Chiesa della Madonna del Carmine (Madruzzo)

chiesa parrocchiale a Sarche, frazione di Madruzzo in Trentino

La chiesa della Madonna del Carmine, o del Carmelo, è una chiesa cattolica situata a Sarche, frazione di Madruzzo in Trentino. È parrocchiale, e appartiene all'ex decanato di Calavino dell'arcidiocesi di Trento[1][2][3][4].

Chiesa della Madonna del Carmine
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneTrentino-Alto Adige
LocalitàSarche (Madruzzo)
Coordinate46°02′52.2″N 10°57′11.28″E
Religionecattolica di rito romano
TitolareNostra Signora del Monte Carmelo
Arcidiocesi Trento
Consacrazione12 ottobre 1889
ArchitettoVigilio Oberziner
Stile architettoniconeoclassico
Inizio costruzione1325 (primo edificio)
1887 (attuale)
Completamento1889
 
Retro e campanile
 
Interno

Il convento e la chiesa dei Celestini

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Tra il 1313 e il 1325 in località Sarche, dove la strada proveniente da Trento si biforcava (come ancora fa) conducendo alla Valle del Sarca e alle Giudicarie, sorse un piccolo convento dei Padri Celestini, con funzione di ospizio per i viandanti e coloni; la struttura non superò mai il numero di tre religiosi e venne fondata anche grazie al generoso contributo economico dei due fratelli Nicolò e Gerardo dei conti d'Arco[3][5].

Nel 1325 una chiesa gotica, intitolata a dapprima a santa Maria della Misercordia e poi santa Maria Assunta, venne annessa al convento[3][5], ed entro il Cinquecento doveva aver acquisito un certa importanza, dato che l'amministratore di Castel Toblino Giovanni Battista Carioli (morto nel 1527) chiese di esservi sepolto; la sua lapide è esposta ora all'ingresso del vicino ristorante[5]. Da una descrizione del 1615 risulta che fosse dotata di tre altari, il maggiore (con pala raffigurante l'Assunzione di Maria con gli apostoli e una scultura della Madonna del Carmelo) e due laterali intitolati a sant'Antonio di Padova e san Carlo Borromeo, con le rispettive statue lignee[5].

Il convento venne soppresso nel 1779; l'edificio venne adibito dapprima a casa colonica, e oggi ospita appartamenti e un ristorante[5]. La chiesa invece restò in uso, venendo affidata al clero secolare, e nel 1783 venne dotata di un sacerdote stabile (primo cappellano fu don Valentino Chemelli di Padergnone); nel 1831 venne elevata a cappellania curata e ottenne il fonte battesimale, seguito nel 1836 dal cimitero[4].

La chiesa moderna

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Verso la fine dell'Ottocento l'antica chiesetta gotica risultava però troppo piccola per le esigenze della popolazione; un primo progetto di ampliamento del 1882 a firma di Rodolfo Gobber cadde nel vuoto. Nel 1887 la situazione venne presa in mano dal vescovo di Trento Eugenio Carlo Valussi, che decise di far costruire un nuovo edificio a proprie spese; il 27 ottobre di quell'anno benedisse la posa della prima pietra, consacrando l'erigenda chiesa alla Madonna del Carmine. La struttura venne costruita dalla ditta Rodolfo e Bortolo Gobber di Lasino, su progetto di Vigilio Oberziner, e i lavori terminarono con la consacrazione officiata il 12 ottobre 1889 dallo stesso Valussi, concelebranti ventisette sacerdoti, seguita poi dalla cresima di 516 ragazzi del decanato[1][3][4]. Valussi era particolarmente legato alle Sarche, e secondo la tradizione era sua abitudine donare un soldo a tutti i coloni che gli si avvicinavano per baciargli l'anello[2]. La chiesa vecchia venne sventrata e riconvertita in parte in cantina, e in parte in canonica curaziale[4].

L'altare maggiore per la nuova chiesa fu quello del santuario della Madonna delle Laste di Trento, che era stato soppresso, e vennero aggiunti anche due altari laterali in legno, uno intitolato all'Addolorata e l'altro a san Giuseppe, con relative statue. L'altare dell'Addolorata venne rimpiazzato dopo pochi anni con uno in marmo proveniente dal duomo di Trento, realizzato da Cristoforo Benedetti; contestualmente venne rimosso anche quello di san Giuseppe, con l'intento di sostituirlo, cosa che però non avvenne[4].

La chiesa, già sussidiaria della pieve di Calavino, ottenne dignità parrocchiale il 28 settembre 1943 dal vescovo Carlo De Ferrari[1][4]; in quell'anno l'altare maggiore dovette tornare al convento delle Laste, che era stato riaperto, e al suo posto venne portato quello della chiesa dei Disciplini di Riva del Garda (soppressa e poi trasformata in porta cittadina)[4]. Nel 1968-70 l'edificio fu oggetto di restauri conservativi e di adeguamento liturgico, che interessarono in particolare la parte del presbiterio[1]; un altro restauro è avvenuto nel 1989[4].

Descrizione

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L'ancona dell'altare maggiore

Esterno

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Il cenotafio della famiglia d'Arco

La chiesa, orientata verso nord-ovest, è preceduta dal sagrato (datato 1889), ornato da due cipressi, e si affaccia sulla strada statale 45 bis; è una struttura neoclassica, rifinita a intonaco tinteggiato, percorsa alla base da una zoccolatura a intonaco rustico, e ha i tetti coperti da coppi in laterizio[1][6].

Si presenta con facciata a capanna, stretta tra paraste doriche e suddivisa in due ordini sormontati dal frontone triangolare. Il portale principale con architrave decorato è fiancheggiato da due nicchie contenenti le statue dei santi Pietro e Paolo; una bifora si apre al centro della facciata, e un oculo in mezzo al frontone[1][4].

Le fiancate, scandite da paraste doriche, sono spezzate dai volumi sporgenti della sagrestia e del deposito; nelle sezioni centrali vi sono finestre a lunetta e, sul fianco destro, un accesso secondario; altre due finestre a lunetta illuminano il presbiterio. Sul fianco sinistro si appoggia il campanile, una torre a base quadrata alta circa trenta metri, con orologio, cella campanaria aperta da monofore e guglia piramidale in lamiera; contiene quattro campane, una del 1606 detta "campana della tempesta" (con la scritta A fulgore et tempestate libera nos Domine e le effigi di sei santi, forse proveniente da Castel Pergine) e le altre del 1928 (fuse da Colbacchini di Treviso in sostituzione di quelle requisite durante la Grande Guerra)[1][6].

Interno

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L'interno ha un'unica grande navata, pavimentata in lastre di pietra; paraste doriche raccordate da un cornicione marcapiano la suddividono in tre campate voltate a lunetta. Sul fianco destro della terza campata c'è l'altare laterale, proveniente dal duomo di Trento, su cui si trova anche il tabernacolo; inizialmente intitolato all'Addolorata, è stato riconsacrato al Sacro Cuore e al Santissimo Sacramento nel 1968. In aula vi sono anche il fonte battesimale (probabilmente quello della chiesa vecchia, inaugurato nel 1831 e restaurato nel 1968) e, incassata nella parete a lato dell'ingresso, la piccola acquasantiera del 1549[1][6].

Sul lato sinistro della seconda campata si erge un imponente cenotafio rinascimentale in marmo, uno dei più grandi della regione con un'altezza di 6,3 metri e una larghezza di 4,5; datato 1595, è attribuito alla bottega dei Carneri e venne commissionato da Giambattista e Francesco d'Arco (morti nel 1570 e nel 1578). Al centro figura lo stemma dei conti d'Arco, con armature e trofei ai lati e angioletti; sotto allo stemma è scolpita una scena di battaglia tra imperiali e turchi, assai rovinata durante l'invasione del 1703: essa doveva simboleggiare la partecipazione dei conti d'Arco ad alcune battaglie in difesa dell'Europa cristiana. Quattro colonne candelate bianche sostengono una fila di panoplie classiche e quindi la trabeazione, su cui è montata la cimasa; quest'ultima è composta da altri due angeli con gli stemmi dei d'Arco, e da una targa in pietra di paragone che ricorda i conti Nicolò e Gerardo d'Arco, detti fondatori del monastero dei Celestini[2][3][4][6].

Il presbiterio, rialzato di quattro gradini e pavimentato in legno, è voltato a crociera e concluso dall'abside semicircolare, e ha due portalini laterali che conducono alla sagrestia e al deposito. L'altare maggiore, proveniente dall'ex chiesa dei Disciplini di Riva, è barocco, e ospita una pala del 1944 del veronese Agostino Pegrassi, raffigurante la Madonna con i santi Celestino e Vigilio. L'ancona è fissata al muro dell'abside, mentre la mensa è stata reimpiegata come altare al popolo e si trova su una pedana in pietra al centro del presbiterio[1][3][6].

In chiesa sono conservati anche altri dipinti: un quadro ex voto del 1797 della Madonna con Bambino e i santi Rocco e Antonio abate; una Madonna Assunta in cielo di fine Cinquecento, probabilmente pala maggiore della vecchia chiesa dei Celestini; una Maria del Carmelo coi Santi Agostino, Domenico e Teresa d'Avila, opera seicentesca forse di Stefano Cattani o Carani. Tra le alte opere, si segnala la via Crucis lignea del 1988 di A. Chemotti di Stravino; due arazzi a patchwork raffiguranti l'Ultima Cena e la Natività di Nostro Signore; e varie statue, tra cui una Madonna Addolorata ottocentesca e un san Giuseppe di Giovanni Pendl (scultore della Zillertal morto nel 1859), entrambe proveniente dai primi altari laterali della chiesa nuova; una statua del Sacro Cuore di Gesù (di Corrado Verra di Ortisei, 1939) e una di Maria Immacolata (di Ferdinando Perathoner di Ortisei, fine anni 1940)[4][6].

  1. ^ a b c d e f g h i Chiesa della Madonna del Carmine <Sarche, Madruzzo>, su Le chiese delle diocesi italiane, Conferenza Episcopale Italiana. URL consultato il 19 giugno 2024.
  2. ^ a b c Gorfer, pp. 274-276.
  3. ^ a b c d e f Costa, p. 465.
  4. ^ a b c d e f g h i j k Mussi, pp. 487-491.
  5. ^ a b c d e Mussi, pp. 482-486.
  6. ^ a b c d e f Bressan, pp. 52-61.

Bibliografia

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  • Luigi Bressan, !° centenario della chiesa parrocchiale di Sarche: a don Claudio Segalla nel 25° di ministero parrocchiale a Sarche, 1990.
  • Armando Costa (a cura di), La Chiesa di Dio che vive in Trento, Edizioni diocesane, 1986.
  • Aldo Gorfer, Le valli del Trentino-Trentino occidentale, Calliano (Trento), Manfrini, 1975, ISBN 978-88-7024-118-1.
  • Danilo Mussi (a cura di), I segni del sacro nella Valle dei Laghi, Tione di Trento, Centro Studi Judicaria, 2012.

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