La firma di Wittgenstein.

Ludwig Josef Johann Wittgenstein (pronuncia tedesca: [ˈvɪtgənˌʃtaɪn]; Vienna, 26 aprile 1889Cambridge, 29 aprile 1951) è stato un filosofo austriaco ecc..

Primi anni (1889-1908) modifica

I Wittgenstein dalla Germania all'Austria modifica

La famiglia Wittgenstein aveva acquisito questo nome all'inizio del XIX secolo, quando Moses Maier, che lavorava come funzionario per la nobile casata tedesca dei Sayn-Wittgenstein, aveva dovuto cambiare cognome, in quanto ebreo, in ossequio a un editto di Napoleone, ed era dunque diventato Moses Wittgenstein.[1] Suo figlio Hermann Wittgenstein, il nonno di Ludwig, tentò di allontanarsi dalle sue origini ebraiche assumendo il nome di Hermann Christian Wittgenstein e proibendo di imparentarsi con ebrei agli undici figli (otto femmine e tre maschi) avuti dalla moglie Fanny; costei proveniva a sua volta da una famiglia ebrea, i viennesi Figdor, ma si era convertita alla religione protestante prima del matrimonio. Intorno agli anni 1850 la famiglia Wittgenstein, arricchitasi con il commercio della lana a Lipsia, si trasferì a Vienna e si integrò nella classe professionale della capitale asburgica; qui essa esercitò un felice mecenatismo nei confronti di musicisti come Joseph Joachim e Johannes Brahms.[2]

 
Karl Wittgenstein.

Il padre di Ludwig, Karl Wittgenstein, era stato tra i figli di Hermann Christian l'unico a rifiutare di sottomettersi al volere paterno e di dedicarsi quindi agli affari. Dopo due tentativi di fuggire di casa, il secondo dei quali era riuscito e aveva condotto Karl fin negli Stati Uniti, egli riuscì a convincere il padre a consentirgli di dedicarsi allo studio dell'ingegneria meccanica. Terminati gli studi alla Technische Hochschule di Vienna e l'apprendistato, egli fece rapidamente carriera prima come progettista, poi come dirigente.[3] Nel giro di una decina d'anni egli divenne un grande magnate dell'industria metallurgica e siderurgica, il cui patrimonio era secondo in Austria-Ungheria solo a quello dei Rothschild;[4] Nel 1873 Karl aveva sposato Leopoldine Kalmus, figlia dell'ebreo Jakob Kalmus e della cattolica Marie Stallner, entrambi rappresentanti di famiglie altolocate.[5] La coppia ebbe otto figli, che vennero battezzati come cattolici: dal maggiore al minore: Hermine, Hans, Kurt, Rudolf, Margarethe, Helene, Paul e lo stesso Ludwig.[6]

 
In seconda fila, da sinistra: Hermine, Helene, Margarethe; in prima fila, da sinistra: Paul e Ludwig.

L'infanzia viennese modifica

Ludwig Josef Johann Wittgenstein nacque a Vienna il 26 aprile 1889. Nel Palazzo Wittgenstein, come veniva chiamata la grande casa di famiglia in Alleegasse (non lontano dalla Karlskirche),[N 1] regnava, come disse Bruno Walter, una «diffusa atmosfera di umanità e cultura»;[5] Walter era uno dei grandi musicisti (insieme a Brahms, Mahler, Labor e altri) che erano ospiti regolari dei Wittgenstein e traevano beneficio dal loro generoso mecenatismo, guidato dalla competenza di Leopoldine.[5] Karl collezionava opere, tra gli altri, di Moser, Rodin e Klimt (di quest'ultimo finanziò il Palazzo della Secessione e il pannello Filosofia).[7] Tale ambiente aristocratico e piacevole era però gravato dagli stessi germi di irrequietezza e malessere che si potevano riscontrare nel complesso della cultura viennese dell'epoca: sia nella poetica di Schönberg e Loos, sia nella psicanalisi di Freud, sia nel generale senso di decadenza politica associato al vecchio Impero austro-ungarico.[8]

I figli di Karl Wittgenstein, tutti molto brillanti, avrebbero desiderato partecipare al fermento culturale della propria epoca.[9] Hans era un pianista dotato, dal talento precoce, considerato addirittura un genio; scontratosi contro il ferreo desiderio paterno di vederlo diventare il suo successore alla guida dell'impero industriale Wittgenstein, Hans scappò negli Stati Uniti con l'intenzione di avviare una carriera musicale, ma scomparve nel 1902. Si ritiene che si suicidò.[9] Un destino simile ebbe Rudolf, per cui il padre aveva pianificato la stessa carriera di uomo d'affari; fuggito a Berlino, nel 1903, per diventare attore di teatro, egli si avvelenò col cianuro nel maggio 1904.[10]

 
Il ritratto nuziale di Margarethe Wittgenstein fu dipinto da Gustav Klimt nel 1905.

La Realschule di Linz modifica

Kurt divenne invece, effettivamente, dirigente di industria. In ogni caso, constatati i terribili effetti sortiti dalle sue pressioni pedagogiche su due dei suoi figli maschi maggiori, Karl Wittgenstein mutò atteggiamento nei confronti dei due più piccoli: Paul e Ludwig furono lasciati maggiormente liberi di seguire le proprie inclinazioni.[6] Paul frequentò un Gymnasium, cioè una scuola orientata verso le materie classiche, a Vienna, e più tardi intraprese la carriera di pianista (dopo che egli ebbe perso un braccio durante la Grande Guerra, Maurice Ravel scrisse per lui il Concerto per pianoforte per la mano sinistra).[11]

Ludwig, come gli altri fratelli, fu inizialmente educato a casa da precettori privati. Quando egli fu giunto all'età di quattordici anni il padre, intenzionato a immergere il giovane Wittgenstein in un ambiente meno protetto e meno incrinato da fragilità psicologiche rispetto a quello domestico,[12] decise di mandarlo a studiare presso la Realschule di Linz:[N 2] qui egli avrebbe potuto impegnarsi in studi che alimentassero il suo interesse per le discipline tecniche e per la meccanica, già manifestato negli anni precedenti.[14]

Da bambino Ludwig non aveva dato prova di talenti particolari, o di quella brillantezza che caratterizzava per un verso o per l'altro i suoi fratelli. Il suo carattere era mite e accomodante, e in più di un'occasione egli stesso si rese conto che tendeva piuttosto a mentire per accattivarsi la simpatia altrui che a essere realmente sincero.[17] A Linz, dove egli studiò tra il 1903 e il 1906, egli continuò a essere remissivo e gentile, anche se il contatto con ragazzi appartenenti a classi sociali molto meno elevate della sua gli rendeva difficile integrarsi e stringere amicizie. Egli non conseguiva risultati particolarmente buoni dal punto di vista scolastico; solo in religione egli ottenne, due volte, il massimo dei voti, e nel complesso era più bravo nelle discipline umanistiche che in quelle scientifiche.[18]

Avvicinamento alla filosofia modifica

Negli anni di Linz, grazie ai consigli di lettura della sorella Margarethe, Ludwig entrò in contatto con le idee di Karl Kraus, che era all'epoca uno dei critici più corrosivi del convenzionalismo morale; dal suo «ideale di nobiltà e verità di stampo sostanzilamente aristocratico»[19] Wittgenstein subì le prime influenze che l'avrebbero spinto verso un modello allo stesso tempo etico ed estetico consistente nell'autoimposizione della massima integrità e sincerità. Anche il riconoscimento di non possedere una fede religiosa si collocò probabilmente in questo processo di sviluppo intellettuale.[20] Nello stesso periodo, sempre seguendo le indicazioni di Margarethe, Ludwig lesse Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer. Ancora più importante però fu per lui la lettura, nel 1903, di Sesso e carattere di Otto Weininger.[21]

In questo libro Weininger costruiva una teoria biologica e psicologica, con implicazioni epistemologiche, di impronta fortemente sessista e razzista: l'autore contrapponeva infatti la capacità attiva di pensiero dell'Uomo alla passività esclusivamente sentimentale, e dominata dagli impulsi del desiderio sessuale, della Donna; e considerava l'Ebreo come impregnato dei caratteri degeneri della femminilità, cioè refrattarietà al pensiero, essenziale privazione dell'anima e totale incapacità di accedere alla distinzione morale tra bene e male. Weininger, che era lui stesso ebreo e omosessuale, teorizzava le doti del genio come la capacità di pensare in modo assolutamente lucido e di imporsi l'autodisciplina più inflessibile in vista della piena realizzazione della propria massima altezza, al di là dei condizionamenti. Il successo del libro era stato fortemente amplificato, e le sue tesi in un certo modo avvalorate, dal suicidio di Weininger, sacrificatosi al suo ideale secondo cui la morte era l'unica alternativa alla genialità. Le sue tesi secondo cui «logica ed etica sono sostanzialmente la stessa cosa: un dovere verso se stessi» e secondo cui il genio «è la massima moralità e, pertanto, il dovere di chiunque» influenzarono profondamente Wittgenstein.[22][23]

 
Wittgenstein studiò presso la Technische Hochschule di Charlottenburg (qui fotografata nel 1895) per due anni, tra il 1906 e il 1908.

Gli studi di ingegneria a Berlino modifica

Le letture di Wittgenstein in campo scientifico si orientarono, con scritti di Hertz e Boltzmann, principalmente verso una filosofia della scienza di impronta kantiana e comunque anti-empirista. In ogni caso, terminati gli studi a Linz, egli continuò a dedicarsi a studi tecnici in senso stretto, iscrivendosi alla Technische Hochschule di Charlottenburg, presso Berlino, nel 1906. Vi conseguì il diploma in ingegneria meccanica nel 1908. Benché nel frattempo iniziasse a svilupparsi in lui una vocazione che lo trascinava verso la filosofia (proprio in questo periodo Wittgenstein iniziò ad annotare i suoi pensieri), egli continuò in ossequio ai desideri del padre a occuparsi di ingegneria, rivolgendo il suo interesse alla nascente aviazione.[24]

Manchester e Cambridge (1908-1913) modifica

Dall'aviazione alla logica matematica modifica

Con l'approvazione del padre, Wittgenstein si recò dunque a Manchester, dove intendeva iniziare a studiare le problematiche ingegneristiche collegate al volo. Dopo aver trascorso la primavera e l'estate del 1908 lavorando presso la Kite Flying Upper Atmosphere Station, non lontano da Glossop, nel Derbyshire, dove iniziò a progettare aquiloni per l'osservazione meteorologica, egli si immatricolò come studente ricercatore presso l'Università di Manchester.[25]

Egli era libero di svolgere autonomamente le proprie ricerche utilizzando le strutture dell'università e la consulenza dei professori. Seguendo un seminario di Horace Lamb e le lezioni di J. E. Littlewood Wittgenstein iniziò a interessarsi di matematica pura. Uno studente con cui aveva preso l'abitudine di conversare circa la matematica e i suoi fondamenti gli consigliò la lettura di The Principles of Mathematics di Bertrand Russell, la quale avrebbe rappresentato una svolta per Wittgenstein.[26]

 
Bertrand Russell.

In quel testo, pubblicato nel 1903, Russell teorizzava la possibilità di fondare la matematica sulla logica; in accordo con una tesi già sostenuta dal tedesco Gottlob Frege, del cui lavoro però Russell non venne a conoscenza che dopo la pubblicazione del proprio libro, egli riteneva che le proposizioni matematiche fossero tutte riconducibili a un novero ristretto di proposizioni logiche evidenti che potevano essere trattate come assiomi. Egli si proponeva di dimostrare con rigoroso formalismo matematico questa relazione di dipendenza in quello che, nelle sue intenzioni, sarebbe stato il secondo volume di The Principles of Mathematics. Quando venne a conoscenza degli studi di Frege e cominciò a studiare i suoi Grundgesetze der Arithmetik, Russell scoprì però un paradosso, rimasto noto come paradosso di Russell, che mostrava una grave debolezza nella fondazione fregeana della matematica sulla logica e apriva la cosiddetta crisi dei fondamenti. Ritenendo che il problema nascesse da una questione di autoreferenzialità, Russell tentò di superarlo con una teoria (detta teoria dei tipi) che, stabilendo una gerarchia tra "tipi" di oggetti logici, impediva quelle relazioni tra oggetti dello stesso tipo che generavano il paradosso. Questa soluzione, matematicamente molto complessa, fu abbozzata in un'appendice che venne aggiunta a The Principles of Mathematics, ma richiese i tre volumi dei Principia Mathematica, scritti in collaborazione con Alfred North Whitehead e pubblicati tra il 1910 e il 1913, per essere sviluppata completamente. Essa venne comunque considerata in parte insoddisfacente, sia perché rappresentava una restrizione ad hoc, sia perché gli assiomi su cui si fondava erano abbastanza lontani dall'iniziale requisito di evidenza.[27]

Wittgenstein si entusiasmò immediatamente per la questione, e tra la fine del 1908 e la primavera del 1909 studiò a fondo i testi di Russell e di Frege. Nel 1909 egli sottopose a Philip Jourdain, conoscente di Russell e di Lamb, una sua proposta di soluzione al paradosso di Russell, che venne però giudicata inadeguata. Continuò quindi a occuparsi degli studi e delle sperimentazioni aeronautiche, arrivando nel 1911 a brevettare un "Propulsore atto a macchina aerea", ma era sempre più insofferente rispetto a questo tipo di interessi e sempre più convinto che, se vi era per lui la possibilità di realizzare qualcosa di importante, ciò sarebbe avvenuto nel campo della logica. Egli era tuttavia tormentato dall'incertezza sulle proprie capacità, dal senso del dovere nei confronti della volontà paterna e dal rifiuto di assecondare la sua vocazione filosofica prima di avere la certezza di avere un assoluto talento in quel campo.[28]

A Cambridge modifica

Agitato da questo tipo di preoccupazioni, durante l'estate del 1911 Wittgenstein preparò un piano per un libro di filosofia. Egli andò quindi a Jena per sottoporlo a Frege e per sapere da lui se valeva la pena di continuare su quella strada. Frege cassò il progetto, ma consigliò a Wittgenstein di approfondire i suoi studi di logica sotto la guida di Russell recandosi a Cambridge.[29] Wittgenstein, forse scoraggiato dalla bocciatura da parte di Frege dei suoi piani e prossimo al rassegnarsi alla prosecuzione della carriera di ingegnere, rinnovò l'iscrizione all'Università di Manchester. Tuttavia in ottobre egli comparve (senza preavviso) nello studio di Russell, presso il Trinity College dell'Università di Cambridge, spiegando di essersi diplomato in ingegneria a Charlottenburg e di avere tuttavia uno speciale interesse per la logica, cosicché aveva intenzione di seguire i corsi di Russell.[30]

Nelle settimane seguenti seguenti Wittgenstein, che sperava anche di ottenere da Russell un parere su di sé che lo confortasse nella sua intenzione di dedicarsi alla filosofia, lo perseguitò durante e dopo le lezioni, dimostrandosi puntiglioso ma acuto. Russell, che non sapendo quasi nulla di Wittgenstein si riferiva a lui a volte come a «il mio tedesco», scriveva alla sua amante, Ottoline Morrell:

«Il mio tedesco minaccia di trasformarsi in una pestilenza: al termine delle lezioni mi vien dietro e non la smette di argomentare sino all'ora di cena. Ostinato e spietato, non mi sembra però affatto stupido.[31]»

 
Ludwig Wittgenstein nel 1910.

Le obiezioni che Wittgenstein già allora muoveva alla logica di Russell (e alla metafisica che essa, in qualche modo, presupponeva) prefiguravano le tesi che egli avrebbe espresso compiutamente nel Tractatus logico-philosophicus.[32] Scriveva infatti Russell:

«Ritiene che non si possa conoscere nulla empiricamente. Gli ho chiesto di darmi atto che nella stanza non c'era alcun rinoceronte, si è rifiutato.[31]»

E:

«Si è rifiutato di ammettere l'esistenza di alcunché ad eccezione delle asserzioni.[31]»

Alla fine del trimestre Wittgenstein chiese a Russell di emettere il giudizio che avrebbe determinato il suo destino, cioè di dirgli se lo riteneva realmente dotato per la filosofia. Russell, che più o meno nello stesso periodo avrebbe avuto modo di conoscere Wittgenstein in modo più personale e di cominciare ad apprezzarlo per la sua cultura e per le maniere educate, gli disse di non sapersi esprimere sul suo talento; e gli chiese di consegnarli, dopo le vacanze di Natale, uno scritto sulla base del quale avrebbe emesso una valutazione. Quando, nel gennaio 1912, Wittgenstein gli consegnò tale testo Russell ne fu impressionato molto positivamente e incoraggiò Wittgenstein a proseguire sulla strada degli studi filosofici, convinto che avrebbe fatto «grandi cose».[13][33] Wittgenstein avrebbe più tardi sostenuto che Russell, convincendolo del suo talento, gli salvò la vita, poiché assopì quei dubbi che lo avevano attanagliato per anni, portandolo a considerare spesso il suicidio, a causa della sua convinzione (weiningeriana) che non dovessero esserci mezze misure tra il genio e la morte.[33]

Nel periodo seguente Russell strinse un rapporto sempre più personale con Wittgenstein, e la sua stima nei suoi confronti fece sì che iniziasse a vedere in lui l'ideale prosecutore del lavoro di ricerca in logica al quale Russell sentiva di aver dato, con i Principia Mathematica, il proprio ultimo contributo. Si sentiva infatti prosciugato dallo sforzo che quest'opera aveva richiesto e, anche a causa dell'influenza di Lady Morrell, il suo interesse si andava gradualmente spostando dalla logica a tematiche mistiche.[34]

Wittgenstein entrò nel Trinity College in febbraio e, su consiglio di Russell, cominciò a seguire le lezioni di logica di W. E. Johnson, dal quale però si convinse subito di non avere nulla da imparare.[33] Continuò comunque a discutere appassionatamente con Russell le problematiche della logica e della metafisica, come, per esempio, la questione filosofica della materia, a cui Russell si era interessato e che Wittgenstein giudicò del tutto irrilevante al fine della validità della fisica e delle altre scienze.[35] Wittgenstein trascorse un periodo molto felice, spiegando anche a Russell la sua esigenza di abbandonarsi con tutto sé stesso ai propri impulsi, a vorte furiosi, in vista della creazione di un'opera realmente grande. Russell disse di Wittgenstein:

«Era, forse, l'esempio più perfetto che io abbia mai conosciuto di un uomo di genio, così come lo si immagina per tradizione: appassionato, profondo, intenso e dominatore.[36]»

Rapporti personali modifica

Nel corso del 1912 Wittgenstein entrò in relazione con alcuni membri del prestigioso gruppo di intellettuali noto come Apostoli di Cambridge, di cui, oltre Russell, facevano parte ad esempio John Maynard Keynes e Lytton Strachey. Wittgenstein avrebbe finito per entrare a far parte del gruppo, pur senza grande entusiasmo, nell'autunno del 1912, per dimettersi poi verso la fine dell'anno.[37] Il risultato più significativo di questa esperienza fu l'inizio dell'amicizia con Keynes.

Più rilevante, nel complesso, fu il rapporto che si instaurò in questo periodo con David Pinsent, uno studente di matematica di cui Wittgenstein sarebbe divenuto intimo amico. I due si conobbero una sera primaverile del 1912 a casa di Russell, e nel periodo seguente il loro legame si strinse soprattutto grazie alla comune passione per la musica: dapprima Wittgenstein sottopose Pinsent, bravo pianista, ad alcuni esperimenti sul valore del ritmo nella musica che vennero condotti in un laboratorio di psicologia di Cambridge, con la collaborazione di Charles Samuel Myers; quindi i due cominciarono a frequentare insieme i concerti del Musical Club dell'università.[38] Wittgenstein apprezzò immediatamente Pinsent e, ancor prima che questi potesse convincersi che l'altro era «interessante e gradevole», gli propose di partire insieme per un viaggio in Islanda durante l'estate.[38]

 
Nel 1912 Wittgenstein si trasferì nell'appartamento di Whewell's Court appena liberate da G. E. Moore. Trattandosi di stanze all'ultimo piano, esse consentivano un'ottima vista sul Trinity College, che Wittgenstein apprezzava molto.[39]

Wittgenstein intanto faceva rapidi e importanti progressi nello studio della logica; nello stesso tempo egli iniziò la lettura sistematica di alcuni classici della filosofia, rimanendone negativamente impressionato. Scriveva Pinsent nel suo diario, il 30 maggio 1912:

«[Wittgenstein] mostra una grande e ingenua sorpresa che tutti i filosofi da lui in passato venerati, a causa della sua ignoranza, si rivelino invece stupidi e inattendibili e commettano anche degli errori grossolani![40]»

Anche per via del fatto che l'interesse di Russell per la problematica logica andava scemando, ma in conseguenza soprattutto della sua crescente ammirazione per Wittgenstein, costui al termine dell'anno accademico 1911-1912 era ormai praticamente il successore designato di Russell al fine di proseguire le sue ricerche.[39] Aveva ormai stabilito l'importanza delle proposizioni atomiche e di una teoria del simbolismo che rendesse possibile ricondurre a esse ogni problema; tuttavia considerava le sue idee ancora incomplete, e rifiutò categoricamente i consigli di Russell, che lo esortava a pubblicare gli elementi della sua ricerca senza attendere di aver perfezionato il risultato. Russell disse: «[È] come l'artista che sente il dovere di creare la perfezione o il nulla».[41]

Wittgenstein trascorse a Vienna, la seconda metà di luglio e tutto agosto. La situazione in famiglia era piuttosto difficile a causa della situazione del padre, che, malato di cancro, era già stato operato più volte (sarebbe morto il 20 gennaio 1913).[42] Allo stesso Ludwig, durante la visita in vista del servizio militare, fu diagnosticata un'ernia per cui dovette a sua volta subire un intervento. Comunque Wittgenstein trascorse il mese di settembre viaggiando in Islanda in compagnia di Pinsent. Questi serbò un ricordo idilliaco delle quattro settimane trascorse in viaggio, pagate interamente da Karl Wittgenstein; le poche occasioni di attrito con l'amico, dovute al carattere irritabile e intransigente di Ludwig, bastarono a costui perché su tutta l'esperienza calasse un'ombra.[43]

All'inizio dell'anno accademico 1912-1913, rientrato a Cambridge, Wittgenstein iniziò a seguire le lezioni di psicologia di Moore (che non apprezzò) e continuò a seguire i corsi di Russell sui fondamenti della matematica. Wittgenstein era ancora tormentato da gravi dubbi su sé stesso e sulla propria capacità di incarnare quel rigore assoluto in cui, riteneva, si riassumevano «logica ed etica». La problematica esistenziale lo assillava, ma allo stesso tempo egli disapprovava la piega, ai suoi occhi scarsamente rigorosa, che stavano prendendo in quel periodo i testi di Russell sulla religione e la mistica.[44] Russell, in compagnia del quale Wittgenstein trascorreva abitualmente lunghe serate, scrisse:

«Si metteva a camminare su e giù per la stanza come una belva in gabbia, e durava così per tre ore di fila in silenzio agitato. Una volta gli chiesi: "Sta pensando alla logica o ai suoi peccati?" "A entrambi," rispose, e continuò il suo andirivieni. Non osavo accennare al fatto che era ora di andare a letto, perché sembrava probabile, a lui come a me, che se mi avesse lasciato si sarebbe ucciso.[45]»

Progressi filosofici modifica

Entro la fine di ottobre Wittgenstein comunicava a Russell e a Pinsent di aver fatto un significativo passo avanti nella soluzione del problema russelliano e fregeano dei fondamenti della matematica. In un intervento tenuto al Moral Sciences Club di Cambridge il 29 novembre 1912 egli definiva la filosofia «come l'insieme delle proposizioni primitive assunte come vere senza alcuna prova dalle varie scienze».[46] Durante le vacanze di Natale egli affermava, in una lettera a Russell, alcuni punti fondamentali della visione che aveva sviluppato: in primo luogo, la tesi che «qualsiasi teoria dei tipi dev'essere resa superflua da una corretta teoria del simbolismo»; in secondo luogo, la tesi che la diversità dei generi di cose che logicamente non possono essere scambiate le une con le altre dev'essere espressa da simboli di diverso genere che non possono essere scambiati.[47]

In marzo comparve sulla Cambridge Review la prima pubblicazione di Wittgenstein, una sua recensione del libro The Science of Logic di Peter Coffey, che ne costituiva una radicale stroncatura dal punto di vista della logica russelliana.[48]

Mentre i rapporti con Russell si allentavano ulteriormente, si stringevano quelli con Pinsent, che fu di grande compagnia e conforto a Wittgenstein in un momento in cui da un lato la logica lo assorbiva completamente, ma dall'altro egli si sentiva incapace di concentrarsi adeguatamente e di fare progressi (tentò perfino di farsi ipnotizzare per riuscire a pensare con più chiarezza).[49] Alla fine dell'agosto 1913 comunque, come risulta dalle annotazioni di Pinsent, Wittgenstein aveva definitivamente superato l'approccio russelliano al problema dei fondamenti della matematica, convincendone lo stesso Russell; allo stesso modo, aveva ormai acquisito la teoria secondo cui «la logica è l'intera filosofia. E tutto il resto che si ricomprende impropriamente sotto questo nome è o metafisica, che non ha prospettive per la [...] mancanza di dati, oppure scienza naturale: per esempio psicologia».[50]

 
Un panorama dello Hardangerfjord, dove Wittgenstein e Pinsent trascorsero una vacanza nel settembre 1913.

Prima della fine dello stesso mese di agosto Wittgenstein e Pinsent partirono insieme per un viaggio in Norvegia. Passando da Christiania e da Bergen giunsero nell'isolata località di Öistesjo, sullo Hardangerfjord, dove si stabilirono in albergo e rimasero fino all'inizio di ottobre. Rispetto alla vacanza islandese dell'anno precedente, questa volta Wittgenstein sentiva l'esigenza di dedicare molto più tempo al lavoro, e dunque il soggiorno fu del tutto sedentario, se si eccettuano le passeggiate e le escursioni in barca a vela che i due svolgevano di pomeriggio. Wittgenstein era estremamente nervoso e, nonostante gli sforzi di Pinsent, un nonnulla bastava a renderlo intrattabile. Era stato preso, scriveva Pinsent nel suo diario, da «un insano timore di morire prima di essere riuscito a raddrizzare la teoria dei tipi, e prima di aver messo per iscritto tutti gli altri suoi lavori».[51] In una lettera scrisse a Russell pregandolo di incontrarlo subito dopo il suo ritorno per aiutarlo a mettere per iscritto i suoi risultati.[52]

Questo fu ciò che in effetti avvenne: il risultato furono le Note sulla logica, che Wittgenstein (cedendo alle insistenze di Russell e alle sue proprie preoccupazioni di non aver più molto da vivere) accettò di dettare nonostante rappresentassero il suo pensiero in una fase non definitiva.[53] In questa prima opera filosofica wittgensteiniana si ripartiva dall'idea, già acquisita, che un adeguato simbolismo doveva rendere superflua ogni teoria dei tipi, e la si sviluppava specificando che il simbolismo deve mostrare ciò che nessuna teoria potrebbe dire, e cioè per esempio che "A" e "B" sono lettere dello stesso tipo, ma non "A" e "x" o "y".[54]

Dal ritiro in Norvegia alla guerra (1913-1919) modifica

L'«esilio» norvegese modifica

Prima ancora della fine del settembre 1913, cioè prima del rientro dalla Norvegia, Wittgenstein aveva affermato di avere assoluto bisogno di un luogo isolato e tranquillo in cui proseguire e portare a termine il proprio lavoro senza subire distrazioni e interferenze; e di avere quindi intenzione di passare alcuni anni in un «esilio» del genere, per esempio proprio in Norvegia. Pinsent e Russell avanzarono diverse obiezioni, ma Wittgenstein fu irremovibile.[55]

 
Skjolden, in Norvegia, dove Wittgenstein visse tra il 1913 e il 1914.

In ottobre dunque Wittgenstein lasciò nuovamente l'Inghilterra e si stabilì nel villaggio di Skjolden, sul Sognefjord. Qui egli poteva dedicarsi interamente alla logica, che costituiva il suo unico profondo interesse, senza dover sacrificare tempo ed energie ai rapporti con la società, di fronte ai quali, come scrive Ray Monk, egli viveva un «drammatico conflitto tra il contrapporsi e il conformarsi».[56] Intrattenne limitati ma cordiali rapporti con la semplice gente del luogo,[N 3] imparando gradualmente la lingua norvegese, ma soprattutto lavorò con grande entusiasmo e in modo estremamente produttivo. Come comunicava a Russell per lettera, egli giunse in questo periodo alla scoperta che «la totalità della logica deriva da un'unica proposizione primitiva». Egli notava, infatti, che le proposizioni logiche (in contrapposizione a quelle empiriche) possono essere determinate come vere o come false con la sola analisi della loro forma, senza bisogno di sapere se si compongono di elementi veri o falsi: per esempio "p o non-p" è sempre vera, "p e non-p" sempre falsa (indipendentemente dalla verità o falsità di p). La prima di queste due proposizioni è una tautologia, la seconda una contraddizione. Wittgenstein affermava che, una volta trovato un meccanismo logico capace (cioè un sistema di segni) capace di rendere evidente se una proposizione è tautologia, una contraddizione oppure né l'una né l'altra cosa (cioè non è decidibile sul piano puramente formale), si sarebbero determinate tutte e sole le proposizioni della logica, cioè tutte e sole le tautologie, a partire da un'unica proposizione primitiva: cioè appunto quella che esprime la regola per riconoscere le tautologie.[58]

In seguito, esaurita momentaneamente la vena creativa, Wittgenstein sprofondò nuovamente nella depressione. Per Natale rientrò a casa a Vienna, dove la necessità di tornare a scendere a compromessi con la società riaccese l'angoscia esistenziale: «Come potrò mai essere un logico prima di essere un umano?! La cosa di gran lunga più importante è fare i conti con me stesso!»[59]

Rientrato in Norvegia, Wittgenstein tentò di dare un taglio netto a questa esigenza di compromesso a partire dal suo rapporto con Russell. Dopo un teso scambio epistolare, in cui Russell tentò di ammorbidire l'intransigenza di Wittgenstein, i due convennero di limitare i loro scambi di vedute alla problematica logica e ai rispettivi stati di salute, escludendo il campo dei «giudizi di valore», nel quale Wittgenstein percepiva divergenze insanabili.[60]

Nel marzo 1914, cedendo agli insistenti inviti di Wittgenstein, Moore accettò di andarlo a trovare in Norvegia, in modo che Wittgenstein potesse dettargli il testo di una Logica a cui stava lavorando (e che intendeva far valere come elaborato finale per il BA a Cambridge). Nelle due settimane che i due trascorsero insieme a Skjolden tra marzo e aprile i due discussero tutte le sere, anche se il ruolo di Moore era piuttosto passivo. Il testo che risultò dai suoi appunti (pubblicato nel 1960 come Notes Dictated to G. E. Moore in Norway, April 1914)[61] metteva a punto la distinzione già adombrata nei lavori precedenti tra "dire" e "mostrare". Al suo ritorno in Inghilterra Moore fu informato che quel testo non corrispondeva ai canoni richiesti per le dissertazioni in vista del conseguimento del diploma e non poteva essere accettato. Wittgenstein andò su tutte le furie e se la prese duramente con l'incolpevole Moore, al punto di compromettere in modo definitivo il loro rapporto.[62]

Wittgenstein, prostrato, decise di sospendere il lavoro filosofico e cercò di distrarsi iniziando a costruire una piccola casa a circa un chilometro e mezzo da Skjolden.[63]

Volontario nella prima guerra mondiale modifica

Wittgenstein rientrò a Vienna per l'estate, giungendo nella tenuta di campagna della famiglia, lo Hochreit, nella Bassa Austria, più o meno negli stessi giorni del tardo giugno del 1914 in cui a Sarajevo veniva assassinato l'arciduca Francesco Ferdinando. Wittgenstein intendeva poi trascorrere una parte del mese di settembre in vacanza con Pinsent per rientrare in Norvegia dopo la fine dell'estate.[64]

Nel periodo trascorso a Vienna, Wittgenstein prese contatto con Ludwig von Ficker, un intellettuale della "scuola" di Kraus che Wittgenstein ammirava, per chiedergli di accettare una donazione di 100 000 corone da dividere tra gli artisti austriaci bisognosi. I principali beneficiari della distribuzione del denaro furono Der Brenner (la rivista di Ficker), Rainer Maria Rilke, Georg Trakl, Carl Dallago, Karl Hauer, Oskar Kokoschka, Else Lasker-Schüler. Una cifra fu donata anche a Adolf Loos, che Wittgenstein incontrò con grande piacere tramite Ficker.[65]

Tra la fine di luglio e l'inizio di agosto, però, la situazione internazionale (che fino ad allora sembrava ancora potersi risolvere diplomaticamente) precipitò. Il Regno Unito, che fino all'ultimo aveva rifiutato di vincolarsi a promesse nei confronti della Francia, finì per entrare in guerra contro gli Imperi centrali; Wittgenstein, che il 29 luglio ancora era convinto di poter trascorrere le vacanze con Pinsent di lì a un mese, tentò di fuggire dall'Austria allo scoppio della guerra. Non riuscendovi, decise di arruolarsi come volontario nell'esercito austro-ungarico. La sorella Hermine interpretò quel gesto come sintomo di un «ardente desiderio di impegnarsi in qualcosa di difficile che fosse nello stesso tempo qualcosa di diverso da un lavoro puramente intellettuale»;[66] lo stesso Ludwig scrisse che si aspettava, dal confronto diretto con la morte, una sorta di purificazione e di trasformazione di sé.[67]

 
Una pagina dei diari tenuti da Wittgenstein durante la prima guerra mondiale (pubblicati dopo la sua morte come Quaderni 1914-1916 conenente annotazioni dell'ottobre 1914.

Per i primi quattro mesi di guerra Wittgenstein servì a bordo di un battello fluviale, il Goplana, dove le sue mansioni consistevano nel manovrare i proiettori durante la notte. Circondato da truppa che egli considerava volgare e che lo scherniva per le sue stranezze, Wittgenstein si sentì isolato e abbandonato, ricordando in proposito, nei suoi diari, il periodo di Linz. Pur ricevendo lettere da Keynes, da Frege e dai coniugi Jolles che l'avevano ospitato quando frequentava l'università a Berlino, egli era gravemente depresso a causa delle circostanze e agognava notizie di Pinsent, che invece non arrivavano.[68] In questa situazione disperata egli trovò una sostanziale consolazione nelle Spiegazioni dei Vangeli di Lev Tolstoj, che reperì per caso e acquistò in una libreria della Galizia dove non c'era nessun altro volume. Quest'opera accese in Wittgenstein il sentimento religioso, che egli intendeva, come aveva affermato già nel 1912, come il sentimento di essere «assolutamente al riparo», in sé e nella propria fede, rispetto a qualunque possibile calamità esterna.[69]

Le Spiegazioni dei Vangeli, egli scrisse in seguito, gli salvarono la vita, consentendogli di trovare una pace relativa nella separazione della sua interiorità dall'ostile ambiente esterno. Quella lettura gli consentì di ritrovare la tranquillità necessaria per proseguire il lavoro sulla logica, ma allo stesso tempo accese l'interesse di Wittgenstein per le tematiche della religione e della mistica che negli anni successivi avrebbe impresso una svolta alle sue idee filosofiche.[68]

Tra settembre e ottobre, come si sa grazie alle annotazioni di Wittgenstein in quelli che nel 1960 vennero pubblicati come Tagebücher 1914-1916,[70] egli, ritrovata la sua vena creativa, elaborò la teoria del linguaggio come raffigurazione: si trattava di uno sviluppo importante e ricco di conseguenze, grazie al quale diventava possibile spiegare le proposizioni sensate come raffigurazioni logiche, o immagini, di stati di cose reali.[71]

In dicembre (dopo che, inviando e ricevendo posta dall'Inghilterra attraverso la Svizzera, aveva avuto il sollievo di riuscire a mettersi in contatto con Pinsent) Wittgenstein fu assegnato a un ruolo di ragioniere all'interno di un'officina militare nei dintorni di Cracovia. Le sue condizioni migliorarono significativamente sia quanto all'alloggio, sia quanto alla compagnia. Benché queste circostanze favorissero meno delle precedenti il raccoglimento e, con esso, la speculazione, egli lesse in questo periodo i Saggi di Emerson e L'Anticristo di Nietzsche.[72]

In dicembre Wittgenstein ricevette una promozione e nel febbraio 1915 divenne supervisore della fucina, il che lo gravò di responsabilità che gli rendevano quasi impossibile dedicare una parte consistente del suo tempo alla filosofia. Egli iniziò a rivolgere ai suoi superiori pressanti richieste di essere inviato al fronte, ma senza successo. In aprile fu nuovamente promosso, divenendo ora il responsabile generale dell'officina. Nonostante l'ulteriore aumento del carico di lavoro egli, forse anche grazie alla ripresa, pur con ritmo assai ridotto, della corrispondenza con Pinsent, uscì dal precedente stato di prostrazione e riprese a lavorare alacremente sulla sua filosofia, stendendo tra maggio e giugno un gran numero di note nei suoi quaderni. Risale a quest'epoca la teoria dell'«ordine a priori del mondo», consistente nella corrispondenza analogica tra i rapporti degli oggetti nella realtà (fatti) e i rapporti dei simboli nel linguaggio (proposizioni).[73]

In estate Wittgenstein fu ricoverato in ospedale dopo esser stato ferito in modo non grave da un'esplosione avvenuta nell'officina, e trascorse poi una licenza a Vienna. Al momento del suo ritorno in servizio l'officina era stata trasformata in un'unità mobile per le riparazioni, collocata a bordo di un convoglio ferroviario fermo presso la stazione della cittadina di Sokal'. Durante l'autunno 1915 e l'inverno 1915-1916, mentre la situazione del fronte orientale era sostanzialmente tranquilla, Wittgenstein rimase di stanza a Sokal'. Durante questo periodo Wittgenstein fece la conoscenza di un medico della Croce Rossa, Max Bieler; tra i due si stabilì presto una forte intesa, ed essi presero l'abitudine di conversare a lungo, quotidianamente, e con grande apertura e profondità. Wittgenstein non non tentò di introdurre Bieler alla logica formale, ma sembra che proprio parlando con lui di Tolstoj e di Dostoevskij egli gradualmente preparò l'ingresso nella sua riflessione filosofica di temi collegati all'etica e alla religione.[74]

 
Una rivista delle truppe austriache della 7ª armata nell'agosto 1916. Da marzo Wittgenstein faceva parte di un reggimento di artiglieria inquadrato in quest'unità.[75]

In prima linea modifica

Il desiderio di Wittgenstein di trovarsi al fronte e di avere l'occasione di rischiare la vita faccia a faccia col nemico (dovuto, in quanto desiderio di maggiore lucidità e consapevolezza intorno a sé stesso e alla realtà, sia all'influenza del William James di Le varie forme della coscienza religiosa, sia da quello dello Schopenhauer del Mondo)[76] fu esaudito tra la fine del marzo e l'aprile 1916. Wittgenstein fu assegnato a un'unità di prima linea sul fronte orientale, dove si offrì volontario per i compiti più pericolosi. Scriveva:[77]

«Da quel momento in poi per me comincerà la guerra. E forse – anche la vita! Forse la vitcinanza della morte mi porterà alla luce della vita. Dio mi illumini! Sono un verme, ma attraverso Dio divento un uomo.»

Wittgenstein continuò a elaborare precisazioni della sua concezione logica con riferimento alla teoria delle funzioni e degli oggetti semplici. In giugno poi, in un momento in cui la situazione al fronte era estremamente dura a causa dell'offensiva Brusilov scatenata dai russi, la problematica esistenziale fece bruscamente irruzione nelle sue annotazioni, e con essa interrogativi e considerazioni su Dio, il senso della vita, la volontà, il bene e il male.[78]

Allo stesso tempo, la problematica del senso della vita e di Dio (strettamente interconnesse, poiché «credere in Dio vuol dire comprendere la questione del senso della vita»)[79] gli sembrava collegata alla questione della logica, ma non in modo chiaro. Gradualmente, egli riguadagnò la concezione secondo cui logica ed etica sono tutt'uno ricollegandole entrambe alla sfera di ciò che non si può dire, ma solo mostrare: «L'etica non tratta del mondo. L'etica deve essere una condizione del mondo come la logica».[80] Tale sfera è, come poi chiarirà compiutamente il Tractatus, quella del mistico.[80]

Wittgenstein, le cui promozioni all'epoca del servizio in officina non erano state ufficializzate, venne promosso a caporale in riconoscimento del valore dimostrato durante l'offensiva russa; gli fu quindi offerto di divenire ufficiale, e venne mandato a Olmütz per ricevere l'opportuno addestramento. Qui Wittgenstein, grazie a un'indicazione di Loos, entrò in contatto con un ex-studente di quest'ultimo, Paul Engelmann, che sarebbe presto divenuto per lui un prezioso amico. Si rivelò immediatamente una grande affinità spirituale tra i due, entrambi agitati in quel momento dalla problematica religiosa, e le loro lunghe discussioni tra l'autunno 1916 e il gennaio 1917 furono estremamente fruttuose. Fu questo, come scrive Monk, «il periodo di gestazione del Tractatus», nel quale per Wittgenstein divenne chiaro come logica e mistica siano ugualmente manifestazioni di una verità che non si lascia dire.[81]

Wittgenstein tornò al fronte nel gennaio 1917 e nel corso dei mesi successivi, mentre l'esercito russo collassava e il vecchio impero zarista veniva sconvolto prima dalla rivoluzione di febbraio, poi da quella ottobre, e mentre quindi sul fronte orientale cessavano le ostilità, Wittgenstein stese la prima versione del Tractatus, poi pubblicata come Prototractatus. Dopo aver ricevuto una medaglia d'argento al merito ed essere stato promosso tenente Wittgenstein fu dislocato sul fronte italiano all'inizio del marzo 1918.[82]

La versione definitiva del Tractatus fu probabilmente messa a punto nella primavera 1918 e, poiché a Wittgenstein fu concessa una licenza che durò da luglio a settembre, ricevette la sistemazione definitiva nella casa di uno zio di Wittgenstein a Hallein. Nel frattempo Wittgenstein era stato duramente colpito dalla notizia della morte di Pinsent in un incidente aereo occorso mentre egli lavorava come pilota collaudatore presso il Royal Aircraft Establishment. Alla sua memoria fu dedicato il Tractatus, poiché, scriveva Wittgenstein alla madre di Pinsent, «è a lui che devo perlopiù quella serenità che mi ha consentito di lavorarvi».[83]

La prigionia modifica

Il Tractatus logico-philosophicus modifica

Opere modifica

Le opere sono indicate in ordine di composizione. Tra parentesi sono indicate, nell'ordine, la data di composizione e quella della prima edizione originale con relativo titolo.

Note modifica

Annotazioni modifica

  1. ^ Oggi Argentinierstraße, 48°11′47.62″N 16°22′20.08″E / 48.19656°N 16.372244°E48.19656; 16.372244.
  2. ^ Negli stessi anni studiò a Linz, nella medesima scuola, anche Adolf Hitler. Wittgenstein e Hitler avevano la stessa età, ma frequentavano classi distanziate da due anni, poiché il primo era avanti rispetto ai suoi coetanei e il secondo indietro.[13] Non esistono prove che i due abbiano avuto rapporti diretti,[14] nonostante si sia scritto molto in proposito.[15] Esiste una fotografia in cui, secondo alcuni, Hitlter e Wittgenstein compaiono insieme.[16]
  3. ^ Con le famiglie di Skjolden per esempio Wittgenstein avrebbe intrattenuto un'affettuosa corrispondenza durante i duri momenti della guerra.[57]

Fonti modifica

  1. ^ Ray Monk, Ludwig Wittgenstein: Il dovere del genio, Milano, Bompiani, 1991, p. 12, ISBN 88-452-1788-4.
  2. ^ Monk 1991, pp. 12-13.
  3. ^ Monk 1991, p. 14.
  4. ^ (EN) David Edmonds e John Eidinow, Wittgenstein's Poker, Ecco, 2001, p. 63.
  5. ^ a b c Monk 1991, p. 15.
  6. ^ a b Monk 1991, p. 18.
  7. ^ Monk 1991, pp. 15-16.
  8. ^ Monk 1991, pp. 16-17.
  9. ^ a b Monk 1991, p. 17.
  10. ^ Monk 1991, p. 19.
  11. ^ Monk 1991, p. 20.
  12. ^ Roland Jaccard, L'indagine di Wittgenstein, Editori Riuniti, 1999, ISBN 8835945607.
  13. ^ a b Don Gillies e Giulio Giorello, La filosofia della scienza nel XX secolo, Roma-Bari, Laterza, 2010, p. 191, ISBN 978-88-420-9266-7.
  14. ^ a b Monk 1991, p. 21.
  15. ^ Cfr. p.e. (EN) Kimberley Cornish, The Jew of Linz, Century Books, 1998, ISBN 0-7126-7935-9.
  16. ^ (EN) Wittgenstein and Hitler Attended the Same School in Austria, at the Same Time (1904), su www.openculture.com, 12 dicembre 2014. URL consultato l'11 ottobre 2015.
  17. ^ Monk 1991, pp. 19-21.
  18. ^ Monk 1991, p. 22.
  19. ^ Monk 1991, p. 23.
  20. ^ Monk 1991, p. 24.
  21. ^ Monk 1991, pp. 24-25.
  22. ^ Monk 1991, pp. 25-31.
  23. ^ Jaccard 1999, p.
  24. ^ Monk 1991, pp. 31-32.
  25. ^ Monk 1991, pp. 36-37.
  26. ^ Monk 1991, pp. 37-38.
  27. ^ Monk 1991, pp. 38-40.
  28. ^ Monk 1991, pp. 40-42.
  29. ^ Monk 1991, p. 43.
  30. ^ Monk 1991, p. 45.
  31. ^ a b c Monk 1991, p. 46.
  32. ^ Monk 1991, p. 47.
  33. ^ a b c Monk 1991, pp. 48-49.
  34. ^ Monk 1991, pp. 43-45, 48-50.
  35. ^ Monk 1991, pp. 53-54.
  36. ^ Monk 1991, p. 52.
  37. ^ Monk 1991, pp. 54-55, 75-76.
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  39. ^ a b Monk 1991, p. 61.
  40. ^ Monk 1991, p. 56.
  41. ^ Monk 1991, pp. 62-63.
  42. ^ Monk 1991, p. 79.
  43. ^ Monk 1991, pp. 62-67.
  44. ^ Monk 1991, pp. 70-72.
  45. ^ Gillies, Giorello 2010, p. 192.
  46. ^ Monk 1991, pp. 76-77.
  47. ^ Monk 1991, pp. 76-77.
  48. ^ L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus e Quaderni 1914-1916, a cura di Amedeo Giovanni Conte, Torino, Einaudi, 2009, pp. xxii, xxxi, ISBN 978-88-06-20031-2.
  49. ^ Monk 1991, pp. 79-85.
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  53. ^ (EN) Cambridge & Norway, 1911-1914, su www.wittgensteinchronology.com. URL consultato il 17 ottobre 2015.
  54. ^ Monk 1991, p. 99.
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  68. ^ a b Monk 1991, pp. 119-121.
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  70. ^ Wittgenstein 2009, p. xxxix.
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  72. ^ Monk 1991, pp. 125-126.
  73. ^ Monk 1991, pp. 128-133.
  74. ^ Monk 1991, pp. 136-139.
  75. ^ Monk 1991, p. 144.
  76. ^ Monk 1991, pp. 118, 144.
  77. ^ Monk 1991, pp. 144-145.
  78. ^ Monk 1991, pp. 146-147.
  79. ^ Monk 1991, p. 148.
  80. ^ a b Monk 1991, p. 149.
  81. ^ Monk 1991, pp. 152-155.
  82. ^ Monk 1991, pp. 156-158.
  83. ^ Monk 1991, pp. 158-159.
  84. ^ Wittgenstein 2009, p. xxxix.
  85. ^ a b c Wittgenstein 2009, p. xxvii.
  86. ^ Wittgenstein 2009, p. xxii.
  87. ^ Wittgenstein 2009, p. xxiii.
  88. ^ Wittgenstein 2009, p. xxvi.
  89. ^ Ludwig Wittgenstein, Della Certezza, traduzione di Mario Trinchero, Torino, Einaudi, 1999, p. xxx, ISBN 978-8806152369.
  90. ^ a b c d e Wittgenstein 2009, p. xxviii.
  91. ^ Ludwig Wittgenstein, Causa ed effetto seguito da Lezioni sulla libertà del volere, a cura di Alberto Voltolini, Torino, Einaudi, 2006, pp. 5-7, ISBN 978-88-06-17249-7.
  92. ^ Wittgenstein 2006, p. ii.

Bibliografia modifica

Biografie modifica

  • Roland Jaccard, L'indagine di Wittgenstein, Editori Riuniti, 1999, ISBN 8835945607.
  • Brian McGuinness, Wittgenstein: Il giovane Ludwig 1889-1921, Milano, Il Saggiatore, 1990, ISBN 8804324619.
  • Ray Monk, Ludwig Wittgenstein: Il dovere del genio, Milano, Bompiani, 1991, ISBN 88-452-1788-4.

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