Milano trema: la polizia vuole giustizia

film del 1973 diretto da Sergio Martino

Milano trema: la polizia vuole giustizia è un film poliziottesco del 1973 diretto da Sergio Martino, scritto da Ernesto Gastaldi.

Milano trema: la polizia vuole giustizia
Titoli di testa del film
Lingua originaleItaliano
Paese di produzioneItalia
Anno1973
Durata104 min
Generepoliziesco
RegiaSergio Martino
SoggettoErnesto Gastaldi
SceneggiaturaErnesto Gastaldi
Casa di produzioneDania Film
Distribuzione in italianoInterfilm
FotografiaGiancarlo Ferrando
MontaggioEugenio Alabiso
Effetti specialiCataldo Galliano
MusicheMaurizio De Angelis, Guido De Angelis
ScenografiaGiantito Burchiellaro
CostumiRosalba Menichelli
Interpreti e personaggi
Doppiatori originali

Trama modifica

Giorgio Caneparo è un commissario di polizia dai metodi piuttosto spicci: proprio a causa del suo modo di comportarsi è stato appena trasferito da Milano a Novara. Una mattina, rientrando dal servizio notturno, viene chiamato per intervenire nella cattura di due detenuti evasi dal treno che, durante una traduzione, hanno brutalmente assassinato i carabinieri della scorta, nonché un padre con giovane figlia al quale rubano l'auto. I fuggiaschi si rifugiano in un'area rurale ma vengono presto individuati dalle forze dell'ordine; quando si arrendono alzando le mani in segno di resa, Caneparo li uccide comunque entrambi.

Rispedito a Milano, Caneparo viene accolto con una serie di ammonimenti dal suo collega e amico commissario Del Buono, che gli rivela anche la sua indagine in corso su una serie di rapine in tutto il nord Italia, dietro le quali sospetta che si nasconda una misteriosa organizzazione. Di lì a poco, mentre rientra a casa, Del Buono viene freddato da un killer. A causa dell'omicidio dei due detenuti Caneparo è stato sospeso dal servizio, ma decide di indagare autonomamente sull'omicidio del collega.

 
Luc Merenda e Richard Conte interpretano il commissario Caneparo e il Padulo

Per condurre le sue indagini Caneparo decide di infiltrarsi nella malavita, dapprima ingraziandosi le simpatie di una prostituta, così da far credere agli altri di essere un magnaccia. Si fa raccomandare poi da un delinquente detto Monsùmerda alla banda di criminali che organizza le rapine. Conosce così il Padulo, l'organizzatore dei vari colpi, al quale si propone come autista, ma che, sospettoso, rifiuta. Stringe amicizia anche con una ragazza disadattata di nome Maria (da lui chiamata Maria Ex), che ha una relazione con un uomo legato all'organizzazione.

Il Padulo organizza una rapina in banca, affidandola a tre dei suoi uomini su una Citroën DS nera. Caneparo intercetta le radio della polizia facendo intervenire alcune volanti sul posto, mandando così a monte il colpo. Parte un inseguimento durante il quale i tre rapinatori e perdono la vita insieme ai due ostaggi. Successivamente il Padulo decide di concedere una prova di guida al poliziotto sulla sua Iso Grifo. Stupitosi della sua bravura, lo recluta immediatamente. Effettuano così un'altra rapina in banca, che riesce perfettamente, ma il capo dei rapinatori uccide una donna incinta che aveva urlato. Anche in questo caso scatta l'inseguimento, con Caneparo alla guida di una BMW 1800. Una volta seminati i poliziotti, il commissario decide di portare i suoi tre complici direttamente in questura, rivelando così la sua identità di poliziotto. Il capo dei rapinatori viene ucciso da alcuni agenti, mentre gli altri due vengono arrestati. Riconosciuta la sua eroica azione viene reintegrato in servizio.

Continuando ad indagare scopre che il Padulo è in realtà il dottor Salussoglia, noto professionista di Bergamo, e cerca in tutti i modi di fare venire a galla la sua identità criminale ma senza fortuna.
Caneparo, furibondo, rintraccia Salussoglia e i due incominciano a picchiarsi: durante la rissa Salussoglia cade sbattendo violentemente la testa. In ospedale viene dichiarata la morte cerebrale e Caneparo diventa ufficialmente ricercato per tentato omicidio. Il commissario, accortosi della presenza di un sigaro identico a quelli che fumava Salussoglia in casa di Viviani dove si era rifugiato, capisce il suo coinvolgimento e gli fa credere che Salussoglia sia ancora vivo e che la sua morte cerebrale sia soltanto un trucco per tranquillizzare l'organizzazione in attesa di interrogarlo.

Viviani cade nel tranello e manda in ospedale lo stesso killer che aveva ucciso Del Buono ad uccidere Salussoglia, prima di essere a sua volta ucciso da Caneparo, che rimane ferito nella sparatoria. Acclamato come un eroe, il commissario riceve la visita di Viviani che gli accenna sia la sua partecipazione all'organizzazione che i suoi scopi, ossia quelli di seminare il terrore in tutta Italia, con l'obiettivo di attuare un golpe: Viviani gli propone di farne parte, ricevendo l'assenso di Caneparo. Dopo essere stato dimesso dall'ospedale raggiunge Viviani, comunicandogli che in realtà non vuole fare parte dell'organizzazione e che intende vendicare i tanti morti: l'ex collega fugge in automobile e nell'inseguimento cade in una scarpata morendo. Caneparo, sapendo di avere agito al di fuori della legge, si consegna nelle mani degli agenti arrivati sul posto.

Produzione modifica

Riprese modifica

Le scene iniziali del film sono state girate a Novara, si riconoscono chiaramente il duomo e i porticati del centro della città.

Accoglienza modifica

Incassi modifica

Milano trema: la polizia vuole giustizia fu distribuito nelle sale il 22 agosto del 1973 ed ebbe un ottimo risultato commerciale, incassando 1.162.424.000 lire dell'epoca.[1]

Critica modifica

Il film ebbe una tiepida accoglienza dalla critica, perché apparve essere lo stereotipo dai tratti assai banali del genere poliziesco dei primi anni settanta.

Curiosità modifica

Note modifica

  1. ^ Roberto Curti, Italian Crime Filmography, 1968-1980, McFarland, 2013, ISBN 0786469765.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica

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