa della zona, la cui prima notizia storica si ha quando è menzionata da Tito Livio quale comunità alleata di Cartagine presso il cui approdo marittimo nel 205 a.C. Magone, fratello di Annibale, lasciò 10 navi da guerra a custodire il bottino che aveva ricavato dal saccheggio dell'insediamento romano di Genova[5].

Durante la dominazione romana[6], la cittadella perse importanza a favore della nuova città romana di Vada Sabatia (oggi Vado Ligure), meglio collegata alla rete stradale e dotata di un grande porto, andando così incontro ad un periodo di decadenza[5], con successiva ripresa nel periodo bizantino, quando fu caposaldo per il controllo della Provincia Maritima Italorum[4]. La città bizantina, cinta da mura di difesa, fu distrutta nel 641 quando, al tempo della dominazione longobarda sull'Italia, Savona compare come una delle città conquistate e distrutte da Rotari[7]. In seguito la rocca tornò a essere abitata e fortificata e divenne nuovamente centro strategico della zona nei secoli IX e X, anche come punto difensivo contro le scorrerie saracene. Nel frattempo, mentre il potere civile si rafforzava sull'altura opposta di Monticello, la collina andò acquistando una funzione di cittadella vescovile, come risulta da un atto con cui nel 998 l'Imperatore Ottone III confermava al Vescovo il possesso degli edifici religiosi esistenti sul promontorio[8] ed è conosciuta come castellum saonensis[7].

I primi interventi di fortificazione militare realizzati da Genova risalgono al XIII secolo (castello di Santa Maria, 1215, e castello di S.Giorgio, 1253)[4], ulteriormente potenziati alla metà del XV[7] cosicché dalla seconda metà del XIII secolo sul promontorio si sommano le funzioni religiose e quelle di natura militare. In seguito la zona viene in due occasioni pesantemente coinvolta nelle complicate trame politico-militari dell'Italia del Quattrocento. Subisce un primo assedio da parte delle truppe del Marchese del Monferrato, che la espugnano nel 1413, e, dopo che Genova interviene ancora nel 1469 - 1477 facendo progettare e realizzare da Pietro Antelamo un rafforzamento delle mura, nel 1488 un secondo assedio cinge la rocca; questa volta è l'esercito del Duca di Milano, Ludovico il Moro, comandato da Boccalino da Osimo, ad attaccare ed espugnare il Priamar[7]. Nel Cinquecento la rocca entra nelle vicende legate alla lotta, durata decenni, tra la Spagna e la Francia per l'egemonia europea, dalle quali nascerà la decisione della Repubblica di Genova di procedere alla costruzione della fortezza.

Due illustrazioni relative alla fortezza del Priamar: sopra, l'impianto originario del primo complesso fortificato come costruito tra il 1542 e il 1544 dai Genovesi (con la pianta della Cattedrale, non ancora demolita); sotto: mappa del cartografo Matteo Vinzoni del 1773 raffigurante Savona e la fortezza.

La realizzazione della fortezza e le sue vicende belliche

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Nella lunga contesa tra Carlo V re di Spagna ed Imperatore e Francesco I di Francia, Genova, guidata da Andrea Doria, fu fedele alleata del primo, mentre Savona si schierò con il secondo[4]. La sconfitta del re francese a Pavia non fu senza conseguenze per i rapporti tra le due città: nel 1528 i genovesi punirono la città avversaria con l'interramento del porto e con altre vessazioni che ridurranno la popolazione savonese da 18.000 a 6.000 abitanti[5]. Quando nel 1536 i francesi stipularono un'inedita alleanza col Sultano Solimano il Magnifico in funzione anti-Asburgica, i genovesi, temendo un attacco della flotta franco-ottomana sulle coste liguri, decisero di fortificare la collina del Priamar[9].

Dopo aver respinto una supplica dei savonesi affinché la fortezza fosse insediata con spese e distruzioni minori sul Monticello, il Gran Consiglio della Repubblica di Genova approva la decisione nella seduta del 12 luglio 1542[8], affidando il progetto all'ingegnere Giovanni Maria Olgiati, che già aveva lavorato per la Spagna alla realizzazione di strutture militari in Lombardia. I lavori, iniziati il 2 agosto 1542[4], durano sino al 1544 e comportano la distruzione della parte più antica della città, interessando sia le strutture religiose[10], che il tessuto abitato[11], lasciando pochissimo tempo agli abitanti per trasferirsi[2]. In questa prima fase la cattedrale di Santa Maria di Castello (vedi box) venne risparmiata. Essa fu tuttavia sconsacrata e diventò una caserma, al servizio del presidio genovese che poteva contare nel 1558 sino a 4.000 soldati[8].

Ma quarantanove anni dopo, nel 1595, quando Genova decide un rafforzamento del complesso difensivo, anch'essa verrà sacrificata per far posto ad altre strutture (l'edificio che ne prende il posto sarà chiamato "Palazzo del Commissario"[4]) e dell'assetto di quell'edificio religioso restano soltanto indicazioni della pianta in alcune stampe dell'epoca. Il continuo mutamento delle tecnologie belliche, con il progressivo aumento di capacità distruttiva delle artiglierie, impone continui interventi di adeguamento della struttura e di ampliamento della fortezza. Per questo tra il 1595 ed il 1610 vengono realizzate nuove opere interne ed una seconda linea di bastioni[5].

Un enorme disastro colpì la fortezza e l'intera città nel 1648, quando la notte fra il 6 e il 7 luglio, durante una violenta tempesta, la polveriera del Castello Nuovo, inglobato nella fortificazione del Priamar e forte di oltre mille barili di polvere nera, esplose, colpita in pieno da un fulmine. Secondo cronache dell'epoca crollarono 209 case, con 850 morti e 663 feriti: la darsena fu temporaneamente messa a secco e grandi imbarcazioni si trovarono gettate in aria. I danni gravissimi al tessuto urbano e alla struttura stessa della fortezza servirono a giustificarne un'ulteriore espansione.[12].

Interventi molto più sostanziosi saranno poi realizzati alla fine del Seicento: nel 1683 il Magistrato della Guerra di Genova affida a Domenico Sirena, ingegnere dello Stato di Milano, l'incarico di realizzare un ulteriore ampliamento, superando numerose perplessità che avevano anche portato alcuni (in particolare l'ingegnere Carlo Tasso) a proporre di abbandonare la fortezza in quanto giudicata ormai, se non a prezzo di costi altissimi, difficilmente difendibile[8]. Anche nel '700 vengono effettuati diversi cantieri, che si rivolgono anche agli spazi esterni con opere - oggi scomparse a seguito dell'espansione urbana ed industriale - tese a tenere lontani gli assedi[13]. Nel 1729 ulteriori lavori portano alla costruzione dentro la fortezza di un nuovo edificio detto "Palazzo della Sibilla". Ma anche dopo questi interventi vi sarà chi (Bassignani) metterà in evidenza i difetti dell'impianto nella sua capacità di difesa, soprattutto nel lato verso il porto[8].

Ed infatti sarà proprio da lì che nel 1746 passeranno i granatieri savoiardi nell'unico fatto d'arme rilevante e sanguinoso che abbia riguardato la fortezza del Priamar nei suoi tre secoli di vita come struttura militare. Nell'ambito della Guerra di successione austriaca, le truppe di Carlo Emanuele III di Savoia, al comando del Generale Della Rocca, con una imponente dotazione di artiglieria (40 cannoni e 24 mortai che alla fine avranno sparato oltre 20.000 proiettili), pongono l'assedio al fortilizio. Quando Genova insorge contro gli Austriaci con il famoso episodio di Balilla e tenta di portare aiuto agli assediati, viene bloccata dalla flotta inglese. Dopo 18 giorni di assedio senza poter ricevere soccorso, ed a seguito di una breccia del bastione di San Bernardo, il comandante del forte, Agostino Adorno, capitola assieme ai circa 900 soldati di guarnigione[13]. È il 18 dicembre 1746 e dovranno passare tre anni prima che nel 1750, a seguito della Pace di Aquisgrana, la fortezza venga restituita ai Genovesi, che nel 1774 vi realizzeranno ulteriori interventi, portando la dotazione delle bocche da fuoco ad oltre 200.

Nel 1797, durante la Campagna d'Italia, il Priamar viene occupato dalle truppe francesi guidate da Bonaparte e la fortezza resterà poi nelle loro mani, attraverso le varie fasi istituzionali vissute dall'Italia settentrionale nel periodo napoleonico, sino al 1815 - tranne un breve intermezzo nel 1800 quando è nel possesso dagli Austriaci prima della loro sconfitta a Marengo. Dopo il Congresso di Vienna, che sancisce la fine della Repubblica di Genova e la sua annessione al regno di Sardegna, la fortezza passa ai Piemontesi. A quel punto, ormai, il complesso ha perso ogni importanza di tipo militare ed i nuovi proprietari vi manterranno soltanto un piccolo presidio[8]. Nel 1820 lo trasformano in bagno penale ed è qui che - in piena epoca risorgimentale - viene detenuto Giuseppe Mazzini, rinchiuso nella cella n. 54, dal novembre 1830 al marzo 1831 dopo il suo arresto per attività cospirativa.

Due immagini che mostrano lo stato di abbandono in cui versava il Priamar all'inizio degli anni '70 del Novecento, prima degli interventi di recupero

Declino e degrado tra Ottocento e Novecento

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Durante tutto l'Ottocento per il Priamar è una continua perdita d'importanza. Nel 1848 vi vengono ospitati i prigionieri austriaci catturati nel corso della Prima guerra di indipendenza. L'anno successivo diventa un carcere militare, e tale resterà sino a che nel 1901 questa funzione sarà trasferita a Gaeta[4]. Nel frattempo nel 1878 viene radiato dall'elenco delle fortificazioni militari. Poi le esigenze di espansione della città e delle industrie siderurgiche comportano il sacrificio di alcuni spazi esterni[14].

Nel 1909 la proprietà del complesso, ormai privo di qualsiasi presenza militare, viene trasferito alla città di Savona[14]. Il Municipio bandisce nel 1932 un primo concorso nazionale di idee a cui partecipano 8 concorrenti[15], ma i progetti presentati restano inattuati. Nei primi anni Quaranta del XX secolo la Fortezza rischia la definitiva demolizione quando il Podestà di Savona stipula (è il 1º novembre 1940) un accordo con l'Ilva in base al quale l'area viene concessa per le esigenze di espansione dell'industria, con la sola clausola di recuperare la cella che aveva ospitato il Mazzini per ricostruirla nel Museo Civico[16]. Il precipitare delle vicende belliche bloccò quel progetto e la Fortezza si salvò.

Con la guerra il Priamar ritrova un ruolo militare, dapprima con gli Italiani e poi con gli occupanti Tedeschi. con l'insediamento di artiglierie contraeree, di magazzini di materiale bellico e di "bunker". Durante un bombardamento nel 1943 vengono colpite alcune sue propaggini meridionali, ma mentre ciò comporterà la distruzione di un manufatto fascista (una "Casa del Balilla"), le strutture della fortificazione storica usciranno quasi intatte dall'evento.

Il dopoguerra è, per certi aspetti, ancora più dannoso. Abbandonato a se stesso, il complesso è oggetto di un prolungato saccheggio dovuto alle esigenze di approvvigionarsi di legname e materiali ferrosi. Poche le azioni di salvaguardia: solo nel 1954 si riescono a sgomberare le macerie e demolire alcuni manufatti pericolanti, dopodiché dovranno trascorrere altri dieci anni affinché il Comune di Savona effettui (1965) un parziale intervento, realizzato, peraltro, solo per un terzo di quanto preventivato[14]. Intanto però nei primi anni '60 viene autorizzata la costruzione di una piscina coperta a ridosso dei bastioni meridionali che ha un impatto notevole sull'immagine del complesso[17].

Un particolare dell'intervento di restauro effettuato sulla fortezza. La Sala di epoca medievale detta "ad ombrello" prima e dopo i lavori

Gli interventi di recupero e lo stato attuale

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Dopo incontri e conferenze che non arrivarono a risultati, fu nel 1979 che effettivamente rinacque un interesse attorno al destino del Priamar. Da un convegno promosso in quell'anno dall'Amministrazione Comunale di Savona[18] emergono infatti notevoli spunti per la salvaguardia ed il recupero del complesso. Partono così prima la progettazione degli interventi (1981) e successivamente si iniziano a reperire i finanziamenti per poterli realizzare.

I lavori di recupero del complesso, durante i quali sono stati effettuati anche numerosi scavi archeologici, si sono poi protratti attraverso complesse vicende amministrative per quasi vent'anni, incontrando difficoltà dovute non solo alla consistenza dell'impegno economico, ma anche a successivi fallimenti delle imprese appaltanti e ad altri intoppi burocratici. Essi hanno potuto giovarsi di tre diversi canali finanziari per realizzare le 6 fasi in cui era articolato il progetto, anch'esso più volte modificato[14]:

- interventi, comprese le progettazioni, finanziati a più riprese ed in diversi tempi (1983 - 1999) dallo stesso Comune di Savona;
- interventi finanziati con i fondi F.I.O. (Fondi Investimenti ed Occupazione) per circa 12 miliardi e 700 milioni di lire (dal 1988 al 1999);
- interventi finanziati con fondi C.E.E. (adesso U.E.), denominati Obiettivo 2, per un importo di circa 5 miliardi (dal 1996 al 1998).

Nel maggio 1999 il lunghissimo cantiere si conclude e nel luglio dello stesso anno è possibile aprire alla città con una serie di manifestazioni il "nuovo" Priamar finalmente restaurato. Oggi la fortezza del Priamar appare come una grande mole che si erge sulla città con una sola grande rampa d'accesso e due piazze principali: "Piazza del Maschio", il punto più alto del complesso (30 m s.l.m.), racchiuso tra palazzi e sede di manifestazioni operistiche e teatrali, e "Piazza della Sibilla" dove si trovano gli scavi archeologici riguardanti l'antica cattedrale demolita nel 1595 e dal quale si gode uno splendido panorama sulla città e sul mare. Il restauro ha consentito anche di recuperare gli edifici (il Palazzo del Capitano, Il Palazzo del Commissario, ed il Palazzo della Loggia del Castello Nuovo, l'unico di origine medievale antecedente alla costruzione della fortezza ad essere sopravvissuto[2] per un totale di circa 50.000 metri cubi di volumetria[5]) i percorsi interni, i giardini pubblici, i bastioni, mentre alcuni cunicoli (uno di essi portava dalla cima della fortezza sino al porto) ancora oggi sono segreti o impraticabili.

Nel Priamar sono attualmente ospitati il Museo Archeologico ed il Museo Pertini in cui sono conservate le opere d'arte provenienti dalla collezione privata dell'ex Presidente della Repubblica, che ospita anche le sculture che l'artista savonese Renata Cuneo ha donato alla sua città natale. Dal 2001 il Comune di Savona acconsente alla celebrazione di matrimoni civili presso due delle sale della fortezza.

Galleria d'immagini

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  1. ^ Significato proposto dagli studiosi Noberasco e Scovarri in Storia di Savona edita nel 1926 e riportato in I castelli della Liguria - citato nella bibliografia - opera in cui viene ricordata anche un'ulteriore ipotesi di origine, benché ritenuta più improbabile, cioè una derivazione da Preamar, nome di un condottiero cartaginese.
  2. ^ a b c d e Nino lamboglia, cit. in bibliografia, p. 161-172.
  3. ^ Su questa valutazione concordano sia Minola e Ronco, sia Stringa nelle rispettive opere cit. in bibliografia.
  4. ^ a b c d e f g Ventura, Ramagli, cit. in bibliografia, p.3-10.
  5. ^ a b c d e Varaldo e Massucco, cit. in bibliografia.
  6. ^ Nel 182-181 a.C. il console Lucio Emilio Paolo sottomise Savone, Albium Ingaunum ed Albium Intemelium, portando tutta la Liguria occidentale sotto il potere di Roma.
  7. ^ a b c d Paolo Stringa, cit. in bibliografia, p.89-92.
  8. ^ a b c d e f Calmuto Zanelli, op. cit. in bibliografia, p. 283 e sgg.
  9. ^ Secondo Colmuto Zanella, cit. in bibliografia, p. 288, queste circostanze indussero Genova ad intervenire per realizzare o ampliare fortezze anche a Portofino e a Portovenere. La stessa autrice, tuttavia, nel caso di Savona, cita un'opera dello storico A. M. Monti, edita a Roma nel 1697, nella quale si sostiene che la decisione di realizzare la fortezza era dovuta anche - se non soprattutto - alla volontà di "cautelar la fede dei savonesi". Tuttavia, Lamboglia, cit., ricorda che la costruzione della fortezza fu anche presentata come una "difesa della cristianità".
  10. ^ Come precisato da Colmuto Zanella, cit. in bibliografia, furono distrutti 10 oratori, 3 ospitali gestiti da religiosi, le chiese di San Domenico, di Sant'Erasmo, San Nicolò e Santa Chiara.
  11. ^ Secondo Varaldo e Massucco, cit. in bibliografia, su 180.000 m² di tessuto urbano circa la metà viene spazzata via per far posto alle fortificazioni. Tuttavia Genova, applicando per sé la clausola del diritto d'uso, che lasciava formalmente la proprietà del complesso a Savona, addebiterà a quest'ultima il costo degli indennizzi.
  12. ^ Agostino Maria de' Monti, Compendio di memorie historiche della città di Savona, su books.google.it, Nella Stamperia di Marc' Antonio, & Orazio Campana, 1697. URL consultato il 19 dicembre 2018.
  13. ^ a b Minola e Ronco. cit. in bibliografia, p.135-143.
  14. ^ a b c d Pasquale Gabbaria Mastrangelo, cit. in bibliografia.
  15. ^ Gabbaria Mastrangelo, cit. in bibliografia, rileva che quasi tutti i progetti presentati, compreso quella vincitore del concorso redatto dall'ing. Bonistalli, prevedevano, secondo le prassi architettoniche dell'epoca, la sostituzione dei manufatti esistenti con nuove costruzioni ispirate allo stile del periodo fascista.
  16. ^ Circostanza documentata in un articolo pubblicata su La Stampa del 14 marzo 1941 a firma Francesco Oddone.
  17. ^ Secondo Gabbaria Mastrangelo, cit. in bibliografia, uno dei tecnici che più hanno operato per la tutela ed il recupero del complesso del Priamar, tale intervento venne realizzato da un Ente derivato dalla ex-organizzazione fascista nota come G.I.L. a titolo di risarcimento per la perdita della "casa del Balilla" distrutta dalle bombe. A seguito delle rimostranze contro quello che l'autore definisce uno «scempio», i lavori furono sospesi, ma poi se ne autorizzò la conclusione.
  18. ^ L'incontro, dal titolo Priamar: prospettive di recupero alla città, venne organizzato dal Comune di Savona, dalla Società savonese di Storia Patria e dalla facoltà di Architettura dell'Università di Genova e si svolse nei giorni dal 14 al 16 giugno. Notizie da La Stampa del 13 giugno, articolo di Nicolò Siri, che segnalava un «certo scetticismo dopo anni di progetti a vuoto».

Bibliografia

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  • Graziella Colmuto Zanella, I castelli della Liguria - la Provincia di Savona, Genova, Stringa, 1972, ISBN non esistente
  • Pasquale e Luisa Gabbaria Mastrangelo, Priamàr: racconto dei progetti e degli interventi di restauro, Savigliano (To), L'Artistica, 2006, ISBN 88-7320-133-4
  • Nino Lamboglia, I monumenti medioevali della Liguria di Ponente, Torino, Istituto San Paolo, 1970, ISBN non esistente
  • Mauro Minola e Beppe Ronco, Castelli e fortezze di Liguria. Un affascinante viaggio tra storia e architettura, Genova, Servizi editoriali, 2006, ISBN 88-89384-15-8
  • Priamar, in Atti della Società Savonese di Storia Patria, n. 30 (1959) pag.5–167. Volume interamente dedicato alla fortezza del Priamar, con 15 articoli e contributi di vari autori.
  • Paolo Stringa, Castelli in Liguria, Genova, Sagep, 1989, ISBN 88-7058-311-2
  • Carlo Varaldo e Rinaldo Massucco, Evoluzione storica del Priamar, in La Fortezza del Priamar a Savona, a cura di Pasquale Gabbaria Mastrangelo, Firenze, Università Internazionale d'Arte, 1988, ISBN non esistente
  • Donatella Ventura e Paolo Ramagli, Savona, la fortezza del Priamar fra terra e mare, Genova, San Giorgio, 2005, ISBN 88-7679-014-4

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