Joe Petrosino

poliziotto italo-statunitense (1860-1909)
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Giuseppe Petrosino, detto Joe (Padula, 30 agosto 1860Palermo, 12 marzo 1909), è stato un poliziotto italiano naturalizzato statunitense, un pioniere nella lotta contro il crimine organizzato. Le tecniche di lotta al crimine, di cui Petrosino è stato ideatore, sono ancora oggi praticate dalle forze dell'ordine.

Giuseppe Petrosino
SoprannomeJoe
NascitaPadula, 30 agosto 1860
MortePalermo, 12 marzo 1909
Cause della morteucciso a colpi di pistola
Etniaitaliano
Dati militari
Paese servitoBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Corpo New York City Police Department
SpecialitàOrdine pubblico
GradoTenente di polizia
Altre caricheSpazzino
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Memoriale con la divisa originale di Joe Petrosino nella casa-museo a lui dedicata nel paese di Padula

Biografia modifica

Origini modifica

 
Prospero Petrosino, padre di Joe.

Nacque a Padula, in provincia di Salerno, il 30 agosto 1860, di famiglia modesta, non povera: con il suo lavoro di sarto, il padre era riuscito a far studiare i suoi quattro figli maschi.[1] Infatti, i fratelli Petrosino furono fra i pochi, nel paese, a ricevere un'adeguata istruzione che permettesse loro di leggere e scrivere, grazie ad un istitutore che per poco denaro o del cibo, si recava nelle case e famiglie migliori istruendone i figli.[2] Emigrò con la famiglia a New York nel 1873 e crebbe nel sobborgo di Little Italy.[3] Il piccolo Giuseppe per vivere fece prima lo strillone (vendeva giornali per strada), e poi lo sciuscià ovvero il lustrascarpe. Nel 1877, Joe (come ormai si chiamava) prese la cittadinanza statunitense, facendosi assumere l'anno dopo come netturbino dall'amministrazione newyorkese. Era caposquadra quando, una dopo l'altra, erano cominciate ad arrivare negli Stati Uniti le fitte schiere degli emigranti italiani.

 
Maria Giuseppa Arato, madre di Joe Petrosino.

Questo fenomeno aveva posto le autorità statunitensi di fronte a gravissimi problemi, primo quello dell'ordine pubblico. I poliziotti, quasi tutti ebrei o irlandesi, non riuscivano a capire gli italiani né a farsi capire da loro: questo generava un clima a favore delle organizzazioni criminali che giunsero in breve a controllare una parte di Little Italy.

Arruolamento in polizia modifica

 
Foto d'epoca di Petrosino

Dipendente dal Dipartimento di polizia come spazzino, Petrosino era stato poi impiegato come informatore[4]; poi nel 1883, non senza difficoltà, era stato ammesso in polizia[4]. Faceva un certo effetto vedere quell'uomo basso e atticciato (non superava il metro e sessanta), tra i giganteschi poliziotti irlandesi. In compenso Petrosino aveva spalle larghe, bicipiti possenti e, ciò che più contò per il suo arruolamento, grinta ed intelligenza, tutto ciò che gli aveva permesso di superare le difficoltà di essere l'unico poliziotto italiano, dileggiato dai connazionali e guardato con un certo sospetto dai colleghi. Infatti, Petrosino era un uomo temuto, che non lasciava spazio nemmeno ai crimini minori.[2] Dai racconti e testimonianze della sorella e dei parenti, molte donne non lasciavano uscire i propri figli in strada, a Little Italy, quando Petrosino era di pattuglia:[2] «Oggi Petrosino ind' 'a minestra» era la frase in codice che i popolani diffondevano nel quartiere quando Petrosino avrebbe pattugliato la zona (in italiano: «Oggi prezzemolo nella minestra», nella maggior parte dei dialetti del sud petrosino vuol dire prezzemolo).[2]

Determinante ai fini della sua carriera, oltre al suo impegno, era stata la stima riposta in lui da Theodore Roosevelt, assessore alla polizia (e poi presidente degli Stati Uniti): grazie al suo appoggio nel 1895 Petrosino era stato promosso sergente[3], liberato dal servizio d'ordine pubblico, e quindi dalla divisa, e destinato alla conduzione d'indagini. I criminali di Little Italy si erano trovati improvvisamente di fronte ad un nemico che parlava la loro stessa lingua, che conosceva i loro metodi, che poteva entrare nei loro ambienti. Joe Petrosino nutriva una sorta di cupo, rovente rancore verso quei delinquenti che stavano dissipando il patrimonio di stima che gli italiani avevano costruito.

Ciò non significava che egli non comprendesse le cause di quella situazione; gli era ben chiaro che oltre alle misure di ordine pubblico occorreva agire sulla cause della delinquenza: la miseria. Risolti brillantemente numerosi casi (il più celebre fu il "delitto del barile" nel 1903[5]), abile nel travestirsi, rapido nell'azione, inflessibile e quasi feroce verso i criminali, divenuto quasi un simbolo della lotta a favore della giustizia e della legge, Joe Petrosino (un po' snob: abito scuro, cappello duro, camicia bianca, scarpe dal tacco alto) era stato via via assegnato ad incarichi di sempre maggiore responsabilità. Nel frattempo Petrosino sposò la vedova Adelina Saulino (Agnone 1869-1957)[6], dalla quale ebbe una figlia chiamata anche lei Adelina (1908-2004)[7].

L'Italian Branch modifica

Nel 1905, divenendo poi tenente[3], gli era stata affidata l'organizzazione d'una squadra di poliziotti italiani, l'Italian Branch[3] (composta da cinque membri, tra cui il successore di Petrosino, Michael Fiaschetti, nativo di Morolo), e ciò aveva reso più proficua ed efficace la sua lotta senza quartiere contro la Mano Nera, una tenebrosa organizzazione a carattere mafioso, con ramificazioni in Sicilia, attraverso la quale si esprimeva il racket.

Un'occasione che vide Petrosino e l'Italian Squad contro la Mano Nera riguardò Enrico Caruso che, in tournée a New York, fu ricattato dai gangster sotto minaccia di morte. Petrosino convinse Caruso ad aiutarlo nel catturare i criminali.

 
Il Ten. Joe Petrosino (a destra) , Ispettore Carey e l'ispettore McCafferty scortano il sicario mafioso Petto the Ox (Tommaso Petto, secondo da destra)

In precedenza Petrosino si era infiltrato nell'organizzazione anarchica responsabile della morte del re d'Italia Umberto I, scoprendo l'intenzione di assassinare il presidente statunitense William McKinley durante una sua visita all'Esposizione Pan-Americana di Buffalo. McKinley, informato attraverso i servizi segreti, ignorò l'avvertimento e fu effettivamente ucciso il 6 settembre 1901 da Leon Czolgosz.

La morte modifica

Proprio seguendo una pista che avrebbe dovuto portarlo ad infliggere, forse, un decisivo colpo alla Mano Nera, Petrosino era giunto in Italia.

La missione era top secret, ma a causa di una fuga di notizie tutti i dettagli furono pubblicati sul New York Herald. Petrosino partì comunque nell'erronea convinzione che in Sicilia la mafia, come a New York, non si azzardasse a uccidere un poliziotto. Alle 20:45 di venerdì 12 marzo 1909, tre colpi di pistola in rapida successione e un quarto sparato subito dopo suscitarono il panico nella piccola folla che attendeva il tram al capolinea di piazza Marina a Palermo. Ci fu un generale fuggi fuggi: solo il giovane marinaio anconetano Alberto Cardella (Regia Nave Calabria della Regia Marina) si lanciò coraggiosamente verso il Giardino Garibaldi, nel centro della piazza, da dove erano giunti gli spari: in tempo per vedere un uomo cadere lentamente a terra, ed altri due fuggire scomparendo nell'ombra. Non vi fu soccorso possibile, l'uomo era stato raggiunto da quattro pallottole: una al collo, due alle spalle, e una quarta mortale alla testa. Poco dopo si scoprì che si trattava dell'investigatore di polizia Giuseppe Petrosino, il nemico irriducibile della malavita italiana trapiantata negli Stati Uniti, celebre in America come in Italia quale protagonista della lotta al racket.

Il console statunitense a Palermo telegrafò al suo governo: «Petrosino ucciso a revolverate nel centro della città questa sera. Gli assassini sconosciuti. Muore un martire.»[8]

Il governo mise subito a disposizione la somma di 10.000 lire, corrispondenti a quasi 40.000 euro attuali, per chi avesse fornito elementi utili a scoprire i suoi assassini. La paura della mafia però fu più forte dell'attrazione esercitata da quell'elevata offerta di denaro: le bocche rimasero chiuse. Circa 250.000 persone parteciparono al suo funerale a New York, un numero fino ad allora mai raggiunto da alcun funerale in America.[8]

Gli successe un altro italo-americano, Michael Fiaschetti, nato a Morolo (FR), già appartenente all'Italian Squad dello stesso Petrosino.

Si ritiene che il responsabile della sua fine sia il boss Vito Cascio Ferro di Bisacquino, tenuto d'occhio da Petrosino sin da quando questi era a New York, ed il cui nome era in cima ad una "lista di criminali" redatta dal poliziotto italoamericano e trovata nella sua stanza d'albergo il giorno della morte. Probabilmente (e questo fu un sospetto anche della polizia palermitana dell'epoca) vi è un collegamento tra la morte di Petrosino e alcuni personaggi malavitosi appartenenti alla cosca newyorkese di Giuseppe "Piddu" Morello noti per il loro presunto legame al caso del "corpo nel barile" (un famoso omicidio avvenuto a New York nel 1903). Infatti due uomini di questa cosca, Antonino Passananti e Carlo Costantino, erano ritornati in Sicilia nello stesso periodo del viaggio di Petrosino rimanendo in contatto con il boss newyorkese.

 
Adelina Saulino, moglie di Petrosino

Il mandante e l'esecutore dell'omicidio modifica

 
Paolo Palazzotto, presunto assassino di Joe Petrosino

L'ipotesi più verosimile è che Morello e Giuseppe Fontana (emigrato in America dopo l'assoluzione per l'omicidio di Emanuele Notarbartolo e aggregatosi alla banda di Giuseppe Morello) si siano rivolti a Vito Cascio Ferro affinché organizzasse l'omicidio del poliziotto per loro conto. Quando Cascio Ferro venne arrestato gli fu trovata addosso una fotografia di Petrosino. Il malavitoso aveva però un alibi che gli aveva fornito un deputato suo amico. A conclusione dell’indagine, il questore di Palermo Baldassarre Ceola denunciava per concorso nell'omicidio Petrosino quattordici indagati: Antonino Passananti, Gaspare Tedeschi, Giovanni Ruisi, Carlo Costantino, Giovanni Battista Finazzo, Pasquale Enea, Camillo e Francesco Pericò, Ernesto Militano, Paolo Palazzotto, Giovanni Dazzò, Giuseppe Bonfardeci, Salvatore Seminara e Vito Cascio Ferro, ma i sospetti principali si concentrarono soprattutto su Paolo Palazzotto, arrestato in precedenza da Petrosino negli Stati Uniti per sfruttamento della prostituzione e tratta di donne bianche, e giunto stranamente a Palermo pochi giorni prima del delitto[9]. Gli indagati furono però tutti prosciolti in istruttoria per mancanza di prove[10].

Quando il pugno di ferro fascista del prefetto Cesare Mori, anni più tardi, arrestò don Vito Cascio Ferro e lo condannò all'ergastolo per un omicidio imputatogli, il boss fu intervistato in prigione; dichiarò di aver ucciso un solo uomo in tutta la sua vita e disse di averlo fatto in modo disinteressato.

La colpevolezza di Vito Cascio Ferro sembra apparire sempre più confermata a seguito di una serie di intercettazioni telefoniche del Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo nell'evolversi dell'Operazione Apocalisse conclusasi con numerosi arresti all'alba del 23 giugno 2014. Nel merito della questione Domenico Palazzotto è stato intercettato mentre diceva «Lo zio di mio padre si chiamava Paolo Palazzotto, ha fatto l'omicidio del primo poliziotto ucciso a Palermo. Lo ha ammazzato lui Joe Petrosino, per conto di Cascio Ferro». In questo caso vediamo dunque che si parla di Cascio Ferro come mandante mentre l'esecutore materiale sembra essere Paolo Palazzotto[11][12].

Influenze nella cultura di massa modifica

Letteratura e fumetti modifica

 
Funerali di Joe Petrosino, aprile 1909, a New York
The Adventures of Lieutenant Petrosino (1912)

Cinema e televisione modifica

Teatro modifica

  • Il 23 gennaio 2016, a Pioltello, è andato in scena in prima assoluta nazionale il monologo Joe Petrosino, scritto e interpretato da Alessandro Fortarezza, che si è avvalso alla regia del maestro napoletano Aldo Masella, direttore del Centro Studi Coreografici al Teatro Carcano di Milano.
  • Et in arcadia ego. Uno studio sul caso Petrosino, 2014 regia di Rinaldo Clementi.[22][23]
  • Nel 2018 e 2019 il puparo antimafia Angelo Sicilia ha rappresentato a Palermo lo spettacolo dei pupi dal titolo Joe Petrosino: l'incorruttibile ultimo episodio del ciclo dei pupi antimafia.

Omaggi modifica

  • Nella casa natale di Petrosino, situata a Padula, in provincia di Salerno, è stato allestito un museo dove, tra le altre cose, è conservata la divisa del poliziotto italo-americano e vari suoi oggetti personali. La casa-museo è stata creata negli anni settanta del XX secolo ed è attualmente gestita dall'ultimo pronipote vivente di Petrosino.
  • L'Associazione Internazionale Joe Petrosino ha istituito un premio intitolato alla memoria del famoso detective, che ogni anno viene assegnato a persone meritevoli per il loro contributo alla lotta alla mafia e alla criminalità organizzata.[24]
  • Anche a Palermo, città in cui il poliziotto fu assassinato, è operativa un'associazione Joe Petrosino, che ha stretti rapporti con l'associazione internazionale.
  • Il comune di Palermo ha collocato nel 2003 una targa nel giardino di Villa Garibaldi per ricordare dove avvenne l'omicidio

Onorificenze modifica

 
Francobollo commemorativo nel 150º anniversario della nascita
«Poliziotto coraggioso e determinato, impegnato in una difficile missione per scoprire i legami tra mafia siciliana e quella di New York, veniva trucidato con quattro colpi di pistola esplosigli alle spalle da un ignoto sicario in un vile agguato. Fulgido esempio di elette virtù civiche ed elevato spirito di servizio, spinti sino all'estremo sacrificio.»
— Palermo, 12 marzo 1909[25]

Note modifica

  1. ^ Joe Petrosino aveva anche due sorelle. Cfr. Associazione Internazionale "Joe Petrosino", Vita, su joepetrosino.org. URL consultato il 14 maggio 2010.
  2. ^ a b c d Informazioni date dalla guida turistica e dal nipote Nino Melito Petrosino, presso la Casa-Museo Joe Petrosino, a Padula.
  3. ^ a b c d Associazione Internazionale "Joe Petrosino", Vita, su joepetrosino.org, www.joepetrosino.org. URL consultato il 14 maggio 2010.
  4. ^ a b La Storia siamo noi, Joe Petrosino contro Don Vito. Dal Meridione al Nuovo Mondo (video), su lastoriasiamonoi.rai.it, RAI Educational. URL consultato il 14 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 9 giugno 2008).
  5. ^ a b Giuseppe Muscardini, Il piccolo grande Joe. A cento anni dalla morte di Joe Petrosino, su ilgiornale.ch, il Giornale.ch, 8 maggio 2009. URL consultato il 14 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  6. ^ La moglie di Joe Petrosino: l’agnonese Adelina Saulino, su altosannio.it. URL consultato il 2 giugno 2021 (archiviato dall'url originale il 2 giugno 2021).
  7. ^ Giuseppe (Joe) Petrosino - Martire della giustizia in Santibeati.it
  8. ^ a b Serena Verrecchia, Joe Petrosino, a 101 anni dalla sua morte, su 19luglio1992.com, www.19luglio1992.com, 12 marzo 2010. URL consultato il 14 maggio 2010.
  9. ^ orlando, Dopo più di 100 anni svelato il nome del killer di Joe Petrosino ( ), su Adnkronos, 19 dicembre 2020. URL consultato il 2 novembre 2021.
  10. ^ Arrigo Petacco, Joe Petrosino: l'uomo che sfidò per primo la mafia italoamericana, Edizioni Mondadori, 2001, ISBN 978-88-04-49390-7. URL consultato il 2 novembre 2021.
  11. ^ Sergio Rame, Mafia, cimice svela dopo 100 anni l'assassino di Joe Petrosino, su ilgiornale.it, 23 giugno 2014. URL consultato il 23 giugno 2014.
  12. ^ Dopo 100 anni svelato il killer di Joe Petrosino?, su ansa.it, 23 giugno 2014. URL consultato il 23 giugno 2014.
  13. ^ a b c d e Il "vero" Petrosino di Ferdinand Laven in Idis-petrosino.org
  14. ^ Il "falso" Petrosino o lo Sherlock Holmes italiano in Idis-petrosino.org
  15. ^ AAmok il gigante mascherato, Petrosino e il distruttore di masse Archiviato il 27 gennaio 2012 in Internet Archive. in Il Sole 24 Ore del 26 gennaio 2012
  16. ^ Petrosino e Savarese tra fantasia e realtà su afNews.info
  17. ^ Stephan Talty, La mano nera: La vera storia di Joe Petrosino, DeA Planeta, 31 ottobre 2017, ISBN 9788851156541. URL consultato il 27 agosto 2018.
  18. ^ (EN) Gli imponenti funerali del poliziotto americano G. Petrosino (1909), su IMDb, IMDb.com.
  19. ^ (EN) Joe Petrosino (1972), su IMDb, IMDb.com.
  20. ^ (EN) Joe Petrosino (2006), su IMDb, IMDb.com.
  21. ^ (EN) Joe Petrosino: A Shot in the Dark (2006), su IMDb, IMDb.com.
  22. ^ Super User, Spettacolo "Et in Arcadia ego, uno studio sul caso Petrosino", su museodellemarionette.it. URL consultato il 17 settembre 2018.
  23. ^ G. La Paglia, "Et in Arcadia Ego. Uno studio sul caso Petrosino" in scena giovedì, in LaRepubblica.it, 17 ottobre 2016. URL consultato il 17 settembre 2018.
  24. ^ Premio Petrosino Archiviato il 13 novembre 2015 in Internet Archive. in Joepetrosino.org
  25. ^ Associazione Internazionale "Joe Petrosino", Medaglia d'oro, su joepetrosino.org, www.joepetrosino.org. URL consultato il 14 maggio 2010.

Bibliografia modifica

  • Arrigo Petacco, Joe Petrosino, Milano, Mondadori, 2002 [1972].
  • Massimo Di Martino, Joe Petrosino - detective 285, Flaccovio Editore, 2005. ISBN 88-7804-275-7
  • Enzo Catania, Dalla mano nera a Cosa Nostra: l'origine di tutte le mafie e delle organizzazioni criminali, Milano, Boroli, 2006. ISBN 88-7493-081-X
  • Raffaele Sardo, Al di là della notte. Storie di vittime innocenti della criminalità, Napoli, Fondazione Pol.i.s, Tullio Pironti Editore 2010.
  • Anna Maria Corradini, L'omicidio di Joe Petrosino, Misteri e rivelazioni, Acireale (CT), Bonanno editore 2013

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Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

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