Achille Funi
Achille Virgilio Socrate Funi (Ferrara, 26 febbraio 1890 – Appiano Gentile, 26 luglio 1972) è stato un pittore e docente italiano, fra gli iniziatori del movimento artistico del Novecento nel 1922 a Milano.[1] È stato anche scultore, architetto, illustratore, scenografo e grafico. Negli anni Trenta ha teorizzato e praticato il ritorno alla pittura murale.
BiografiaModifica
Diplomatosi nel 1910 presso l'Accademia di Belle Arti di Brera (dove poi insegnò dal 1939 al 1960), nel 1914 aderì al movimento futurista. “Preso dal bisogno di ritrovare quei valori plastici e ritmici che la pittura dell'ultimo Ottocento aveva del tutto perduti” (Autopresentazione, Prima Quadriennale…), Funi elaborò una sua particolare forma di futurismo che nella scomposizione delle forme e dei volumi si apparenta per certi versi al dinamismo di Boccioni, e non è un caso se quest'ultimo gli dedicò uno dei pochissimi articoli monografici sui contemporanei.[2] Sue nove opere vennero esposte alla mostra di Nuove Tendenze, tenutasi presso la Famiglia Artistica di Milano nel 1914. Promosso dal pittore e critico Ugo Nebbia, il sodalizio voleva offrire una versione ammorbidita dei fermenti futuristi e si risolse in realtà in un coagulo di artisti fra loro slegatissimi. L'eclettismo apparve la principale caratteristica del gruppo, mentre Funi, che si autopresentò nel catalogo, vi propose una lettura dinamica del costruttivismo cézanniano.
In seguito Funi attraversò un periodo di tentennamenti continui, indeciso se aderire totalmente al futurismo, di cui non condivideva appieno il senso della dissacrazione formale. Benché Boccioni lo avesse definito “uno dei maggiori campioni della pittura italiana d'avanguardia”, egli mantenne una certa distanza dal movimento: l'interesse per le forme piene, tipiche del Cézanne riletto da Picasso, lo attraeva assai più del vorticoso dinamismo marinettiano (anche se la sua tematica prediletta era quella della Velocità e gli stilemi quelli della compenetrazione cromatica e della sovrapposizione delle figure tagliate), tanto che Boccioni scrisse che Funi, nonostante le apparenze, rimaneva profondamente realista. Ma, allo scoppio della Grande Guerra, Funi si ritrovò nel gruppo marinettiano, arruolandosi anch'egli nel battaglione Lombardo Volontari Ciclisti.
Tornato finalmente a Milano, trovò una situazione profondamente mutata: molti dei suoi amici erano morti in guerra o per la terribile epidemia di spagnola, mentre il clan marinettiano aveva innestato il proprio impeto rivoluzionario in un contesto maggiormente attento al dato politico. Dai Fasci Futuristi ai Fasci di Combattimento il passo fu breve. Funi aderì nel marzo 1919 alla famosa riunione in Piazza San Sepolcro a Milano, che costituì la fondazione del fascismo. Anche in questo secondo Futurismo, Funi è tuttavia un eterodosso: le opere dell'epoca mostrano un'attenzione per robusti valori formali, che discendono più dal cubismo sintetico o dalla metafisica casoratiana, che dal dinamismo futurista o dal cromatismo fauve (elementi che comunque sono rintracciabili nelle sue opere).
Nel 1923 per iniziativa di Margherita Sarfatti e Lino Pesaro nacque il gruppo di Novecento e Funi fu tra i suoi fondatori insieme ad Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Mario Sironi, Ubaldo Oppi, Emilio Malerba e Pietro Marussig. La linea teorica del gruppo si orientava verso un recupero della tradizione classica italiana rivisitata alla luce delle esperienze delle avanguardie degli inizi del secolo. Le sue figure femminili, le nature morte, i ritratti, al di là dell'esplicita aspirazione neoclassicistica, stabiliscono un'eclettica gamma di riferimenti culturali, in parte connessi alla tradizione artistica ferrarese (Venere innamorata, Malinconia; Milano, Galleria d'Arte Moderna; Autoritratto, Milano, collezione Pallini). L'interesse per la figura come fulcro ideale e soggetto principale dell'opera è, insieme con l'attenzione al mestiere, la caratteristica dominante del classicismo degli anni venti. Si era ormai spenta l'eco delle dichiarazioni futuriste del Manifesto tecnico (aprile 1910). Ora si parla di “umanità”, di centralità dell'uomo nella pittura. De Chirico vede nella figura la grammatica del linguaggio pittorico. Severini riconosce esplicitamente il piacere che una persona prova di fronte alla propria immagine, se questa è costruita con ritmi e proporzioni armoniosi. “È naturale che ci si rivolga al corpo dell'uomo e della donna, nel momento in cui si indica un nuovo umanesimo”, ha scritto Fagiolo Dell'Arco. Importante la sua opera di frescante e di mosaicista (decorazioni ad affresco per le Triennali di Milano dal 1930 al 1940; decorazione ad affresco per la sala dell'Arengo (già sala della Consulta) del Palazzo Municipale a Ferrara, affreschi nella Tempio di Cristo Re a Roma, in S. Giorgio Maggiore e nel Palazzo di Giustizia a Milano; grande mosaico nella basilica di S. Pietro a Roma).
Negli anni quaranta insegnò pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera, Milano.
Nel 1945 ottenne la cattedra di pittura all'Accademia Carrara di Bergamo e successivamente ne diventò direttore, succedendo a Luigi Brignoli. Negli anni cinquanta tornò ad insegnare a Brera. Suoi allievi sono stati Fernando Carcupino, Oreste Carpi, Giuseppe Ajmone, Valerio Pilon.
Nel 1949-1950, Funi aderì al progetto della importante collezione Verzocchi, sul tema del lavoro, inviando, oltre ad un autoritratto, l'opera Lo scultore. La collezione Verzocchi è attualmente conservata presso la Pinacoteca Civica di Forlì.
OpereModifica
- Ritratto della sorella, 1921[3]
- Autoritratto da giovane, 1924[4]
- Il mito di Ferrara, sala dell'Arengo Palazzo Municipale di Ferrara, 1934-1937.
Achille Funi nei museiModifica
- Galleria Guggenheim di Venezia
- Museo d'arte moderna e contemporanea Filippo de Pisis di Ferrara
- Pinacoteca Leonida ed Albertina Repaci di Palmi
- Accademia Nazionale di San Luca, Roma
Nelle collezioni d'arte della Fondazione Cariplo figurano quattro cartoni preparatori di Funi.
NoteModifica
- ^ Bucarelli, Palma, NOVECENTO, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1934.
- ^ Le Muse, De Agostini, Novara, 1966, Vol.V pag.139
- ^ Ritratto della sorella, GAMC; Ferrara, su artemoderna.comune.fe.it. URL consultato il 19 aprile 2017.
- ^ Autoritratto da giovane, Museo Cantonale d'Arte, Lugano, su e-mca.ti.ch. URL consultato il 19 aprile 2017.
BibliografiaModifica
- Giorgio Nicodemi, Artisti del tempo nostro: I. Achille Funi, in Emporium, LXXVIII, n. 463, Bergamo, Istituto italiano di arti grafiche, 1933, pp. 3-19, ISBN non esistente.
- Nicoletta Colombo (a cura di), Achille Funi, Catalogo ragionato dei dipinti e dei cartoni in 2 tomi, Milano, Leonardo arte, 1996, ISBN 8878137111
- Lucio Scardino, Achille Funi e il "Mito di Ferrara", Ferrara, Belriguardo, 1985, ISBN non esistente.
- Francesco Tedeschi, FUNI, Virgilio Socrate, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 50, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1998. URL consultato il 19 aprile 2017.
- Antonella Crippa, Achille Funi, catalogo online Artgate della Fondazione Cariplo, 2010, CC-BY-SA.
- GianMaria Labaa, Funi a Bergamo, La Rivista di Bergamo, settembre 2019.
Voci correlateModifica
Altri progettiModifica
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Achille Funi
Collegamenti esterniModifica
- Ten Dreams Galleries, su tendreams.org.
- La favola del tempo. I "Mesi" di Achille Funi per il "Mito di Ferrara" (1934 - 1937), su carlovirgilio.it. URL consultato il 14 aprile 2017.
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