Basilica santuario di Maria Santissima del Mazzaro

edificio religioso di Mazzarino

La Basilica - Santuario di Maria Santissima del Mazzaro o di Santa Maria Maggiore è uno dei principali luoghi di culto cattolico della città di Mazzarino e della diocesi di Piazza Armerina. Vi si venera la Madonna delle Grazie, Patrona della città, sotto il titolo del "Mazzaro". La Basilica sorge nel centro storico della cittadina siciliana, nella estremità nord-orientale del corso Vittorio Emanuele.[1]

Basilica - Santuario di Maria Santissima del Mazzaro (Mazzarino)
Prospetto principale della Basilica
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneSicilia
LocalitàMazzarino
IndirizzoPiazza Regina del Mazzaro
Coordinate37°18′19.93″N 14°13′12.81″E / 37.305536°N 14.220224°E37.305536; 14.220224
ReligioneChiesa Cattolica di rito romano
TitolareMaria Santissima del Mazzaro o Santa Maria Maggiore
Diocesi Piazza Armerina
ConsacrazionePrima consacrazione nel 1154 dal vescovo di Otranto Girolamo.

Seconda consacrazione il 2 luglio 1883 dal Vescovo di Piazza Armerina Monsignor Saverio Gerbino

FondatoreEnrico del Vasto (la prima cappella del 1125).

Manfredo del Vasto (la seconda chiesa del 1154).

Padre Ludovico Napoli cappuccino (la terza chiesa del 1739)

ArchitettoNatale Bonajuto da Siracusa
Stile architettonicoTardo Barocco siciliano

Neoclassico

Inizio costruzione1739 -1782
Completamento1855
Sito webwww.beweb.chiesacattolica.it/edificidiculto/edificio/6606/

L'edificio è un tipico esempio di architettura tardo-barocca, diffusasi nel territorio della diocesi di Siracusa e del Val di Noto, cui Mazzarino amministrativamente apparteneva, nel periodo successivo al terremoto del 1693.[2]

Fu progettata nel 1739 dall'architetto siracusano Natale Bonajuto detto "Santuccio", su interessamento del frate cappuccino servo di Dio Reverendo Padre Ludovico Napoli da Mazzarino (27 giugno 1708 - 23 aprile 1764).

Le spese per la costruzione del tempio vennero sostenute quasi interamente dal popolo di Mazzarino e con i proventi delle rendite fondiarie apparteneti alla chiesa[3]. Mentre la facciata venne in gran parte finanziata da una cospicua donazione del cav. Luigi Sortino Orsini, Capitano dei Granatieri di Siracusa[4].

La chiesa ha dignità di Basilica minore e di santuario mariano diocesano.[1]

Storia modifica

 
La basilica

Epoca normanna modifica

 
Interno della basilica

Le vicende storiche legate alla Basilica del "Mazzaro" hanno origine 16 settembre 1125 allorquando, secondo una leggenda popolare, all'interno di una grotta sotterranea, proprio nel luogo in cui successivamente fu eretta la chiesa, il pastore di un gregge rinvenne un dipinto raffigurante la Madonna delle Grazie tra le Sante martiri siciliane Agata e Lucia e un crocifisso, illuminati da una lampada votiva[5][4].

L'antropologo Giuseppe Pitré nel volume dedicato alle tradizioni religiose della Sicilia riporta:

«In un bosco, dove ora trovasi l’odierno Mazzarino, l’anno 1125 di nostra era, pascolandovi un gregge di porci, uno di questi animali si allontanava sovente e si portava in un punto estremo del medesimo a procacciarsi il nutrimento scavando col grugno la terra. L’animale ripetendo per giorni l’allontanarsi ed il recarsi in quel dato punto, eccitò la curiosità del custode del gregge, che, recatosi in quel punto, con sua sorpresa osservò un buco nel suolo che a sotterraneo guidava. Egli ne scava la rimanente terra e scende in quella caverna. Grande dovette essere la di lui sorpresa quando osservò una lampada accesa innanzi la sacra immagine, niente logora e macchiata dall’umido...»

 
Prospetto esterno

La storiografia locale narra che tali oggetti sacri furono sotterrati per evitarne la distruzione, a seguito dell'editto iconoclasta del 730 d.C. del imperatore di Costantinopoli Leone III detto l'Isaurico[4].

Riporta lo storico locale Pietro Ingala:

«Un pastore d'immondo gregge condussesi a pascolarlo nel folto del bosco, godendosi nella propria semplicità il romantico apparato della verdeggiante collina e delle sottostanti campagne, e lasciando vagare gli animali dei quali era custode. Sua mira era di tenere gli animali quasi radunati, ma discostosi per poco, si avvide che una di quelle bestie stavasene appartata dalle altre, e piegata sulle gambe anteriori, com'è proprio istinto, scavava col grugno nel suolo. Corso nel luogo e vista la bestia genuflessa, tentò, bastonandola di associarla alle altre che aveva lasciate; ma fu inutile. Nella sua impazienza seguitando, e cercando di spingerla, s'accorse che la bestia aveva perforato il suolo, e che quel buco rispondeva ad un vano sotterra. Curiosando vi guarda dentro, e rimane stupito in osservare ivi una lampada accesa. Non curante del gregge, scava allargando a buca a tale da aprirvi un adito per entrarvi. Discesovi e cavatene le pietre, scuopre, al chiarore di quella lampada, l'immagine della Madonna, dipinta sul legno, seduta fra le sante siciliane Agata e Lucia, la stessa immagine che tuttora conservasi fra noi, e si venera quale patrona della città, la festa della quale si solennizza ogni anno nella terza domenica di settembre. Sbigottito il pastore, corre ed annunzia l'accaduto a quanti incontra; ed il magistrato ed il popolo in una al clero, vengono nel bosco ad accertarsi del rinvenimento. Dissepolta l'Immagine, festosamente venne trasportata dal bosco al paesello, ove le fu eretto un altare nella chiesa madre, e sovr'esso si espose alla pubblica venerazione, insieme al Crocifisso trovato con la immagine, che parimenti ancora conservasi. Il popolo gaudente, secondo la greca scritta apposta a piè del dipinto, la proclamò Madre delle Grazie, padrona e protettrice in ogni bisogno della città. Per viemmeglio confermarle il patronato, in seguito venne appellata Maria SS. del Mazzarino, e per abbreviativa corruzione del vocabolo irregolarmente anche oggi s'intitola Madonna del Màzaro.»

Sul luogo del ritrovamento fu edificata per volere del marchese Enrico del Vasto, signore delle città di Mazzarino e di Noto, una cappella, per accogliere la sacra icona[4], subito proclamata dal popolo patrona del luogo, ed esporla alla venerazione col titolo di Nostra Signora del Màzzaro, in riferimento proprio al luogo del ritrovamento[3].

 
Interno

Nel 1154 il conte Manfredi del Vasto, figlio di Simone, divenuto nel frattempo nuovo signore della contea, decise di edificare una chiesa più grande ed elegante[1].

Tale seconda chiesa, come riportato dallo storico Pietro di Giorgio Ingala, era costituita da unica navata, e in stile greco-normanno. Ad essa vi si accedeva per il tramite di un portale di ingresso con arco a sesto acuto, tipico dell'epoca. La struttura, inoltre, diversamente da quella attuale, era rivolta a sud. L'edificio, infine, secondo le fonti, occupava circa i due terzi della Basilica attuale[4].

In nuovo edificio, così costruito, venne consacrato dal vescovo di Otranto, Girolamo, nel aprile del 1154, essendo vacante la sede episcopale di Siracusa, dalla cui giurisdizione dipendeva la contea di Mazzarino[4].

Il conte Manfredi, all'atto della solenne consacrazione donò alla chiesa cospicue rendite per il mantenimento della stessa[4].

Tale avvenimento storico è così riportato dall'Ingala[4]:

«Trovavasi allora Mazzarino sotto il dominio di Siracusa, e Manfredi, figlio del conte di Policastro che ne era signore, dal 1135, come anche di Noto e di Mazzarino, venuto a conoscenza dell'avvenimento narratogli, da pio e devoto qual era, portossi in Mazzarino, per accertarsene ocularmente. Uomo religioso, bello di forme e di sembiante, destro e coraggioso nelle armi, spinto dalla pietá, credette, appena giuntovi, demolirsi la piccola cappella, eretta per memoria sul sito del rinvenimento, dalla devozione del popolo, ed in sostituzione erigersi a sue spese un conveniente tempio. Si diede mano ai lavori, e come dice il Digiovanni nella sua Storia Ecclesiastica (Vol. I1. pag. 263. Palermo 1847) nel secondo mese, cioè in aprile 1154, la chiesa era bella e compiuta. Nell'aprile stesso, credette opportuno Manfredi far consacrare il novello tempio; ma vacando la sede vescovile di Siracusa, cui la cerimonia di dritto competeva, col consenso del Ciantro, fece consacrarlo da Geronimo, vescovo di Otranto, assistito dai rappresentanti della Curia vescovile Siracusana. Dal vescovo stesso fece redigere l'atto della larga donazione che fece, in favore del tempio, con l'intervento della moglie Beatrice; donazione che comprendeva vaste possessioni nel territorio medesimo ed innumeri privilegi pel tempio e pel clero, come appare dal detto istrumento, informato ai costumi del tempo. Manfredi, sebbene dimorante in Siracusa, aveva anche in Mazzarino la propria casa, per le occorrenze di qualche sua venuta, ov'ebbe ad alloggiare col vescovo e con la corte, in occasione della consacrazione del tempio magione che doveva certamente essere splendida, e tale da convenire ad un conte par suo, fattavi erigire o da lui stesso all'atto di essere divenuto signore della città, o da signori suoi antecessori, com'è più probabile. Infatti eglí fa menzione della sua abitazione, [...]nell'atto di donazione fatta al tempio di Nostra Signora...»

Una lapide posta all'ingresso della basilica ricorda tale avvenimento:

«SACRATISSIMAE IMMAGINI B. V. MARIAE DE MÀZARO HUJUS URBIS PATRONAE REPERTAE MIRE CIRCA ANNUM MCXXV HIC REPERTAE TEMPLUM CULTUMQUE EREXIT, LARGITER DOTAVIT, CONSECRARIQUE FECIT PER HYERONIMUMI QUENDAM IIYDRUNTINUM EPISCOPUM ANNO M. C. LIV MANFREDUS SIMEONIS POLICASTRI COMITIS FILIUS BINA DEINCEPS LABE DIFFRACTUM BISQUE RESTAURATU TERTIO TANDEM RUINOSUM A FUNDAMENTIS REFECTUM SUB ASSIDUIS BIUTURNISQUE CURIS R. P. LUDOVICI INDIGENAE, ORDINIS CAPUCCINORUM POPULI MAZARINENSIS AERE SUO ET LABORE AUCTIUS ORNATIUSQUE PERFECTUM ANNO M. DCC.LXXII.»

La volta dell'antica chiesa, secondo le fonti, era realizzata con grosse travi arabescate e dorate, ed era illuminata da finestre con archi di tipo ogivale.[4]

La chiesa, tuttavia, per la vetustità della struttura subì ingenti danni a causa del terremoto del Val di Noto del 11 gennaio del 1693, rimanendo inagibile per diversi anni.[4]

La ricostruzione tardo-barocca post terremoto del 1693 modifica

 
prospetto - notturno

L'attuale costruzione, la terza in ordine di tempo, si deve all'opera apostolica del Reverendo Ludovico Napoli, mazzarinese padre provinciale cappuccino, che di adoperò presso la curia vescovile di Siracusa (retta dal Vescovo Matteo Trigona) e presso il popolo a reperire le risorse necessarie per la fabrica anche mediante donazioni, oboli e il lavoro manuale di murufabri e maestranze locali.[4]

Il progetto venne commissionato all'architetto Natale Buonajuto da Siracusa, nel 1739, in stile tardo - barocco siciliano[4].

 
Fra Ludovico Napoli cappuccino - Fondatore della attuale basilica

I lavori di costruzione del nuovo edificio furono avviati nello stesso anno, e si conclusero nel 1782.

Sebbene la chiesa risulti completa e fruita già dal 1762, la pavimentazione in riggiole di Caltagirone sarà collocata nel 1775.

Nel 1782 fu completata la facciata, grazie alla donazione del cav. Luigi Sortino Orsini, che ne consentì il completamento.[4]

Lo scudo di pietra posto sopra il portone principale riporta la scritta sumptibus populus 1782, a testimonianza del fatto che le spese per la costruzione del edificio furono interamente sostenute dal popolo, anche attraverso il lavoro manuale, come promesso alla Madonna, in occasione della terribile siccità del 1736[2].

 
Stucchi di Giuseppe Utveggio
 
stucchi e affreschi volta centrale

Completata la costruzione nel 1782, la stessa, rimase, tuttavia, priva di decorazioni e ornamenti interni per oltre mezzo secolo, seppure già adibita al culto. Le rifiniture in stucco, infatti, furono realizzate soltanto nella prima metà dell'Ottocento nel 1847 ad opera del palermitano Giuseppe Utveggio, con elementi decorativi a motivi floreali e festoni, con la esecuzione degli affreschi del palermitano Giuseppe Carta nel 1855 e infine con gli affreschi dipinti dal palermitano Pasquale Conti nel 1864.[1].

Nel 1855, terminati i lavori di abbellimento del tempio si svolse una solenne processione e il quadro della Vergine, temporaneamente custodito nella vicina chiesa di Sant'Antonio Abate, venne ricollocato sull'altare maggiore della basilica[4].

Nel 1874 il comitato dei festeggiamenti patronali commissionò allo scultore palermitano Vincenzo Genovese la statua lignea della Madonna del Mazzaro, che venne consegnata nell'agosto del 1875[3].

Il 13 settembre 1876 monsignor Saverio Gerbino consacrò le corone di argento della statua della Madonna e del Bambino Gesù[4].

Nel 1881 fu realizzato il nuovo altare maggiore, in marmi policromi, dal marmista Antonino Piazza su disegno di Giuseppe Giunta-Bartoli, dopo che il precedente, in legno, fu distrutto da un incendio. Il nuovo altare ebbe un costo di cinquemila lire. Una lapide marmorea dietro altare, porta la seguente epigrafe:

«Altare hoc Antoninus Piazza Hujus civitatis Mazareni Costruxit anno 1881»

Ultimati i lavori di ornamento interno, la basilica venne solennemente consacrata, 729 anni dopo la prima del 1154, alla Vergine Santissima delle Grazie, sotto la protezione dei martiri Benedetto, Attanasio, Agata e Lucia, il 2 luglio 1883 dal Vescovo della diocesi di Piazza Armerina Saverio Gerbino[3].

Una lapide posta all'ingresso ne ricorda l'evento.[4]

«TEMPLUM HOC QUONDAM RESTAURATUM, ET IN DIE 2,JULII 1883 CONSECRATUM CURA REV.DI SAC.TIS ROCHI GIUJUSA, UTI PROCURATORIS IPSIUS; AD PERPETUAM REI MEMORIAM, ILL.MUS ET REV.MUS D. D. XAVERIUS GERBINO UT EPISCOPUS CONSECRATOR SEQUENTEM DECLARATIONEM IPSIUS LAPIDI SCRIBERE MANDAVIT ANNO MDCCC.LXXXIII DIE II MENSIS JULII, EGO D.R D. XAVERIUS GERBINO EPISCOPUS PLATIENSIS CONSECRAVI ECCLESIAM ET ALTARE MAJUS IN HONOREM BEATAE VIRGINIS SUB TITULO GRATIARUM (Vulgo del Màzzaro) ET IN HONOREM SANCTORUM M.RUM S. BENEDICTI, S. ATHANASII, S. LUCIAE ET S. AGATHAE QUORUM RELIQUIAS, SIMUL CUM ILLA EX SEPULCRO BEATAE MARIAE VIRGINIS, INCLUSI INTRA SEPULCRUM PRA EDICTI ALTARIS ET STATUI UT IN DOMINICA IV MENSIS JULII CUIUSCUMQUE ANNI, OFFICIUM CUM OCTAVA DEDICATIONIS HUIUS ECCLESIAE CELEBRARETUR, FIRMITER OBSERVATIS RUBRICIS GENERALIBUS BREVIARII ET MISSALIS ROMANI, ITEM CONCESSI SINGULIS CHRISTIFIDELIBUS IN DIE ANNIVERSARIO CONSECRATIONIS HUJUSMODI IPSUM VISITANTIBUS QUADRAGINTA DIES DE VERA INDULGENTIA IN FORMA ECCLESIAE CONSUETA. DATUM MAZARENI IN DECURSU SACRAE VISITATIONIS DIE ET ANNO SUPRADICTIS XAVERIUS EPISCOPUS»

Epoca Contemporanea modifica

 
Foto d'epoca, anni '50 del XX sec.

In occasione dell'anno giubilare del 1900, il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Gaetano Quattrocchi, originario di Mazzarino, incoronò il quadro della Vergine[4].

Nel 1924 il vescovo di Piazza Armerina monsignor Mario Sturzo , con decreto vescovile del 21 novembre, istituì la parrocchia di Santa Maria Maggiore, sino a quella data, infatti, il tempio era una chiesa suffraganea per l'amministrazione dei Sacramenti della Chiesa Madre di Santa Maria della Neve[1].

Tra il 1973 e il 1975 con diversi cantieri sono eseguiti lavori di ammodernamento, con rifacimento del sagrato e la sistemazione dei locali sottostanti la chiesa.

Nel 1978 il vescovo di Piazza Armerina Sebastiano Rosso ha dichiarato il tempio Santuario mariano diocesano[3].

Negli anni '90 e nei primi anni 2000 su interessamento della Soprintendenza per i Beni Culturali della Regione Siciliana sono stati eseguiti importanti lavori di consolidamento delle fondamenta e di restauro delle navate.[1]

Nel 2006 Papa Benedetto XVI l'ha elevata alla dignità di basilica minore con vincolo di affiliazione alla basilica papale di Santa Maria Maggiore in Roma[6].

L'atto di donazione delle rendite del conte Manfredi di Policastro modifica

 
Facciata

Lo storico Pietro di Giorgio Ingala nelle sue Ricerche e considerazioni storiche sull'antica città di Mazzarino del 1889 riporta integralmente la solenne donazione delle rendite alla chiesa fatte dal conte Manfredi di Policastro nel 1154, all'atto di consacrazione della chiesa da parte del vescovo di Otranto, Girolamo:

«In nomine Domini Nostri Jusu Christi Dei aeterni. Anno ab ejusdem Incarnatione ejusdem Domini millesimo centesimo quinquagesimo quarto, Regnante Domino nostro Vellelmo Dei Gratia Sanctissimo et gloriosissimo rege Siciliae, Apuliae Ducatus, Altaliae Capuae principatus, anno primo mense vero secundo post obitum beatissimi regis Rogerii patris sui, mense aprilis, inditione secunda, quod Sanctum et salubre pro defunctis exorare, et pro peccatorum suorum redemptione Deo, ac Sanctae Ecclesiae oblationes dare illius fortissimi viri Judac Macabec exsemplum didictamus, qui collectis duodecim milia dracmas argenti misit Yerosolimam, offerris eos, ibi pro peccatis mortuorum, ut veritas in tali evangelio adhortans dare inquit aelemosinam et omnia mundi sit vobis.

Ego igitur Manfredus comitis Simonis filius, pro anima regis Rogerii felicis memoriae, Deo et Ecclesiae sancta eius genitricis Mariae, quam nuper in Mazarino construxi, oblationes et elemosinas dare extimavi, et comproficiant ad salutem et gloriam gloriosi Comitis Rogerii pro avi mei; qui hanc patriam de impiorum Saracinorum manu, ac tirannide potenter eripuit et sanctac Fidei subiugavit, et animac uxoris cius Adelaidac merilissimae reginae, et an prosit animae Henrici avi mei et cius coniugis comitissae; et ut gloriosa Virgo Dei Genitricis Maria intercedat pro Rege Villelmo, quem nobis de courum stirpe et progeniae, Dei misericordia conservavit ex filiis ipsius, in perpetuum, et ut misericors Deus domino patri me Simoni, mihique suo servo et filiis vel successoribus meis in perpetuum, annuento et consensiento domina Beatrice uxore mea perpetuo liber tradens, confirmo in praedictam Ecclesiam, presentibus literis, offero dono, largior et Sancta Maria de Mazarino totam ipsain terram quod est in loco et super loco ubi quodam fuit Piratum, quae terra est ab Oriente fossatum, per quod decurrit ab altera terra, quae minor continet, et piratus inservit, a meridie Piratum et terram quam Saracini laborant; a septemtrione terram Petri Carusi et Petri Cascperennis. Eodem dono eidem Ecclesia tota ipsam terram, quae montes habet prope Casale, sicut ex omni parte ab eis pluvialis aquae descendit, usque ad inferiorem planitiem ex omni parte.(...)« Omnes bestiae vel pecora huius Ecclesiae, et villanorum suorum per universam terram meam semper quiete et libere pascantur in herba quoque et stabilis suis sine aliquo herbatico, dando alicui; sed Ecclesia auferat herbaticum a suis villanis, de bestiis eorum. Haec igitur omnia superscripta in proprietario jure et libera potestate et sempiterna proprietate Mazarinensis Ecclesiae in omnibus futuris temporibus permaneant sub praecepto et libito Leonis praesbiteri Cajetani, spiritualis patris, et compatris nostri, et successorum suorum canonice in intrantium. Itaque nec nos, nec nostri baeredes et successores, vel aliqua hominis persona de ómnibus praescriptis aliquid conrumpere audeant. Quod si quis a usu temerario facere tentaverit, primam iram et maledictionem Dei, et ejus Genitricis semper Virginis Mariae, ad cuius honorem consecrata est Ecclesia, incurrat; dehin in reali Curia, pro cujus maxime incolumitate facta est obligatio, donatio et confirmatio, sicut supra dictum est, firma et stabilis permaneant in perpetuum.

Ego Hyeronimus Episcopus Aydruntinus, qui hanc Ecclesiam Deo auctore rogata Siracusanae Ecclesiae, dominique Manfredus consecravi (quia opus bonum esse video) approbo et manus meae scripto confirmo.»

Descrizione modifica

 
Esterno della basilica

La basilica di Maria Santissima del Mazzaro ha un impianto a croce latina, con abside e presbiterio, retti e non aggettanti in corrispondenza della navata centrale e due altari, laterali, in corrispondenza dei transetti.

La costruzione presenta uno sviluppo longitudinale rivolto a ponente, e si affaccia sul sagrato semicircolare, in pietra calcarea locale, in corrispondenza della piazza Regina del Mazzaro[2].

Esterno modifica

La facciata settecentesca della basilica è realizzata in blocchi di pietra arenaria locale intagliata e squadrata.

Lo stile è un tipico esempio di tardo barocco siciliano e presenta uno sviluppo piramidale, molto diffuso nelle architetture chiesastiche del Val di Noto.

La facciata è suddivisa in tre ordini da cornicioni aggettanti e marcapiani con modanature, ed è alternata da lesene binate in prossimità del portone centrale, sormontate da capitelli corinzi.[2]

Nel primo ordine si trovano i tre ingressi, corrispondenti alle tre navate, alternati da due coppie di paraste. I tre portoni sono sormontati da portali con timpano semi circolare a sesto ribassato.[3]

I tre portoni bronzei sono stati installati tra il 1980 e il 2014, e riportano le impronte delle mani degli ultimi tre papi( San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco).

Il secondo ordine, al di sopra del cornicione, è occupato dal finestrone, che illumina la navata centrale, sormontato da un timpano spezzato e affiancato da due coppie di lesene e alle due ali estreme due volute a ricciolo.[2] Il terzo ordine è occupato dalla vela campanaria, con tre celle con archi a tutto sesto ospitanti le tre campane bronzee di fine '800 della fonderia Gerbino di Caltagirone.[3]

Interno modifica

 
Navata centrale
 
Interno
 
Altare maggiore - particolare

Lo spazio liturgico interno è suddiviso in tre navate da dieci arcate sorrette da dieci pilastri a sezione quadrata, cinque per la navata di destra e cinque per la navata di sinistra, abbelliti con decorazioni in stucco, e ricoperte con lesene e paraste, sormontate da capitelli di ordine corinzio, che sorreggono il cornicione di finimento con modanature dentellate, che riportano motivi floreali, opera realizzata dell'artista palermitano Giuseppe Utveggio nel 1847[4]

 
Fercolo argenteo

Navata centrale modifica

La volta a lunetta della navata centrale è in incannucciato, ed è decorata con stucchi che riportano motivi floreali e alternanze cromatiche, al centro vi sono dei riquadri, dipinti dal pittore palermitano Giuseppe Carta, che ripercorrono le pricipali vicende storiche della basilica sin dal ritrovamento dell'icona[2][4].

  • Nel primo riquadro è raffigurato il ritrovamento del quadro della Vergine del "Mazzaro" , tra lo stupore dei presenti;
  • nel secondo la prima processione dell'icona subito dopo il ritrovamento;
  • nel terzo riquadro la consacrazione della chiesa, nel 1154, da parte del vescovo di Otranto, Girolamo e il Marchese Enrico del Vasto;
  • nel quarto sono raffigurati i lavori di costruzione della nuova basilica del 1763, con il padre cappuccino Ludovico Napoli che raccoglie gli oboli tra il popolo;
  • nel quinto riquadro, infine, la solenne processione del 1855 a termine dei lavori di abbellimento della chiesa[3].

Nei pennacchi della falsa cupola sono raffigurati: San Girolamo, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino e San Gregorio Magno opera di Pasquale Conti da Palermo, che dipinse pure l'annunciazione e la visitazione della Vergine.[4]

Le navate laterali, in corrispondenza delle campate, presentano la volta a falsa cupola su base quadrata.

Tutti gli altari espongono tele di scuola pittorica siciliana databili tra il XVII-XVIII sec[7].[2]

Navata di destra modifica

  • nella prima campata di destra: altare con tela dedicato al transito di Maria;
  • nella seconda campata: altare con un dipinto della Sacra famiglia;
  • nella terza: altare dedicato a Sant'Orsola con tela della santa;
  • nella quarta: altare con tela di Domenico Provenzani, del 1872, all'assunzione della Vergine;
  • nella quinta: altare nel transetto di destra, in una nicchia presenta una statua del Sacro Cuore di Gesù.

Navata di sinistra modifica

La navata di sinistra ha sei altari:

  • nella prima campata di sinistra è collocato il fonte battesimale, racchiuso da un cancelletto in ferro, con tela del battesimo di Gesù di Giuseppe Perno Moscato;
  • nella seconda campata: altare con tela dedicato a San Silvestro Papa;
  • nella terza: altare dedicato all'evangelista San Marco, con tela del Santo;
  • nella quarta: altare con tela della Vergine "rifugio dei peccatori" di pittore ignoto;
  • nella quinta: altare dedicato a San Biagio;
  • Il sesto altare, in marmo, nel transetto custodisce il Crocifisso ligneo rinvenuto nel 1125.[2]

Nel 1868 a spese dei chierici, dei macellai e del popolo furono installati i quindici lampadari di cristallo che adornano la navata centrale e i transetti.[4]

Negli anni '70 del XX sec. è stato rifatto il pavimento in marmo di Carrara in sostituzione del precedente ormai logoro[3].

L'organo a canne della "Premiata fabbrica D'Organi Damiano Polizzi e figli da Caltanissetta" modifica

Nella cantoria in muratura posta a sinistra nell'abside in cornu evangelii è collocato l'organo a canne realizzzato nel 1926 dalla Premiata fabbrica D'Organi Damiano Polizzi e figli da Caltanissetta, lo strumento presenta le seguenti specifiche foniche[8]:

  • Registri: 19
  • Canne: n/d
  • Trasmissione: meccanica a rimando
  • Consolle: a finestra
  • Tastiere: 2 di 58 tasti (do1-la5)
  • Pedaliera: di 17 note (do1-mi2)
  • Accessori: Tremolo
I - Grand'Organo
Principale 16'
Principale 8'
Viola gamba 8'
Unda maris 8'
Flauto 8'
Flauto 4'
Ottava 4'
Duodecima
Salicet
[Ripieno]
II - Espressivo
Dulciana 8'
Viola 8'
Salicionale battente 8'
Bordone 8'
Bordone 4'
Sonor-Clarinetto 8'
Pedale
Bordone 16'
Basso 8'
Violone 8'

L'icona bizantina di Maria Santissima del Mazzaro modifica

 
Altare maggiore icona di Maria SS. del mazzaro e crocifisso del VII sec
 
statua lignea di V. Genovese, 1874

Il quadro della Madonna del Mazzaro o delle grazie, rinvenuto in un cunicolo nel 1125, è in stile greco-bizantino ed è dipinto su assi di legno[3][7].

L'autore del dipinto, la provenienza, nonché la datazione dello stesso sono ignoti. Nel corso dei secoli, infatti, il dipinto ha subito diversi rimaneggiamenti e restauri, a causa di incendi e terremoti che ne hanno danneggiato il supporto.[3]

In esso sono raffigurate tre nicchie con archi a sesto acuto. In quella centrale è raffigurata in posizione seduta la Santa Vergine Maria col Bambino Gesù sulle ginocchia. Sopra la nicchia centrale è posta la figura di un uomo, a mezzo busto, con le braccia distese, dal cui costato e dalle mani piagati si pensa che sia il Cristo risorto[4].

Alla destra della Madonna, in una nicchia è raffigurata la martire siracusana Santa Lucia, con la palma nella mano destra, simbolo del martirio, e nella mano sinistra un piatto con sopra gli occhi[2].

Nella nicchia sinistra è dipinta, invece, la martire catanese, Sant' Agata, con la palma nella mano sinistra e la tenaglia, con cui fu martirizzata, nella mano destra[2].

Secondo le fonti storiche, oltre al quadro della Vergine Maria, fu rinvenuto anche un crocifisso in legno di epoca bizantina, oggi collocato sull'altare del transetto di sinistra della basilica, e una lampada votiva[4].

La statua lignea del 1874 di Vincenzo Genovese modifica

Sino al 1874, in processione veniva portato il quadro ritrovato nel 1125, da quell'anno in poi, al fine di evitare che il quadro subisse dei danni durante la processione, si fece realizzare la statua in legno della Vergine.

Nell'agosto del 1874, infatti, la deputazione della festa patronale ritirò a Palermo, nella bottega dello scultore Vincenzo Genovese, la statua lignea che rappresenta la Vergine, seduta, col Bambino sulle ginocchia, e due angeli ai lati[4].

La statua della vergine Maria è alta complessivamente 1,77 m e larga 70 cm.

Nei giorni precedenti la festa patronale viene adornata di un mantello di velluto blu, finemente ricamato con gli ex voto in oro donati dai fedeli alla vergine nel corso dei secoli.

La festa patronale modifica

 
 

Le origini della festa patronale modifica

Sin dal ritrovamento dell'icona, nel 1125, la Madonna delle Grazie detta anche del "Mazzaro", è venerata come patrona della città di Mazzarino.

Con decreto della Sacra Congregazione dei riti del 18 settembre 1814 venne proclamata ufficialmente patrona della città di Mazzarino assegnandole la terza domenica di settembre per la ricorrenza della festa patronale, come da antica consuetudine.

Il decreto venne successivamente approvato con Breve pontificio il 6 settembre del 1834[4].

Quanto alle notizie sulla festa patronale, lo storico Pietro Ingala riporta:

«(...) Negli antichi tempi la Madonna, o meglio il suo Simulacro, veniva nel festivo giorno portata da uomini ignudi, come costumosi col Crorifisso dell'Olmo, poi si alleviò un tal rigore di penitenza, e si portò in processione come tutti gli altri simulacri, con la differenza che gli individui sono insigniti da uno scapolare od abitino azzurro. Per quattro o cinque giorni precedenti la festa, il popolo si diverte con la corsa dei cavalli, col suono della musica, con la illuminazione del Corso, a giorno, e con fuochi artificiali la vigilia ed il giorno della festa. Gittansi per aria vari palloni e palloncini, spesso raffiguranti cavali coccodrilli, pesci, stelle ed animali che neanco trovansi nel regno della natura. Nel 1872 fuvvi anche gittato il pallone areostatico. Quando le annate sono ubertose e le oblazioni del popolo numerose, si costruisce anche il carro trionfale. A finimento del carro si pone il simulacro della Vergine o qualche simbolo mariano, e nella base si praticano dei terrazzi con balaustrate, da cui i bambini, vestiti da angeli, cantano a solo ed a coro strofe ed inni d'occasione. Nell'ultimo mezzo secolo XIX furono costrutti tali carri, negli anni 1855, 1863, 1870,1883 e 1897»

La festa patronale oggi modifica

 
fercolo argenteo
 
Festa patronale

I solenni festeggiamenti in onore della patrona, ricorrono, annualmente, la terza domenica di settembre.

La processione della statua lignea della vergine del Mazzaro, collocata su una vara argentea (dal peso di circa 16 quintali) e portata a spalla da oltre cento confrati, vestiti di un camice azzurro, si snoda a partire dal tardo pomeriggio, dopo la messa vespertina, e fino a la tarda serata, lungo il corso Vittorio Emanuele, e per le vie cittadine, addobbate per l'occasione con luminarie[3].

La processione domenicale è preceduta, nel primo pomeriggio, dalla tradizionale processione della Madonnina detta dal popolo "a dumannareddra", scortata dagli stendardi e da cavalli bardati, che percorre le vie del centro storico per la raccolta delle offerte (cosiddetti "voti") in natura costituiti da frumento, fave e mandorle, offerti alla madonna e alla confraternita in segno di devozione[1].

Questa processione pomeridiana, che precede l'uscita del fercolo, si lega a una tradizione di alcuni secoli fa, quando le famiglie a lutto e le vedove non potevano uscire di casa per fare le loro offerte alla Madonna e pertanto una piccola statua della vergine accompagnata da cavalli, muli, somari, passava, nel pomeriggio del giorno dei festeggiamenti, da queste abitazioni attraversando le vie della città per consentire alle donne e all famigle in lutto di fare doni in natura, ricavati dal lavoro della terra.

In coincidenza dei giorni della festa patronale lungo il corso principale si svolge la tradizionale fiera di settembre[3].

La solennità della festa patronale è preceduta dal novenario di preparazione in onore di Maria Santissima del Mazzaro[1].

Il festeggiamenti patronali si concludono la sera del lunedì seguente con lo spettacolo pirotecnico.

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Note modifica

  1. ^ a b c d e f g h Nella Sicilia del barocco la Basilica Santuario Maria SS.ma del Mazzaro di Mazzarino, su santuaritaliani.it.
  2. ^ a b c d e f g h i j AA. VV., I luoghi della memoria conoscenza e valorizzazione dei centri storici di Mazzarino Riesi Sommatino, Caltanissetta, Sciascia editore, 1999.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m A. D'Aleo, Mazzarino e la sua storia, San Cataldo, 1980.
  4. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Pietro di Giorgio Ingala., Ricerche e considerazioni storiche sull'antica città di Mazzarino., Caltanissetta, Fratelli Arnone, 1899.
  5. ^ Feste patronali in Sicilia / descritte da Giuseppe Pitre. - Torino ; Palermo : C. Clausen, 1900. - LXIV, 572 p..
  6. ^ (EN) Basilica di S. Maria del Mazzaro, su GCatholic.org. URL consultato il 27 luglio 2022.
  7. ^ a b Voci ed echi di grandi maestri di Vincenzo Scuderi, su comune.mazzarino.cl.it. URL consultato il 12 novembre 2022 (archiviato dall'url originale il 28 ottobre 2009).
  8. ^ Luciano Buono, Organi storici nella Diocesi di Piazza Armerina, in Guida Musicale della Sicilia 1992-1994, Palermo, Assessorato Regionale Beni Culturali, Ambientali e Pubblica Istruzione, 1995..

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