Voce principale: Petriolo.

La vicenda storica di Petriolo,nel corso dei secoli, è stata interessata da un gran numero di personalità di rilievo: mecenati, missionari, letterati e umanisti. Infatti è possibile trovare in questo piccolo borgo medievale marchigiano numerose opere d'arte e edifici realizzati grazie alla mente illuminata di mecenati, amanti del luogo e del suo sviluppo economico e sociale.

Tra gli illustri possiamo ricordare: Marco Martello (1460-1531), famoso giureconsulto petriolese chiamato dalla Repubblica di Venezia per la revisione degli Statuti della Serenissima e riformatore dello Statuto Firmanorum (codice della legge fermana, 1507); Don Felice Silvestrini (1711-1789) missionario italiano; Alessandro Romagnoli, patriota italiano annesso al VI Reggimento di Linea Romano, II Battaglione, III Compagnia, sotto gli ordini del Generale Roselli e Giovanni Ginobili, appassionato studioso di storia locale, insigne marchigianista e poeta, il cui archivio privato è oggi custodito dal municipio.

Beato Francesco da Petriolo

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Francesco (Petriolo, 1270 circa – Arzni, 16 marzo 1314) è stato un beato italiano.

Religioso nato a Petriolo, per antica tradizione è conosciuto anche con l’originario cognome di Ciccioli.[1] Entrato nell’ordine francescano, si reca a predicare in Armenia insieme ai suoi confratelli Monaldo da Ancona e Antonio Cantoni da Milano. Del martirio di questi francescani abbiamo una relazione abbastanza ampia e contemporanea di Carlino Grimaldi, guardiano di Trebisonda. Inviati come missionari nell'Armenia, non solo ebbero a cuore la condizione dei cattolici ivi dimoranti, ma si prodigarono soprattutto, per convertire alla fede cristiana i musulmani del luogo[2]. Il venerdí della terza settimana di Quaresima, 15 marzo 1314 (alcuni autori sostengono che l'anno sia il 1286), mentre gli ardenti predicatori annunziavano le verità evangeliche, furono arrestati e condotti nella pubblica piazza della città. Un saraceno che, mosso a compassione, aveva cercato di difenderli, fu ucciso all'istante. Giunti nella piazza, confessarono ancora davanti al tribunale la loro fede in Cristo. I musulmani allora si scagliarono contro di loro con le spade, ferendoli gravemente; amputarono loro gli arti, mentre essi nei tormenti raccomandavano le loro anime a Dio. Furono alfine decapitati. Mentre i corpi erano abbandonati sulla piazza, gli arti e le teste furono appesi alle porte e alle mura della città sotto la sorveglianza dei soldati; quindi i corpi furono gettati in aperta campagna, perché fossero divorati dalle belve.

Un sacerdote armeno, con l'aiuto di alcuni cristiani e a sue spese, riuscí a raccogliere i resti delle vittime e a dar loro un'onorata sepoltura. Sulla loro tomba un cieco riacquistò la vista. La domenica del Buon Pastore, il 28 aprile dello stesso anno, si fece la traslazione delle reliquie. La venerazione degli Armeni verso questi servi di Dio era tanta che il patriarca li canonizzò iscrivendoli nel catalogo dei santi armeni e imponendo il digiuno nella vigilia del martirio.

Marco Martello

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Marco Martello (Petriolo, 1460 circa – Fermo, 1531) è stato un umanista italiano.

Illustre umanista e giureconsulto, espertissimo nelle politiche e legali materie, dimorò per lungo tempo a Venezia, circa 17 anni continui, insegnando umane lettere[3].

Secondo quanto riportato nel Colucci, tanta era la sua reputazione che fu incaricato dai reggenti la Repubblica di Venezia di riformare le leggi e porre gli statuti in buon latino; ottenendone per i meriti acquisiti il privilegio della cittadinanza per sé e suoi discendenti[4] Tornato in patria venne indicato dalla magistratura di Fermo, città in cui aveva preso dimora, di riformare il vecchio statuto municipale, opera che portò a termine in maniera encomiabile, curandone a proprie spese, nell’anno 1507, la versione a stampa che ornò di prefazione e lettera dedicatoria. In calce allo statuto figura infatti la seguente dicitura:

«Statuta Firmanorum Impress. Auspicijs cura, acdiligentianec non et aere eruditi Viri Marci Martelli tripatrij Petriolani, Firmani, ac Veneti Civis in Calcographia diligentissimorum Virorum Nicholai de Brentis et Alexandri De Brandonis Ill.mo Principe Domino Leonardo LauredanoRemp. Moderante An. Dom. 1507. Die XVII Martij in fol»

Nel 1515 risulta essere Lettore a Fermo[5] . Nel 1531 eresse il proprio monumento funebre nella Chiesa di S. Agostino di Fermo, nella cappella dedicata a S. Maria del Soccorso che riportava la seguente iscrizione[3]:

«Marcus Martellus / HumaniStudij / Profexorsibi. Et posteris / MDXXX»

Bartolomeo da Petriolo

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Bartolomeo (Petriolo, V sec.) è un pittore italiano. Nell’archivio storico comunale di San Severino Marche[6] troviamo la notizia dell’avvenuto pagamento di tre fiorini il 22 dicembre 1445 a magistro Bartholomeo pictori de Petriolo, per aver dipinto le armi del Camerario[7]

Padre Angelo da Petriolo

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Angelo (Petriolo, 1510 circa – Bologna, 29 novembre 1563) è stato un teologo italiano.

Religioso dell’ordine dei minori osservanti, sommo teologo, dimorò a lungo nel convento di Macerata. Fu lettore in più studi generali, lo era in Perugia, quando, grazie alla sua grande dottrina fu chiamato ed intervenne al Concilio di Trento fra i teologi del suo ordine. Eletto definitore della provincia della Marca nel 1563, nello stesso anno, tornando dal Concilio, si ammalò e il 29 novembre 1563 morì in Bologna.[8]

Francesco Antonio Catalani

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Francesco Antonio Catalani (Petriolo, 26 maggio 1580Petriolo, 21 maggio 1630) è stato un notaio italiano.

Figlio di Marino di Lattanzio e donna Orfina di ser Fabio Filetico da Mogliano, compie gli studi in patria e a Fermo, coltivando lo studio delle belle lettere e la pratica legale; intorno al 1610 risulta esercitare l’ufficio di Notaio a Petriolo. Nel 1616 è maestro pubblico a Mogliano[9]. Nel consiglio petriolese del 25 febbraio 1619, discutendosi la proposta vertente l’annua concessione della Cancelleria pubblica, il consultore, ser Felice Catalani (1576 – 1639), si esprime nei seguenti termini[10]i:

«Sopra la Cancelleria son di parere che da Messer Francesco Catalano per libenefitii ricevuti da questo publico si è offerto in servitio di detto publico essercitare detta Cancelleria gratis per un anno, già che lui ha bonissima mano, è huomo di belle lettere e Notario di qualche anno per magior utile laudo glie se dia, e se passi a facta la mia consulta»

Nel 1623 il Catalani viene nominato Vicario del castello di Ponzano di Fermo[11]. Il 26 novembre 1624 nuovamente viene eletto maestro pubblico a Mogliano per lo spazio di due anni e con lo stipendio di 200 fiorini[12]. Nel 1629 risulta ricoprire l’incarico di maestro a Petriolo ed essendo ben informato dei pubblici interessi viene incaricato della formazione delle nuove tabelle comunitative (registri delle tasse)[13]. Muore a Petriolo a quasi 50 anni, lasciando la moglie Giacoma Lauri (1589-1643) ed un figlio Anton Sante Catalani (1620-1688).

Giuliano Catalani

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Giuliano Catalani (Petriolo, 26 febbraio 1582Petriolo, 12 settembre 1656) è stato un mecenate italiano.


Figlio di Marino di Lattanzio e donna Orfina di ser Fabio Filetico da Mogliano[14], appartenente ad una delle principali famiglie del luogo, “stata sempre benefattrice e benemerita dell’intero paese[15]. Si sposa il 28 maggio 1600 con Quintia Siciliani (1581-1613)[16],dalla quale unione nascono diversi figli, morti tutti in età infantile, tranne Marino (1607 – 1673)[16]. Mortagli la prima moglie si risposa il 14 novembre 1620 con Maria figlia di Giovanni Lauri da Petriolo, da cui nasceranno altri 11 figli. Annoverato tra i principali possidenti del luogo, ricopre incarichi pubblici in servizio della comunità petriolese, grazie al suo temperamento mite e saggio. Durante gli anni penuriósi del 1620-1625 Catalani si adopera attivamente sia per fornire il grano alla popolazione di Petriolo, sia prestando denaro alla Comunità per servizio dei bisognosi[17] .Nel 1630 per secondare la volontà del suo fratello defunto don Quintilio Catalani, già prevosto della Chiesa di S. Santuario Madonna della Misericordia, Altare di Sant'Antonio Abate, dettaglio,stemma della famiglia CatalaniMartino, erige per sua devozione nella Chiesa della Misericordia l’altare dedicato a S. Antonio Abate, protettore particolare della famiglia Catalani, provvedendo al suo mantenimento. L’8 maggio 1656, durante la S. Visita del vescovo di Fermo cardinale Carlo Gualtieri, il Catalani emette formale obbligazione per se e suoi eredi e successori di mantenere in perpetuo l’altare sunnominato, e di farvi sempre celebrare ogni settimana due messe in giorni a piacere. Il detto altare viene poi formalmente acquistato in proprietà dal Catalani che vi fa apporre lo stemma gentilizio della sua nobilissima casa[15]. Giuliano Catalani muore a Petriolo il 12 settembre 1656 all’età di 74 anni.

Marino Catalani

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Marino Catalani (11 dicembre 1607Petriolo, 18 febbraio 1673) è stato un mecenate italiano.

 
Facciata della Chiesa di S.Antonio di Padova, Petriolo

Figlio di Giuliano e Quintia Siciliani. Si laurea in Utroque Iure presso l’Università di Macerata il 16 gennaio 1629. Decorato con il titolo della Milizia Aureata. Subito dopo si porta a Roma dove intraprende la carriera legale, impiegandosi come procuratore o più propriamente causidico, cioè rappresentante in causa delle parti, occupandosi effettivamente dell’istruzione della causa (raccolta del materiale probatorio, redazione e deposito degli atti processuali). Attivo presso la Curia Romana, la sua grande esperienza unita alla profonda conoscenza delle materie legali fanno si che nel corso di oltre quarant’anni di residenza nella città eterna il Catalani sia tra gli avvocati più ricercati sia per seguire le cause delle famiglie private, sia come procuratore per conto di diverse comunità dello Stato pontificio. Circondato da una non comune fama di dottrina e rettitudine il Catalani ottiene riconoscimenti ed incarichi di prestigio; nel biennio 1648-1649 ricopre l’incarico di Agente procuratore della città di Ferrara, ufficio che assolve ottimamente tanto da ottenere il privilegio della concessiSantuario Madonna della Misericordia, Altare di Sant'Antonio Abate, dettaglio,stemma della famiglia Catalanione della cittadinanza ferrarese decretatogli “in riguardo alle molte fatiche e buon servizio prestato in servire questo pubblico”[18]. Nel 1658 Catalani acquista un grande palazzo in Petriolo dai fratelli Adami di Fermo, adiacente alla Chiesa di S. Martino, con all’interno un pristino (frantoio) ad olio dove pone la sua residenza ed il centro amministrativo delle sue proprietà petriolesi. Nel 1666, sempre a Petriolo acquista una possessione di circa 70 ettari da Anton Vincenzo Adami, con casa, palombara e una chiesa dedicata a S. Antonio di Padova[19],edificata nel 1660 da don Aurelio Adami. Marino Catalani completa la chiesa con la costruzione del campanile dotandola di suppellettili sacre e del quadro dell’altare raffigurante S. Antonio di Padova e la Vergine Maria[20]. Colpito da ictus Marino Catalani trascorre gli ultimi mesi di vita a Petriolo, dove muore il 18 febbraio 1673 all’ età di 65 anni lasciando il suo patrimonio al fratello Giacomo Filippo Catalani.

Giuseppe Maria Angelisti

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Giuseppe Maria Angelisti (Petriolo, 14 aprile 1689Montolmo Corridonia, 13 dicembre 1760) è stato un religioso italiano.

Figlio di Francesco Maria e Smeralda Catalani, viene battezzato con il nome di Giovanni Battista.[21] Nel 1706 diventa titolare del beneficio ecclesiastico di S. Maria del Suffragio. Nel 1709 ottiene di essere ascritto all’Ordine Serafico dei Cappuccini di Cingoli dove assume il nome di Giuseppe Maria. Religioso di particolare pietà e perfezione religiosa, fu applicato con grande profitto nella predicazione. Passato al convento di Montolmo (Corridonia), vi dimorò per lunghi anni, gli ultimi dei quali in stato di infermità. Morì il 30 dicembre 1760 in concetto di santità. I suoi funerali furono un trionfo, tanto che fu necessario tenere esposto per tre giorni il suo cadavere, che sarebbe stato circondato da inspiegabile luce. Nell’Archivio provinciale si conserva la memoria a stampa presentata al Capitolo generale nel 1761 per ottenergli gli onori degli altari; ciò che non ebbe seguito, forse a causa delle successive soppressioni e della distruzione dei documenti relativi alla causa della sua beatificazione, per l’incendio dell’Archivio provinciale, allora situato a Macerata, avvenuto nell’anno 1799[22].


Felice Silvestrini

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Felice Silvestrini (Petriolo, 21 aprile 1711Petriolo, 15 agosto 1789) è stato un missionario italiano.

Nasce a Petriolo il 21 aprile 1711 da Silvestro del fu Giovanni Silvestrini e da Maria Antonia Concetti. Compie gli studi in patria sotto la guida dello zio materno don Giovanni Concetti, che per diversi anni ricopre l’incarico di pubblico maestro di scuola. In seguito frequenta il seminario di Fermo e nel settembre 1732 riceve dal proprio genitore un terreno con due case di terra nella contrada di San Giovanni a titolo di patrimonio sacro. Diventa sacerdote nel 1736, in questo stesso anno sostituisce lo zio nell’incarico di pubblico maestro di scuola, stante la sua dottrina e la sua abnegazione viene riconfermato, di anno in anno sino al 1741. Da questo periodo in poi inizia l’attività di predicatore e missionario apostolico, per tale incarico ottiene anche diverse facoltà dalla Sacra Penitenzieria. Nello svolgimento delle sue mansioni il Silvestrini si distingue altamente per umiltà, dottrina, devozione e carità verso il prossimo, le predicazioni dal medesimo tenute nella provincia fermana sono assai seguite dal popolo che accorre numeroso ad ascoltare la sua parola improntata alla più pura dottrina cristiana. Nella curia fermana Silvestrini viene definito “lo specchio e l’esemplare di tutti gli Ecclesiastici, facendo il Predicatore e il Missionario”. Alcune delle sue prediche manoscritte sono ancora oggi conservate negli archivi delle chiese petriolesi. Nel 1753 viene nominato tra i tre deputati eletti per provvedere alle pratiche necessarie per favorire i lavori di rifacimento della chiesa della Madonna della Misericordia del suo paese. Nel 1756 Silvestrini in un proprio terreno posto nel Borgo della Fonte Buona di Petriolo edifica ex novo una Chiesa da dedicare alla Beata Vergine della Pace. La chiesa viene benedetta solennemente dallo stesso il giorno 30 giugno 1759. Nell’altare maggiore viene sistemato il quadro raffigurante la Vergine con il S. Bambino e S. Giuseppe, oggi visibile all’interno del museo dei legni processionali “Mons. Marcello Manfroni”.L’altare di levante nel 1771 viene dedicato al SS. Crocifisso, nel quale il pio sacerdote pone il crocifisso ligneo che era solito portare con sé nelle Missioni Apostoliche, oggi visibile presso la chiesa del Soccorso. Nel 1772 viene nominato economo spirituale della parrocchia di S. Maria e S. Basso. Colpito da ictus Silvestrini muore a Petriolo il 15 agosto 1779 all’età di 68 anni. Il suo corpo rimane esposto per più giorni nella Chiesa della Pace per permettere al numerosissimo concorso delle persone giunte anche dai paesi vicini, di rendergli omaggio. I rappresentanti del municipio determinano di fare eseguire un ritratto a grandezza[23]

Niccolò Angelisti

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Niccolò Angelisti (Petriolo, 15 giugno 1713Petriolo, 30 luglio 1786) è stato un religioso italiano. Figlio di Giuseppe Nicola e Minerva Castellani di Montecchio (Treia)[24]. È avviato fin da bambino alla vita religiosa, mostrando subito una particolare predilezione per gli studi. Viene ordinato sacerdote nell’anno 1736. Nel 1749 riceve l’investitura del beneficio sotto il titolo di S. Maria del Suffragio, di patronato della sua famiglia. Nel 1751 viene nominato maestro pubblico a Petriolo, ma rinuncia dopo pochi mesi. Dopo aver frequentato i corsi di grammatica e di retorica presso il seminario di Fermo, viene inviato prima a Bologna, per studiare filosofia, quindi a Roma, nello studio di legge e successivamente a Venezia e a Padova, applicandosi in “Belle Lettere”, filosofia morale, storia sacra e SS. Padri. Venezia diventa la sua seconda patria, dove trascorre gran parte della sua esistenza tra il 1745 ed il 1775. Proprio a Venezia l’Angelisti mette a frutto i suoi studi umanistici dando alle stampe nell’anno 1751, presso lo stampatore Carlo Pecora, un volumetto di rime, Delle Rime del sig. Abbate Niccolò Angelisti, in tre parti divise[25], composto da 155 sonetti su vario tema, che, per quanto di non eccelso pregio poetico, risultano tuttavia di gradevole forma e composizione. Questo lavoro dell’Angelisti, osservato secondo i canoni del suo tempo riscuote comunque un discreto plauso, a tutto vantaggio della sua figura di erudito. Il suo nome lo troviamo infatti inserito in diversi studi settecenteschi volti alla formazione di un corpus quanto più possibile esaustivo degli scrittori italiani. È menzionato dall’autore bresciano Giovanni Maria Mazzucchelli, nella ragguardevole opera Gli scrittori d’Italia, cioè notizie storiche e critiche intorno alle vite e agli scritti dei letterati d’Italiani[26] Anche il bergamasco Girolamo Tiraboschi tiene conto dell’abate Angelisti quando, già direttore della Biblioteca Estense di Modena, nel 1772 si dedica alla stesura della Storia della Letteratura Italiana. Nel 1766 Niccolò Angelisti dà alla luce l’Uffizio della Beata Vergine, con quello de’fedeli defunti, salmi, graduali, penitenziali e litanie ecc. L’edizione viene curata dallo stampatore veneziano Sansoni in 12°. Questo lavoro concepito razionalmente e tradotto in versi volgari riscuote ampio successo tanto che merita più di una edizione; l’ultima delle quali, corretta ed accresciuta dall’autore, seguì in Macerata per il tipografo Chiappini e Cortesi nell’anno 1783. Tornato in patria nel 1775, l’abate Angelisti trascorre i suoi ultimi anni di vita nel suo paese nativo spegnendosi il 30 luglio 1786 all’età di 73 anni.


Giovanni Siciliani

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Giovanni Antonio Siciliani (Petriolo, 26 giugno 1714Petriolo, 28 marzo 1785) è stato un religioso italiano.

Giovanni Antonio Siciliani nasce a Petriolo il 26 giugno 1714, viene battezzato il 28 dello stesso mese nella chiesa parrocchiale di S. Martino dal prevosto don Giuseppe Adami. Compie gli studi a Fermo, e desideroso di vestire l’abito della Compagnia di Gesù entra nel noviziato nel 1729[27]. A Spoleto il 15 agosto 1747, emette la professione dei quattro voti presso la chiesa della Santissima Concezione . Il Sabbioni, nella sua opera ottocentesca sulle vicende storiche di Petriolo, riferendosi al nostro gesuita afferma come : “… la sua singolare pietà lo rese instancabile nel procurare la salute delle anime, non senza il pratico esempio delle migliori virtù, delle quali, in alto grado , era dovizioso …”. Oltre al ministero dell’insegnamento, attende con ogni studio le feste al confessionale, il cui primo scopo è di coltivare i giovani nello spirito. Afflitto da una grave forma di artrite chiede ed ottiene di essere mandato a trascorrere i suoi travagliati giorni nel riposo e nella tranquillità dell’Abbadia di Fiastra, che dal 1581 era alle dipendenze del Collegio Romano della Compagnia di Gesù. Con la soppressione dell’ordine gesuitico, nel 1773, Siciliani torna a Petriolo, dove si occupa, come deputato, della Chiesa della Madonna della Misericordia. Dona alla Chiesa del Suffragio due reliquiari con moltissime reliquie di Santi. Giaciuto in letto per cinque anni continui, muore il 28 marzo 1785 all’età di 70 anni. Per testamento lascia la terza parte dei suoi beni a vantaggio dei poveri del paese. I suoi funerali sono imponenti per concorso di popolo che aveva una venerazione particolare per il santo religioso. La Comunità di Petriolo decreta di fare realizzare al pittore Giacomo Falconi di Montottone un ritratto somigliante del Siciliani da conservare nelle sale comunali. Oggi il ritratto è visibile presso il museo dei legni processionali “Mons. Marcello Manfroni” di Petriolo.




Marco de Nobili

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Marco de Nobili (Petriolo, 4 agosto 1770Macerata, 24 maggio 1855) è stato un patriota italiano.

Figlio di Nicola De Nobili, compie i primi studi in patria, quindi a Fermo dove si applica con profitto nello studio dei corsi di Umanità ed Eloquenza nella locale Università, dove tra l’altro segue anche i corsi di Poetica, sia latina che italiana con l’abate Garulli. Trasferitosi presso l’ateneo maceratese, qui studia giurisprudenza, diritto civile e canonico. Si applica nella pratica legale sotto la direzione di Domenico Pantaleoni per lo spazio di tre anni, con grande impegno e lode. Monsignor Angelo Altieri, Governatore Generale della Marca di Ancona, lo chiama presso di se affidandogli l’incarico onorevole di aiutante di studio, ossia di Vice Uditore. Dopo due anni il De Nobili si trasferisce a Roma, presso lo studio dell’avvocato Baldini, Curiale collegiale e fiscale della Reverenda Fabbrica di San Pietro, dove rimane per lo spazio di sei anni. Laureato in ambo le leggi a Macerata nel 1795, nello stesso anno viene ascritto come socio della celebre Accademia dei Catenati di quella città. Eletto Governatore di Petriolo nel 1799- 1800[28]. Agli inizi dell’ottocento si trasferisce a Macerata, dove entra in contatto con ambienti legati alla carboneria.Nel 1820-21 figura tra soggetti coinvolti nella trama e tentativo rivoluzionario ordito nel capoluogo marchigiano[29], elaborandoinsieme ad alcuni amici, tra i quali Pirro Aurispa (1799-1868), un piano di sollevazione armata che da Macerata avrebbe dovuto estendersi nei paesi vicini, per indurre i carbonari a insorgere in tutte le Marche,favoriti dalla promessa partecipazione dei patrioti del Regno di Napoli. La trama fallì per il tradimento di alcuni affiliati. Tra alterne vicende, si dedica alla professione di avvocato. Si spegne a Macerata il 24 maggio 1855 all’età di 84 anni.

Giuseppe Sabbioni

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conte Giuseppe Sabbioni (Fermo, 27 novembre 1789Petriolo, 8 gennaio 1874) è stato un mecenate italiano.


Decimo ed ultimo figlio nato, venne battezzato lo stesso giorno nella chiesa parrocchiale di S. Matteo Apostolo di Fermo da suo zio paterno don Angelo Sabbioni. Laureato in legge, ricopre la carica di Governatore in diverse città dello stato Pontificio; Matelica 1830-34, Montefiascone 1834-1838, Tolentino 1840-44, Assisi 1884-47. Dopo aver ereditato le ex proprietà comunali di Petriolo, acquistate dal padre nel 1804, si stabilì in questo paese, dove, di fatto, fu a capo dell’amministrazione comunale dal 1815 sino all’avvento dell’Unità d’Italia. Amministratore intelligente ed oculato, si procurò la stima e l’amore dei suoi concittadini. Fu appassionato cultore della storia petriolese, avendo pubblicato, a sue spese, tra il 1871 ed il 1873 i due corposi volumi dal titolo Il castello di Petriolo-Piceno. Memorie storico-statistiche con documenti inediti, opera pregevole, ricca di notizie e documenti storici portati alla luce grazie alla sua sagace opera di ricerca. Il lavoro del Sabbioni frutto di profonde indagini documentarie fu molto apprezzato dagli studiosi dell’epoca per ampiezza e ricchezza di contenuti. Giunto all’età di 29 anni,Il 24 ottobre 1818 sposò la nobile marchesa Camilla Castellani (Treia, 6 agosto 1786 – Petriolo, 18 febbraio 1862), figlia del marchese Federico Castellani di Treia e della contessa Anna Simonetti di Cingoli, imparentata con il cardinale Francesco Saverio Castiglioni, elevato al soglio pontificio con il nome di Pio VIII (1829-1830). Dal loro matrimonio nacquero due figlie: Marianna, detta Anna, nata a Fermo l’8 settembre 1819, sposata con il conte Francesco Cilleni Nepis di Assisi, ed Orsola, nata a Fermo il 21 gennaio 1824, sposata con il cav. Federico Rinaldi della Città della Pieve. Giuseppe Sabbioni morì a Petriolo l’8 gennaio 1874 all’età di 84 anni compiuti. La sua salma riposa nel cimitero comunale di Petriolo, insieme alla moglie, alla figlia Anna ed al genero conte Francesco Cilleni Nepis.[30]


Alessandro Romagnoli

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Alessandro Romagnoli (Petriolo, 9 marzo 1828Petriolo, 19 agosto 1906) è stato un patriota italiano.

Figlio di Modesto e di Concetta Bolognesi. La sua numerosa famiglia, braccianti agricoli e affittuari, abitava in campagna nella zona delle Grazie.

Nel 1848, ad appena venti anni, Alessandro si arruola come volontario assegnato alla II Legione Romana, sotto gli ordini del Capitano Rinaldo Rondini di Filottrano. Il primo giugno 1848 viene trasferito nella III legione Romana, II battaglione, VI compagnia dopo lo scioglimento della seconda Legione. Il 10 giugno partecipa con valore alla battaglia di Vicenza. La municipalità capitolina in merito a questo fatto d’arme, concede al nostro volontario il seguente attestato[31]:

«Al Signor Alessandro Romagnoli Comune Che combattendo nelle Legioni Romane a Vicenza il giorno 10 giugno 1848 bene meritò della Patria, il Comune di Roma ha conferito la medaglia di onore con lo stemma senatorio e nel rovescio la legenda: PUGNA STRENUE AD VICENTIAM PUGNATA IV EIDUS IUNIAS MDCCCXLVIII Rilasciandogli a perpetua testimonianza il presente diploma. Dal Campidoglio il 9 gennaio 1849»


Nel 1849 quindi si trova a Roma con Garibaldi, annesso al VI Reggimento di Linea Romano, II Battaglione, III Compagnia, sotto gli ordini del Generale Roselli.

Il 3 giugno 1849 viene ferito nella parte superiore sinistra della regione frontale da una scheggia di mitraglia, durante la strenua difesa di Porta San Pancrazio. In quelle giornate i difensori di Roma compiono atti meravigliosi di valore civile e militare operando quattro assalti in grande, più di dieci cariche alla baionetta e per ben otto volte sanno riprendere le posizioni perdute contro le truppe francesi regolari, allora considerate le migliori in Europa.

Il Romagnoli, insieme ad altri 350 feriti, viene condotto presso l’ospedale della Trinità dei Pellegrini, da dove viene dimesso il 25 giugno.

Dopo la capitolazione di Roma fa ritorno a Petriolo, dove sposa una vedova; Virginia Menchini, già madre di una bambina ancora in tenera età. Non avrà altri figli. Alessandro trascorre il resto della sua esistenza tornando all’ antico mestiere di bracciante e solo in tarda età gli viene riconosciuta dal governo una piccola pensione per i servizi resi alla nazione. Affetto da pellagra e privo quasi completamente della vista muore a Petriolo all’ età di 78 anni il 19 agosto 1906.

Giovanni Ginobili

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Giovanni Ginobili (Petriolo, 24 gennaio 1892Macerata, 17 ottobre 1973) è stato uno scrittore italiano.


Giovanni Ginobili nacque il 24 gennaio 1892 a Petriolo da vecchia famiglia del luogo contraddistinta col soprannome di “Conte”. Famiglia di educatori quella dei “Conte”: maestro elementare Luigi, il padre, ed insegnante pure il nonno Giovanni, uno dei patriotti che fecero parte del seggio municipale destinato a raccogliere in Petriolo i voti del Plebiscito d’adesione alla Monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele II. L’omonimo nipote di “Nanni de lu Conde” trascorse l’infanzia e parte della gioventù in Romania: questo non fu senza l’influenza per l’animo suo, fino da allora aperto all’apprendimento del linguaggio ed all’attenta osservazione delle costumanze caratteristiche della gente rumena le cui poetiche leggende, raccolte e pubblicate dalla celebre Carmen Syilva (la gentile e colta Regina di Romania) erano gradita lettura del futuro folklorista e dialettologo petriolese. Queste conoscenze tornarono utili al Ginobili allorchè ebbe facile entratura fra una quasi sconosciuta colonia di pastori rumeni vivente a Scrofantina, appartata località fra le aspre montagne dei dintorni di Valona. Dei pastori rumeni il Ginobili studiò gli usi e le abitudini traducendo in versi italiani i loro canti leggendari esaltanti le loro eroiche imprese contro il nemico turco e gli stessi albanesi per i quali essi manifestavano eguale avversione. Diplomatosi maestro in Jesi nel giugno del 1920 fu subito supplente o provvisorio in scuole elementari della provincia di Ancona prima di conseguire nel 1923 per concorso, nomina stabile in Sirolo, rimandendovi fino all’ottenuto trasferimento alla sede di Macerata ove trascorse la maggior parte della sua carriera scolastica restandovi dal 1926 all’ottobre del 1960 data del suo collocamento a pensione per raggiunti limiti di età e di servizio. Fornito di buona aspirazione melodica e grande vena poetica, dettò moltissimi canti educativi disseminandoli in accreditate riviste scolastiche quali I diritti della scuola, la Rivista di Educazione Materna, la Voce delle Maestre d’Asilo e, soprattutto, il Corriere Musicale dei Piccoli di Firenze di cui, il Ginobili ne fu uno dei più assidui ed apprezzati collaboratori. Negli anni della operosa gioventù veniva egli un bel numero di graziose commediole e di operette musicali adatti per spettacoli di natura patriottico-educativa, quali si desideravano in special modo per la così detta “Festa della Scuola” in quegli anni molto in voga al pari delle pure frequenti celebrazioni patriottiche di circostanza. Non pochi di questi lavori ebbero l’onore della stampa (Resurrezione Italica; Danza delle Bambole; Fantasie Infantili; Figlio di Eroe),mentre il manoscritto originale di molti altri suoi lavori teatrali furono dall’Autore donati alla Biblioteca Comunale “Mozzi-Borgetti” di Macerata cui anche egli volle far generosa donazione del copioso carteggio tenuto con lui dall’ambitissimo collaboratore artistico maceratese Lino Liviabella, illustre Maestro e Direttore del Conservatorio Musicale “A.Boito” di Parma. Giovanni Ginobili resterà indubbiamente onorevolmente legato alla storia letteraria marchigiana per la sua perseverante e meritoria fatica di folclorista e diattelogo che nelle Marche difficilmente troverà chi lo superi. Ginobili è andato oltre valenti a dialettologi e folcloristi avendo raccolto quanto essi hanno trascurato in un tempo nel quale farlo avrebbe richiesto minor fatica e maggiore avrebbe potuto essere la messe. Grande il rammarico del Ginobili di essere giunto tardi a sfruttare una miniera in via di esaurimento a motivo dei tempi nuovi che segnano il rapido e fatale tramonto delle vecchie tradizioni regionali e contribuiscono a far scomparire lo stesso dialetto ovunque sopraffatto dall’uso quotidiano della lingua nazionale, facilitato dallo scemare dell’analfabetismo e della progressiva diffusione della cultura. Malgrado tanti ostacoli sono stati salvati oltre duecento canti popolari da lui pubblicati; fu proprio la dolorosa constatazione della sempre più grave deformazione e della non lontana e deprecata scomparsa del vernacolo locale, a suggerire al Ginobili l’idea di accingersi al più poderoso e certamente più utile dei suoi lavori letterari: il Glossario del dialetto natio e del maceratese. Il Glosario dei dialetti di Macerata e Petriolo uscì nel 1963 e comprendeva, inizialmente circa 6000 voci. In seguito l’Autore, lo venne via via integrando con la pubblicazione di tre Appendici che portarono a ben 15.000 le voci del suo Glossario. Ne risultò un’opera di grande valore filologico assai apprezzata dai glottologi italiani e stranieri che ne fanno avida ricerca elogiandone l’accuratezza e la vastità, dote, quest’ultima, che la pone al primo posto fra i pochi vocabolari disponibili di dialetti marchigiani (Conti Spotti, Egidi).


Raffaele Ciferri

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Raffaele Ciferri (Fermo, 30 maggio 1897Pavia, 12 febbraio 1964) è stato un botanico italiano.

Nacque a Fermo il 30 maggio 1897, figlio primogenito nato dal matrimonio tra il fermano Giuseppe Ciferri ed Eugenia Ciccioli di Petriolo. Trascorre la sua infanzia e prima giovinezza a Petriolo, in provincia di Macerata, dove suo padre, avvocato, fu per diversi anni sindaco del paese e dove la famiglia aveva diverse proprietà. Si laureò in scienze agrarie all'università di Bologna nel 1919, dopo aver partecipato al primo conflitto mondiale. Nel 1921-22 si dedicò a ricerche fitopatologiche presso il laboratorio di patologia vegetale della scuola di viticoltura ed enologia di Alba; nel 1922 intensificò l'attività scientifica presso il laboratorio di fisiologia e patologia vegetale dell'Istituto superiore forestale di Firenze. l’anno seguente presta servizio come assistente straordinario nell'istituto botanico di Pavia. Nel 1925 iniziò la sua carriera scientifica in centro America, essendo stato chiamato a fondare e a dirigere i servizi tecnico-agrari nella Repubblica dominicana. Fondava la stazione agronomica di Haina poi trasferita a Moca, e iniziava una fervida attività di ricerca e di formazione di tecnici agricoli, contemporaneamente alla raccolta di ingenti materiali di interesse naturalistico, e micologico. Nel corso degli anni la sua attività si estese anche ad altri paesi dell'America tropicale e delle Antille. Nel 1932 Collaborava con la Compagnia agricola dominicana a Santiago de los Caballeros dove fondava una stazione sperimentale per gli studi sulla manioca; compiva pure una missione in Ecuador per ricerche connesse alle malattie del cacao. Nel giugno del 1932 rientrava in Italia riprendendo l'attività fitopatologica come borsista nell'istituto botanico di Pavia e nell'Osservatorio fitopatologico di Palermo. Nello stesso anno conseguiva la libera docenza in microbiologia agraria e nel 1933 otteneva il posto di vicedirettore del laboratorio crittogamico annesso all'istituto botanico di Pavia, assumendo in quella sede universitaria anche l'incarico dei corsi di fisiologia vegetale e poi di botanica generale. Nel 1934-35 era in Somalia al fine di organizzare servizi agrari e fitopatologici. Nel 1936 vinceva il concorso per la cattedra di botanica della facoltà agraria di Firenze; nel 1942 otteneva la direzione dell'istituto botanico e laboratorio crittogamico dell'università di Pavia, meta definitiva e la più appropriata agli orientamenti delle sue ricerche micologiche, fitopatologiche, biologiche e botaniche applicate. Le vicende legate al secondo conflitto mondiale lo costrinsero a rifugiarsi nelle Langhe per sfuggire alle rappresaglie tedesche avendo notoriamente solidarizzato con movimenti di resistenza. Dopo la guerra il Ciferri si dedicò al rinnovamento delle strutture e funzionalità delle istituzioni affidategli in quel di Pavia, arricchendo di interessi la sua produzione scientifica e circondandosi di validi collaboratori destinati ad assumere notorietà nei diversi campi della scienza dei vegetali. Si spense il 12 febbraio 1964 a Pavia, all’età di 66 anni, mentre era ancora vivacissima e produttiva la sua attività scientifica e culturale. Notizie sulla sua attività si ricavano da due opuscoli autobiografici: Notizie sull'attività scientifica e didattica, Pavia 1935; Attività didattica ed operosità scientifica durante il triennio dal 1936-37 al 1938-39, Pavia 1939. L'opera lasciata dal Ciferri è incredibilmente varia ed estrosa; a lui si attribuiscono quasi millecinquecento pubblicazioni - brevi note, ma anche grossi volumi - apparsi fra il 1921 e il 1964. Questa produttività era dovuta alla grande capacità di lavoro, all'organizzazione dell'informazione, all'apertura alle collaborazioni anche più umili, ad una memoria e capacità di assimilazione non comuni. Ha sofferto in compiutezza e approfondimento una ricerca scientifica diventata, si potrebbe dire, curiosità infrenabile, sconfinata, che spaziava dalla micologia alla fitopatologia, alla fisiologia vegetale, alla microbiologia, alla virologia, alla lichenologia, alla sistematica delle piante coltivate, all'agronomia, alla storia della botanica; avanzava ancora tempo per divagazioni saggistiche, per la documentazione numismatica e filatelica, per un costante aggiornamento nella letteratura anglosassone e per numerosi interessi collezionistici.[32]

  1. ^ Giuseppe Sabbioni, Il Castello di Petriolo-Piceno, memorie storico statistiche, II, 1873, p. 22.
  2. ^ [www.santiebeati.it Santi e Beati].
  3. ^ a b G.Colucci, Delle Antichità Picene, XLIX, p. 63.
  4. ^ G.Colucci, Delle Antichità Picene, XLIX, p. 64.
  5. ^ M.Marini, Rubrica eorum omnium quaecontinentur in libris Conciliorum et Cernitarum Illustrissimae Communitatis Civitatis Firmanae ab anno 1380 usque ad annum 1599, II.
  6. ^ Archivio Storico Comunale di San Severino Marche , Libro dell’entrata ed esito dal 1439 al 1450, pagina 56
  7. ^ R. Paciaroni, Guerriero di Ansovino, ignoto pittore camerunese del XV secolo. in: “I Da Varano e le arti”, a cura di A.De Marchi e P.L. Falaschi, Camerino, 2001, vol. I, p. 316.
  8. ^ Giuseppe Sabbioni, Il Castello di Petriolo-Piceno, memorie storico statistiche, II, 1873, p. 16.
  9. ^ Archivio Storico Comunale di Mogliano, Scritture diverse del Comune di Mogliano 1603-1627
  10. ^ Archivio di Stato di Macerata, Archivio Storico Comunale di Petriolo, Consigli e Parlamenti, vol. 1615-1626
  11. ^ Fabio Sileoni, Don Giovanni Siciliani 1714-1785: l’ultimo gesuita all’Abbadia di Fiastra, in “Studi Maceratesi 44, Macerata 2010
  12. ^ Archivio Storico Comunale di Mogliano, Consigli e Parlamenti 1621-1625
  13. ^ Archivio di Stato di Macerata, Archivio Storico Comunale di Petriolo, Consigli e Parlamenti 1628-1631.
  14. ^ Archivio Parrocchia S. Maria del Soccorso, Petriolo, Libro Battesimi 1570-1626
  15. ^ a b Giuseppe Sabbioni, l castello di Petriolo Piceno, memorie storico statistiche, I, 1873, pp. 148-149.
  16. ^ a b Archivio Parrocchia S. Maria del Soccorso, Petriolo, Libro Matrimoni 1570-1692
  17. ^ Archivio Storico Comunale Petriolo, Libro dei Consigli 1615-162
  18. ^ Archivio Storico Comunale di Ferrara, Registri delle deliberazioni Consiliari, Registro M (gennaio 1649-dicembre 1653), cc. 89-91
  19. ^ Archivio di Stato di Macerata, Archivio notarile di Corridonia, vol. 159
  20. ^ Nel 1987 le eredi della famiglia Catalani donano la Chiesa alla Confraternita del SS. Sacramento di Petriolo
  21. ^ Giuseppe Sabbioni, Il Castello di Petriolo-Piceno, memorie storico statistiche, I, 1873, pp. 10-14.
  22. ^ Piccolo necrologio dei Cappuccini delle Marche, 1981, p. 81.
  23. ^ Fabio Sileoni, Don Felice Silvestrini, in “L’Arte che salva, immagini della predicazione tra quattrocento e settecento, Crivelli, Guercino, Lotto, Silvana Editoriale, 2017.
  24. ^ Fabio Sileoni, L’Abate don Niccolò Angelisti. Un erudito petriolese del XVIII secolo. In Quaderni dell’Archivio Storico Arcivescovile di Fermo, n.39-2005, pp. 83-103.
  25. ^ Delle Rime del sig. Abbate Niccolò Angelisti, in tre parti divise, su archive.org.
  26. ^ G. M. Mazzucchelli, Gli scrittori d’Italia, cioè notizie storiche e critiche intorno alle vite e agli scritti dei letterati Italiani, vol. I, parte II, Brescia 1753, p.761
  27. ^ Fabio Sileoni, Don Giovanni Siciliani 1714-1785: l’ultimo gesuita all’Abbadia di Fiastra, in “Studi Maceratesi 44, Macerata, 2010
  28. ^ Archivio di Stato di Macerata, Delegazione Apostolica di Macerata, busta 1282, Transunto dei Requisiti del Nobil Uomo Sig. Dottore Marco De Nobili patrizio della città di Tolentino e Domiciliato in Macerata
  29. ^ D. Spadoni, Una Trama e un tentativo rivoluzionario dello Stato Romano nel 1820-21, Società editrice Dante Alighieri, Roma, 1910
  30. ^ Aldo Chiavari, Petriolo dalle origini al XVIII secolo, Fondazione Carifermo, 2010, p. 22.
  31. ^ Petriolo, Archivio Confraternita SS. Sacramento, fascicolo personale Alessandro Romagnoli
  32. ^ Valerio Giacomini, Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 25, 1981.

Bibliografia

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  • Giuseppe Sabbioni, Il Castello di Petriolo-Piceno, memorie storico statistiche, 1873.
  • Giuseppe Colucci, Delle Antichità Picene.
  • Marino Marini, Rubrica eorum omnium quaecontinentur in libris Conciliorum et Cernitarum Illustrissimae Communitatis Civitatis Firmanae ab anno 1380 usque ad annum 1599, II.
  • Archivio Storico Comunale di San Severino Marche, libro dell’entrata ed esito dal 1439 al 1450.

Voci correlate

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