Alvise da Mosto (cacciatorpediniere)

cacciatorpediniere della Regia Marina

L’Alvise Da Mosto è stato un cacciatorpediniere della Regia Marina.

Alvise Da Mosto
Il Da Mosto in navigazione negli anni ’30
Descrizione generale
Tipoesploratore (1931-1938)
cacciatorpediniere (1938-1941)
ClasseNavigatori
In servizio con Regia Marina
IdentificazioneDM
CostruttoriCantieri del Quarnaro, Fiume
Impostazione22 agosto 1928
Varo1º luglio 1929
Entrata in servizio15 marzo 1931
IntitolazioneAlvise Da Mosto, navigatore italiano
Destino finaleaffondato in combattimento il 1º dicembre 1941
Caratteristiche generali
Dislocamentostandard 2125 t
in carico normale 2760 t
pieno carico 2880 t
Lunghezza107 m
Larghezza11,5 m
Pescaggio4,5 m
Propulsione4 caldaie Odero
2 gruppi di turbine a vapore Parsons su 2 assi
potenza 55.000 hp
Velocità38 (poi ridotta a 28) nodi
Autonomia3.100 mn a 15 nodi
800 mn a 36
Equipaggio15 ufficiali, 215 tra sottufficiali e marinai
Armamento
Armamento
Note
MottoIn ogni rischio e con ogni arme
Sigla identificativa: DM
dati presi principalmente da [1], [2] e [3]
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Storia modifica

Nome e motto modifica

Il Da Mosto prese nome dal navigatore veneziano Alvise Ca’ Da Mosto, nato a Venezia nel 1432, ed infatti originariamente era questa la sua denominazione, semplificata poi nel 1930 in quella definitiva.

Il motto della nave, In ogni rischio e con ogni arme, è tratto dalla Canzone dei Trofei (da "Merope", 1912) di Gabriele D'Annunzio.

Gli anni Trenta modifica

Il Da Mosto fu la penultima unità della classe ad entrare in servizio nel novembre del 1931 e infatti, come il successivo Pigafetta, aveva già subito le prime modifiche per il miglioramento della stabilità (alleggerimento e abbassamento delle sovrastrutture).

Nei collaudi fu l'unità che raggiunse la maggior velocità con 42,7 nodi. Insieme al Pigafetta ricevette a Venezia la bandiera di combattimento il 4 ottobre dello stesso anno.

Come altre unità della stessa classe, nel periodo tra le due guerre svolse la normale attività di squadra: effettuò insieme al Pessagno una crociera di rappresentanza in Sudamerica e partecipò alle operazioni di appoggio navale durante la guerra civile spagnola dal 1936 al 1937.

Nel 1938 fu riclassificato cacciatorpediniere e assegnato alla XV Squadriglia. Dopo un breve periodo di stanza a Tangeri fu utilizzato per l'addestramento degli equipaggi e quindi nella primavera del 1940 entrò in cantiere per il secondo ciclo di modifiche allo scafo. Durante tali lavori fu allargato lo scafo di un metro, modificata la prua ed incrementato l'armamento[1].

La seconda guerra mondiale modifica

Il Da Mosto uscì dal cantiere ai primi di agosto del 1940 e riprese il suo posto nella XV Squadriglia Cacciatorpediniere con base a Brindisi alle dipendenze della VIII Divisione Incrociatori. Con questi svolse un'intensa attività di squadra con varie missioni di ricerca nemico, posa mine, caccia sommergibili e bombardamenti costieri dell'Albania in appoggio alla campagna di Grecia fino alla primavera del 1941. Da allora in poi condivise il destino delle unità similari svolgendo unicamente le attività di posa mine e soprattutto di scorta ai convogli per il Nordafrica.

 
Il Da Mosto fotografato nei primi mesi della seconda guerra mondiale

Dal 19 al 23 aprile 1941, insieme alla VII Divisione incrociatori (Eugenio di Saovia, Duca d’Aosta, Attendolo e Montecuccoli) ed ai gemelli da Recco, Pessagno, da Verrazzano, Pigafetta e Zeno, effettuò la posa dei campi minati «S 11», «S 12» ed «S 13» (con l'impiego in tutto di 321 mine e 492 galleggianti esplosivi) ad est di Capo Bon[2].

Tra il 23 ed il 24 aprile le unità ripeterono l'operazione posando altre 740 mine[2].

Il 1º maggio posò nuovamente mine a nordest di Tripoli, insieme ai gemelli Pigafetta, Da Verrazzano, Da Recco, Zeno e Pessagno ed agli incrociatori Eugenio di Savoia, Duca d'Aosta ed Attendolo[3].

Il 4-5 maggio fornì scorta indiretta – insieme ai gemelli Pigafetta, Da Recco, Zeno e Da Verrazzano ed agli incrociatori leggeri Eugenio di Savoia, Attendolo e Duca d'Aosta – ad un convoglio (formato dal trasporto truppe Victoria e dai cargo Marco Foscarini, Barbarigo, Calitea, Ankara, Andrea Gritti e Sebastiano Venier scortati dai cacciatorpediniere Vivaldi, da Noli e Malocello e dalle torpediniere Cassiopea, Orione e Pegaso) in rotta Napoli-Tripoli: le navi giunsero indenni a destinazione nonostante l'individuazione di un sommergibile, che tuttavia non attaccò[3].

Il 3 giugno effettuò la posa di due campi minati a nordest di Tripoli, insieme ai cacciatorpediniere Pigafetta, Da Verrazzano, Da Recco, Gioberti, Scirocco ed Usodimare ed alle Divisioni IV (incrociatori leggeri Bande Nere e Alberto di Giussano) e VII (incrociatori leggeri Eugenio di Savoia, Duca d'Aosta ed Attendolo)[4].

Il 28 giugno posò il campo minato «S 2» nel Canale di Sicilia insieme agli incrociatori Attendolo e Duca d'Aosta ed ai cacciatorpediniere Pigafetta, Da Verrazzano, Da Recco e Pessagno[5].

Il 7 luglio, insieme alle Divisioni incrociatori IV (Bande Nere e Di Giussano) e VII (Attendolo e Duca d'Aosta) ed ai cacciatorpediniere Pigafetta, Pessagno, Da Recco, Da Verrazzano, Maestrale, Grecale e Scirocco, effettuò una missione di posa mine nel Canale di Sicilia[6].

Durante autumno 1941, il Da Mosto è stato modificato con materiale anti-sommergibile tedesco (S-Geraet e lancia di bombe di profondità). Un gruppo di marinai tedeschi sarà imbarcato per l'istruzione.

Il 1º dicembre 1941 il Da Mosto, al comando del capitano di fregata Francesco Dell'Anno (nato a Taranto il 16 ottobre 1902), era di scorta alla grande e moderna motonave cisterna Iridio Mantovani in navigazione, carica di 8500 tonnellate di carburante[7], da Napoli a Tripoli, quando le due navi, alle 13.20, furono attaccate da quattro bombardieri Bristol Blenheim del 107° Squadron della Royal Air Force: centrata da alcune bombe, la petroliera si immobilizzò con gravi danni[8][9][10]. Il Da Mosto prese a rimorchio la nave danneggiata, ma, causa il suo appoppamento, i cavi si ruppero, mentre alle 16.45 il convoglio fu nuovamente attaccato da aerei: colpita da altre bombe, la Mantovani s'incendiò[8][9][10]. Mentre il Da Mosto recuperava l'equipaggio della petroliera, alle 18, furono avvistati fumi in lontananza: il cacciatorpediniere si avvicinò alle navi ritenendo fossero motovedette italiane, ma si trattava invece della Forza K britannica, composta dagli incrociatori leggeri Aurora e Penelope e dal cacciatorpediniere Lively[8][9][10]. Il Da Mosto si avvicinò a 1000 metri alle navi britanniche, lanciò vari siluri, aprì il fuoco con i cannoni, emise cortine fumogene, ma la sproporzione di forze rese tutto inutile: ripetutamente colpito, il cacciatorpediniere s'immobilizzò con gravi danni e dovette essere abbandonato dall'equipaggio; mentre era in corso l'abbandono della nave, questa, colpita nel deposito munizioni poppiero, fu scossa dall'esplosione di tale deposito, impennò la prua ed affondò rapidamente di poppa, alle 18.15, in posizione 33°53' N e 12°28' O (circa 75 miglia a nordovest di Tripoli)[8][9][10]. Il Lively sfilò a bassa velocità a breve distanza dal gruppo dei naufraghi e dalla nave agonizzante, rendendo loro l'onore delle armi prima di allontanarsi senza raccogliere nessuno[8][9][11]. Anche la Mantovani fu finita a cannonate dalle navi inglesi, inabissandosi in posizione 33°50' N e 12°50' E[8][9]; il suo equipaggio fu recuperato dall’Aurora[7].

Dell'equipaggio del Da Mosto scomparvero in mare 138 uomini, mentre il comandante Dell'Anno ed altri 134 superstiti furono recuperati da unità italiane[8][9].

Il comandante Dell'Anno (poi scomparso in mare con il cacciatorpediniere Scirocco) fu decorato con la medaglia d'oro al valor militare per la sua eroica difesa[12].

Nel corso del conflitto il Da Mosto aveva svolto 79 missioni di guerra per un totale di 23.531 miglia percorse e 1440 ore di moto.

Comandanti modifica

Capitano di fregata Gian Giacomo Ollandini (nato a Genova il 2 gennaio 1901) (10 giugno 1940 - novembre 1941)

Capitano di fregata Francesco Dell'Anno (nato a Taranto il 16 ottobre 1902) (novembre - 1 dicembre 1941)

Note modifica

Bibliografia modifica

  • Franco Bargoni, Esploratori Italiani, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1996.
  • Maurizio Brescia, Cacciatorpediniere Classe "NAVIGATORI", Parma, Ermanno Albertelli Editore, 1995, ISBN 88-85909-57-4.
  • Aldo Cocchia e Filippo De Palma, La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale. Vol. VI: La Guerra nel Mediterraneo – La difesa del Traffico coll'Africa Settentrionale: dal 10 giugno 1940 al 30 settembre 1941, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1958.
  • Aldo Cocchia, La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale. Vol. VII: La Guerra nel Mediterraneo – La difesa del Traffico coll'Africa Settentrionale: dal 1º ottobre 1941 al 30 settembre 1942, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1962.
  • Giuseppe Fioravanzo, La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale. Vol. IV: La Guerra nel Mediterraneo – Le azioni navali: dal 10 giugno 1940 al 31 marzo 1941, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1959.
  • Giuseppe Fioravanzo, La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale. Vol. V: La Guerra nel Mediterraneo – Le azioni navali: dal 1º aprile 1941 all'8 settembre 1960, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1960.
  • Giorgio Giorgerini, La guerra italiana sul mare. La marina tra vittoria e sconfitta 1940-1943, Milano, A. Mondadori, 1994.
  • Pier Filippo Lupinacci, La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale. Vol. XVIII: La Guerra di Mine, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1966.
  • Rolando Notarangelo e Gian Paolo Pagano, Navi mercantili perdute, Roma, Ufficio Storico Marina Militare, 1997, ISBN 978-88-98485-22-2.
  • Gianni Rocca, Fucilate gli ammiragli. La tragedia della Marina italiana nella seconda guerra mondiale, Milano, A. Mondadori, 1987.
  • Ufficio Storico della Marina Militare, La battaglia dei convogli: 1940-1943, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1994.
Periodici
  • Nicola Sarto, Gli esploratori - poi cacciatorpediniere - classe "Navigatori", "Marinai d'Italia", 2007, n.12, pp.17-32.

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