Cielo (religione)

concetto metafisico
(Reindirizzamento da Divinità del cielo)

Nei vari culti religiosi il cielo, inteso sia in senso fisico che prettamente spirituale, ha una grande importanza.

La scala di Giacobbe in un dipinto di William Blake (1805), che secondo la Bibbia viene percorsa dagli Angeli fungendo da collegamento tra il cielo e la terra (Genesi 28, 11-19).

Esso è la sede delle divinità oppure una divinità stessa; talvolta il cielo stesso presta alla divinità stessa alcuni suoi attributi.[1] Presso i popoli primitivi la divinità celeste s'identifica in genere con quella suprema,[1] mentre la divinità sotterranea, detta ctonia, ne è in qualche modo nemica o contrapposta.[1]

Fin dall'antichità quindi il cielo era il luogo della trascendenza o dell'aldilà, solitamente contrapposto alla dimensione immanente della terra, alla quale tuttavia esso poteva riconnettersi attraverso una sorta di perno universale chiamato axis mundi o albero cosmico. L'elevazione verso il cielo, con cui i profeti incarnatisi sulla terra spesso vi hanno fatto ritorno, è detta ascensione.[3]

Vasto e sconfinato, dava l'idea dell'immensità di spazio, dell'universalità di pensiero, della pienezza del sentimento, della dolcezza e della grazia, della beatitudine. Le prime divinità furono quelle del cielo, come ad esempio il dio dei tuoni o Zeus.

Etimologia modifica

 
Il Cielo del Paradiso secondo Giovanni di Paolo (1440 circa), dimora di santi e beati.

Il termine cielo viene dal latino caelum, forse da kaid-lom, «(regione) tagliata e delimitata».[4] La parola greca che indica il cielo è οὐρανός, ouranós, sia in senso fisico che spirituale.[5]

In alcune lingue antiche e moderne si usano due parole differenti per i due significati. In inglese sky (di origine nordica) è il cielo in senso comune o scientifico, mentre heaven è il cielo in senso religioso. In ebraico si ha shamayīm, «cielo» (pluralia tantum: lett. "cieli"), e raqia, «firmamento».

Cielo e paradiso modifica

Comunemente cielo in senso religioso e paradiso sono considerati equivalenti; più precisamente cielo si riferisce alla sede del Paradiso e alla sua organizzazione: il Paradiso di Dante, per esempio, è diviso in nove cieli ai quali si deve aggiungere il Paradiso terrestre o Eden, più l'Empireo. Non mancano però paradisi (intesi come luoghi di beatitudine per le anime rette) che non si trovano in cielo: un esempio sono i Campi Elisi dell'antica Grecia, o lo stesso Eden.[7]

Una distinzione ulteriore tra cielo e paradiso emerge in sant'Agostino: il cielo è la dimora attuale di santi e beati ma la loro condizione è provvisoria: la beatitudine piena si avrà solo dopo il Giudizio e la parusia, con la risurrezione dei corpi. Solo allora santi e beati potranno accedere al cielo sommo, che Agostino chiama appunto paradiso. Questa posizione è criticata da Giovanni Scoto Eriugena, che si appella a Massimo il Confessore e a Gregorio di Nissa per ribadire che non si può determinare la futura dimora dei corpi dei beati, dato che la condizione paradisiaca non si applica a un luogo definito in senso spazio-temporale ma piuttosto a una differente condizione esistenziale.[8]

Il cielo nelle tradizioni religiose modifica

 
Rovine del tempio Ekur a Nippur, ritenuto dagli antichi mesopotamici il Dur-an-ki, la «corda di ormeggio» del cielo alla terra.[2]
  Lo stesso argomento in dettaglio: Cosmologia religiosa.

«Padre nostro che sei nei cieli.»

Oltre che la sede del divino, sin dall'antichità il cielo era ritenuto vivo e animato in ogni sua parte, in quanto abitato appunto da esseri superiori, la cui manifestazione visibile erano gli astri.[10]

La potenza di costoro variava a seconda del loro grado di altezza e luminosità: ad esempio per gli antichi Mesopotamici la volta del cielo era costituita da una serie di cupole, di solito tre (ma talora sette) che ricoprivano la Terra, ognuna composta di un diverso tipo di pietra preziosa.[10] La più bassa era fatta di diaspro, quella mediana di pietra saggilmut, dimora degli Igigi,[10] mentre la cupola più alta di pietra luludānītu e personificata come An, il dio del cielo.[10]

Come in altre antiche culture del Medio Oriente, nella Bibbia ebraica l'universo è comunemente diviso in due regni: il cielo (šāmayim) e la terra (ereṣ).[2] A volte si aggiunge un terzo regno: il «mare», «acqua sotto la terra»,[2] o talvolta una vaga «terra dei morti» che non viene mai descritta in profondità. La struttura stessa del cielo non è mai completamente descritta nella Bibbia, ma il fatto che la parola ebraica šāmayim sia plurale è stato interpretato dagli studiosi come un'indicazione che gli antichi israeliti immaginavano i cieli come aventi più strati, proprio come gli antichi Mesopotamici.[2]

Struttura dei cieli nell'astronomia greca modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Astronomia greca e Sfere celesti.
 
I nove cieli rappresentati da Giusto de' Menabuoi come nove cerchi concentrici di colore diverso intorno alla Terra, nella Creazione del mondo del battistero di Padova.

Nell'antica Grecia, gli Dei discendevano a loro volta da divinità primordiali personificazioni del cielo, quali Urano ed Etere. La Terra era considerata il centro dell'universo, al di sopra della quale ruotavano diverse sfere concentriche, collocate una dentro l'altra, il cui numero serviva a rendere ragione dei movimenti all'apparenza irregolari degli astri. Pitagora intravedeva in esse delle relazioni matematiche che producevano un'armonia celestiale, la cosiddetta «musica delle sfere», impercettibile all'orecchio umano, capace di influire sulla qualità della vita terrena.[11]

Al di là dei cieli Platone collocava l'Iperuranio, sede delle idee, mentre secondo il modello di Aristotele, perfezionato in seguito da Claudio Tolomeo, vi era oltre l'universo un Motore immobile, identificabile con la Divinità suprema – mentre i vari Dei risiedevano al suo interno – che ingenerava un impulso al movimento in queste sfere, le quali cercando di imitare la sua perfetta immobilità risultavano contraddistinte dal moto più regolare e uniforme che ci fosse, quello circolare. Tale movimento tendeva tuttavia a corrompersi progressivamente dalla sfera più esterna verso quella terrestre, trasformandosi da circolare-uniforme in rettilineo.[12]

Struttura dei cieli nella teologia cristiana modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sfere celesti e Cieli del Paradiso.

Basandosi sulla cosmologia tolemaica, i teologi cristiani identificarono così nove cieli fondamentali, i primi sette corrispondenti alle orbite dei pianeti visibili a occhio nudo: costituiti da una sostanza spirituale, eterea e priva di ogni difetto, contenevano il pianeta ad essi associato incastonato come una gemma. Di questi, il più elevato era quello di Saturno, donde l'espressione «essere al settimo cielo», nel senso di raggiungere una grande felicità. Ad essi si aggiungeva un cielo delle stelle fisse o Firmamento, e un Primo mobile (Primum mobile) che dava il moto a tutti gli altri. Vennero poi aggiunti, talvolta, altri due cieli cristallini e infine la sede di Dio, ovvero il cielo fisso detto Empireo, che portavano il computo finale a 12, numero importante per la mistica cristiana.[13]

Fino al Medioevo furono comunque nove i cieli complessivi identificati dagli studiosi di astronomia, una disciplina ritenuta intimamente collegata a molte altre, quali l'astrologia, la filosofia, la teologia, l'angelologia e le scienze, secondo una visione organica e unitaria del sapere dell'epoca, magistralmente sintetizzato ad esempio da Dante Alighieri nel Convivio (1307). Questi associò ad ognuno dei nove cieli un pianeta dell'astrologia, ed anche una delle nove gerarchie angeliche della tradizione cristiana risalente a Dionigi l'Areopagita.[14] Come nell'antichità greco-romana ogni divinità era collocata in un suo proprio cielo, allo stesso modo risultava così collocato ogni coro degli angeli in una precisa sfera, preposto al moto di rivoluzione del suo rispettivo pianeta:

 
Assunzione della Vergine, di Francesco Botticini (1475), che vede il cielo strutturato in una gerarchia di Angeli.

«[...] resta di mostrare chi sono questi che 'l muovono. È adunque da sapere primamente che li movitori di quelli [cieli] sono sustanze separate da materia, cioè Intelligenze, le quali la volgare gente chiamano Angeli. [...] Altri furono, sì come Plato, uomo eccellentissimo, che puosero non solamente tante Intelligenze quanti sono li movimenti del cielo, ma eziandio quante sono le spezie delle cose (cioè le maniere delle cose): sì come è una spezie tutti li uomini, e un'altra tutto l'oro, e un'altra tutte le larghezze, e così di tutte.

E volsero che, sì come le Intelligenze delli cieli sono generatrici di quelli, ciascuna del suo, così queste fossero generatrici dell'altre cose ed essempli, ciascuna della sua spezie; e chiamale Plato "idee", che tanto è a dire quanto forme e nature universali.

Li gentili le chiama[va]no Dei e Dee, avegna che non così filosoficamente intendessero quelle come Plato, e adoravano le loro imagini, e facevano loro grandissimi templi. [...] Nessuno dubita, né filosofo né gentile né giudeo né cristiano né alcuna setta, ch'elle non siano piene di tutta beatitudine, o tutte o la maggior parte, e che quelle beate non siano in perfettissimo stato.»

Ogni cielo è inoltre identificato da Dante con una scienza:

«A li sette primi rispondono le sette scienze del Trivio e del Quadruvio, cioè Gramatica, Dialettica, Rettorica, Arismetrica, Musica, Geometria e Astrologia. A l'ottava spera, cioè a la stellata, risponde la scienza naturale, che Fisica si chiama, e la prima scienza, che si chiama Metafisica; a la nona spera risponde la scienza morale; ed al cielo quieto risponde la scienza divina, che è Teologia appellata.»

 
I cieli del Paradiso che circondano le sfere del mondo sublunare, nella struttura dell'oltretomba dantesco.

L'ordine dei nove cieli medioevali, più l'Empireo, elencati secondo la loro progressiva distanza dalla Terra, risultava dunque il seguente:

Sfere Pianeti Gerarchie Scienze
I Cielo Luna Angeli Grammatica
II Cielo Mercurio Arcangeli Dialettica
III Cielo Venere Principati Retorica
IV Cielo Sole Potestà Aritmetica
V Cielo Marte Virtù Musica
VI Cielo Giove Dominazioni Geometria
VII Cielo Saturno Troni Astrologia
VIII Cielo Stelle fisse (Zodiaco) Cherubini Fisica e Metafisica
IX Cielo Primo mobile Serafini Etica
X Cielo Empireo Dio Teologia

Regno dei cieli modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Regno dei cieli.

Un termine ricorrente nella letteratura evangelica cristiana, più sviluppata dell'Antico Testamento, è «regno dei cieli» (in greco βασιλεία τῶν οὐρανῶν, basileía tòn ouranōn), contrapposto a quello della terra su cui invece governa il Signore delle tenebre. La risoluzione di questa contrapposizione, con la venuta del «regno dei cieli» sulla terra, fu indicata da Gesù come vicina o imminente.

Secondo Bart Ehrman tuttavia, a causa del procrastinarsi di quest'evento, le attese cristiane si sarebbero trasformate gradualmente nell'attesa di una ricompensa immediata in cielo dopo la morte, piuttosto che in una futura discesa del regno divino sulla terra, sebbene le dichiarazioni di fede della chiesa continuassero a promettere il giorno della risurrezione dei morti e l'avvento di un nuovo mondo.[16] Ad esempio papa Clemente I, primo fra i Padri della Chiesa, non menziona l'ingresso in cielo dopo la morte, ma esprime invece la fede nella risurrezione dei morti dopo un periodo di “sonno” o stato intermedio.[17], che dura fino alla Seconda Venuta.[18]

Cosmologia ortodossa modifica

Anche secondo la cosmologia ortodossa orientale, il Cielo è strutturato su molteplici livelli (Giovanni 14:2[19]), il più basso dei quali è il Paradiso terrestre. Al tempo della creazione, questo toccava la terra nel Giardino dell'Eden. Dopo la caduta dell'uomo, il Paradiso fu separato dalla terra e all'umanità ne fu proibito l'ingresso, perché non prendesse parte all'albero della vita e vivesse eternamente in uno stato di peccato (Genesi 3:22–24[20]). Dopo la Crocifissione di Gesù, gli ortodossi orientali credono che Gesù abbia aperto di nuovo la porta del paradiso all'umanità (Luca 23:43[21]), e il ladro pentito sia stato il primo ad entrare.[24]

Struttura dei cieli nella teologia islamica modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Mi'raj e Janna.
 
Miniatura persiana del XIX secolo, che raffigura vari strati del cielo sopra la Terra.

Simile alle tradizioni ebraiche come il Talmud, anche nel Corano e negli Hadith ricorre spesso la descrizione di sette samāwāt (سماوات), plurale di samāʾ (سماء), che significa «cielo», «strato» o «sfera celeste», affine all'ebraico shamāyim ( שמים). Alcuni dei versetti del Corano che menzionano i samaawat sono 41:12, 65:12 e 71:15.[25] Sidrat al-Muntaha, un grande misterioso albero di loto, segna la fine del settimo cielo e l'estremo limite per le creature di Dio e la conoscenza umana.[25]

Secondo fonti sciite, Alì menzionò i nomi dei sette cieli come segue:[26]

  1. Rafi' (رفیع), il paradiso minore (سماء الدنیا)
  2. Qaydum (قیدوم)
  3. Marum (ماروم)
  4. Arfalun (أرفلون)
  5. Hay'oun (هيعون)
  6. Arous (عروس)
  7. Ajma' (عجماء)

Una diversa denominazione dell'aldilà per i giusti è conosciuta nell'Islam come Janna (in arabo جنة , «Giardino [dell'Eden]» tradotto come "paradiso").[27] Questo è descritto principalmente in termini fisici come un luogo in cui ogni desiderio viene immediatamente esaudito quando richiesto.[28]

L'esegesi moderna modifica

La rivoluzione copernicana prima, e l'esplorazione dello spazio poi, hanno sostituito la visione dei cieli composti da sfere orbitanti, con la traiettoria delle orbite percorse dai rispettivi pianeti. Giordano Bruno scrisse nella sua opera La Cena delle Ceneri: «Non più la Luna è cielo a noi che noi a la Luna».[29]

In seguito, la perdita della concezione animistica dei cieli, sebbene sostenuta ancora da Keplero, Paracelso, e dallo stesso Bruno,[30] ha condotto ad una progressiva separazione tra scienza e religione, tra dimore fisiche e dimore spirituali, così che, in quanto sedi delle anime beate, l'esegesi moderna tende a considerare i cieli come luoghi immateriali o comunque appartenenti a una realtà non collegabile a quella visibile tridimensionale, o dello spaziotempo quadrimensionale. La capacità di elevarsi alla percezione dei cieli, slegata dalle speculazioni filosofiche, è rimasta così relegata nel campo della pura veggenza, come nell'episodio del martirio di Stefano, nel quale il Santo vede «i cieli aperti», τοὺς οὐρανοὺς ἀνεῳγμένους, toùs ouranòus aneōigménous,[31] riferendosi quindi a una realtà non immediatamente visibile all'osservazione comune.

Il cielo come concetto interiore modifica

Il concetto religioso del cielo ha in ogni caso mantenuto un significato valido nella sfera dell'interiorità del cristiano, per il quale può avere senso guardare alle nuvole o alle stelle non solo secondo un'ottica esclusivamente materiale, ma anche come la sede di potenze animico-spirituali di cui i diversi pianeti e fenomeni celesti non sarebbero che una manifestazione riduttiva a livello fisico.

L'altezza del cielo può essere quindi intesa anche nel «profondo» dell'anima. Il latino altus significa sia alto che profondo,[32] come nella frase: «nell'alto dei cieli». Una delle espressioni più efficaci del cristianesimo riferite al cielo è utilizzata da Paolo di Tarso nella Prima Lettera ai Corinzi:

«Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo. Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti. E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste.»

Nella teologia di Tommaso Campanella il cielo è fatto oggetto di una similitudine ripresa dagli antichi padri della Chiesa:

«Dunque concludo che due sono gli elementi, il cielo e la terra, che sono come padre e madre, maschio e femmina: la parte è infatti simile al tutto. Perciò il Crisostomo nell'Omelia 18 sull'Epistola agli Efesini chiama il cielo marito della terra, giacché la feconda col proprio calore ed essa partorisce poi tutti gli enti secondi, umori, minerali, pietre, animali etc.»

Cattolicesimo romano modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Chiavi del cielo.

Oggi la Chiesa cattolica insegna che "il cielo è il fine ultimo e il compimento delle più profonde aspirazioni umane, lo stato di felicità suprema e definitiva".[36] In Cielo si vive la visione beatifica.[37] La Chiesa sostiene che:

«Con la sua morte e la sua risurrezione Gesù Cristo ci ha « aperto » il cielo. La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà. Il cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in lui.»

Il Catechismo della Chiesa Cattolica indica diverse immagini del cielo che si trovano nella Bibbia:

«Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione. La Scrittura ce ne parla con immagini: vita, luce, pace, banchetto di nozze, vino del Regno, casa del Padre, Gerusalemme celeste, paradiso: «quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» 1 Cor 2,9[38]).»

I cristiani che muoiono in uno stato di peccato veniale vengono purificato per un certo tempo finito nel Purgatorio.[39] Autori cattolici hanno speculato sulla natura della "gioia secondaria del cielo", cioè l'insegnamento della Chiesa riflesso nei Concili di Firenze e di Trento. Il fondamento biblico è rinvenibile in Romani 2,6[40] (Dio « ripagherà secondo le opere di ciascuno») e in 2 Corinzi 9:6[41] («chi semina scarsamente mieterà anche scarsamente, e chi semina generosamente mieterà anche generosamente»). Il poeta gesuita Gerard Manley Hopkins descrive questa gioia come il riflesso di Cristo gli uni verso gli altri, ciascuno a modo nostro e nella misura in cui siamo diventati più simili a Cristo in questa vita, poiché, «Cristo suona in diecimila luoghi, amabile nelle membra e amabile negli occhi non suoi, al Padre attraverso i lineamenti dei volti degli uomini». Dio vuole condividere con noi anche questa gioia divina, la gioia di gioire nel rendere felici gli altri.[42]

Cristianesimo protestante modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Visione beatifica differita e Arminianesimo.

Alcune chiese protestanti insegnano che si entra in paradiso al momento della morte, mentre altre insegnano che ciò avviene in un momento successivo (il Giudizio Universale). La Risurrezione della carne non è intesa come il completamento della vita ultraterrena dell’anima, bensì è contrapposto alla sua immortalità.

La prima postula un giudizio particolare dell’anima subito dopo la morte e un giudizio universale dell’anima riunita al corpo alla fine dei tempi. La seconda intende che l' anima non entra in cielo fino al Giudizio Universale o alla "fine dei tempi" quando (insieme al corpo) è risuscitata per essere giudicata.[43]

Altre denominazioni cristiane modifica

La nozione di cielo ricorre in altre denominazioni cristiane, come la Chiesa cristiana avventista del settimo giorno, per la quale esso è il luogo nel quale risiede Dio.[45]

I Testimoni di Geova ritengono che solo 144.000 fedeli (chiamati gli unti, cfr. Apocalisse 14,4[46]) saranno resuscitati in cielo per regnare con Cristo sulla maggior parte dell'umanità che vivrà sulla Terra.[47]

La visione del Cielo della Chiesa dei Santi degli Ultimi Giorni è basata sulla sezione 76 del libro canonico Dottrina e Alleanze e su 1 Corinzi 15[48] nella versione della Bibbia di re Giacomo.[50]

Note modifica

  1. ^ a b c Nuovissima Enciclopedia Universale Curcio, Roma, Armando Curcio, 1971–1973, pp. III, 1658.
  2. ^ a b c d e Michael B. Hundley, Heaven and Earth, in Samuel E. Balentine, The Oxford Encyclopedia of the Bible and Theology, vol. 1: ABR–JUS, Oxford, University Press, 2015, pp. 451–457 ISBN 978-0-19-023994-7.
  3. ^ Ad esempio Elia su un carro di fuoco.[2]
  4. ^ Giacomo Devoto, Avviamento all'etimologia italiana, Milano, Mondadori, 1979, p. 4.
  5. ^ Franco Montanari, Vocabolario della lingua greca, Torino, Loescher, 1995.
  6. ^ Ireneo di Lione, Libro V, 5, 36:1
  7. ^ Una distinzione fra cielo e paradiso venne fatta ad esempio nel II secolo d.C. da Ireneo (un vescovo greco), che parlando dei presbiteri sostenne come non tutti coloro che sono salvati meriterebbero una dimora in cielo: "[Quelli] che sono ritenuti degni di una dimora in cielo andranno lì, altri andranno a godersi le delizie del Paradiso, e altri possederanno lo splendore della città, perché dovunque il Salvatore sarà visto secondo il modo in cui ne saranno degni coloro che lo vedono».[6]
  8. ^ Enciclopedia Garzanti di filosofia, Milano, Garzanti, 1993, p. 833.
  9. ^ Mt 6,9, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  10. ^ a b c d Nemet-Nejat, Karen Rhea, Daily Life in Ancient Mesopotamia, Daily Life. Greenwood, pp. 180-203 ISBN 978-0313294976.
  11. ^ Deborah Houlding, The Traditional Astrologer, pag. 28, Ascella, 2000.
  12. ^ Aristotele, Fisica, libro VIII. Cfr. anche di Aristotele il De Coelo.
  13. ^ Enciclopedia Motta, Milano, Federico Motta, 1960, pp. II, 510.
  14. ^ Cfr. il suo trattato De coelesti hierarchia, oggi attribuito ad uno pseudonimo di Dionigi del V secolo.
  15. ^ a b Testo del Convivio.
  16. ^ Ehrman, Bart. Peter, Paul, and Mary Magdalene: The Followers of Jesus in History and Legend. Oxford University Press, USA. 2006. ISBN 0-19-530013-0
  17. ^ 1 Clemente 26:2
  18. ^ E. C. Dewick, tutore e decano del St. Aidan's College, Birkenhead, e docente di Storia della Chiesa all’Università diLiverpool. Primitive Christian Eschatology: The Hulsean Prize Essay for 1908 2007 reprint Page 339
  19. ^ Giovanni 14:2, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  20. ^ Genesi 3:22–24, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  21. ^ Luca 23:43, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  22. ^ 2 Corinzi 12:2–4, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  23. ^ Book for Commemoration of the Living and the Dead, trad. Padre Lawrence (Monastero della SS. Trinità, Jordanville NY), p. 77.
  24. ^ Vari santi hanno avuto visioni del cielo (12:2–4[22]). Il concetto ortodosso della vita in paradiso è descritto in una delle preghiere per i morti: «... un luogo di luce, un luogo di pascolo verde, un luogo di riposo, da cui tutte le malattie, i dolori e i sospiri sono fuggiti».[23] Il Cielo è parte integrante della deificazione (theosis), l'eterna condivisione delle qualità divine attraverso la comunione con Dio.
  25. ^ a b Abdullah Yusuf Ali, The Holy Qur-an: text, translation and commentary, Qatar National Printing Press, 1946, p. 1139, n. 3814.
  26. ^ Al-Burhan fi Tafsir Al-Qur'an, v. 5, p. 415.
  27. ^ Riguardo all'Eden o paradiso, il Corano dice: "La parabola del Giardino promesso ai giusti: Sotto di esso scorrono fiumi; i suoi frutti e l'ombra sono perpetui. Tale è la fine dei giusti; e la fine dei miscredenti è l'Inferno." (Quran 13:35). L'Islam rifiuta il concetto di peccato originale, ritenendo che tutti gli esseri umani nascano puri. I bambini vanno automaticamente in paradiso quando muoiono, indipendentemente dalla religione dei loro genitori.
  28. ^ Si racconta ad esempio che la vita immortale in Janna sia felice, senza emozioni negative e coloro che vi abitano indossino abiti costosi, partecipino a squisiti banchetti e si adagino su divani intarsiati con oro o pietre preziose. I versetti del Corano che descrivono questo paradiso includono: 13:13, 18:31, 38:49-54, 35:33-35 e 52:17.
  29. ^ Giordano Bruno, La Cena de le Ceneri I (1584), pag. 27, Milano, Daelli & Comp. Editori, 1864.
  30. ^ Marco De Paoli Theoria motus: principio di relatività e orbite dei pianeti, pag. 235, FrancoAngeli, 1988.
  31. ^ Atti degli apostoli Atti 7,55-56, su laparola.net..
  32. ^ Dizionario latino alla voce "altus".
  33. ^ 1 Cor 15, 47-49, su laparola.net..
  34. ^ Trad. it. dall'articolo Un canto d'amore per madre Terra.
  35. ^ Frate Ruffino diceva:

    «Carissimi, fuggite il mondo e lasciate il peccato; rendete l'altrui, se voi volete schifare lo 'nferno; servate li comandamenti di Dio, amando Iddio e 'l prossimo, se voi volete andare al cielo; fate penitenza, se voi volete possedere il reame del cielo.»

    Lo stesso Francesco in quell'occasione avrebbe cominciato dal pulpito a predicare «così maravigliosamente dello dispregio del mondo, della penitenza santa, della povertà volontaria, del desiderio del reame celestiale e della ignudità e obbrobrio della passione del nostro Signore Gesù Cristo, che tutti quelli ch'erano alla predica, maschi e femmine in grande moltitudine, cominciarono a piagnere fortissimamente con mirabile divozione e compunzione di cuore...» (Fioretti, XXX).
  36. ^ Catechismo della Chiesa Cattolica, 1024
  37. ^ CCC 1023
  38. ^ 1 Cor 2,9, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  39. ^ CCC, 1030
  40. ^ Romani 2,6, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  41. ^ 2 Corinzi 9:6, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  42. ^ John Zupez, SJ, Our Good Deeds Follow Us: A Reflection on the Secondary Joy of Heaven, in Emmanuel, vol. 126, 1º gennaio 2020, pp. 4–6. URL consultato il 18 maggio 2022 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2022).
  43. ^ Alcuni insegnano che la morte stessa non è una parte naturale della vita, ma è la punizione e conseguenza del peccato originale: essa è stata autorizzata ad accadere dopo che Adamo ed Eva hanno disobbedito a Dio in modo che l'umanità non vivesse per sempre in uno stato di peccato e quindi in uno stato di separazione dal Creatore.
  44. ^ Apocalisse 11:12, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  45. ^ Descritto in Apocalisse 11:12[44] ("andarono in cielo, avvolti in una nuvola.”)
  46. ^ Ap 14,4, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  47. ^ Reasoning From The Scriptures, Watchtower, 1989.
  48. ^ 1 Corinzi 15, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  49. ^ Dottrina e Alleanze, 128, 18
  50. ^ L'aldilà è diviso prima in due livelli fino al Giudizio Universale; successivamente è suddiviso in quattro livelli, i tre superiori dei quali sono indicati come "gradi di gloria" che, a scopo illustrativo, sono paragonati alla luminosità dei corpi celesti: il sole, la luna e le stelle. Prima del Giudizio Universale, gli spiriti separati dai loro corpi alla morte vanno o in Paradiso o nella prigione degli spiriti a seconda che siano stati battezzati e confermati mediante l'imposizione delle mani. Il paradiso è un luogo di riposo i cui abitanti continuano a imparare in preparazione del Giudizio Universale. La prigione dello spirito è un luogo di apprendimento per i malvagi, gli impenitenti e coloro che non sono stati battezzati; tuttavia, gli sforzi missionari compiuti dagli spiriti del paradiso consentono a coloro che si trovano nella prigione degli spiriti di pentirsi, accettare il Vangelo e l'espiazione e ricevere il battesimo mediante la pratica del Battesimo per i morti.[49]

Bibliografia modifica

  • Aristotele, De caelo (350 a.C.), trad. it. di Oddone Longo, De caelo. Introduzione, testo critico, traduzione e note, Sansoni, Firenze 1961
  • Dizionario dei concetti biblici nel Nuovo Testamento, Bologna, Edizioni Dehoniane, 1976.
  • Roberto Di Marco (a cura di), I Fioretti di San Francesco, Bologna, Cappelli Editore, 1973.
Ulteriori letture
  • Gary Scott Smith, Heaven in the American Imagination. New York: Oxford University Press, 2011.
  • Colleen McDannell and Bernhard Lang, Heaven: A History. New Haven: Yale University Press, 1988; 2ª ed., 2001.
  • Bernhard Lang, Meeting in Heaven: Modernising the Christian Afterlife, 1600-2000. Frankfurt: Peter Lang Publishing, 2011.
  • Alphonus Liguorii, Chapter XXIX. Of Heaven, in Preparation For Death, Rivingtons, 1868.
  • Alphonus Liguori, Sermon XVI: On Heaven, in Sermons for all the Sundays in the year, Dublin, 1882.
  • Randy C. Alcorn, Heaven, Wheaton, Tyndale House, 2004.
  • Jerry L. Walls, Heaven: The Logic of Eternal Joy, Oxford, Oxford University, 2002.

Voci correlate modifica

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