https://dialnet.unirioja.es/descarga/articulo/8803949.pdf

BELMONTE HERNÁNDEZ, Sergio, “La política matrimonial HabsburgoBorbón tras la Reversión de Alianzas: Los enlaces matrimoniales de la infanta María Luisa de Borbón con Pedro Leopoldo de Habsburgo y de la princesa María Luisa de Parma con el príncipe de Asturias, don Carlos de Borbón”, en Investigaciones Históricas, época moderna y contemporánea, 42 (2022), pp. 577-614. DOI: https://doi.org/10.24197/ihemc.42.2022.577-614

file:///C:/Users/rossa/Downloads/Dialnet-LaPoliticaMatrimonialHabsburgoBorbonTrasLaReversio-8803949.pdf

Vivaldi modifica

https://fr.wikipedia.org/wiki/Tableau_d%C3%A9taill%C3%A9_des_%C5%93uvres_apocryphes_de_Vivaldi_(classement_Ryom)#Utilisation_du_tableau


Strohm, I, voce: Orlando furioso (1713-1740) - Rv Anh. 84, p. 122. In effetti, l'edizione 2007 del catalogo Ryom (p. 566) prevedeva la seguente attribuzione: "RV Anh. 84 Orlando Furioso »Drama per Musica«, di Giovanni Alberto Ristori, pervenutoci in modo incompleto". Nel successivo capoverso dedicato alle rappresentazioni, aggiungeva il riferimento all'edizione andata in scena nel dicembre 1714, dichiarando trattarsi di una ripresa di quella presentata sotto la responsabilità di Vivaldi nel novembre del 1713. Due tra i maggiori studiosi del musicista veneziano hanno senz'altro collegato questo numero di catalogo all'opera di Ristori, sic et simpliciter (Talbot, , p. 132: «I manoscritti di Torino contengono una partitura degli atti I e II del lavoro di Ristori (RV Anh. 84)...») oppure anche facendo riferimento a tutti gli sviluppi musicali determinatisi nel corso di oltre un'annata di rappresentazioni e pure in seguito (Strohm, cit.). Nella seconda edizione del catalogo Ryom del 2018 (pp. 483-490), Federico Maria Sardelli, dopo aver soppresso la voce preesistente dell'Appendice (Anh.), ha attribuito un nuovo numero, RV 819, all'opera andata in scena nel dicembre 1714, in quanto da ritenersi a pieno titolo lavoro di Vivaldi ed evidentemente comprensiva di tutta la musica da lui scritta con riferimento all'opera di Ristori a partire dal 1713.

ISBN 9783765103728

(DE) Peter Ryom, Antonio Vivaldi. Thematisch-systematisches Verzeichnis seiner Werke | Thematic-systematic catalogue of his works, a cura di Federico Maria Sardelli, Seconda edizione riveduta, Wiesbaden, Breitkopf & Härtel, 2018 [Prima edizione 2007: Antonio Vivaldi, Thematisch-systematisches Verzeichnis seiner Werke (RV)], ISBN 978-3-7651-0372-8.

(EN) Michael Talbot, The Vivaldi Compendium, Woodbridge (UK), Boydell Press (con il supporto dell'Istituto Antonio Vivaldi - Fondazione Giorgio Cini), 2011, ISBN 978-1-84383-6704.

Toscana modifica

https://www.google.it/books/edition/Storia_civile_della_Toscana_dal_1737_al/Vk_dPk96NzUC?hl=it&gbpv=1&dq=3+ottobre+1735+preliminari&pg=PA67&printsec=frontcover testo che riporta gli sponsali di Leopoldo II (secondo l'autore l'impegno c'era già dall'epoco di Gian Gastone p. 399)


(ENIT) Inclosure 2 in No. 243. Treaty of Florence of November 28, 1844, in Correspondence respecting the Affairs of Italy. 1846–1847, Presented to both Houses of Parliament by Command of Her Majesty. July 1849, Part I, Londra, Harrison, [1849], pp. 257–272. URL consultato il 13 dicembre 2023.


Carta della Toscana modifica

Trattato di Milano tra l'Impero di Austria e il Ducato di Modena e Reggio, 8 agosto 1849

N° 11 - Ministero Affari Esteri: Notificazione, in Collezione generale delle leggi costituzioni editti proclami ecc. per gli Stati Estensi, XXIX, Modena, Eredi Soliani, 1850, pp. 51-60.

Medici modifica

Tuttavia, un'indagine portata a conclusione nel 2006 da un'équipe di studiosi dell'Università di Firenze, guidati dal tossicoilogo forense Francesco Mari, anche grazie al ritrovamento delle anfore contenenti i resti delle viscere di Bianca Cappello, ha condotto alla conclusione che l'avvelenamento da arsenico sia la più probabile causa della morte della coppia granducale.[1] Anche tale conclusione, però, è stata quasi subito messa in dubbio da un altro gruppo di studiosi delle università di Pisa e Torino, guidati dallo storico della medicina Gino Fornaciari, secondo il quale le cause del decesso andrebbero invece effittivamente fatte risalire alla malaria.[2] I risultati dell'équipe fiorentina sono stati poi ripresi ed esposti dettagliatamente nel docu-drama tedesco Mord im Hause Medici (2/2). Karriere einer Mätresse presentato nel 2013 dalla rete televisiva europea Arte.[3] Il programma che vede la partecipazione in prima persona della storica della medicina, prof.ssa Donatella Lippi, una dei componenti dell'équipe, è stato poi trasmesso anche in Italia da Rai Storia nel dicembre del 2014, nel quadro della terza serie del programma a.C.d.C, con il titolo I segreti dei Medici 2. Ascesa di un'amante.[4][5]


https://www.paleopatologia.it/francesco-i-discutibile-morte-di-un-granduca-ultime-indagini/

https://www.leomagazineofficial.it/2021/11/23/le-interviste-del-leo-48-marco-ferri-il-giornalista-storico-che-ha-indagato-i-segreti-funerari-dei-medici/

https://www.bmj.com/rapid-response/2011/11/01/mystery-beard-hairs

Vecchio materiale modifica

Vittorio Spreti, Falco' Pio, in id. e collaboratori, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, vol. 3, Milano, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, 1930-VIII, pp. 60-70.

Giustiniano Degli Azzi Vitelleschi, Pio di Savoia, in Vittorio Spreti e collaboratori, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Ristampa dell'edizione di Milano 1928-36, vol. 5, Sala Bolognese, Arnaldo Forni, s.d., pp. 380-384.

Antonino Mango di Casalgerardo. Moncada, pp. 635-646. 1928-1935 https://books.google.it/books?id=AygbAAAAYAAJ&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q=641&f=false

Antonino Mango di Casalgerardo, Moncada, in Vittorio Spreti e collaboratori, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Ristampa dell'edizione di Milano 1928-35, vol. 4, Sala Bolognese, Arnaldo Forni, s.d., pp. 635-646.


Lasciò i suoi "beni burgensatici" (o allodiali, e cioè i suoi possessi personali non soggetti a vincoli di ordine feudale) al fratellastro naturale Emanuale, che il padre aveva avuto fuori del matrimonio. Niente di simile poté essere fatto per il ducato di Nocera in quanto, in base alle clausole contenute nell'atto di investitura di Tiberio Carafa di oltre un secolo prima, la successione era possibile solo in linea maschile legittima.

 
Pietrasanta e la Versilia tra Granducato di Toscana e Repubblica di Lucca nel 1673
Pietrasanta e la Versilia
a cavallo tra i secoli XVII e XVIII
in due fantasiose cartine d'epoca
Everard Symonsz van Hamersveldt (1673)
Johann Baptist Homann (tra il 1715 e 1730)

Kollontaj modifica

(RUIT) Naftali Hirschkowitz (a cura di), Comitato Centrale, eletto dal VI Congresso del POSDR(b) 3(16).8.1917, membri, su Guida alla storia del Partito Comunista e dell'Unione Sovietica 1898 - 1991.

Vicenda storica modifica

Nel quadro del riassetto territoriale definito dal Congresso di Vienna si pose il problema del trattamento da assicurare all'arciduchessa Maria Luisa d'Austria, consorte di Napoleone e ancora definita, negli atti del Congresso, «Imperatrice». La soluzione trovata dalle potenze fu quella di attribuirle ad personam, vita natural durante, il ducato di Parma, Piacenza e Guastalla,[6] ciò che costituiva una deroga evidente al principio di legittimità. Tenuto anche conto delle aspirazioni che sul ducato potevano vantare l'Austria stessa e il regno di Sardegna ai sensi dell'art. VII del Trattato di Aquisgrana del 1748 (il quale aveva stabilito un diritto di "reversione" in loro favore in caso di estinzione della linea dinastica dei Borbone-Parma),[7] la questione della sorte che avrebbe avuto il ducato dopo la morte dell'arciduchessa fu lasciata impregiudicata. Per intanto, «fintatoché le circostanze non [permettessero] di procurare [loro] un altro stabilimento», suo jure per la matriarca dei Borbone-Parma, l'infanta Maria Luisa di Spagna, ex regina consorte, e poi reggente, d'Etruria, ancora definita negli atti con l'attributo di «Sua Maestà», per suo figlio Carlo Lodovico e per i loro discendenti in linea maschile, veniva appositamente costituito, sulle ceneri dell'antica repubblica aristocratica, il ducato di Lucca e, a titolo di compensazione, veniva fissata un'indennità di cinquecentomila lire da versare annualmente ai Borbone da parte dell'Austria e del granducato di Toscana.[8] L'art. 102 fissava, fin dall'inizio, il principio della reversione del ducato al granducato di Toscana quando l'infanta di Spagna e/o i suoi discendenti si fossero sistemati altrove, si fossero estinti o avessero acquisito la titolarita di un altro dei domini borbonici.

Non giudicando evidentemente confacente la soluzione trovata, l'infanta Maria Luisa si oppose con veemenza cercando l'appoggio del papa, dello zar di Russia e soprattutto del fratello Ferdinando VII di Spagna,[9] il quale infatti decise di non sottoscrivere né l'Atto finale, né il trattato di Parigi del 1815, successivo alla sconfitta napoleonica di Waterloo. L'ex regina d'Etruria rifiutò per oltre dua anni di prendere possesso del suo nuovo dominio, rimanendo asserragliata nella sua residenza romana. Finalmente il trattato del 1817 pose le condizioni per il superamento della sua opposizione e il 7 dicembre ella entrò finalmente a Lucca.[10]

Statuizioni modifica

Il trattato dava conto in premessa del comportamento tenuto dal re di Spagna Ferdinando VII nell'aver rifiutato di sottoscrivere sia l'Atto finale sia il trattato di Parigi nel 1815. Le motivazioni di tale comportamento risiedevano «nel desiderio di voler stabilire con il consenso unanime delle potenze [...] l'applicazione dell'art 99 [dell'Atto finale], ed in conseguenza delle reversione dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla dopo la morte di S.M. l'arciduchessa Maria Luisa». L'adesione però anche della Spagna al nuovo ordine disegnato dal Congresso di Vienna era da tutti ritenuta indispensabile per assicurare la pace in Europa, e, consapevole di ciò, Ferdinando VII aveva solennemente proceduto il 7 e 8 giugno alla sottoscrizione dei due trattati e, contestualmente, i plenipotenziari di tutte le grandi potenze, Spagna inclusa, avevano concordato la soluzione della questione rimasta insoluta a Vienna, mediante la stipula del nuovo trattato, da ratificare entro due mesi.

Fermi restando gli articoli 99, 101 e 102 dell'Atto finale, il nuovo trattato prevedeva sommariamente:

  • che, «dopo il decesso di S.M. l'arciduchessa Maria Luisa» i ducati di Parma, Piacenza e Guastalla sarebbero passati «in piena sovranità a S.M. l'infanta di Spagna Maria Luisa, all'infante D. Carlo Luigi suo figlio e suoi discendenti maschi in linea diretta» (art. 3);
  • che era confermata la cessione all'Austria dei distretti territoriali a nord del Po, nonché del diritto di guarnigione sulla piazzaforte di Piecenza (artt. 3 e 5);
  • che alla stessa «epoca» della reversione di Parma avrebbe avuto luogo quella del ducato di Lucca al granduca di Toscana prevista dall'art. 102 dell'Atto finale (art. 4);
  • che l'Austria si obbligava a corrispondere a Maria Luisa di Borbone quanto previsto dal secondo comma art. 101 (rendita annua di cinquecentomila lire), oltre annessi e connessi, come forma di indennizzo per la mancata restaurazione del ducato di Parma, con decorrenza dal 9 giugno 1815 e fino alla data effettiva di realizzazione della reversione del ducato (art. 6);
  • che erano confermate le previsioni dell'art. VII del Trattato di Aquisgrana del 1748 circa il diritto di reversione dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla a favore dell'Austria e del regno di Sardegna in caso di estinzione della linea dinastica autonoma derivata dall'infante Don Filippo, e cioè dei Borbone-Parma (art. 7).

Testo integrale modifica

Il trattato fu redatto in francese (secondo i costumi diplomatici dell'epoca), in sette originali, sei dei quali destinati, per la ratifica, alle corti firmatarie. Il testo integrale del trattato è disponibile online, in lingua originale, nell'edizione pubblicata dalla corte austriaca, e anche in una traduzione in taliano pubblicata nell'Ottocento insieme all'Atto finale e ad altri documenti:

Note modifica

  1. ^ F. Mari et al., 2006
  2. ^ Fornaciari et al., 2010
  3. ^ (EN) “The Medici Files” – First broadcast on Arte, su Gebrueder-Beetz Film Produktion. URL consultato il 4 novembre 2023; (DE) Mord im Hause Medici (2/2). Karriere einer Mätresse, su programm.ARD.de. URL consultato il 4 novembre 2023.
  4. ^ Nella presentazione della puntata, lo storico Alessandro Barbero, specificando che essa è «basata sulle analisi scientifiche che sono state fatte negli ultimi anni riesumando uomini e donne della famiglia», non fa alcun accenno alle diverse posizioni sostenute nel frattempo dal gruppo del prof. Fornaciari. La puntata è accessibile facilmente online su YouTube.
  5. ^ Sulla questione delle cause della morte della coppia granducale, si veda anche, a titolo informativo, l'opinione del giornalista Marco Ferri, cultore di storia medicea, intervistato nel 2021 su LeoMagazine.
  6. ^ Atto finale, art. 99.
  7. ^ Il trattato di Aquisgrana prevedeva, per la precisione, che il diritto di reversione si sarebbe attivato «dopo che Sua Maestà il re delle Due Sicilie, sarà passato alla Corona di Spagna, così come nel caso in cui il serenissimo Infante Don Filippo venga a morire senza figli». In effetti, quando il fratello di Don Filippo, Carlo, re di Napoli e di Sicilia, nel 1759 divenne re di Spagna, con il nome di Carlo III, a succedergli nelle Due Sicilie fu il figlio maschio secondogenito Ferdinando (il cosiddetto "re lazzarone"). Don Filippo rimase duca di Parma, con il nome di Filippo I, fino alla morte nel 1765, anno in cui gli succedette l'unico figlio maschio, chiamato anch'egli Ferdinando. Don Filippo e Don Carlo erano entrambi figli di Elisabetta Farnese, ultima discendente (femmina e quindi priva di diritti ereditari) dell'antica casa regnante di Parma.
  8. ^ Atto finale, art. 101.
  9. ^ (ES) Ricardo Mateos Sáinz de Medrano, Los desconocidos infantes de España. Casa de Borbón, Barcellona, Thassàlia, 1997, p. 95, ISBN 84-8237-054-5.
  10. ^ Pietro Paolo Angelini, Cenni biografici su Maria Luisa di Borbone, Infanta di Spagna, Regina d’Etruria (1801-1807) e Duchessa di Lucca (1817-1824) (PDF), su iclucca2.edu.it, Istituto Comprensivo G.Ungaretti già Lucca2, 18 giugno 2018. URL consultato il 18 settembre 2023.

Bibliografia modifica

  • (ES) Ricardo Mateos Sáinz de Medrano, Los desconocidos infantes de España. Casa de Borbón, Barcellona, Thassàlia, 1997, p. 95, ISBN 84-8237-054-5.
  • Wenceslao Ramírez de Villa-Urrutia, La Reina de Etruria: Doña Maria Luisa de Borbón Infanta de España, Madrid, Francisco Beltrán, 1923, p. 133.

Cybo modifica

Giovanni Sforza, Il principe Eugenio Francesco di Savoia conte di Soissons e il suo fidanzamento con Maria Teresa Cibo duchessa di Massa, in Miscellanea di storia italiana, XIII (terza serie), XLIV della raccolta, Torino, Bocca, 1909, pp. 359-416.

Giorgio Viani, Memorie della famiglia Cybo e delle monete di Massa di Lunigiana, Pisa, Ranieri Prosperi, 1808, p. 59 e ss.

Giovanni Sforza, Saggio d'una bibliografia storica della Lunigiana. Parte seconda. Manoscritti, in Atti e memorie delle RR Deputazioni di storia patria per le provincie modenesi e parmensi, vol. 7, Modena, Vincenzi, 1874, pp. 181-333. 192. Viani (Giorgio). Appendice dei diplomi e altri monumenti citati nelle Memorie della Famiglia Cybo e monete di Massa di Lunigiana (grossa filza conservata nel R. Archivio segreto di Massa, pp. 319-322, documento n. 51: Capitoli per le nozze del Principe Eugenio Francesco di Savoia Conte di Soissons e la Duchessa Maria Teresa Cybo Malaspina sottoscritti il 22 maggio 1732; documento n. 52: Capitoli per le nozze del Principe ereditario di Modena Ercole Rinaldo d'Este e la Duchessa Maria Teresa Cybo Malaspina sottoscritti il 23 marzo 1738 e ratificati il 2 maggio 1741 [il matrimonio avvenne il 16 aprile]).

Filippo Valenti (a cura di), Archivio Segreto Estense. Sezione "Casa e Stato". Inventario (PDF), in Ministero dell'interno. Pubblicazioni degli archivi di Stato, XIII, Roma (Modena), Società Tipografica MOdenese, 1953. p. 157, "Ercole III di Francesco III", n. 353

Alessandro Giulini, Nuovi documenti per le nozze Cybo Estensi, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie modenesi, serie VII, volume III, Modena, Società Tipografica Modenese, 1924, pp. 276-280.

nel "vetusto Palazzo della Cittadella" https://www.google.com/search?q=Dove+risiedeva+a+Reggio+Maria+Teresa+Cybo%3F&sca_esv=572890011&rlz=1C1CHBF_itIT923IT923&biw=1536&bih=707&tbm=bks&sxsrf=AM9HkKkCJEQppn0Zcbr5X_IxEP46zqR0Vg%3A1697122314959&ei=CggoZd-POsaI9u8PmMss&ved=0ahUKEwjfvOSl4fCBAxVGhP0HHZglCwAQ4dUDCAk&oq=Dove+risiedeva+a+Reggio+Maria+Teresa+Cybo%3F&gs_lp=Eg1nd3Mtd2l6LWJvb2tzIipEb3ZlIHJpc2llZGV2YSBhIFJlZ2dpbyBNYXJpYSBUZXJlc2EgQ3libz9InSxQ_ghYkxVwAHgAkAEAmAFloAGlB6oBBDEwLjG4AQzIAQD4AQHCAgQQIRgKiAYB&sclient=gws-wiz-books

Alessandro Giulini, Tra gli atti di un notaio della Corona, in Archivio storico lombardo, IV, XX, Milano, Bocca, 1913, p. 256, citato in Spigolature e notizie, in Giornale storico della Lunigiana, V, III, La Spezia, Zappa, 1914, p. 235. URL consultato il 23 ottobre 2023.


Testo modifica

In forza del decreto del 16 luglio 1529 con cui l'imperatore Carlo V aveva concesso l'investitura del marchesato di Massa e signoria di Carrara suo jure a Ricciarda Malaspina, ava di Maria Teresa, ai suoi discendenti maschi o, in mancanza, anche alle femmine, nel ducato la legge salica non trovava applicazione,[1] e dunque, quando il padre morì prematuramente nel 1731, toccò a lei di succedergli, sotto la reggenza della madre. La sua nuova posizione come sovrana dei due, per quanto piccoli, stati toscani, fece di lei un partito non privo di attrattiva.

Con l'intento di costituire nell'Italia centrale un secondo stato sabaudo, il potente principe Eugenio di Savoia, cadetto di un ramo collaterale della famiglia, richiese la mano della giovanissima duchessina per il suo pronipote Eugenio Giovanni Francesco di Savoia-Soissons, unico discendente maschio della sua linea familiare, ed ottenne il benestare dell'imperatore Carlo VI e del re di Sardegna Carlo Emanuele III, a cui lui guardava come al capo della famiglia.[2] I capitoli matrimoniali vennero firmati a Vienna, dove il principe risiedeva, il 2 maggio 1732 e, nel mese di ottobre, il neo-promesso sposo diciassettenne si recò in visita a Massa per rendere omaggio alla fidanzatina e alla futura suocera: il matrimonio però non poté avere corso a causa della morte prematura a Mannheim del giovane conte, il 23 novembre 1734.[3]

La morte del pretendente sabaudo non determinò affatto la cessazione dell'interessamento dell'imperatore per il matrimonio della duchessa di Massa, e, dopo che si era fatto anche il nome di un paio di principi di area tedesca, alla fine la scelta per la candidatura ricadde su Ercole Rinaldo d'Este, l'ultimo rampollo della dinastia regnante sul ducato di Modena e Reggio, il quale era addirittura due anni più giovane di Maria Teresa. Per gli Este i due piccoli stati toscani avrebbero costituito l'agognato sbocco al mare (dopo la perdita di Ferrara un secolo e mezzo prima).

Per alcuni anni però la reggente Ricciarda Gonzaga si dimostrò irriducibile nel rifiutare di prendere in considerazioni ulteriori candidature, data l'età ancora infantile della figliola. E questo nonostante che, per parte sua, non avesse ancora del tutto rinunciato alle sue aspirazioni sulla contea avita di Novellara e Bagnolo, un feudo imperiale rimasto vacante per la morte di suo fratello senza figli maschi (e ora transitoriamente affidato alla sua amministrazione), ciò che la metteva in condizioni di dipendere dal favore di Vienna.

Quando nel 1737 la duchessina ebbe compiuto dodici anni, l'imperatore tornò alla carica: lo zio di Ricciarda, il marchese Carlo Filiberto II d'Este di San Martino, fu di nuovo incaricato di tornare a Massa per riaprire le trattative, anche in rappresentanza del nuovo duca di Modena Francesco III d'Este, padre dello sposo. Questa volta Ricciarda accondiscese e i capitoli nuziali furono siglati il 20 marzo 1738.[4] Alla sposa veniva attribuita una dote di centomila scudi, ma il duca di Modena si impegnava viceversa, di tasca sua, ad incrementare di ventimila scudi le doti spettanti alle due sorelle minori di Maria Teresa. A matrimonio avvenuto, la duchessa avrebbe associato il marito nel governo dei suoi stati, mentre il duca di Parma, che nel 1737 aveva ricevuto l'investitura imperiale della contea di Novellara e Bagnolo, si impegnava a permettere la separazione, in favore di Ricciarda Gonzaga, dei beni allodiali dalle ragioni feudali della contea, e, a matrimonio avvenuto, a lasciarne il pieno governo alla stessa Ricciarda vita natural durante, «così che al cedente non restasse che il diritto di sovranità, di cui non può spogliarsi».[5]

Il matrimonio però dovette comunque essere posposto fino al 1741 in modo che il giovane Este arrivasse almeno alla soglia dei quattordici anni. Le nozze furono celebrate infine per procura a Massa il 16 aprile, con il prozio di Maria Teresa, Carlo Filiberto d'Este di San Martino, a rappresentare lo sposo.[6] I rapporti tra i due giovani si rivelarono subito burrascosi. Ercole Rinaldo non sopportava fin dall'inizio la moglie (e sarebbe poi arrivato a provare ribrezzo per lei) e la faceva di oggetto di pubbliche manifestazioni di disprezzo, minacciando di rispedirla a Massa e invitandola a far, una buona volta, annullare il loro matrimonio: «Senta, capisco che Lei non è per me ed io non sono per Lei, perciò lo dichi al Duca che io sarò contento». Nella lettera disperata, in cui riportava queste parole del marito, inviata al prozio nel marzo del 1742, la duchessina si lamentava del trattamento ricevuto, aggiungendo:

«Ond'io c'ho perduto il genio: ad ogni modo voglio fare una prova, obbligandolo con un mondo di finezze, e, se nemmen con questa strada riuscissi, La pregherei poi della sua assistenza acciò questo matrimonio si sciogliesse. Di più, non solo mi affligge il presente, ma più il pensare all'avvenire, mentre considero, se così d'afflizione sono stati per me questi primi mesi, che per tutti gli altri sono d'allegria, cosa sarà per l'avvenire avendo da stare con persone di così cattivo core. Scusi se ho scritto così male, ma scrivo da letto, perché ha bisognato che mi levi dagli occhi se non ho voluto essere veduta essendo tanto ristretta e avendo sempre cento occhi addosso.
La prego de' miei rispetti alla signora Marchesa e alle sue signorine, alle quali desidero miglior sorte di quella che ho avuto io e di nuovo mi raccomando riaffermandomi con tutto il rispetto.
dev.ma ed obb.ma nipote Maria Teresa Cybo.»

I rapporti nella coppia non migliorarono certamente negli anni successivi, anche per le intemperanze extra-matrimoniali di Ercole Rinaldo vissute con ostentazione alla luce del sole, e soltanto nel 1750 i due riuscirono a mettere al mondo una figlia, Maria Beatrice. Quando nel 1753 nacque, ed entro pochi mesi morì, il loro primogenito maschio, era ormai chiaro a tutti che il degrado nei loro rapporti reciproci non avrebbe consentito la nascita di ulteriore discendenza. La coppia quindi si separò (legalmente dal 1767)[7] e Maria Teresa si stabilì permanentemente nella residenza ducale di Reggio Emilia.

Erede "apparente", "legittimo", "presuntivo" modifica

L'Italia non è il Regno Unito e, per quanto ne so, i concetti di "heir apparent" e di "heir presuntive", che non so se abbiano o meno un definito carattere giuridico, non trovano corrispondenza nel nostro paese, e men che meno nella loro traduzione letterale. "Erede apparente", nel diritto civile ordinario italiano, è uno che si comporta come erede, creando così un affidamento, facendo cioè ragionevolmente pensare che lui sia l'erede di diritto. Erede presunto o presuntivo è semplicemente uno che si presume erediterà qualcosa: quello che i britannici chiamano "heir apparent" altro non è in italiano che un erede presunto (solo con grado di presunzione molto elevato). La formula "erede legittimo" non può essere considerata in alcun modo una corretta traduzione di heir apparent: erede legittimo (contrapposto a erede naturale) era una volta il componente di una famiglia costituita con il matrimonio, oggi credo una qualsiasi persona, avente titolo a ereditare ab intestato in forza delle leggi nel tempo vigenti.
Quanto sopra è frutto solo delle mie conoscenze generiche (e non è corroborato, per il momento, da fonti), ma le intere voci Erede legittimo (che è anche un reindirizzamento da Erede apparente) e Erede presuntivo non citano neanche en passant una singola fonte e sono spesso una malaccorta traduzione delle corrispondenti voci inglesi. A mio parere, se si ritiene opportuno trattare il diritto britannico, le due voci dovrebbero essere ridenominate Heir apparent e Heir prensuntive (come forse sarebbe secondo me preferibile, previa comunque una revisione, possibilmente appoggiata su fonti affidabili) oppure andrebbero ricondotte al significato italiano, letterale, giuridico e di comune accezione, che le due formule hanno e che non è quello illustrato dalle due voci.

Mi sono accorto in secondo momento che la voce Erede riporta una casistica di eredi che comprende anche l'erede apparente e l'erede legittimo, indicati nel loro corretto significato giuridico italiano: fortunatamente non ci solo link a collegarle alle due voci specifiche da me sottoposte a osservazione.

  1. ^ Stefano Calonaci, MALASPINA, Ricciarda, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 67, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2006. URL consultato l'8 novembre 2022.
  2. ^ (ITDE) Andrea Merlotti, Savoia e Asburgo nel XVIII secolo: due progetti per un secondo Stato sabaudo nell'Italia imperiale (1732, 1765), in Marco Bellabarba e Jan Paul Niederkorn (a cura di), Le corti come luogo di comunicazione. Gli Asburgo e l'Italia (secolo XVI-XIX) / Höfe als Orte der Kommunikation. Die Habsburger und Italien (16. bis 19. Jahrhundert), Bologna/Berlino, Mulino/Duncker&Humblot, 2010, pp. 216-224, ISBN 978-88-15-13978-8/ISBN 978-3-428-13397-0.
  3. ^ Giovanni Sforza, Il principe Eugenio Francesco di Savoia conte di Soissons e il suo fidanzamento con Maria Teresa Cibo duchessa di Massa, in Miscellanea di storia italiana, XIII (terza serie), XLIV della raccolta, Torino, Bocca, 1909, pp. 359-416.
  4. ^ Il 1° ottobre, papa Clemente XII concesse la dispensa che gli era stata richiesta probabilmente per la giovane età di entrambi i promessi sposi ( Filippo Valenti (a cura di), Archivio Segreto Estense. Sezione "Casa e Stato". Inventario (PDF), in Ministero dell'interno. Pubblicazioni degli archivi di Stato, XIII, Roma (Modena), Società Tipografica MOdenese, 1953, p. 157.).
  5. ^ Giulini, pp. 277-278.
  6. ^ Giulini, pp. 278-279.
  7. ^ Enrico Colle (a cura di), Gli inventari delle corti. Le guardarobe reali in Italia dal XVI al XX secolo, Firenze, Polistampa, 2004, p. 207 ISBN 978-8883046872.

Germania modifica

Il nome ufficiale dello Stato era Deutsches Reich, e tale rimase anche durante il periodo della Repubblica di Weimar e sino alla fine della seconda guerra mondiale,

William Lawrence Shirer, Storia del Terzo Reich, traduzione di Gustavo Glaesser, (2 voll.), E-book, Torino, Einaudi, 2017, passim, ISBN 978-8858426661.


  • L'utente _____, nell'intervenire ripetutamente, secondo i suoi personali punti di vista, nella presente voce, ha in particolare modificato la parte dell'incipit relativa alla corretta traduzione della formula Großdeutsches Reich. Tale questione però era gia stata affrontata qualche anno fa nella pagina di discussione del Progetto Storia (cfr. qui), con un lungo e costruttivo confronto, alla fine del quale la comunità aveva trovato l'accordo sulla formulazione precedente alle modifiche di YouKnow23. Siccome scrivere, come lui fa, che «la Germania nazista prese [...] dal 1943 il nome di Grande Reich Tedesco» non è comunque pienamente corretto alla luce della citata discussione, propongo che la formulazione concordata precedentemente venga ripristinata nella seguente forma:

«Il nome ufficiale dello Stato era Deutsches Reich ("Reich tedesco"), e tale rimase anche durante il periodo della Repubblica di Weimar e sino alla fine della seconda guerra mondiale, anche se, dopo l'Anschluss dell'Austria nel 1938, la Germania nazista prese, prima informalmente, poi dal 1943 ufficialmente, il nome di Großdeutsches Reich (letteralmente "Reich grande-tedesco",[1] cioè "della Grande Germania";[2] [N 1] spesso anche reso in italiano genericamente come "Grande Reich tedesco"[3]). Tale nuova denominazione fu resa vincolante con un decreto del ministro e capo della cancelleria del Reich, Hans Heinrich Lammers, del 26 giugno 1943,[4] ma non fu mai formalmente adottata a livello di atto costituzionale.[5]»


— Note esplicative
  1. ^ Prima dell'unificazione della Germania, nel corso del XIX secolo, esistevano due grandi correnti di pensiero, quella della "Grande Germania" e quella della "Piccola Germania", che dibattevano se la Germania unificata dovesse o no comprendere l'Austria. Nel 1871 diventò realtà l'ipotesi piccolo-tedesca (Kleindeutsche Lösung), mentre con l'annessione dell'Austria nel 1938 e di altri territori germanofoni prima e nel corso della guerra si realizzò un'entità statale da Grande Germania (Großdeutschland), da cui il nuovo nome che iniziò ad essere utilizzato.
Riferimenti bibliografici
  1. ^ Timothy W. Mason, La politica sociale del Terzo Reich, traduzione di Paola Rinaudo, Torino, Paravia Bruno Mondadori, 2003 [1977], p. 278, ISBN 9788842498803. Cfr. anche Gustavo Corni, Storia della Germania. Da Bismarck a Merkel, Milano, il Saggiatore, 2017, ISBN 9788842823872..
  2. ^ Mark Mazower, L'Impero di Hitler, traduzione di Francesca Gimelli, Cles, Arnoldo Mondadori Editore, 2010 [2008], p. 69, ISBN 9788804604679.
  3. ^ Richard J. Evans, Il Terzo Reich in guerra, traduzione di Alessio Catania, Cles, Arnoldo Mondadori Editore, 2014 [2008], p. 39, ISBN 9788804638360.
  4. ^ Erlaß des Reichsministers und Chefs der Reichskanzlei, vom 26. Juni 1943 - RK 7669 E - zur Einführung der Bezeichnungen "Der Führer" und "Großdeutsches Reich", Bundesarchiv, R 43 II/583 (cfr. (DE) Friedrich Beck, Eckart Henning, Die archivalischen Quellen: Mit einer Einführung in die Historischen Hilfswissenschaften, Berlino, Uni-Taschenbücher, 2012 [2004], p. 282, ISBN 3825284794.)
  5. ^ Cfr. il testo della costituzione della Repubblica di Weimar, con tutte le modificazioni successivamente introdotte dal nazismo, riportato sul sito (DE) verfassungen.de.


  • Propongo inoltre di alleggerire in qualche modo il primo periodo dell'incipit della voce, che, ricordo, si riferisce specificamente alla Germania imperiale, cioè quella dei Kaiser prussiani, quella del periodo 1871-1918. Tenuto conto che il secondo periodo dell'incipit già inizia con queste parole, «Il nome ufficiale dello Stato era Deutsches Reich, e tale rimase ....», ritengo assolutamente pleonastico ripetere la stessa informazione sulla denominazione ufficiale nel già molto appesantito primo periodo, come invece risulta nell'attuale redazione (e come avevo già brevemente motivato in una mia precedente modifica subito annullata da YouKnow23). A mio parere, tenendo anche conto di alcune delle modifiche apportate da YouKnow23 si potrebbe riformulare il periodo come segue (magari ulteriormente semplificandolo):

«Impero tedesco (traduzione letterale della locuzione Deutsches Kaiserreich[N 1]) o Impero germanico[N 2] o Germania imperiale[1] o analoghe formulazioni, ovvero anche Secondo Reich (Zweites Reich)[2][N 3], sono le denominazioni usate comunemente in italiano per riferirsi allo stato monarchico che governò i territori della Germania nel periodo che va dal conseguimento dell'unificazione tedesca il 18 gennaio 1871 fino all'abdicazione del Kaiser Guglielmo II il 9 novembre 1918.»


— Note esplicative
  1. ^ I tedeschi, quando si riferiscono al Reich del periodo monarchico, usano tipicamente il termine Kaiserreich (ossia impero); infatti la sola parola Reich non designa alcuna forma monarchica, ma solo uno Stato di notevole rilevanza
  2. ^ Questa locuzione era quella maggiormente in uso in Italia, fra il 1871 e il 1918 (Gallucci).
  3. ^ Come "Primo Reich" si intende il Sacro Romano Impero (962 d.C. - 1806), come Terzo Reich la Germania nazista (1933-1945).
Riferimenti bibliografici
  1. ^ Bülow
  2. ^ William Lawrence Shirer, Storia del Terzo Reich, traduzione di Gustavo Glaesser, 2 voll., E-book, Torino, Einaudi, 2017, passim, ISBN 978-8858426661.


Mi dispiace, ma per una ventina di giorni potrò non essere in grado, a causa di impegni nella vita reale, di seguire gli eventuali sviluppi della presente discussione.

Bis modifica

Dopo che nella pagina di discussione, avevo fatto alcuni rilievi sulle modifiche operate dall'utente:____ sulla voce Impero Tedesco, l'utente stesso, senza cercare consenso, ha spostato a questa pagina il blocco di testo da me osservato, riguardante la questione del nome Großdeutsches Reich. Personalmente, concordo pienamente con lo spostamento (in effetti nell'altra pagina la questione appariva abbastanza fuor di luogo), come concordo con la nuova collocazione che Bramfab gli ha dato in un apposito paragrafo.

Rimango però in disaccordo sulle modifiche operate da ____ sul testo di che trattasi, che era stato concordato comunitariamente in questa discussione del 2029 sul Progetto Storia. Come appurato allora, la denominazione Großdeutsches Reich non significa correttamente "Grande Reich Tedesco" (anche se non mancano esempi di traduzione in tal senso), ma "Reich Grande-Tedesco" o "Reich della Grande Germania", formula facente riferimento evidente all'opzione grande-tedesca scartata in sede di unificazione della Germania in favore di quella piccolo-tedesca). Quali fonti apparentemente affidabili, oltre allo storiografo italiano Gustavo Corni (già citato nel pezzo in questione, insieme a Timothy Mason, tradotto da Paola Rinaudo), si potrebbero aggiungere, per restare in ambito accademico italiano, Federico Scarano, ordinario di relazioni internazionali all'Università degli studi della Campania ( Fra Mussolini e Hitler. Le opzioni dei sudtirolesi nella politica estera fascista, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 177, ISBN 978-8820409180.), e Mauro Protti, professore di sociologia dei processi culturali e comunicativi all'Università del Salento (nella sua traduzione di Jürgen Habermas, La rivoluzione in corso, Milano, Feltrinelli, 1990, p. 207, ISBN 8807080966.).

Propongo quindi di ripristinare sostanzialmente, nel primo periodo del nuovo paragrafo creato da Bramfab, la formulazione concordata nella pagina di discussione del Progetto Storia, ed in particolare:

«Quale denominazione ufficiale fu mantenuta quella di Reich tedesco (Deutsches Reich), già in uso sin dal 1871), anche se, dopo l'Anschluss dell'Austria nel 1938, la Germania nazista prese, prima informalmente, poi dal 1943 ufficialmente, il nome di Großdeutsches Reich (letteralmente "Reich grande-tedesco",[1] cioè "della Grande Germania";[2] [N 1] spesso anche reso in italiano genericamente come "Grande Reich tedesco"[3]). Tale nuova denominazione fu resa vincolante con un decreto del ministro e capo della cancelleria del Reich, Hans Heinrich Lammers, del 26 giugno 1943,[4] ma non fu mai formalmente adottata a livello di atto costituzionale.[5]»


— Note esplicative
  1. ^ Prima dell'unificazione della Germania, nel corso del XIX secolo, esistevano due grandi correnti di pensiero, quella della "Grande Germania" e quella della "Piccola Germania", che dibattevano se la Germania unificata dovesse o no comprendere l'Austria. Nel 1871 diventò realtà l'ipotesi piccolo-tedesca (Kleindeutsche Lösung), mentre con l'annessione dell'Austria nel 1938 e di altri territori germanofoni prima e nel corso della guerra si realizzò un'entità statale da Grande Germania (Großdeutschland), da cui il nuovo nome che iniziò ad essere utilizzato.
Riferimenti bibliografici
  1. ^ Federico Scarano, Fra Mussolini e Hitler. Le opzioni dei sudtirolesi nella politica estera fascista, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 177, ISBN 978-8820409180; Jürgen Habermas, La rivoluzione in corso, cura e traduzione di Mauro Protti, Milano, Feltrinelli, 1990, p. 207, ISBN 8807080966; Timothy W. Mason, La politica sociale del Terzo Reich, traduzione di Paola Rinaudo, Torino, Paravia Bruno Mondadori, 2003 [1977], p. 278, ISBN 9788842498803; Gustavo Corni, Storia della Germania. Da Bismarck a Merkel, Milano, il Saggiatore, 2017, ISBN 9788842823872.
  2. ^ Mark Mazower, L'Impero di Hitler, traduzione di Francesca Gimelli, Cles, Arnoldo Mondadori Editore, 2010 [2008], p. 69, ISBN 9788804604679.
  3. ^ Richard J. Evans, Il Terzo Reich in guerra, traduzione di Alessio Catania, Cles, Arnoldo Mondadori Editore, 2014 [2008], p. 39, ISBN 9788804638360.
  4. ^ Erlaß des Reichsministers und Chefs der Reichskanzlei, vom 26. Juni 1943 - RK 7669 E - zur Einführung der Bezeichnungen "Der Führer" und "Großdeutsches Reich", Bundesarchiv, R 43 II/583 (cfr. (DE) Friedrich Beck, Eckart Henning, Die archivalischen Quellen: Mit einer Einführung in die Historischen Hilfswissenschaften, Berlino, Uni-Taschenbücher, 2012 [2004], p. 282, ISBN 3825284794.)
  5. ^ Cfr. il testo della costituzione della Repubblica di Weimar, con tutte le modificazioni successivamente introdotte dal nazismo, riportato sul sito (DE) verfassungen.de.

Westminster modifica

«Nessuna legge del parlamento del Regno Unito approvata dopo l'entrata in vigore del presente atto si estenderà, neanche in sede di giudizio, a un dominion come parte dell'ordinamento giuridico di quel dominion, a meno che non sia espressamente dichiarato in tale legge che quel dominion ha richiesto la sua emanazione e consentito ad essa.[1]»

Nell'art. 2, secondo comma, era previsto anche: {{Citazione|Nessuna legge e nessuna disposizione di legge emanata dal parlamento di un dominion dopo l'entrata in vigore del presente atto sarà nulla o inefficace sulla base di un conflitto con il diritto inglese, o con le disposizioni di qualsivoglia legge, esistente o futura, del parlamento del Regno Unito, o con qualsivoglia ordinanza, norma o regolamento emanati ai sensi di una tale legge; e i poteri del parlamento di un dominion includeranno la potestà di respingere o modificare qualsivoglia simile legge, ordinanza, norma o regolamento nei limiti della sua applicazione all'interno dell'ordinamento giuridico del dominion.[2]


[3]

Convenzioni stilistiche nelle citazioni modifica

L'utente ... insiste nel rimuovere, all'interno di una citazione testuale da un articolo online de «Il Giorno», lo stile di carattere in grassetto presente nell'originale, traducendolo nello stile ordinario di scrittura. E ciò appellandosi alle convenzioni applicate su Wikipedia per quanto riguarda l'uso del corsivo e del grassetto nella redazione delle voci, e rifiutandosi di prendere atto che, trattandosi di una citazione testuale, le buone regole della letteratura scientifica impongono di non apportare modifica alcuna al testo citato, neanche a fronte di apparenti errori di ortografia o di sintassi (per i quali è eventualmente disponibile la formula latina sic). Tali principi si applicano ovviamente anche su Wikipedia e l'apposito paragrafo «Citazioni» della pagina «Aiuto:Manuale di stile», dopo aver premesso che le citazioni debbono essere inserite tra virgolette , senza mettere il testo in corsivo, «a meno che così non appaia nel testo originale», aggiunge testualmente: «Le convenzioni stilistiche dei testi riportati devono comunque essere rispettate quanto più è possibile e "prevalgono" sulle convenzioni del manuale di stile di Wikipedia».

Ritengo conseguentemente che il grassetto presente nell'articolo citato de «Il Giorno» debba essere ripristinato (e ciò indipendentemente della sua appropriatezza, che, anche a mio apprezzamento, sembra piuttosto carente).

  1. ^ Statute of Westminster 1931 (PDF), su legislation.gov.uk, Archivi nazionali del Regno Unito, 2017, p. 3. URL consultato il 25 marzo 2024 (archiviato il 22 dicembre 2018).
    «No Act of Parliament of the United Kingdom passed after the commencement of this Act shall extend, or be deemed to extend, to a Dominion as part of the law of that Dominion, unless it is expressly declared in that Act that that Dominion has requested, and consented to, the enactment thereof»
    .
  2. ^ Statute of Westminster 1931, p. 2.
    «No law and no provision of any law made after the commencement of this Act by the Parliament of a Dominion shall be void or inoperative on the ground that it is repugnant to the Law of England, or to the provisions of any existing or future Act of Parliament of the United Kingdom, or to any order, rule or regulation made under any such Act, and the powers of the Parliament of a Dominion shall include the power to repeal or amend any such Act, order, rule or regulation in so far as the same is part of the law of the Dominion.»
  3. ^ Statute of Westminster 1931, p. 2.
    «No law and no provision of any law made after the commencement of this Act by the Parliament of a Dominion shall be void or inoperative on the ground that it is repugnant to the Law of England, or to the provisions of any existing or future Act of Parliament of the United Kingdom, or to any order, rule or regulation made under any such Act, and the powers of the Parliament of a Dominion shall include the power to repeal or amend any such Act, order, rule or regulation in so far as the same is part of the law of the Dominion.»