Manlio Brosio

politico e ambasciatore italiano (1897-1980)

Manlio Brosio (Torino, 10 luglio 1897Torino, 14 marzo 1980) è stato un politico e diplomatico italiano, segretario generale della NATO dal 1º agosto 1964 al 1º ottobre 1971.

Manlio Brosio

Segretario generale della NATO
Durata mandato1º agosto 1964 –
1º ottobre 1971
PredecessoreDirk Stikker
SuccessoreJoseph Luns

Vicepresidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia
Durata mandato21 giugno 1945 –
10 dicembre 1945
ContitolarePietro Nenni
Capo del governoFerruccio Parri
PredecessoreGiulio Rodinò
Palmiro Togliatti
SuccessorePietro Nenni

Segretario del Partito Liberale Italiano
Durata mandato4 giugno 1944 –
dicembre 1944
PresidenteBenedetto Croce
PredecessoreGiovanni Cassandro
SuccessoreLeone Cattani

Ministro della guerra
Durata mandato10 dicembre 1945 –
1º luglio 1946
Capo del governoAlcide De Gasperi
PredecessoreStefano Jacini
SuccessoreCipriano Facchinetti

Ministro senza portafoglio
Durata mandato12 dicembre 1944 –
21 giugno 1945
Capo del governoIvanoe Bonomi

Durata mandato17 agosto 1945 –
10 dicembre 1945
Capo del governoFerruccio Parri

Ambasciatore d'Italia negli Stati Uniti d'America
Durata mandato31 gennaio 1955 –
13 maggio 1961
PredecessoreAlberto Tarchiani
SuccessoreSergio Fenoaltea

Ambasciatore d'Italia nel Regno Unito
Durata mandato19 ottobre 1951 –
18 novembre 1954
PredecessoreTommaso Gallarati Scotti
SuccessoreVittorio Zoppi

Ambasciatore d'Italia in Unione Sovietica
Durata mandato11 dicembre 1946 –
20 dicembre 1951
PredecessorePietro Quaroni
SuccessoreMario di Stefano

Senatore della Repubblica Italiana
Durata mandato25 maggio 1972 –
4 luglio 1976
LegislaturaVI
Gruppo
parlamentare
Partito Liberale Italiano
CircoscrizionePiemonte
Incarichi parlamentari
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPLI (fino al 1946; 1972)
PRI (1946-1972)
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
UniversitàUniversità degli Studi di Torino
ProfessioneDiplomatico

Biografia modifica

Nacque a Torino il 10 luglio 1897 da Edoardo Brosio e Fortunata Curadelli[1]. Mentre era studente alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Torino, nel 1916 fu chiamato alle armi e, dopo aver frequentato la scuola allievi ufficiali, prese parte alla prima guerra mondiale come ufficiale degli Alpini nel corso della quale fu decorato con una medaglia d'argento al valor militare e una croce di guerra[2].

Terminato il conflitto e ripresi gli studi, dove si laureò nel 1920 e divenne uno stretto collaboratore di Piero Gobetti[3], aderendo al Partito Liberale Italiano e al progetto di Rivoluzione liberale di Gobetti, che lo portò a non sostenere il regime fascista. Diffidato dalla polizia fascista nel 1927, si allontanò dall'impegno politico diretto, pur mantenendo i contatti con gruppi antifascisti e in particolare con Luigi Einaudi e Benedetto Croce, e proseguendo nel ventennio mussoliniano esercitò la professione di avvocato.[2]

Durante la seconda guerra mondiale, dopo l'armistizio di Cassibile del 1943, entrò nella resistenza, diventando membro della giunta militare del CLN[4] come delegato del Partito Liberale Italiano insieme con Giorgio Amendola (PCI), Riccardo Bauer (PdA), Giuseppe Spataro (DC), Sandro Pertini (PSIUP) e Mario Cevolotto (DL). In particolare, tra le sue competenze (non avendo il PLI formazioni partigiane di partito) vi era quella di tenere i contatti con il Fronte militare clandestino del colonnello Cordero Lanza di Montezemolo.

Nel 1944, anche se per breve tempo, fu anche segretario politico del Partito Liberale Italiano. Al termine della guerra fu ministro senza portafoglio nei governi Bonomi I e II[3], vicepresidente del consiglio nel governo Parri[3] e ministro per la Consulta nazionale, e ancora ministro, stavolta della guerra, nel primo esecutivo guidato da Alcide De Gasperi[3]. Dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, nel quale si era espresso in favore della repubblica, uscì dal PLI che si era schierato a maggioranza per la monarchia.[5]

Carriera diplomatica modifica

 
Brosio assieme al Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e Amintore Fanfani nel 1965

Nel 1946 intraprese la sua carriera di diplomatico con la nomina ad ambasciatore a Mosca[4]; nel 1952 passò a Londra[3], dove sottoscrisse il noto Memorandum d'intesa su Trieste, per poi trasferirsi a Washington nel 1955 come ambasciatore d'Italia negli USA, nominato dal governo Scelba e subentrando ad Alberto Tarchiani, in cui rimase fino al 1961, trasferendosi a Parigi.

Il 14 giugno 1962 siglò per conto dell'Italia, assieme ai suoi omologhi di Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito il documento di costituzione dell'ESRO (European Space Research Organisation), che nel 1975 confluì nell'istituzione dell'ESA (European Space Agency)[6].

Segretario generale della NATO e ritorno alla politica modifica

Il 1º agosto del 1964 divenne segretario generale della NATO, il primo italiano a ricevere tale incarico, che mantenne per più di 7 anni, fino al 1º ottobre del 1971[3]. Pochi giorni prima che lasciasse l'incarico, il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon lo aveva insignito della medaglia presidenziale della libertà.

Dopo aver lasciato l'alleanza atlantica tornò a occuparsi della politica italiana. Senatore del PLI e capogruppo dei liberali al Senato dal 1972 al 1976[3], nelle elezioni del 1976 non fu rieletto e si ritirò dalla vita politica attiva[2]. Nominato presidente del Comitato Atlantico Italiano nel gennaio del 1979, ricoprì tale ruolo sino alla morte, avvenuta nella natia Torino dopo breve malattia. Riposa nella tomba di famiglia a Venaria Reale[7].

Manlio Brosio è stato membro della massoneria e della Gran Loggia d'Italia di Piazza del Gesù a Roma.

Opere modifica

  • Riflessioni su Piero Gobetti, presentazione di Beppe Bava e Carlofelice Rossotto, Torino, [s.n.], 1974.
  • La soluzione occidentale della crisi italiana, con Edgardo Sogno, [s.l.], [s.n.], 1976.
  • Diari di Manlio Brosio, a cura di Umberto Gentiloni Silveri, con la collaborazione di Maddalena Carli e Stefano Palermo, Bologna, Il Mulino. Comprende:

Onorificenze modifica

Onorificenze italiane modifica

Onorificenze straniere modifica

Note modifica

  1. ^ BROSIO, Manlio in "Dizionario Biografico", su treccani.it. URL consultato il 17 febbraio 2022.
  2. ^ a b c DBI.
  3. ^ a b c d e f g Treccani.it.
  4. ^ a b Sapere.it.
  5. ^ Indro Montanelli e Mario Cervi, L'Italia della guerra civile, Milano, Rizzoli, 2001, p. 386: «Vi fu maretta anche nel congresso liberale, sia per le polemiche tra fautori e avversari della Repubblica - questi ultimi, in minoranza, contavano su nomi di spicco come Brosio e Carandini - sia per la dissidenza di alcuni elementi della sinistra che se ne andarono [...] I monarchici prevalsero anche sugli agnostici alla Benedetto Croce...»
  6. ^ (EN) The ESRO Convention and 'juste retour', su esa.int. URL consultato il 14 giugno 2021.
  7. ^ Vedi l'articolo Lunedì i funerali di Brosio in Stampa Sera, 15 marzo 1980, p. 5.
  8. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

Bibliografia modifica

  • Manlio Brosio - Collana di Testi diplomatici vol. 8, Ministero degli Affari Esteri - Servizio Storico e Documentazione, Roma, 1981.

Voci correlate modifica

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

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