Placido Rizzotto

sindacalista italiano
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Placido Rizzotto (Corleone, 2 gennaio 1914Corleone, 10 marzo 1948) è stato un sindacalista e politico italiano, rapito e ucciso da Cosa nostra.[1]

Placido Rizzotto

Biografia Modifica

Placido Rizzotto nacque a Corleone da Giovanna Moschitta e Carmelo Rizzotto. Primo di sette figli, perse la madre quando era ancora bambino. In seguito all'arresto del padre con l'accusa di far parte di un'associazione mafiosa, fu costretto ad abbandonare la scuola per occuparsi della famiglia. Durante la seconda guerra mondiale prestò servizio nel Regio Esercito sui monti della Carnia, in Friuli-Venezia Giulia, con il grado di caporale prima, di caporal maggiore poi e infine di sergente. Dopo l'armistizio dell'8 settembre si unì ai partigiani delle Brigate Garibaldi come militante socialista. Rientrato a Corleone al termine della guerra, iniziò la sua attività politica e sindacale. Ricoprì l'incarico di presidente dei reduci e combattenti dell'ANPI di Palermo e quello di segretario della Camera del lavoro di Corleone. Fu esponente di spicco del Partito Socialista Italiano e della CGIL.

Venne rapito nella serata del 10 marzo 1948, mentre andava da alcuni compagni di partito, e ucciso dalla mafia per il suo impegno a favore del movimento contadino per l'occupazione delle terre. Mentre veniva assassinato, il pastorello Giuseppe Letizia assistette al suo omicidio di nascosto e vide in faccia gli assassini. Per questo venne ucciso con un'iniezione letale, fattagli dal boss e medico Michele Navarra (il mandante del delitto di Placido Rizzotto).[2]

Le indagini sull'omicidio furono condotte dall'allora capitano dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa. Sulla base degli elementi raccolti dagli inquirenti, vennero arrestati Vincenzo Collura e Pasquale Criscione, che ammisero di aver preso parte al rapimento di Rizzotto in concorso con Luciano Liggio. Grazie alla testimonianza di Collura fu possibile ritrovare alcune tracce del sindacalista, ma non il corpo, che era stato gettato da Liggio nelle doline di Rocca Busambra, nei pressi di Corleone. Criscione e Collura, insieme a Liggio, che rimase latitante fino al 1964, furono assolti per insufficienza di prove, dopo aver ritrattato la loro confessione in sede processuale[2][3].

Il ritrovamento dei resti Modifica

Il 9 marzo 2012 l'esame del DNA, comparato con quello estratto dal padre Carmelo Rizzotto, morto da tempo e riesumato per questo scopo, ha confermato che i resti trovati il 7 luglio 2009, dopo una lunga e difficile indagine condotta dagli uomini della Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato PS di Corleone, all'interno di una dolina di Rocca Busambra a Corleone, appartengono a Placido. I resti sono stati recuperati da personale specializzato per interventi speleologici del Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Palermo.[2][3]

Il 16 marzo 2012 il Consiglio dei Ministri ha deciso i funerali di Stato per Placido Rizzotto[4], svoltisi a Corleone il 24 maggio 2012 alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.[5][6]

Influenze nella cultura di massa Modifica

  • La cooperativa siciliana Libera Terra produce e commercializza due vini denominati Placido Rizzotto Bianco e Placido Rizzotto Rosso, provenienti da vigne confiscate alla mafia.
  • È citato anche in un episodio della serie Rai La mafia uccide solo d'estate, nel quale viene mostrato l’omicidio di Rizzotto dal punto di vista di Giuseppe Letizia ed è narrata la tragica vicenda del pastore.

Onorificenze Modifica

«Politico e sindacalista fermamente impegnato nella difesa degli ideali di democrazia e giustizia, consacrò la sua esistenza alla lotta contro la mafia e lo sfruttamento dei contadini, perdendo tragicamente la giovane vita in un vile agguato ad opera degli esponenti mafiosi corleonesi. Fulgido esempio di rettitudine e coraggio spinti fino all'estremo sacrificio. 10 marzo 1948 - Corleone (PA)»
— 17 maggio 2012[7]

Note Modifica

Filmografia e bibliografia Modifica

Voci correlate Modifica

Altri progetti Modifica

Collegamenti esterni Modifica

Controllo di autoritàVIAF (EN75560231 · ISNI (EN0000 0000 3216 3681 · LCCN (ENn95042908 · GND (DE1120503809 · WorldCat Identities (ENlccn-n95042908