Francesco Morone

pittore italiano

Francesco Morone (Verona, 1471Verona, 16 maggio 1529) è stato un pittore italiano.

Presunto autoritratto di Francesco Morone,[N 1] particolare della Lavanda dei piedi, prima metà degli anni 1510, museo di Castelvecchio, Verona

Apprese l'arte di dipingere presso la bottega del padre Domenico Morone dove ebbe modo di stringere amicizia con il collega Girolamo dai Libri con cui collaborerà negli anni successivi. Dopo aver a lungo lavorato come aiuto del padre, nel 1498 firmò la sua prima opera autonoma, un Crocifissione per la Cappella Medici della chiesa di San Bernardino nella città natale, tuttavia per una completa emancipazione dal padre si dovrà aspettare il 1502-1504 quando realizza la tela Madonna in trono con il Bambino e i Santi Zeno e Nicolò considerata tra le sue opere di maggior pregio. Il suo felice periodo continuò con l'affrescatura della sagrestia della chiesa di Santa Maria in Organo a Verona unanimemente considerata tra i suoi capolavori.

Intorno al 1517 probabilmente firmò Stimmate di san Francesco anch'essa tela di pregevole fattura. Nei lavori successivi si intravede l'influsso dell'allievo Paolo Morando che nel frattempo aveva superato Francesco nell'adeguarsi alle nuove correnti stilistiche. Negli ultimi anni si avvicinò ancora di più di quanto già lo fosse alla religione e questo probabilmente incise sulla sua produzione caratterizzata da «dolci e malinconiche madonne». Si spense nel 1529 e le sue spoglie vennero collocate a San Bernardino dove sono tutt'oggi conservati molti dei suoi più importanti lavori.

Biografia modifica

Nascita e formazione modifica

 
Effigie di Francesco Morone presso la Protomoteca della Biblioteca civica di Verona

Francesco Morone nacque intorno al 1471 in contrada San Vitale a Verona terzo dei setti figli avuti da Cecilia e Domenico, anche quest'ultimo pittore di fama. Apprese l'arte del dipingere nella bottega paterna insieme al fratello minore Antonio (nato nel 1474 circa) e a lungo collaborò con il padre in svariate commissioni. Dai documenti in nostro possesso sappiamo che continuò a vivere in San Vitale, lavorando sempre nel territorio veronese, anche dopo aver sposato Lucia e aver avuto da lei alcuni figli.[1][2][3]

Dal padre Domenico ereditò gli influssi provenienti dal mantegnismo mantovano ma anche ebbe modo di apprendere le correnti artistiche tipiche dell'ambiente veneziano probabilmente grazie ad un soggiorno in laguna dove ebbe modo di venire in contatto con la scuola veneta di Vittore Carpaccio, Bartolomeo Montagna, Cima da Conegliano, Giovanni Bellini e Antonello da Messina. Notevoli furono gli elementi di questi autori che poi si rivedranno nell'arte di Francesco a differenza del padre che rimarrà più legato alla scuola del Mantegna.[2][3]

 
La cappella Avanzi presso la chiesa di San Bernardino a Verona, capolavoro dei Morone padre e figlio. Di Francesco è la Crocifissione in alto al centro

Il suo esordio nella pittura si ebbe il 16 aprile 1496 quando firmò e datò insieme al padre la pala d'altare Vergine in trono col Bambino e quattro Santi per il Santuario della Madonna delle Grazie ad Arco.[3] Nel 1498 lavora sempre a fianco di Domenico e Giovanni Maria Falconetto negli affreschi che decorano la cappella di San Biagio nella chiesa dei Santi Nazaro e Celso a Verona. Nello stesso anno lavora sempre con il padre alla Cappella Medici per la chiesa di San Bernardino dove finalmente firma la sua prima opera autonoma conosciuta: una Crocifissione posta sopra l'altare. La critica si è sempre trovata discorde su questo lavoro, se il Adolfo Venturi nella sua Storia dell'arte italiana (1901-1940) lo considera ancora «dominato dall'arte paterna e inconsistente nelle forme» Bernard Berenson è di tutt'altro avviso sottolineando «la croce che terribilmente giganteggia sull'orizzonte, le figure solide».[4][3] Nel 1502 torna a collaborare con il padre in un un ciclo di affreschi per la chiesa di San Nicola da Tolentino al Paladon di San Pietro in Cariano, ora staccati e collocati al museo di Castelvecchio di Verona.[2] L'anno successivo il padre porta a termine quello che è considerato il suo capolavoro, gli affreschi della libreria Sagramoso nel convento di San Bernardino, in cui lo stesso Francesco dovette dare un contributo non indifferente.[5][6][7][8]

 
Madonna in trono con il Bambino e i Santi Zeno e Nicolò, pinacoteca di Brera, Milano, 1502-1503 circa

Ma l'inizio del XVI secolo fu per Francesco Morone anche l'inizio dell'emancipazione dal padre. Infatti, nello stesso periodo degli affreschi del Paladon firma da solo quella che la critica considera une delle sue pale d'altare di maggior qualità, una Madonna in trono con il Bambino e i Santi Zeno e Nicolò in mostra oggi alla pinacoteca di Brera di Milano a cui segue, nel 1503, una Madonna in trono col Bambino e i santissimi vescovi Agostino e Martino per la chiesa di Santa Maria in Organo. Nella prima si può ben notare osservando le figure dei vescovi gli influssi provenienti dal Carpaccio mentre nella seconda spiccano i toni più morbidi dell'arte lombarda presenti nelle raffigurazioni degli angeli musicanti e del paesaggio bucolico dello sfondo.[9][10][3][11]

Secondo quanto racconta Diego Zannandreis, in questo periodo è da collocarsi anche una Lavanda dei piedi realizzata per la cappella della Croce della chiesa di San Bernardino e poi dal 1851 entrata a far parte delle collezioni civiche veronesi oggi esposte al museo di Castelvecchio.[2] Stando a quanto scritto ne Le Vite di Giorgio Vasari, Francesco eseguì il proprio autoritratto nel raffigurare il giovane che porta l'acqua a Cristo.[12]

Maturità modifica

 
Gli affreschi di Francesco Morone nella sagrestia della chiesa di Santa Maria in Organo

Tra il 1505 e il 1507 Francesco Morone lavora, insieme ad aiuti, agli affreschi per la sagrestia della chiesa di Santa Maria in Organo a Verona unanimemente considerato tra i suoi capolavori. Qui, Morone, eseguì nella parte sommitale della parete ritratti di papi e altri importanti personaggi che fecero parte dell'ordine benedettino, tra cui alcuni dogi della repubblica di Venezia. Lodato e descritto con accuratezza dal Vasari, tanto da far supporre che avesse avuto occasione di vederli personalmente, il ciclo pittorico ha ricevuto apprezzamenti da moltissimi storici dell'arte tra cui Jacob Burckhardt che nel XIX secolo poté ancora sottolineare «la bellezza del Salvatore circondato da angeli in gloria affrescato nel soffitto» di derivazione mantegnesca e oggi pressoché illeggibile.[13][14][15][2]

Negli stessi anni Francesco prese come allievo Paolo Morando, detto il Cavazzola, e insieme lavorarono nel 1509 come «compagni depentori» all'affresco Pentecoste per il catino della cappella Miniscalchi della basilica di Santa Anastasia. Qui, secondo quanto osservato da Luciano Cuppini, appare più evidente l'intervento di Francesco nella «luminosità alabastrina della Vergine e di alcuni Apostoli il riverbero della smagliante luce del cielo rischiarato dallo Spirito Santo». L'apprendistato del Cavazzola presso Francesco non dovette durare a lungo, infatti in breve tempo egli si affrancherà dal maestro sviluppando un suo stile e da cui lo stesso Francesco ne prenderà esempio.[16]

 
Madonna con Bambino, Accademia Carrara, Bergamo

Del 1508 è invece una collaborazione con il pittore Michele da Verona per il prospetto affrescato della cappella della Madonna nella chiesa di Santa Chiara a Verona (a Francesco sono attribuiti il Padre Eterno, San Matteo, San Marco e Giosuè nel prospetto esterno, e il Cristo nel tondo sulla volta interna). L'anno successivo dipinge una Madonna con Bambino, oggi conservata alla Accademia Carrara di Bergamo.[2]

Tra il 1510 e il 1513 lo si vede impegnato con i suoi aiuti, anche se l'attribuzione non è del tutto certa, a realizzare ad affresco riquadri votivi per il presbiterio della Chiesa dei Santi Giovanni e Marziale a Breonio (nel comune di Fumane) con figure di santi: sulla parete sinistra, santi Rocco, Cristoforo e Sebastiano (maggio 1513), san Marziale (12 maggio 1513, commissionato da una tal Dorotea, moglie di Francesco De Ioanegrando), san Giovanni Battista (1513, offerto da Francesco Marchioris de Bonatis); sulla parete destra sopravvive solo il riquadro con sant'Agapito (10 maggio 1510, commissionato da un tal Battista quondam Giovanni Graziadei).[17][18][19][2] Sempre negli stessi anni potrebbe aver dipinto la cosiddetta Madonna Moscardo in cui per il paesaggio di sfondo, chiaramente nordico, riproduce a sinistra l'incisione Il Mostro Marino di Albrecht Dürer, l'unica citazione letteraria del maestro tedesco conosciuta di Francesco Morono e invece assai più spesso presente nelle opere dell'amico Girolamo dai Libri.[20]

Dai monaci olivetani di Santa Maria in Organo Francesco Morone ricevette nel 1515 anche la commissione per la decorazione delle portelle dell'antico organo in collaborazione con il pittore e minatore Girolamo Dai Libri. Lo stesso Vasari racconta della lunga amicizia che già legava i due artisti probabilmente entrambi formatosi nella bottega di Domenico Morone. Il contratto sottoscritto il 12 novembre 1515 tra l'abate Cipriani e i due artisti prevedeva che le due portelle dovessero apparire «belle et laudate appresso quelli che intendano l'arte», rispecchiando la volontà dei religiosi di continuare l'abbellimento della propria chiesa dopo i duri anni della guerra della lega di Cambrai che aveva sconvolto Verona. Il riconoscimento all'uno o all'altro dei contributi all'opera è oggetto di una lunga discussione tra i critici: secondo Vasari Francesco fu autore del San Benedetto e San Giovanni evangelista mentre a Girolamo si devono le raffigurazioni dei fiori e lo sfondo mentre lo storico dell'arte Carlo Del Bravo ha proposto sostanzialmente il contrario. Altri ancora hanno proposto che i due si siano divisi una portella ciascuno. La critica contemporanea ritiene piuttosto che non si possano dividere nettamente i contributi ritenendo che entrambi, grandi amici, lavorarono sulle portelle in perfetta sintonia e armonia, senza mai litigare e dividendosi il compito con equità influenzandosi a vicenda. L'opera venne completata nel 1516 e collocata in una cappella fatta costruire dagli olivetani proprio per contenere lo strumento. Successivamente, probabilmente in occasione del rinnovamento barocco dell'organo, le portelle divennero proprietà della famiglia Dal Pozzo fino a quando, agli inizi del XIX secolo, il conte Bartolomeo le donò alla parrocchiale di Marcellise (oggi nel comune di San Martino Buon Albergo) dove ancora si trovano.[21][22][23][14] La collaborazione tra i due e Santa Maria in Organo dovette continuare per altre opere, tuttavia oggi perdute.[24][2]

 
Stimmate di san Francesco, museo di Castelvecchio, Verona

Nel 1515 firma anche l'affresco Madonna con il bambino in trono e i santi Giuseppe, Girolamo, Antonio abate e Rocco, oggi collocato al museo di Castelvecchio, per il quale diversi autori, tra cui Diego Zannandreis e Jacob Burckhardt, dedicarono parole di elogio. In esso si notano tutti gli elementi caratterizzanti la produzione matura di Morone ossia «l'amore per la simmetria, l'euritmia compositiva, la staticità ieratica e solenne» con le forme che si «dilatano rispetto alle opere giovanili ma senza diventare monumentali».[25][26][27] Probabilmente intorno al 1517 Francesco «scosso» dalla «cromia sgargiante e patetica» espressa dal suo allievo Paolo Morando e non dimenticando la lezione di Carpaccio, realizza la tela Stimmate di san Francesco (anche se alcuni la collocano nella fase giovanile) , anch'essa oggi a Castelvecchio e annoverata tra le sue migliori opere. Al proposito, Del Bravo sottolinea il contrasto tra le «aure nel mare e il sanguigno del cielo» con «il teorema sottile dei raggi mistici» in uno spirito che ricorda quasi lo stile di Vincenzo Foppa.[28][26][29]

Sempre al 1517 è ascrivibile un affresco raffigurante Madonna col Bambino e s. Rocco per una casa di Cazzano di Tramigna successivamente staccato e collocato alle Gallerie dell'Accademia di Venezia. Una Sacra Conversazione dipinta nel 1520 è ora in mostra all'Accademia Carrara di Bergamo.[2]

Ultimi anni modifica

 
Madonna col Bambino, National Gallery, Londra

La tarda produzione di Francesco continuò ad essere profondamente influenzata dall'ormai ex allievo Paolo Morando e quando, nel 1522, questi morì prematuramente Morone rivolse il suo sguardo all'arte dell'amico dai Libri che nel frattempo si era arricchita grazie alle contaminazioni vagamente leonardesco di Francesco Bonsignori portate a Verona da Giovan Francesco Caroto. Nel 1521 Francesco entra a far parte della severa confraternita dei Santissimi Siro e Libera; questo ulteriore avvicinamento alla religione si rifletterà sulle sue opere con una accentuazione del misticismo.[N 2][26]

Nel 1523 dipinge una Madonna col Bambino e santi, oramai gravemente compromessa dagli agenti atmosferici, per il protiro laterale della chiesa di San Fermo Maggiore mentre l'anno successivo è autore di una pala con raffigurata una Assunzione della Madonna per la Chiesa dei Santi Siro e Libera su commissione della confraternita di cui faceva parte la quale già nel 1520 gli aveva affidato la realizzazione di un'altra pala con La Madonna e s. Paolo, e S. Antonio da Padova e s. Giovanni Evangelista di cui oggi vi sono solo due frammenti conservati al museo di Castelvecchio.[30] Nel 1526 lavorò ad una tela con Madonna con i santissimi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista della parrocchiale di Quinto di Valpantena e alla lunetta raffigurante un Eterno Padre per la pala Madonna della cintura di Girolamo dai Libri nella IV cappella di sinistra della chiesa di San Giorgio in Braida (anche se taluni autori attribuiscono la lunetta a Domenico Brusasorzi invece che al Morone[31]). Negli ultimi anni fu anche autore di «dolci e malinconiche madonne» tra cui quella dipinta nel 1528 e di cui oggi si conserva un frammento presso la biblioteca capitolare di Verona.[2][26]

Nel 1529 firma quella che a oggi è considerata la sua ultima opera, un Eterno Padre con la Vergine e i santissimi Rocco e Gioacchino per la chiesa di San Rocco a Soave (ora spostata nella parrocchiale dello stesso comune per timore di furti). Il 12 maggio dello stesso anno detta testamento, testimoni il miniatore Callisto dai Libri e il pittore Battista Farinati. Nelle sue ultime volontà affidò all'amico Girolamo dai Libri il figlio Giuseppe ancora giovane e che successivamente seguirà le orme paterne, insieme al nipote, sebbene al 2023 non si conosca alcuna loro opera. A quanto riporta il registro della Confraternita a cui apparteneva si spense il giorno successivo. Secondo Carlo Cipolla venne sepolto vicino al padre nel convento di San Bernardino dove sono tutt'oggi conservati molti dei suoi più importanti lavori.[2][26]

Opere principali modifica

 
Madonna col Bambino (detta Madonna Moscardo), Museo di Castelvecchio, Verona

Note modifica

Esplicative modifica

  1. ^ E' Giorgio Vasari che nelle Le Vite racconta che Francesco Morone ha compiuto il suo autoritratto nel raffigurare il viso del giovane in primo piano che porta l'acqua a Cristo. In Catalogo Museo di Castelvecchio, 2018, p. 272.
  2. ^ Domenico Morone fu per tutta la vita un uomo profondamente religioso, almeno stando alle parole del Vasari in cui lo descrive come una «persona tanto da bene e così religiosa e costumata, che mai s'udì uscire dalla sua bocca parola meno fusse che onesta» In Rognini, 1979, p. 278.

Bibliografiche modifica

  1. ^ Gerola, 1909, pp. 109-113.
  2. ^ a b c d e f g h i j k Francesco Morone, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  3. ^ a b c d e Rognini, 1974, p. 133.
  4. ^ Berenson, 1907, p. 77.
  5. ^ Rognini, 1974, pp. 133-134.
  6. ^ Frati Minori Convento San Bernardino, Sala Morone, su sanbernardinoverona.it. URL consultato il 26 ottobre 2023.
  7. ^ Benini, 1995, p. 92.
  8. ^ Bisognin, 2009, pp. 64-68.
  9. ^ Del Bravo, 1962, p. 9.
  10. ^ Avena, 1947, p. 30.
  11. ^ Del Bravo, 1962, pp. 5-6.
  12. ^ Catalogo Museo di Castelvecchio, 2018, p. 272.
  13. ^ Burckhardt, 1855, p. 897.
  14. ^ a b Rognini, 1974, p. 134.
  15. ^ Chiesa di Santa Maria Assunta <Verona>, su Le chiese delle diocesi italiane, Conferenza Episcopale Italiana. URL consultato il 15 maggio 2020.
  16. ^ Rognini, 1974, pp. 134-138.
  17. ^ Chiesetta Romanica dei Santi Giovanni e Marziale, su Breonio. URL consultato il 15 ottobre 2022.
  18. ^ Chiesa dei Santi Giovanni e Marziale, su MUSEO Italia. URL consultato il 15 ottobre 2022.
  19. ^ Viviani, 2004, pp. 102-105.
  20. ^ Catalogo Museo di Castelvecchio, 2018, p. 274.
  21. ^ Castiglioni, 2008, p. 26.
  22. ^ Gerola, 1913, p. 32.
  23. ^ Gerola, 1913, p. 25.
  24. ^ Gerola, 1913, pp. 24-27.
  25. ^ Zannandreis, 1891, p. 325.
  26. ^ a b c d e Rognini, 1974, p. 138.
  27. ^ Catalogo Museo di Castelvecchio, 2018, p. 276.
  28. ^ Del Bravo, 1962, p. 14.
  29. ^ >Catalogo Museo di Castelvecchio, 2018, p. 270.
  30. ^ Peretti, 2010, pp. 282.
  31. ^ Brugnoli, 1954, pp. 30-32.

Bibliografia modifica

  • Raffaello Brenzoni, Domenico Morone 1438-9 c.-1517 c. : vita ed opere, Firenze, Olschki, 1956, ISBN non esistente, SBN IT\ICCU\NAP\0095239.
  • Gino Castiglioni (a cura di), Per Girolamo dai Libri : pittore e miniatore del Rinascimento veronese, Venezia, Marsilio, 2008, ISBN 978-88-317-9611-8, SBN IT\ICCU\MOD\1487361.
  • Giuseppe Gerola, Le antiche pale di S. Maria in Organo di Verona, Bergamo, Istituto italiano d'arti grafiche, 1913, ISBN non esistente, SBN IT\ICCU\CUB\0304181.
  • Museo di Castelvecchio, a cura di Paola Marini, Ettore Napione e Gianni Peretti, Museo di Castelvecchio. Catalogo generale dei dipinti e delle miniature delle collezioni civiche veronesi. Dalla fine del X all'inizio del XVI secolo, volume 1, Cinisello Balsamo, Silvana, 2010, ISBN 978-88-8215-425-7, SBN IT\ICCU\MOD\1568500.
  • Sergio Marinelli, Il Quattrocento, in Mauro Lucco (a cura di), La pittura nel Veneto, Milano, Electa, 1990, ISBN non esistente, SBN IT\ICCU\CFI\0166420.
  • Carlo Del Bravo, Francesco Morone, in Paragone : mensile di arte figurativa e letteratura, Firenze, Sansoni, 1962, ISBN non esistente, SBN IT\ICCU\LUA\0577156.
  • Luciano Rognini, Francesco Morone, in Pierpaolo Brugnoli (a cura di), Maestri della pittura veronese, Verona, Banca Mutua Popolare, 1974, ISBN non esistente, SBN IT\ICCU\RAV\0052942.
  • Giuseppe Franc Viviani (a cura di), Chiese nel Veronese, Verona, Società Cattolica di Assicurazione, 2004.
  • Gianfranco Benini, Le chiese di Verona: guida storico-artistica, Rotary Club di Verona Est, 1995, SBN IT\ICCU\VEA\0091995.
  • Davide Bisognin, Giuseppe Guastella, La chiesa di San Bernardino: visita guidata, Verona, Ottaviani, 2009, SBN IT\ICCU\PUV\1304949.
  • Diego Zannandreis, Le vite dei pittori scultori e architetti veronesi, a cura di Giuseppe Biadego, Verona, Stabilimento Tipo-Litografico G. Franchini, 1891, SBN IT\ICCU\CUB\0680039.

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