Wikipedia:Oracolo/Archivio/febbraio 2020

Le origini dei siciliani non riconosciute dai siciliani stessi

Mi sembra che i siciliani sappiano davvero poco delle loro origini. Non penso che la stessa cosa succeda in molte altre regioni italiane o in altre nazioni, ma è come se i siciliani mantenessero "nel loro sangue" tutte le culture passate, per cui si può parlare addirittura di "Sicilianità", a sottolineare il fatto che nel loro DNA i siciliani sono "siciliani", non "italiani" o "arabi" o "spagnoli" o "greci", eppure sono stati dominati da tantissime culture e si nota che hanno appreso da queste culture tanti aspetti. Cioè hanno appreso ma poi si sono dimenticati da chi, come se tutto questo fosse "siciliano" all'origine dei tempi.
Così se chiedete ad un siciliano chi sono i siculi, gli elimi, i sicani, oppure cosa hanno lasciato gli arabi in Sicilia, o se la Sicilia sia mai stata sotto il dominio della Grecia o dell'Antica Roma, o se Malta è mai stata siciliana, o non sa rispondere, o risponde in maniera errata oppure prima di rispondere deve pensarci bene.
Non è strano?
Come se uno studente, dopo avere passato anni a studiare, pensasse che tutto quello che sa lo sa a prescindere, non perché lo ha studiato a scuola, anzi quasi neanche si ricorda di essere stato a scuola... però ha appreso tutto quello che gli hanno insegnato!
Ad esempio i siciliani hanno una cucina vastissima, tra cui anche il cuscus, che non dicono è arabo, ma delle loro zone (trapanese, di San Vito, ecc.), hanno una lingua piena di termini che derivano da non so quante altre lingue, ma la considerano un "dialetto" e se gli dici che certe parole sono di origine inglese, francese, araba, ecc., si stupiscono... ci sono tradizioni che neanche si sa a quando risalgono e non si sa da quale popolazione sono derivate... toponimi che non si sa più da quale parola straniera derivano...
Sono mie supposizioni o veramente esiste questo "paradosso"? Se sì, ci sono delle ragioni particolari o delle fonti che lo spiegano o comunque tentano di spiegarlo?

--Daniele Pugliesi (msg) 19:38, 1 feb 2020 (CET)

Quello che dici è probabilmente abbastanza vero, ma personalmente non mi pare che riguardi i siciliani in particolare. I milanesi stessi spesso non hanno idea di quanti popoli si sono succeduti sul loro territorio: francesi, spagnoli, austriaci… Temo che la scarsa consapevolezza delle proprie origini sia abbastanza comune in Italia e non solo. --Borgil (Táriyaulë) 21:24, 1 feb 2020 (CET)
La scarsa conoscenza delle proprie origini è comune ovunque, credo sia dovuta al concetto di identità di gruppo, il senso di identità culturale/Sociale è più debole se la si vede come un'identità importata; senso ancora più forte nelle isole, lo stesso accade in Sardegna, oppure per esempio nella per lungo tempo rossa Toscana, l'Elba è sempre stata di destra. La separazione geografica effettiva ha avuto sempre un impatto enorme sulle società, in Puglia esiste da 500 anni una minoranza francofona perchè alle origini vivere a 700 m slm significava come vivere su un isola e senza barche--Pierpao.lo (listening) 12:20, 3 feb 2020 (CET)

Consenso per i cookie su un sito

Ho provato diversi tool "gratuiti" (o che si definiscono tali) che dovrebbero mostrare un box o simile per il consenso cui cookies di un sito secondo il GDPR. Alcuni di questi tool è solo una demo, altri non rispettano la GDPR, altri ancora sono difficili da configurare...
Potete consigliarmi uno di questi strumenti facile da installare, conforme alla GDPR, gradevole esteticamente e non troppo invasivo? Va bene anche se sono a pagamento, basta che funzionino a dovere (l'ideale se cercano i cookies installati nel sito in automatico).

--Daniele Pugliesi (msg) 16:25, 3 feb 2020 (CET)

Rudimenti di probabilità

Stavo leggendo qualcosina riguardo le probabilità e sebbene mi funzioni in modo formale casco in un ragionamento e non vedo il busillis. Qulche viandante in questa pagina magari può evidenziarlo!
Vorrei portare un esempio: la probabilità di pescare un individuo che sia stato colpito da un fulmine è discretamente bassa, ma che uno sia stato colpito da due ipotizziamo sia bassissima (in effetti è uno bello sfortunato).
Il punto però è che caduto un fulmine sul disgraziato questo non può crogiolarsi nell'"ormi è fatta" perché la probabilità che lo becchi di nuovo è la medesima (sono cioè scorrelate).
Affasciante, ma ora veniamo al tranello logico in cui mi sono legato: prendo questo individuo colpito dal fumine e sapendo che l'estrazione di un individuo colpito due volte rasenta lo zero dico "beh sicuramente non lo beccherà", alla fine è come se estraessi proprio l'individuo due volte colpito perché ho estratto a caso un individuo. Ora quindi dico, se è praticamente impossibile che abbia pescato a caso uno che viene colpito due volte, allora anche la probabilità che venga colpito di novo si abbassa in quanto deve realizzare il fatto che non possa essere colpito ancora pena la contradizione del fatto che essere colpiti due volte sia praticamente nulla.
Non so se ho spiegato il mio contorto ragionamento. Un grazie a chi saprà portare sulla giusta strada. --2001:B07:644C:E124:DC32:1B9C:2D57:AAA (msg) 20:11, 27 gen 2020 (CET)
(Conflittato) interessante questione. Così su due piedi direi che è perché in realtà non peschi a caso ma hai già pescato uno colpito una volta e questo realizza già un abbassamento di probabilità suo caso pescata generale. Ora può di nuovo realizzarsi, su questo caso meno probabile, il fatto che il poter essere colpito o meno è uguale a qualunque altro individuo del pianeta. Ma aspetta esperti che confermino, qui ce ne sono ;)

Non sono sicuro di aver capito del tutto la tua domanda... proverò a rispondere. Altri utenti più esperti di me daranno spiegazioni più argomentate. Il concetto di base è che, nonostante sia la possibilità di essere colpiti 2 volte da un fulmine bassissima, questo non implica che sia impossibile. Quindi, continuando, si potrebbe essere colpiti anche cento volte, infatti (nonostante la probabilità si abbassi drasticamente) nulla lo impedisce. Non so se ho risposto correttamente a ciò che chiedevi. --HominisCon (msg) 20:24, 27 gen 2020 (CET)
Tutto si potrebbe riassumere dicendo che i fulmini, come le monete e i dadi, non hanno memoria. --Lepido (msg) 20:48, 27 gen 2020 (CET)
Personalmente, fatico a capire quale sia esattamente il punto che non ti è chiaro. In generale, molte incertezze e fraintendimenti relativi al calcolo delle probabilità derivano da questo: non si mette a fuoco il fatto che una probabilità è associata a un evento. E può essere calcolata, o comunque assumere un significato (anche quando non se ne conosce il valore) solo se si precisa chiaramente a quale evento si riferisce, e a quale insieme di eventi possibili questo appartiene. Per esempio, "essere colpiti due volte da un fulmine" ed "essere colpiti una seconda volta da un fulmine" sono – in senso probabilistico – eventi del tutto diversi (e hanno quindi probabilità diverse), perché sono elementi di insiemi diversi di eventi. La cosa diventa evidente se si riformulano in questo modo: "entro una data popolazione, estrarre a caso un individuo che sia stato colpito due volte da un fulmine", oppure "in un gruppo di persone che siano tutte state colpite da un fulmine (e siano sopravvissute), estrarre a caso un individuo che sia stato colpito una seconda volta". Le probabilità sono notevolmente diverse perché sono diversi gli insiemi di eventi di riferimento (questi sono in entrambi i casi le estrazioni casuali di un individuo di una popolazione, ma le due popolazioni sono ben diverse). Nella maggioranza dei casi, avere chiaro questo concetto risolve i dubbi e gli apparenti paradossi. --93.36.167.230 (msg) 22:19, 27 gen 2020 (CET)
In effetti penso che il problema sia proprio legato al problema della popolazione di estrazione. Non capisco però il perché non riesca razionalmente a vederlo chiaro. Nel senso che, mettendosi nei panni dell'individuo, nel momento in cui è stato preso una prima volta da un fulmine egli se verrà beccato una seconda volta dovrà realizzare il fatto di essere uno degli sfortunatissimi presi due volte e quindi affermerebbe che è praticamente impossibile perché appartenere a quel clan ha probabilità minime, ma poco prima di entrare in questo clan di sfortunati individui appartiene a quelli presi una volta e la probabilità di essere preso una seconda volta è esattamente identica a quella di quelli mai stati colpiti. Insomma mi sembra che il fulmine debba cascare su uno mai colpito, così che alza la probabilità più semplice (quella di presi una volta), altrimenti se ri-folgora l'individuo alza la probabilità che uno diventi "colpito due volte" e questa probabilità dovrebbe quasi non esistere. E' come se la seconda caduta del fulmine con la caduta su uno mai colpito realizzasse un evento finale più comune di uno beccato due volte (quindi mi sembra più probaile il primo). Spero sia più chiaro ora il punto. --2001:B07:644C:E124:DC32:1B9C:2D57:AAA (msg) 22:50, 27 gen 2020 (CET)
Finché cerchi di "razionalizzare" concetti come "l'individuo affermerebbe che è praticamente impossibile perché appartenere a quel clan ha probabilità minime", oppure "il fulmine dovrebbe cascare su uno mai colpito per avere probabilità più alta", non approderai a nulla. Fare 6 al SuperEnalotto è molto più improbabile che essere colpiti da un fulmine, ma se uno ha fatto 6 la sua probabilità di aver vinto non è "piccolissima": è uguale a 1 (100%).
Seguendo il tuo ragionamento, tu non dovresti esistere. Tu hai un codice fiscale, giusto? Ebbene, sei l'unico su circa 60 milioni di italiani ad avere quel codice fiscale. La probabilità di avere proprio quel codice fiscale è (circa) uno su sessanta milioni: estremamente improbabile (è più probabile essere colpiti da un fulmine, credo...). Quindi, abbi pazienza, tu non esisti: fattene una ragione. Oppure prova a ragionare diversamente: tutti noi esistiamo pur essendo "occorrenze estremamente improbabili". Un evento estremamente improbabile non è un evento che ha probabilità quasi nulle di verificarsi. Al contrario, un qualche evento improbabile si verificherà sicuramente: è improbabile che tu vinca, ma è sicuro che qualcuno vinca. --130.192.155.251 (msg) 12:05, 28 gen 2020 (CET)
È un tipico caso di fallacia dello scommettitore (che per inciso include una barzelletta che ho sempre adorato :-) ).
La probabilità di tirare 30 teste consecutive con una moneta è schifosamente bassa... ma la probabilità di tirare 30 teste sapendo di averne già tirate 29 è il solito 50%: certo, l'intera sequenza era quasi impossibile all'inizio, ma adesso la stra-grande maggioranza di quella "improbabilità" è già avvenuta, ormai è una certezza; era difficile che accadesse, ma quel che è fatto è fatto: resta solo quell'ultimo tiro con un 50% di successo per fare 30.
Analogamente, la probabilità di essere colpiti due volte è irrisoria, prima... ma la probabilità di essere colpiti due volte dopo essere stati colpiti già una volta è la semplice probabilità di essere colpiti una volta: la prima è ormai nel passato, è successa, non ha più alcuna importanza quanto fosse più o meno probabile prima che avvenisse. -- Rojelio (dimmi tutto) 14:27, 29 gen 2020 (CET)
Se io dovessi puntare su una moneta che ha già dato testa per 29 lanci di fila, punterei su una trentesima testa: la probabilità di avere 29 teste di fila (se non sbaglio una su più di 500 milioni) la ritengo più bassa rispetto alla probabilità che la moneta sia truccata!
Però se ammettiamo che la moneta è equa, ha ragione Rojelio sul 50%. --Arres (msg) 17:29, 29 gen 2020 (CET)
@Rojelio, quel che dici sulle monete è verissimo, però in quel caso mi sembrava di poter giustificare così l'equa probabilità di ultimo tiro 1/2 sia che siano tutte teste che no in precedenza: (prendo tre tiri per semplicità) mi trovo ad avere il caso TT o CT la probabilità di fare T o C in entrambe i casi è 1/2, perché? Beh, semplicemente perché nel momento in cui uscirà T o C mi verrò a trovare ad avere la serie TTT oppure TTC così come CTT o CTC e queste hanno tutte probabilità 1/8 essendo in posizioni fisse, quindi avevo 1/2 in entrambe i casi perché non propendevo verso qualcosa di meno probabile. Cioè il 3 tiro non mi fa finire in casi meno probabili o più probabili, perché in realtà tutti erano 1/8 (cerco una determinata serie fissa). Cosa che sul fulmine non funzionerebbe come spiegazione, perché una ulteriore folgorazione portava appunto a un caso meno probabile (a priori) rispetto al caso non folgorare di nuovo -due folgorazioni sono meno probabili di una, a prescindere-. Nel primo caso posso modellizare gli eventi passati come una scelta già a priori di una serie definita, mentre nel fulmine no. Non so se era chiaro il ragionamento :D. --93.34.153.115 (msg) 20:59, 29 gen 2020 (CET)
Il tuo ragionamento è chiaro, ed è sbagliato.
Prova ad applicarlo al caso dei tre lanci di moneta. In quel caso, se nei primi due lanci hai ottenuto TT, ottenere una terza testa porta al risultato "tre teste su tre lanci", mentre ottenere croce porta al risultato "due teste e una croce". La probabilità di "tre teste", su tre lanci, è 1/8. Invece la probabilità di "due teste e una croce" è 3/8. Da questo tu deduci che la dea della fortuna, facendo uscire testa la terza volta, produrrebbe un evento meno probabile che se facesse uscire croce. Ecco, questo è il tuo ragionamento. Non c'è nessuna differenza nel caso dei fulmini.
E tu stesso hai esposto le ragioni per le quali il ragionamento è sbagliato: l'universo A che stai considerando (tre lanci di una moneta) è formato da otto elementi, {TTT, TTC, TCT, CTT, TCC, CTC, CCT, CCC}. L'evento definito da una ben precisa sequenza ha sempre probabilità 1/8, quale che sia la sequenza. L'evento "tre teste" coincide con il solo elemento TTT; invece l'evento "due teste, una croce" coincide con il sottoinsieme {TCC, CTC, CCT}, e quindi ha probabilità 3/8.
Ma se tu cerchi di calcolare la probabilità di ottenere testa al terzo lancio, condizionata al fatto che hai già ottenuto testa nei primi due, il tuo universo si riduce a due soli elementi: {TTC, TTT}. In questo nuovo universo B, quindi, gli eventi "due teste, una croce" e "tre teste" sono equiprobabili, diversamente da quanto succedeva nell'universo A. La dea della fortuna non ha nessuna ragione per preferire uno o l'altro, e non perché è cieca (diversamente dalla sfiga, come si sa) ma perché i calcoli li sa fare. --93.36.167.230 (msg) 21:30, 29 gen 2020 (CET)

Esattamente, nel caso in cui prendo già due teste avrò come possibilità due casi di 1/8, nello specifico: TTC o TTT quindi l'evento estrazione 2lancio->3lancio non modifica qualcosa di fissato. Nelle monete il diminuire della probabilità 3^ estrazione è solo dovuta al fatto che fisso uno di 3 casi possibili 3/8, ma una volta fissati quei due il terzo ne è indipendente sia che sia testa sia che sia croce.
Però, nel caso dei fulmini, mica tanto! Perché la probabilità di essere beccato da un fulmine non è 50% ma mettiamo 1/100? Per comodità; ecco che se nomino Colpito "C" e Non colpito "N" noto che nel momento in cui calcolo: CC (cioè fisso i primi due) se come 3 estrarrò C o N avrò a partire da quell'universo due casi ben diversi, ossia la terza estrazione mi comporta di finire in due casi con diversa probabilità. Per le monete era 1/8 sia che fosse uscita T che C, qui no. Mi sembra che nel caso dei fulmini ci sia qualcosa in più, insomma: fissati i primi due in entrambi i casi da una parte C o T finisce in due combinazioni equiprobabili, nell'altro (sempre fissati CC no. Quesro intendevo con finisce in qualcosa di meno probabile apartire dalmedesimo storico eventi. Comunque so che non ho ragione, lo sostengo sempre con i giocatori. Però vorrei tanto capire perché quel che dico è vero e cerco di illustrarvi i punti dubbi. --2001:B07:644C:E124:A02E:F2B8:7521:E884 (msg) 21:49, 29 gen 2020 (CET)

Il punto non è che la probabilità sia 1/2. Puoi fare tranquillamente il ragionamento dei tre lanci per una moneta truccata: diciamo che la probabilità di uscita di C è p e la probabilità di T è (1-p). L'universo A è sempre lo stesso, però le sequenze non sono più equiprobabili. Le sequenze hanno le probabilità indicate di seguito: {TTT (1-p)^3, TTC p(1-p)^2, TCT p(1-p)^2, CTT p(1-p)^2, TCC (1-p)p^2, CTC (1-p)p^2, CCT (1-p)p^2, CCC p^3}.
Nell'universo B, invece, gli elementi e le loro probabilità sono {TTT (1-p), TTC p}: le due probabilità sono proporzionali a quelle che avevano nell'universo A, ma bisogna rinormalizzare le probabilià dato che la loro somma deve fare 1 (quindi entrambe le probabilità sono divise per (1-p)^2, che è proprio la probabilità di fare due volte testa). Prendi pure p grande quanto vuoi (0.999999) o piccola quanto vuoi: la questione non cambia. La probabilità che esca testa al terzo lancio, o al centesimo lancio, è comunque sempre (1-p). --93.36.167.230 (msg) 22:53, 29 gen 2020 (CET)

Mi scuso perché il messaggio di ringraziamento non era rimasto salvato (forse era conflittato e non me ne accorsi). Di questo mi accorgo solo ora ritornando a curiosare sulle domande di altre wikipediani. Spero non sia tardi, ma grazie a tutti voi per avermi aiutato a capire. Mi pare chiaro ora :) --2001:B07:644C:E124:F18F:C182:DD38:D5CC (msg) 12:49, 8 feb 2020 (CET)

Abdicazione trono

Un regnante può abdicare al trono verso un familiare che non è l'erede designato? Cioè Carlo un domani può abdicare verso la sorella anziché il figlio Guglielmo? --5.170.10.120 (msg) 11:57, 3 feb 2020 (CET)

Non è possibile dare una risposta in assoluto, l'abicazione è di solito regolata dalle leggi e dalle costituzioni dei vari Stati e quindi le sue regole pratiche variano da Stato a Stato; e comunque, nel caso delle abdicazioni forzate (imposte da rivoluzioni o colpi di stato) siamo comunque al di fuori di qualunque cornice legislativa e quindi vale tutto. --Franz van Lanzee (msg) 13:19, 3 feb 2020 (CET)
Per abdicare, Carlo dovrebbe prima essere re. Ma non lo sarà mai perché sua madre è immortale. --79.17.125.183 (msg) 09:38, 8 feb 2020 (CET)

Per diventare giornalisti (pubblicisti) bisogna... già essere giornalisti?

Leggendo le voci Giornalista, Giornalista professionista e Giornalista pubblicista. In quest'ultima voce non mi torna una cosa: in Italia ci si può iscrivere all'albo dei giornalisti specifico per i giornalisti "dopo aver svolto un'attività giornalistica non occasionale e retribuita per almeno due anni.

Ma per poter svolgere tale attività giornalistica, non si deve essere già giornalisti? Anzi, visto che l'attività deve essere non occasionale e retribuita (quindi una professione, giusto?) si deve essere già giornalisti professionisti?

Per cui sembra esserci il paradosso che per diventare giornalisti pubblicisti, occorra... già essere giornalisti. Che paradosso!

(Nella voce relativa ai giornalisti professionisti, questo paradosso non c'è: è previsto che prima di diventare si possa essere, anzi si debba essere, praticanti.)

--Non ci sono più le mezze stagioni (msg) 21:53, 5 feb 2020 (CET)

Non è necessario essere giornalisti (pubblicisti o professionisti) per veder pubblicati propri articoli da parte di un giornale: una testata può benissimo stipulare contratti di collaborazione con non giornalisti, pensa alle "rubriche" tenute da più o meno VIPs sulle riviste. Se entro due anni uno riesce a far pubblicare su una testata regolarmente iscritta al registro della stampa un tot di articoli ricevendo in cambio un tot di retribuzione per essi (le esatte quantità variano da regione a regione) può fare domanda per l'iscrizione nell'albo dei giornalisti pubblicisti. --Franz van Lanzee (msg) 23:27, 5 feb 2020 (CET)
Ma c'è indicato che deve essere "non occasionale e retribuita per almeno due anni", il che fa pensare che non possa essere una semplice collaborazione.
Anche perché in questo caso avremmo il paradosso "Per fare X devi essere iscritto all'albo. Però se invece di assumerti te lo fanno fare come collaboratore puoi farlo lo stesso." Col risultato d'incentivare meno protezioni e tutele per il lavoratore, non di più. --Non ci sono più le mezze stagioni (msg) 13:54, 8 feb 2020 (CET)
Col risultato d'incentivare meno protezioni e tutele per il lavoratore, non di più: mi verrebbe da dire "esatto!", ma non lo dirò (ops).
Lo ripeto, per scrivere su un giornale non è obbligatorio essere giornalisti (pubblicisti o professionistici). Il fatto che questa "collaborazione esterna" debba essere non occasionale è dato dai criteri numerici richiesti per poter avanzare domanda di iscrizione all'albo dei giornalisti pubblicistici, criteri che sono abbastanza elevati: per la Toscana ad esempio, a quanto leggo qui, si richiedono in due anni almeno 100 articoli e 2000 euro di retribuzione lorda per i quotidiani, 60 articoli e 1500 euro per i settimanali, 20 articoli e 1000 euro per i mensili. 100 articoli di quotidiano in due anni (cioè circa uno a settimana) mi pare tutto tranne che una collaborazione "occasionale". --Franz van Lanzee (msg) 18:06, 8 feb 2020 (CET)

Webcam Ariston

Da questa webcam, nelle ore serali durante il festival, si nota un fascio di luce ad illuminare la strada. Perchè? Non è abbastanza illuminata la zona? --2001:B07:6442:8903:B07A:EA6F:94CF:E200 (msg) 09:27, 7 feb 2020 (CET)

Immagino tu intenda questa luce. Bho... qualche gioco luminoso? --Postcrosser (msg) 21:45, 8 feb 2020 (CET)

Lo stato quantico

Nella fisica quantistica si "osserva" che la materia, al di sotto di una soglia x (ovvero, a grandezze ancora inferiori a quelle dei quark, se ho ben compreso) "smette di esistere": le particelle non esistono più in un determinato punto in un determinato momento, ma diventano una "probabilità" di posizioni e momenti, in cui si può ragionevolmente presumere che tal particella (vedo spesso l'esempio dell'elettrone) sia in un "certo punto", o in un certo stato, in un certo momento, ma finchè questa non viene "osservata", il suo stato non è determinato. Posto che prego il grande oracolo di correggermi se già abbia detto delle castronerie, il mio quesito è: come si arriva a capire che una tal particella esista in una "superposizione" di stati se ogni volta che la osservi, questa superposizione cessa e la particella assume un determinato stato? Domanda 2, anche se il "concetto di fondo" continua a sfuggirmi, credo di aver capito che tale particella esista "in natura" come probabilità, ma che questa diventi un "oggetto fisicamente osservabile" solo quando viene osservata (quindi quando interagisce con qualcosa). Nei meandri dell'universo, se esistesse una zona al di fuori dell nostro "universo osservabile" completamente priva di materia e similmente isolata dal resto dell'universo, infinito o meno, questa zona "inosservata" esisterebbe solo in uno stato quantistico di superposizione? Domanda di riserva, come si fa ad immaginare un qualcosa come "probabilità"? Ha ancora senso parlare di "qualcosa"? E se, trattandosi di probabilità, prima o poi il risultato non fosse quello più probabile, potremmo avere i poteri di Neo di Matrix? Tutto, anche se improbabile, è possibile? Grazie mille oracolo se vorrai risolvere i miei dubbi esistenziali, ho fatto studi umanistici e per me tutto ciò è così difficile da capire che ho bisogno di risposte semplici per menti semplici.


--Sayatek (msg) 21:21, 11 feb 2020 (CET)

Paradosso del gatto di Schrödinger. X-Dark (msg) 23:44, 11 feb 2020 (CET)
Intanto grazie, ma quindi il gatto non è in una sovrapposizione solo perchè macroscopico, o perchè interagendo con l'ambiente circostante è lui stesso, consapevole o meno, a compiere la misurazione facendo quindi collassare l'onda di probabilità in uno stato "fisso"? Se basta un'interazione (non necessariamente da parte di umani o esseri senzienti) per far collassare la probabilità, non dovremmo essere circondati da materia già collassata nello stato misurato/misurabile (per questo l'esempio del segmento di spazio senza materia che potesse interagire o essere osservata, che forse funziona meglio immaginando un segmento di universo popolato da un singolo atomo)? Comunque sono consapevole che molte domande, essendo ricerche ancora in corso, siano destinate a rimanere senza risposta, però proprio non riesco ad inquadrare la sovrapposizione di stati, quando si crea (o se è la condizione normale in natura della materia), se esiste ovunque a livello microscopico in tutti gli oggetti corpi umani inclusi, perchè cessa per sempre di esistere dopo la misurazione, potrei andare avanti per ore ma sto già abusando troppo dello spazio e della pazienza altrui.--Sayatek (msg) 00:21, 12 feb 2020 (CET) Aggiungo che non avevo dato il giusto peso alla frase "...la sovrapposizione riguarda l'intero Universo. Un osservatore, quindi, vede realizzarsi solo una delle due alternative perché fa egli stesso parte di uno dei due possibili "stati" dell'intero Universo", che già in parte, riflettendoci, risponde a molte (purtroppo non tutte!) domande--Sayatek (msg) 00:26, 12 feb 2020 (CET)
Non è facile fornire una risposta a queste domande, dato che come possa emergere dalle leggi quantistiche la realtà classica che sperimentiamo nella vita quotidiana è ancora oggi oggetto di dibattito piuttosto "vivace". In generale si può facilmente mostrare che gli effetti quantistici su corpi macroscopici sono davvero irrelevanti (la lunghezza d'onda di De Broglie di un'auto è di venti ordini di grandezza inferiore della dimensione del nucleo atomico). Da questo punto di vista, un auto che entra in un garage non può in alcun modo mostrare alcun comportamento quantistico ondulatorio (al contrario di un elettrone). Tuttavia oggetti macroscopici sono costituiti da particelle microscopiche (oppure, si possono ideare esperimenti in cui particelle microscopiche causano eventi macroscopici, come la morte del povero gatto di Schröndiger), quindi la risposta ai quesiti aperti dalla meccanica quantistica non è così semplice. Una possibile soluzione, ripresa dalla controversa interpretazione a molti mondi, è quella di considerare il legame relativo fra lo stato dell'osservatore (o dell'apparato di misura) e lo stato del sistema osservato. L'interazione reciproca fra un oggetto macroscopico (come un essere umano o un rilevatore di particelle) e un elettrone avrebbe l'effetto simultaneo di portare lo stato del rivelatore a segnalare la posizione dell'elettrone, lo stato della mente dell'osservatore a memorizzarla, e lo stato dell'elettrone ad assumere quella posizione; senza che però questo determini la fine della sovrapposizione fra molteplici stati differenti, in ciascuno dei quali sia il rivelatore, che l'osservatore umano, che l'elettrone sono configurati in modo tale che quest'ultimo si trovi effettivamente in posizioni differenti. Solo alcune interazioni fra oggetti macroscopici in cui sia possibile effettivamente determinare e memorizzare lo stato fisico di una particella, e non una qualsiasi interazione, sarebbero in grado di provocare questo risultato (il "collasso della funzione d'onda"). Tutto questo può sembrare assurdo (forse lo è effettivamente), ma in effetti noi sappiamo che la natura non può comportarsi in modo classico. "come si arriva a capire che una tal particella esista in una "superposizione" di stati se ogni volta che la osservi, questa superposizione cessa e la particella assume un determinato stato?": si veda ad esempio esperimento della doppia fenditura. X-Dark (msg) 14:32, 13 feb 2020 (CET)
Aggiungo a quanto già scritto da X-Dark: quella che spesso chiamiamo "intuizione fisica" è tuttora fortemente ancorata ai modelli meccanicistici della fisica del XVIII secolo (la dinamica del punto materiale). Con quella forma mentis, effettivamente il concetto di "sovrapposizione di stati" della meccanica quantistica può risultare spiazzante, e quindi si tende a concentrare l'attenzione su quello. Ma in realtà non è il concetto di sovrapposizione di stati a presentare problemi, né teorici né epistemologici: si tratta solo di capire che cosa si debba intendere per "stato fisico" di un sistema quantistico.
Invece, il problema ancora aperto (a cui la maggior parte dei fisici tuttora risponde "zitto e calcola") è che cosa caratterizzi dal punto di vista fisico un processo di misura, dato che questo è fondamentale proprio per definire il concetto di "stato" di un sistema, ma non è descritto dalle equazioni della MQ. Per la comune "intuizione fisica" appare ragionevole l'idea che non si possa effettuare una misura su un sistema senza interagire con esso e quindi modificarne lo stato: ma questo è un modo molto ingenuo di descrivere la questione, perché la MQ non indica in che modo un "processo di misura" si possa distinguare da una qualunque altra interazione, e d'altra parte prevede che la distribuzione di probabilità dei risultati della misura sia completamente descritta dallo stato del sistema prima della misura, indipendentemente dalla natura dell'apparato utilizzato per effettuare la misura (quando invece, nel caso di un'interazione, l'effetto dipenderebbe dallo stato di entrambi i sistemi che interagiscono).
L'idea più diffusa è che un processo di misura sia caratterizzato dall'interazione con un sistema macroscopico; ma quando si tratta di tradurre quest'idea in termini fisici rigorosi, le cose non sono così semplici. Tra l'altro, la caratterizzazione di che cosa sia "macroscopico" ha poco a che fare con le dimensioni spaziali (più correttamente, con una qualche lunghezza caratteristica) del sistema: una singola particella può essere in uno stato non localizzato, e quindi essere in un certo senso estesa a tutto l'Universo, ma nemmeno in questo caso costituirebbe un sistema "macroscopico".
La lettura della voce Interpretazione della meccanica quantistica può dare un'idea del problema (e soprattutto della pluralità di tentativi di risolverlo, nessuno dei quali ha avuto finora completo successo); per maggiori approfondimenti, una lettura utile potrebbe essere il libro di D.Z. Albert, "Meccanica quantistica e senso comune", ISBN 978-8845915338 (il titolo originale inglese, "Quantum Mechanics and Experience", rendeva meglio l'idea). Ma non ci si deve aspettare di trovare risposte definitive nemmeno lì. --93.36.167.230 (msg) 17:59, 13 feb 2020 (CET)
Grazie mille a entrambi delle risposte interessantissime e dei rimandi che non mancherò di indagare, vorrei dire che già inizio a capire l'argomento, ma di sicuro ci sono molto più vicino di prima! Grazie ancora!--Sayatek (msg) 18:22, 13 feb 2020 (CET)

Domanda per chi è di fede ebraica, possibilmente.

Salve. Durante l'Avelut, il lutto nell'ebraismo, sono espressamente proibiti anche i compleanni perché ritenuti anch'essi eventi gioiosi? Grazie anticipatamente. --93.41.100.198 (msg) 16:09, 13 feb 2020 (CET)

Non sono ebreo, ma secondo questo sito curato da rabbini, la risposta è sì, appunto perché sono feste. Il sito spiega che il lutto si applica ai figli del defunto e non ai nipoti, quindi la persona in lutto può organizzare una festa di compleanno per i propri figli ma poi non partecipare. --95.232.124.12 (msg) 18:30, 13 feb 2020 (CET)

Grazie mille per la risposta, è perfetta, chiarito il dubbio.

Errore misurazione, come è meglio fare?

Mi stavo chiedendo quale fosse il miglior modo per passare l'erore misurato in unità di misura °C a K, mettiamo di avere (23.5±0.5)°C, ho pensato di convertire 0 °C-> 273.15 K e 0,5 °C-> 273.65, dunque allo scatto tra 0 e 0,5 in Celsius corrispondono 0.5 K, quindi scriverei la misura come: (296,65±0.5) K.

Siccome non so a chi chiedere, provo qui:

1) E' giusto come procedimento per portare l'errore da una scala all'altra o ne esiste uno migliore?

2) Il fatto che esca 0.5 sui Celsius e l'errore sia 0,5 anche sui K è un caso? Ho provato anche con altri esempi sui Celsius: ±0.1; ±0.6; ±0.8 e sempre sui Kelvin vengono ±0.1; ±0.6; ±0.8 rispettivamente. Ma è un caso che il numero coincida? Io penso di sì, altrimenti mi chiedo perché dovrebbe coincidere se sono scale differenti, non ne trovo una ragione logica.

Merci. --2001:B07:644C:E124:854B:C816:F6A2:4976 (msg) 21:38, 13 feb 2020 (CET)

Se una misura ha un errore di ±0.5 con i °C, teoricamente ha un errore di ±0.5 anche con i K, considerando tra l'altro che sono due scale termometriche che differiscono solo per la posizione dello zero (che nel primo caso è la temperatura di fusione dell'acqua mentre nel secondo lo zero assoluto). Non ti do l'affidabilità del 100% della mia affermazione perché non sono esattamente il massimo in fisica, però a rigor di logica dovrebbe essere così. --C. crispus(e quindi?) 22:10, 13 feb 2020 (CET)
(conflittato) In merito al punto 2, detta barbaramente Celsius e Kelvin hanno un diverso fondo scala (lo zero assoluto in un caso è -273,15 °C e nell'altro O K) ma i medesimi intervalli di temperatura (tra la temperatura in cui l'acqua gela e qualla a cui bolle ci sono sempre 100 gradi). In pratica una differenza di X gradi celsius corrisponde ad una differenza di sempre X gradi Kelvin (cosa non vera invece ad esempio con i gradi Fahrenheit) --Postcrosser (msg) 22:14, 13 feb 2020 (CET)
Anche io ho una domanda, ma se fosse stato nei Fahrenheit come si sarebbe potuto trasportare l'errore?
Convertendolo in scala 9:5, ovvero 180 °F per ogni 100 °C. -- Rojelio (dimmi tutto) 19:51, 14 feb 2020 (CET)

Auto d'epoca

Buonasera. Il 15 settembre scorso, tra Arona e Stresa, c'è stata la seconda rievocazione di una corsa storica (non mi ricordo più bene a riguardo, ma comunque una delle prime corse automobilistiche) avvenuta attorno al 1900 e corsa appunto tra le suddette cittadine. Ovviamente a questa gara hanno partecipato molte auto d'epoca, alcune provenienti pure dall'estero (la più antica, del 1900, era di proprietà di due francesi) e, avendo fatto tappa per la pausa pranzo a Lesa, dove guarda caso mi trovavo, ho avuto occasione di fotografare alcuni modelli storici (a occhi e croce, una cinquantina, ma non li ho contati). Sfortunatamente, per la maggior parte mi è impossibile risalire al modello. Mi servirebbe quindi l'aiuto di qualcuno che ne sappia un po' di auto d'epoca (indicativamente, auto fino agli anni '30). PS: intendo caricare le immagini su Commons, ovviamente per ora con titoli temporanei, ma non l'ho ancora fatto, quindi per ora di immagini non ne vedrete, anche se spero di lavorarci appena possibile: semmai se c'è qualcuno disponibile ad aiutarmi mi scriva in talk, così non attende qui invano.--C. crispus(e quindi?) 22:42, 13 feb 2020 (CET)

La gara che intendi è la Arona-Stresa-Arona. Questi due articoli citano alcune delle vetture storiche presenti, pochine purtroppo rispetto alle 50 che hai fotografato tu: ASI, Quattroruote. In generale scommetto che quelli dell'ASI - Automotoclub Storico Italiano saprebbero identificarle tutte (Contatti ASI - tentar non nuoce, al massimo ti dicono di no). --87.9.124.28 (msg) 08:42, 14 feb 2020 (CET)
Ok, grazie per le informazioni, intendevo esattamente quella corsa. Ho contato le auto fotografate e (ammesso che sul telefono le abbia tutte, avendole fotografate pure con una fotocamera) me ne risultano 34 (alcune erano state fotografate due volte). Proverò a vedere cosa trovo negli articoli che mi citi, per il resto chiederò all'ASI. Buon proseguimento. --C. crispus(e quindi?) 13:52, 14 feb 2020 (CET)

Visione "quantitativa" dello studio

Sto mettendo ordine in una interessante discussione avvenuta tra insegnanti e industriali, che riguarda la preparazione degli studenti che il "mondo del lavoro" richiederebbe alla istituzione Scuola. Nonostante vi siano parecchi punti di contatto condivisi, il punto sul quale non ci si schioda, in breve, riguarda il tema della specializzazione spinta: gli insegnanti dicono che la rapida evoluzione tecnologica rende impossibile questo traguardo, che una specializzazione spinta rischia di circoscrivere eccessivamente l'ambito operativo futuro dello studente e che, invece, sono le basi ad essere il reale fondamento di una preparazione che potrà nello specifico venir completata in azienda. E che comunque è anche una questione di tempi: l'intero ciclo di studi di un soggetto è zeppo di insegnamenti che si fatica a considerare "sacrificabili" (si alludeva a certe materie umanistiche), è stata citata anche la nota barzelletta del bambino preistorico, che se non altro aveva ben poca storia da studiare...

Ora, la questione che mi interesserebbe approfondire riguarda proprio la questione legata alla "quantità" di nozioni necessarie: è mai stato svolto uno studio approfondito su questo? Ovvero, si è mai fatto il calcolo di queste quantità?

(Preciso che l'aspetto critico che riguarda la "qualità" dell'insegnamento non è in discussione, su questo il consenso è totale.)

Qualcuno ha qualche informazione o link da suggerire? Grazie, --Captivo (msg) 13:04, 13 feb 2020 (CET)

Nel Regno Unito i "college", che sostituiscono la "scuola superiore italiana", forniscono già delle nozioni molto specialistiche, per cui un diplomato inglese può fare un lavoro specialistico e sa farlo, quindi IMHO non è un problema di quantità di nozioni. --Daniele Pugliesi (msg) 16:40, 13 feb 2020 (CET)
Grazie per il contributo, ma non è quello che ho chiesto :-)
--Captivo (msg) 00:42, 14 feb 2020 (CET)
Alla domanda «è mai stato svolto uno studio approfondito sulla "quantità" di nozioni necessarie» non saprei risponderti. Studi sul problema del mismatch fra percorsi formativi e competenze richieste dal mondo del lavoro sono stati condotti a più riprese dalla Fondazione Giovanni Agnelli, prova ad esempio a guardare qui.
Che cosa tu intenda per "quantità di nozioni" non mi è chiaro, però. Direi che è un dato acquisito da molti anni che non si debba focalizzare l'attenzione sui risultati di un percorso formativo in termini di "sapere" ma di "saper fare".
Poi, "necessarie" per che cosa? Nei percorsi (scolastici o universitari) che hanno come obiettivo una figura professionale ben definita (come nel caso degli istituti tecnici e professionali) esistono attività didattiche curricolari (stages e tirocini) che dovrebbero permettere di tenere sotto controllo l'adeguatezza del livello di "addestramento professionale" in funzione di quegli specifici sbocchi lavorativi. Per quanto riguarda invece percorsi formativi "generalisti" (percorsi liceali e buona parte dei corsi di laurea), non essendoci una figura professionale di riferimento è difficile identificare quali conoscenze "specialistiche" siano "necessarie". Quando se ne discute nelle sedi a ciò deputate (i Comitati di Indirizzo) i rappresentanti del "mondo del lavoro" quasi sempre sottolineano l'importanza delle cosiddette "soft skills", il che sembra andare in direzione opposta all'idea di "quantificare le nozioni necessarie" (a dire il vero, non riesco neppure ad immaginare come si potrebbe fare una simile "quantificazione").
Non molto tempo fa, assistendo alla presentazione dell'ennesima ricerca sul tema del mismatch presso la mia Università, ho notato alcune cose sorprendenti. Una di queste è che una buona conoscenza dell'inglese è considerata un requisito molto importante dagli studenti intervistati, mentre non è considerata un requisito altrettanto importante dai potenziali datori di lavoro: il che si può spiegare col fatto che gli studenti reputano "importante" ciò che può consentire di trovare più facilmente un lavoro adeguato - magari all'estero - mentre i potenziali datori di lavoro si basano sulle proprie esigenze, e se loro cercano personale poco qualificato (come purtroppo avviene prevalentemente in Italia) le risposte saranno in conseguenza. Per contro, a me ingenuamente sembrerebbe importante che chi esce da un percorso formativo (quale che sia) e deve entrare nel mondo del lavoro abbia una buona comprensione dei concetti fondamentali di diritto del lavoro e questioni connesse (fiscali, previdenziali ecc.). E invece, meraviglia! né le associazioni imprenditoriali, né quelle sindacali hanno mai - che io sappia - richiesto l'inserimento nei programmi scolastici di argomenti del genere.
Insomma, a quali "conoscenze specialistiche" ti riferisci? Se provi a chiedere a un panel di responsabili del personale di varie aziende se il candidato ideale per essere assunto da loro dovrebbe sapere più o meno trigonometria, quanto approfonditamente dovrebbe conoscere la geografia o se dovrebbe saper programmare in C++ o in python, difficilmente riceverai una risposta. Nella presentazione a cui ho assistito è emerso che in vari corsi universitari ci si affanna a fare in modo che gli studenti sappiano usare software statistici come R o SAS, per poi scoprire che ai potenziali datori di lavoro interessa solo una conoscenza elementare di Excel.
Non so se queste considerazioni ti possano essere utili; a partire dal sito della Fondazione Agnelli forse puoi trovare materiale più adeguato. --93.36.167.230 (msg) 10:59, 14 feb 2020 (CET)
Non capisco come si possano quantificare le nozioni, sembra che la conoscenza sia qualcosa di cui si possa disporre come lo zucchero. Ci mettiamo tre zollette di nozioni alla lezione di oggi? No, guardi, ho la glicemia alta, facciamo due. Scherzi a parte, molte "nozioni" sono fra loro collegate (problema che sfugge spesso in questo tipo di discussioni). Per cui per saper "programmare in C++ o in python" non è una attività astratta che sarebbe tanto bello insegnare agli studenti se non fosse per quegli insegnanti arretrati che non sanno usare i computer. Per saper programmare serve spesso avere una buona conoscenza della lingua inglese, se non altro perché la documentazione su molte librerie è scritta in inglese. Serve conoscere la matematica, perchè a meno che non si tratti di mettere in piedi una pagina web aziendale, programmare non è altro che trovare e codificare una soluzione ad un dato problema. Voglio bestemmiare, serve anche studiare la filosofia e le lingue antiche, non solo per imparare a ragionare in modo logico, ma anche per riuscire a sapersi esprimere e a districarsi in un linguaggio diverso da quello comune (molti studenti hanno magari in mente un algoritmo, ma hanno spesso difficoltà a riuscire a tradurlo in un linguaggio di programmazione qualsiasi). Da questo punto di vista si possono tranquillamente sacrificare argomenti come lo studio delle disequazioni di secondo grado o la fisica aristotelica, ma non si guadagnerebbe molto in termini di competenze specifiche. Anche perchè il trend è sempre stato quello della sostituzione delle competenze specifiche con la tecnologia: alla fine degli anni novanta conoscere l'HTML poteva essere una compentenza rilevante (sono abbastanza vecchio da aver partecipato a scuola a questi corsi pratici), al giorno d'oggi per creare un sito web non serve nemmeno sapere cosa sia l'HMTL; peggio ancora, la promozione viaggia sui social network piuttosto che sui siti web. Fino a dieci anni fa il machine learning richiedeva un'ottima conoscenza dell'informatica, mentre al giorno d'oggi esistono strumenti con cui si può creare e addestrare una rete neurale senza praticamente sapere nulla o quasi di programmazione. X-Dark (msg) 14:49, 14 feb 2020 (CET)
Ringrazio per i contributi. Il materiale della Fondazione Agnelli è interessante, seppure più allineato dalla parte di chi solleva un problema piuttosto che da quello che il problema lo risolve, ma va bene.
Ovviamente non sostengo che sia possibile quantificare la preparazione di un individuo, la curiosità mi derivava dall'atteggiamento un po' contraddittorio che ho riscontrato in diversi datori di lavoro (perlopiù industriali e di aziende di servizi), che da un lato vogliono una maggiore preparazione tecnica e dall'altro persone che non sappiano solo svolgere il compito tecnico ma siano anche formati umanamente. In buona sostanza, vogliono tutto e non sanno dire a cosa si dovrebbe rinunciare. La scuola ha tanti difetti, certo, ma anche chi la critica non ne è esente. La si può vedere come un caso riconducibile al famoso trillemma "presto, bene, a basso costo", quello dove al massimo si possono quadrare solo due elementi, mai tutti e tre.
Per inciso, [@ X-Dark], personalmente sono totalmente a favore di un buon insegnamento delle materie umanistiche e trovo invece poco sensata l'iperspecializzazione, tipo il corso HTML che hai citato, se non come attività extra-programma poiché sono competenze che rischiano di diventare obsolete rapidamente. Per dire, a un futuro tornitore dovrò spiegare più la tecnologia dei materiali che l'uso di una specifica macchina, a un futuro programmatore più la logica dei linguaggi che uno specifico linguaggio, eccetera. Senza dimenticare che una buona preparazione umanistica magari non se la spendono in azienda ma partecipando alla vita di tutti i giorni.
Chiedendo scusa per la prolissità, preciso che non sono un insegnante, solo un tizio che sta a metà strada tra i due mondi. --Captivo (msg) 13:12, 18 feb 2020 (CET)

Probabilità

 

Salve. So che molti saranno scocciati nel ricevere un'altra domanda di probabilità; scusatemi.

Ho letto la domanda posta qualche settimana fa, l'ho seguita con attenzione, e l'ho capita. Quello che non ho capito, sulla base di quello che ho letto in quella discussione, è il senso del ragionamento del Problema di Monty Hall.

Ok all'inizio ho una probabilità di 1/3 di scegliere la porta con l'automobile. Ma nel momento in cui mi viene svelata una porta con la capra, a quel punto ho comunque una probabilità del 50% di vincere l'auto, sia se cambio porta che no.

È lo stesso ragionamento del testa o croce. Lo schema della voce che ho riportato qui ha senso se prendo lo stato iniziale. Ma nel momento in cui una porta mi viene svelata, a quel punto mi ritrovo in un nuovo "universo" in cui ho 2 porte e sicuramente dietro una c'è la capra e dietro l'altra c'è l'auto. O almeno così la vedo io. Anche con testa o croce all'inizio dico che ho il 25% di possibilità di fare TT, ma nell'instante in cui lancio la moneta ed esce T, a quel punto una parte della probabilità si è "risolta", e a quel punto lanciando la seconda volta posso dire di avere il 50% di probabilità di vincere, perchè mi trovo in un nuovo "sistema"

Qualcuno mi spiega cosa mi è sfuggito del paradosso di Monty-Hall?


--95.246.136.215 (msg) 13:30, 16 feb 2020 (CET)

Non sono due porte "uguali" tra cui scegliere al 50%: sono "la porta che avevi scelto prima" e "l'altra". La "porta che avevi scelto prima" è una porta che ha 1/3 di probabilità di essere corretta, perché quella era la probabilità quando è stata scelta; "l'altra" è la rappresentante di tutte le porte che non avevi scelto: contiene il premio ogni volta che, alla prima scelta, tu non avevi indovinato, quindi assorbe su di sé i rimanenti 2/3.
Esiste un modo semplice per convincersene, credo: esagera i numeri. :-) Ci sono un milione di porte e tu ne scegli una. Adesso ne apro 999.998, tutte vuote, così ne rimangono due, "quella che avevi scelto" e "l'altra". Trovi più probabile che tu ci avessi azzeccato la prima volta, che tu stia tenendo la mano sulla maniglia della porta con il premio, o che il premio sia nell'altra? -- Rojelio (dimmi tutto) 13:53, 16 feb 2020 (CET)
Inoltre, invece di ragionare in termini di "quella che avevi scelto prima", immagina di metterci un'etichetta: non sono due porte uguali, sono "la porta con l'etichetta" e "la porta senza etichetta". Quando l'etichetta è stata messa, c'era 1/3 di indovinare: non importa cosa succede dopo: la porta con l'etichetta sarà sempre quella con 1/3 di probabilità di essere giusta. -- Rojelio (dimmi tutto) 13:55, 16 feb 2020 (CET)
corretto, ma ricordiamoci sempre di Problema_di_Monty_Hall#Il_conduttore_non_sa_cosa_ci_sia_dietro_le_porte --Hal8999 (msg)

Cittadini italiani nati nelle colonie italiane

Vorrei togliermi una curiosità sui cittadini italiani nati nelle colonie italiane, ovvero il loro codice fiscale.

Quando è stato istituito il codice fiscale, ai comuni dell'Istria è stato attribuito un codice catastale (per esempio: Provincia di Pola#Elenco dei comuni), ma non sono riuscito a trovare lo stesso per i territori coloniali che l'Italia possedeva prima del secondo conflitto mondiale. Quindi, prendendo come esempio tre grandi della cultura e dello spettacolo italiani, Franco Califano, Bruno Lauzi ed Oreste Lionello, tutti e tre nati nelle colonie italiane (rispettivamente a Tripoli, Asmara e Rodi), cosa apparirebbe come codice catastale del comune/stato di nascita del loro codice fiscale?

Il CF ...fotografa la situazione geopolitica e amministrativa al momento della nascita della persona fisica; per tale motivo esso deve riportare l'effettivo luogo (se in Italia) o Paese (se nato all'estero) di nascita della persona, non quelli attuali eventualmente soggetti a modificazioni... (ho citato la pagina di Wikipedia sul codice fiscale). La situazione, per tutti e tre, al momento della loro nascita è che si trovavano su territorio italiano (l'Eritrea ritornerà ad essere parte dell'impero etiope nel 1941 e come stato nascerà solo nel 1993, mentre la Libia indipendente nascerà nel 1951 come Regno di Libia, o tuttal'più nel 47 come amministrazione alleata franco-britannica)

Sia chiaro, non mi interessa il codice fiscale di Califano, Lauzi e Lionello, ma solo quale codice catastale di nascita si utilizza per casi come questi, tutt'altro che rari, visto che sia i siti del calcolo del codice fiscale online che siti come [1] non mi hanno aiutato.

Qualcuno mi saprebbe aiutare?

--87.17.14.204 (msg) 14:10, 16 feb 2020 (CET)

Prova a vedere qui. --Captivo (msg) 13:28, 18 feb 2020 (CET)

Poemi elencati per numero di versi

Non si giudica un libro dalla copertina, né un software dalle righe di codice - e quindi nemmeno un poema dal numero dei versi. Però è curioso che Wikipedia abbia una tabella dei programmi televisivi con più episodi (avreste detto che uno show tedesco sorpassa di brutto Sentieri?), ma non una tabella dei poemi con più versi. La voce Mahābhārata ci dice che è il poema più lungo del mondo, la sezione Divina Commedia#Struttura confronta quattro poemi celebri, la voce en:Long poem analizza il genere e fornisce qualche nome e ordine di grandezza, ma una "classifica" vera e propria non la trovo. Sarà possibile trovarla altrove - o è un esercizio di statistica tanto inutile che a nessuno è venuto in mente di compilarla? :) --95.232.124.155 (msg) 18:41, 13 feb 2020 (CET)

Sull'utilità non mi pronuncio, noto solo che quella citata su en.wiki è relativamente semplice da compilare poiché sono già disponibili i dati, mentre quella sui poemi richiederebbe una elaborazione abbastanza complessa. Tanto per ribaltare l'esempio, una tabella sulla quantità di poemi per ciascun autore sarebbe facile, una sulla quantità di battute dei personaggi di una serie TV, difficile. --Captivo (msg) 13:19, 18 feb 2020 (CET)
Grazie per la risposta! In effetti non l'avevo pensata così :) --87.9.121.141 (msg) 10:37, 22 feb 2020 (CET)

Partizione MBR

Una partizione MBR convertita in GPT, rimane GPT anche dopo la formattazione o occorre ripetere la conversione? --2001:B07:6442:8903:C4AA:7612:A169:A24E (msg) 18:43, 19 feb 2020 (CET)

Se per formattazione intendi "creazione di un nuovo file system dentro la partizione", non ha motivo di toccare nulla perché si riferisce a tutt'altro: MBR/GPT è il modo con cui il disco tiene traccia di quali partizioni esistono, indipendente da cosa poi tu decidi di scrivere dentro le partizioni (ovvero quale/i file system usare). -- Rojelio (dimmi tutto) 19:09, 19 feb 2020 (CET)

Domanda di chimica

Ho una domanda sui carbonili. Tra i tanti composti carbonilici (ammidi, acidi, esteri, alogenuri acilici...) esistono composti con il gruppo carbonilico legato a un nitrito NO2-? Per dire, una cosa simile ai composti di coordinazione, dove NO2- si può legare o tramite l'azoto o tramite l'ossigeno, e quindi a dare composti del genere:

          CH3-C=O                    CH3-C=O
              |                          |
              O-N=O                      N-O
                                         |*
                                         O

Esistono questi tipi di composti? (dove c'è l'* c'è una risonanza del doppio legame N=O e della carica negativa tra i due ossigeni, mentre nella stessa molecola l'azoto è carico positivamente. Purtroppo non sapevo come disegnarle)

--87.9.164.40 (msg) 18:00, 20 feb 2020 (CET)

Sciti e Slavi

Gli Sciti e gli Slavi vennero mai in contatto? Se sì, quali furono i rapporti? Questo dipinto di Vasnecov è verosimile? https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/c/cb/Бой_скифов_со_славянами.jpg Pietro Bosi (msg) 13:58, 22 feb 2020 (CET)

Premettendo che certezze non ve ne sono, trattandosi di popoli antichi, l'area di origine dei (proto)-slavi (approssimativamente la zona compresa tra le attuali Polonia orientale e Bielorussia e Ucraina occidentale) era contigua con quella posta sotto il dominio degli Sciti durante la loro età dell'oro (le Steppe pontico-caspiche, con l'odierna Ucraina meridionale e la Crimea). Le prime culture slave subirono una forte influenza da parte dei Sarmati, popolazione etnicamente e culturalmente affine agli Sciti e che intorno alla fine del terzo secolo a.C. aveva assoggettato gran parte del territorio occupato dai primi; la cultura sarmata fu poi seminidistrutta dalle invasioni di Goti e Unni nel quarto secolo d.C., e ciò che rimaneva (come pure ciò che rimaneva degli Sciti propriamente detti) fu assimilato dagli slavi tra il quinto e il sesto secolo d.C.. Vedi en:Early Slavs, en:Scythians e en:Sarmatians e relative fonti citate. --Franz van Lanzee (msg) 18:37, 22 feb 2020 (CET)

Grazie mille!Pietro Bosi (msg) 09:46, 23 feb 2020 (CET)

Ucronia

cb La discussione proviene dalla pagina Discussione:Prima guerra mondiale#Ucronia .
– Il cambusiere Franz van Lanzee (msg)

Senza l'intervento statunitense, gli imperi centrali avrebbero potuto vincere la grande guerra? Jenoveffo (msg) 16:31, 23 feb 2020 (CET)

Anche con gli Stati Uniti neutrali le probabilità di vittoria rimangono nettamente a favore degli anglo-franco-italiani.
Il primo consistente impiego delle forze di terra statunitensi avviene nel giugno 1918 con la Battaglia di Bosco Belleau, per poi diventare più ragguardevole in luglio (Battaglia di Château-Thierry) e quindi in settembre (Battaglia di Saint-Mihiel). Per queste date l'Offensiva di primavera tedesca, la spallata "tutto per tutto" di Ludendorff sul fronte occidentale, era ormai sostanzialmente fallita, sancendo l'impossibilità per la Germania di vincere la guerra; certo, senza il contributo degli Stati Uniti la controffensiva degli anglo-francesi (Offensiva dei cento giorni) risulterebbe meno potente, dando una possibilità in più all'esausto esercito tedesco di non crollare entro la fine del 1918 e di resistere sulle sue posizioni; il prolungamento del conflitto nel 1919 non è però di nessuno aiuto agli Imperi centrali, tutt'altro: un altro anno di guerra, fame e sofferenze fa decisamente aumentare la possibilità di rivolte interne a Germania e Austria-Ungheria, con scenari "alla Pietrogrado" nelle strade di Berlino e Vienna.
La verità è che il dominio del mare consente agli Alleati di convogliare verso se stessi tutte le risorse che possono raccogliere dai quattro angoli del pianeta, mentre il blocco navale isola gli Imperi centrali dal resto del mondo; di conseguenza, più la guerra si prolunga più gli austro-tedeschi vanno spegnendosi per mancanza di risorse. --Franz van Lanzee (msg) 10:53, 24 feb 2020 (CET)
Detto da uno che si chiama Franz, possiamo fidarci :) --95.248.151.86 (msg) 21:54, 25 feb 2020 (CET)

Secondo il mio parere, vi è un'altra opzione possibile. Le ultime offensive di primavera sono state tentativi disperati di contrastare il nemico che ormai disponeva di tre eserciti. Forse, Ludendorff, avrebbe preferito far restare i tedeschi in difesa fin dell'equinozio di marzo, tentando di logorare le truppe l'avversario per poi sancire una pace in cui i confini al fronte occidentale sarebbero restati i medesimi. Oppure, dopo i successi iniziali, nei quali le forze tedesche avrebbero subito meno perdite per l'assenza di truppe "fresche" statunitensi e, per evitare che l'economia tedesca venisse strangolata dal blocco navale britannico, l'impero Tedesco avrebbe proposto di sottoscrivere un trattato. Le truppe Francesi, erano ormai devastate, dunque la Francia avrebbe probabilmente firmato. Per quanto riguarda la Gran Bretagna, a lei interessava principalmente l'autonomia del Belgio. Si sarebbe giunti così all'annessione del reich del Lussemburgo e/o del bacino bacino di Brey-Longwy; ma in cambio la Germania avrebbe dovuto pagare la maggior parte delle riparazioni di guerra. I confini delle colonie sarebbero rimaste immutate, o al massimo la Gram Bretagna avrebbe ottenuto dei porti in Cameroon, Nambia o Tanzania. Naturalmente sono tutte ipotesi, non vi è una risposta oggettiva e sicura al mio quesito.

Le penne a sfera sono reciclabili?

Mi chiedo, non avendo trovato una seria risposta, se le penne (es. bic o affini, con corpo in bachelite) siano riciclabili o meno. E' ovvio che data l'eterogenerità del pezzo (puntale e cartuccia) vada separata. Però non comprendo se, il corpo, che è gran parte del rifiuto "penna esausta", sia reciclabile o meno. Qualcuno sa? :) --37.162.186.123 (msg) 12:55, 25 feb 2020 (CET)

Il corpo delle penne Bic non è in bachelite, è in comunissimo polistirene, mentre i cappucci sono in polipropilene. Di per sé sarebbero riciclabili come qualunque altro oggetto in polistirene, ma in Italia si conferiscono nella raccolta differenziata della plastica solo gli imballaggi (e pochi altri oggetti, come bicchieri e piatti usa-e-getta). Nel sito dell’agenzia di raccolta dei rifiuti della tua zona troverai sicuramente indicazioni su quello che si può conferire nella plastica. Ad esempio, se cerchi qui trovi che una penna biro va nei rifiuti "non recuperabili". Dopodiché, a naso io direi che se finisce in discarica è male, se invece finisce in un termovalorizzatore va benissimo. Non sono un esperto, ma credo che se l’immensa quantità di plastica che si accumula negli oceani (magari dopo essere stata riciclata più volte) fosse finita nei termovalorizzatori, avremmo un problema in meno (non so però il risultato in termini di emissioni di CO2) --5.90.40.52 (msg) 15:42, 25 feb 2020 (CET)
Ti ringrazio per la risposta, mi scuso per l'ignoranza in materia. Non ho capito tuttavia una cosa: se l'imballaggio è in polistirene si può buttare nella raccolta per il riciclaggio, ma una penna in polistirene no? Non capisco il senso. Leggo nella voce, infatti, che il codice 06 del polistirene è usato proprio per il riciclaggio. Cosa c'entra la funzione che ha avuto sul poterlo riciclare o meno? --37.162.186.123 (msg) 16:39, 25 feb 2020 (CET)
La raccolta e il trattamento dei rifiuti in plastica in Italia è gestita dal CONAI, che si occupa solo degli imballaggi. Il concetto, per quanto ho capito io, è che chi produce imballaggi di plastica paga attraverso il CONAI un contributo alle spese di riciclo, mentre non lo paga chi produce oggetti in plastica che - a differenza degli imballaggi - non sono destinati per loro natura a finire immediatamente nei rifiuti. Dei prodotti usa-e-getta, che nei rifiuti ci finiscono dopo breve tempo, alcuni (attualmente) sono trattati come gli imballaggi, altri no. Tanto più che penne biro, pennarelli, rasoi ecc. non sono interamente in plastica. Diciamo che c’è ancora parecchia strada da fare per arrivare a soluzioni completamente ragionevoli. --5.90.40.52 (msg) 17:38, 25 feb 2020 (CET)
Quindi in tal caso sarebbe più un problema di burocrazia che un reale problema del materiale di cui è costituita la penna. Ma a questo punto mi chiedo: se uno erroneamente (smembrando la penna ovviamente, cioè togliendo il puntale) la butta nel contenitore della plastica cosa accade? Mi sembra surreale si riesca a dividerlo da un eventuale imballaggio costituito dello stesso materiale (sebbene la bic non abbia pagato per essere così smaltita). E' davvero curioso quanto mi hai spiegato, non lo sapevo proprio :) --37.162.186.123 (msg) 17:47, 25 feb 2020 (CET)

Canzone macchina della verità in Riptide

Nel telefilm Riptide, il nerd Murray interpretato da Thom Bray inventa aggeggi improbabili, tra cui almeno tre diverse "macchine della verità". La più nota è l'anello dell'umore (presente fin dalla prima puntata), poi c'è una teca con una semisfera che si illumina di rosso e fa rumore se qualcuno dice una bugia (questa è facile da trovare su Internet: quinto episodio della seconda stagione, "Beat the Box"), ma ce n'è un'altra, non so in che episodio: un giradischi che suona quando qualcuno mente (o dice la verità?). Che canzone suonava? Un pezzo famoso di quei tempi o un brano scritto per l'occasione? Aveva una cadenza tipo "na na nii, na na na na nii, oh-a-lele-lele-oh-lele-oh" (ovviamente non diceva "oh-a-lele", magari diceva "oh my baby", ma figuratevi se dopo tanti anni mi posso ricordare le parole, non sapevo l'inglese all'epoca, e anche adesso non sono proprio una cima). --82.54.127.237 (msg) 16:05, 27 feb 2020 (CET)

Aggiornamento: il mitico Midomi (già citato in altre occasioni qui all'Oracolo) mi ha dato una dritta, la canzone è quasi sicuramente Do Wah Diddy Diddy, immagino nella versione dei Manfred Mann, non l'originale delle Exciters. Il mio "na na nii, na na na na nii, oh-a-lele-lele-oh-lele-oh" corrisponde all'inizio, che dice "There she was just walking down the street / Singing do wah diddy diddy down diddy do". Ma in che puntata compariva? --82.54.127.237 (msg) 16:34, 27 feb 2020 (CET)
Hmmmm vedo su Amazon un utente lamentarsi del fatto che nei DVD la colonna sonora è stata modificata, e che tra le varie cose manca "Do wah diddy" nell'episodio "Catch of the Day" (terzo episodio della seconda stagione). Ne ho visto un pezzo su Youtube e Dailymotion e in effetti c'è una sorta di poligrafo collegato ad un giradischi, potrebbe essere quello che ricordo. La canzone non è quella, ma se il tizio di Amazon ha ragione potrebbe essere stata modificata e sarà quasi impossibile trovare una registrazione originale... --82.54.127.237 (msg) 16:52, 27 feb 2020 (CET)