Latifondo
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Il latifondo (dal latino latus "ampio" e fundus "podere, fondo") è una proprietà terriera di grandi dimensioni, lasciata incolta o coltivata con un'agricoltura estensiva.
Il latifondo nella storia romanaModifica
Un latifondo era, nell'antichità, una grande proprietà agricola, che in genere apparteneva a un unico proprietario (il latifondista).
Nella penisola italiana, un latifundium era un vasto territorio dedicato allo sfruttamento agricolo, in origine costituito a partire della distribuzione dell'Ager publicus all'inizio del II secolo a.C.[1], costituito sulle terre confiscate ai popoli italici che si erano opposti a Roma. Per estensione, il termine indica le grandi proprietà agricole delle colonie romane, in Sicilia prima, poi in Grecia e nelle province d'Africa.
Ogni latifondo comprendeva una grande fattoria, la villa rustica, con un importante gruppo di schiavi (familia) che forniva l'abbondante mano d'opera a buon mercato per il lavoro nei campi[1][2]. Tali proprietà disponevano di un capitale sufficiente per produrre nuovi raccolti, sfruttando le risorse terriere e producendo benefici. La villa era situata al centro del podere, che inizialmente misurava fra i settanta e cento ettari (di meno nell'agro romano[3]) e che poi andò ingigantendosi con gli anni[1].
Lo sviluppo dei latifundia si accompagnò ad una concentrazione delle terre agricole: i piccoli proprietari erano nella necessità di vivere dell'agricoltura mista e non potevano rivaleggiare sul mercato con i latifondi, tanto più che buona parte delle terre era stata trasformata in pascoli gestiti da schiavi con il ruolo di pastore[2]. I latifondi s'ingrossarono quindi grazie alla vendita delle piccole parcelle di terra, da parte dei contadini-fattori, ai grandi proprietari terrieri.
La produzione era specializzata, a seconda della regione, nella produzione di vino, cereali o olive. Esistevano anche latifondi specializzati nell'allevamento del bestiame; tipicamente situati nei territori della Magna Grecia e in Sicilia. In Grecia, la produzione era piuttosto dedicata alla coltura dell'olivo e del vino. In Oriente e in Africa, i latifondi ellenistici erano tipici dell'agricoltura specializzata all'esportazione a partire dalla costa siriana e dall'Egitto tolemaico. Negli anni 70, Plinio il giovane stima che la metà dell'Egitto è in mano a sei proprietari terrieri[4]. In Betica, o nella Gallia transalpina, vi erano latifondi specializzati nella produzione di garum. Autosufficienti sul piano alimentare, producevano anche cereali, vino, olive, bestiame...
L'ordine senatoriale basò la sua potenza economica sulla proprietà fondiaria. Altri mestieri erano proibiti dalla Lex Claudia del 218 a.C. ai senatori.
Questo tipo di proprietà, lodata da Catone è descritta da Columella, il quale stima che questo sistema sia anti-economico[5]. Plinio il Vecchio, da parte sua, reputa che i latifondi siano la rovina dell'Italia[1], facendo sue le critiche di Columella ed asserendo che lo sfruttamento di campi di grandi dimensioni non permettesse di curare al meglio la terra e la produzione, allontanandosi così dagli usi degli antichi, reputati degni di essere imitati[6][7]. Suo nipote, Plinio il Giovane lamentava che solamente gli schiavi lavorassero la terra, mentre i robusti contadini romani dovevano costituire la spina dorsale dell'esercito.
I latifondi, sviluppando un modello di agricoltura intensiva, non hanno permesso lo sviluppo di colture fragili o che necessitano di cure particolari. Il rendimento dei campi era basso, molto inferiore alle coltivazioni con una fattoria classica, ma i costi di produzione erano moltissimo inferiori a quelli di una fattoria moderna, il che rendeva il sistema latifondiario economicamente attrattivo[8]. Quando il lavoro servile smise di essere a buon mercato, la familia venne sostituita da coloni, che altro non facevano che gestire il podere per il latifondista. Anche su questa soluzione, Columella è critico, avvertendo sull'appuntare "coloni urbani" che vivessero in città, lontani dalle terre del latifondo[9].
Estensione del latifondoModifica
Le dimensioni di una tenuta agricola a partire dalle quali le si attribuisce l'appellativo di latifondo variano da paese a paese, a seconda della storia e della densità di popolazione di quest'ultimo.
A titolo di esempio, in Italia (dove in media un'azienda agricola ha 5-6 ha) si considera solitamente latifondo una tenuta agricola che supera i 100 ha (1 km²). Mentre in America Latina (dove in media un'azienda ha 25-30 ha) un latifondo, per essere ritenuto tale, deve superare i 500 ha (5 km²). In un paese grande come il Brasile, per esempio, si considera latifondo un terreno superiore ai 1000 ha (10 km²)[10].
Alcuni latifondi raggiungono dimensioni tali, specie nell'America del Sud, da costituire veri e propri feudi.
Il latifondo in EuropaModifica
Tipico del sistema dell'Ancien Régime, in Europa occidentale il latifondo venne progressivamente superato tra il XVIII e il XIX secolo grazie alla diffusione del capitalismo nella conduzione delle aziende agricole.
Tuttavia restò a lungo radicato nelle aree periferiche degli stati più reazionari. Si tratta dei paesi dell'Europa meridionale: Spagna, Portogallo e Italia, e in quelli dell'Europa centrale ed orientale, nei paesi dell'est ed in Russia.
Si può dire che tutti gli Stati europei ad est della linea di demarcazione immaginaria che passava, grosso modo, lungo l'Elba e, andando verso sud, lungo i confini occidentali della Boemia fino all'Adriatico all'altezza di Trieste, avessero un'agricoltura legata al latifondo.
Latifondo in ItaliaModifica
Il fenomeno del latifondismo ha avuto grande rilievo in passato in Italia centro-meridionale ed era frequentemente legato alla malaria[11] per la presenza anche di zone paludose non bonificate: i latifondi erano utilizzati per colture tradizionali, senza particolare cura all'innovazione o erano semplicemente usati per il pascolo. Il proprietario spesso si curava solo di avere una buona rendita, trascurando i dettagli agricoli. Per questo motivo l'agricoltura praticata nei latifondi era spesso (ma non sempre) molto arretrata.
I latifondi erano particolarmente diffusi nel Mezzogiorno, dove i latifondisti vivevano lontani dalle loro terre. Con l'abolizione della feudalità nel 1806, i terreni fino a quel momento in mano alla nobiltà divennero del Demanio, pur persistendo il fenomeno del latifondo. Dopo la riforma agraria del 1950, i latifondi non possono superare i 300 ha (3 km²)[12]. Prima di allora non erano rari, soprattutto nel Meridione, i latifondi che superavano i 1000 ha (10 km²). A partire dalla riforma, il latifondo è andato progressivamente scomparendo fino a non esistere più ai giorni contemporanei.
Particolarmente significativo era il caso della Sicilia, la quale fino alla riforma aveva un'agricoltura totalmente basata sul latifondo. Infatti, prima del 1950, i latifondi con estensione superiore ai 500 ha (5 km²) erano 228[13]. Per di più, il 20,6% dei terreni agricoli dell'isola erano di proprietà dei 282 maggiori latifondisti siciliani[14].
Fino alla riforma alcuni latifondisti possedevano migliaia di ettari. Celebre è il caso dei principi Torlonia che possedevano i terreni agricoli abruzzesi della piana del Fucino: si trattava di un latifondo di oltre 14000 ha (140 km²) che venne diviso tra 5 000 famiglie di contadini senza terra[15].
La piantagione in America LatinaModifica
Il latifondo è diffusissimo in Sud America dove, complici una minore pressione demografica, intere regioni sono scarsamente coltivate o adibite all'allevamento estensivo. La relativa abbondanza di terra, rispetto agli altri continenti, ha comportato che solo alcune zone privilegiate siano coltivate intensivamente.
Caratteristica storica del continente americano, e quindi dell'America Latina, è il forte legame commerciale con le forze dominatrici europee fin dall'epoca coloniale, che indirizzavano la produzione locale al fine di soddisfare i bisogni della "metropoli" europea. Per questo motivo, sin dal XVI secolo, a vaste aree inutilizzate o adibite alla produzione finalizzata al consumo locale, si affiancarono aree intensivamente coltivate – le piantagioni – per la produzione di beni esotici finalizzati all'esportazione[16]. Il latifondo latino-americano assume perciò un significato ambivalente e sul quale non vi è mai stato completo accordo. Al latifondo tradizionale, esteso e scarsamente produttivo, si affianca la piantagione, in cui vi è la monocoltura di un solo prodotto. Si tratta di beni coloniali (caffè, cacao, zucchero, cotone, banane, tabacco...). Nella piantagione la produttività economica e fisica è alta.
Il sistema delle piantagioni è stato introdotto in America Latina dai colonizzatori spagnoli e portoghesi. Nelle aree dei portoghesi l'azienda agricola della piantagione prendeva il nome di "fazenda", mentre in quelle spagnole prendeva il nome di "hacienda". Questa terminologia permane e la prima è usata in Brasile, mentre la seconda nel resto dell'America Latina.
I latifondi del Sud America hanno dimensioni assai più ampie di quelle che ci sono in Italia, estendendosi in genere per migliaia di ettari (decine di km²). Alcuni di essi raggiungono centinaia, se non migliaia di km².
In Brasile, per esempio, nello Stato di San Paolo le piantagioni di caffè superano mediamente i 600 ha (6 km²)[17], mentre a Cuba le piantagioni di zucchero, trasformate in cooperative dopo la riforma agraria del 1959, s'estendono mediamente per 1286 ha (12,86 km²)[18].
Secondo molti economisti, l'arretratezza economica dell'America Latina è dovuta al latifondo ed al sistema latifondista con tutte le conseguenze sociali e politiche ad esso legato[senza fonte].
Latifondo in BrasileModifica
Tra i paesi dell'America Latina, il latifondo è particolarmente diffuso in Brasile, dove nel 1998 vi erano 262 grandi latifondisti fazendeiros con un latifondo superiore a 50000 ha (500 km²)[10]. Rispetto al 1888, i grandi latifondisti sono però in diminuzione, dato che all'epoca i 464 maggiori latifondisti brasiliani possedevano oltre 270000 km², pari a circa 600 km² ciascuno.
La lobby dei latifondisti viene chiamata bancada ruralista e ha molto peso politico[19].
Il sistema latifondista: storia ed evoluzioneModifica
Il sistema latifondista ha le sue radici storiche nel feudalesimo e nell'economia curtense, anche se era già presente, in una diversa forma, nell'Antica Roma.
Esso si è basato a lungo sul modello del sistema di Gutsherrschaft, cioè di signoria fondiaria. Secondo tale modello, la proprietà è divisa in due parti: quella destinata alla sussistenza del contadino e quella destinata alla coltivazione dei prodotti del signore che verranno commercializzati. Il beneficiario dei prodotti ricavati sul terreno destinato al padrone è solo ed esclusivamente il signore stesso e il contadino non riceve alcun compenso se non il diritto a coltivare la terra per la propria sussistenza. In genere il proprietario fondiario risiede lontano dalle sue terre e ne lascia la gestione ad un suo uomo di fiducia.
Tale modello nell'Europa occidentale, con la fine della servitù della gleba, s'è trasformato, ed i contadini ricevettero un salario a giornata per il lavoro svolto o pagarono una qualche forma d'affitto per coltivare la terra. Così gli agricoltori si sono trasformati in braccianti, fittavoli o mezzadri. Questo nuovo modello è definito "sistema di Grundherrschaft", cioè di signoria territoriale. Il rapporto tra proprietario terriero ed agricoltore era così completamente mutato.
Nonostante tale trasformazione, nell'Europa meridionale il latifondo rimase ed i contadini divennero braccianti senza però che vi fossero forme di colonato (affitto, mezzadria).
Nell'Europa orientale e in Sud America, invece, il modello del sistema di Gutsherrschaft è però rimasto molto più a lungo, fino alla fine del XIX secolo.
NoteModifica
- ^ a b c d De Franceschini Marina, Ville dell'Agro romano, L'Erma di Bretschneider, 2005, pp. 333-336, ISBN 9788882653118, OCLC 62487134.
- ^ a b (FR) Pierre Grimal, La Vie à Rome dans l'Antiquité, in Que sais-je ?, n° 596, 10ª ed., Presses universitaires de France, 1994, ISBN 2130432182, OCLC 34308399.
- ^ P. Liverani, L'ager Veientanus in età repubblicana, in PBSR, vol. 39, 1984, pp. 36-48.
- ^ Plinio, Storia naturale, 18.7.35..
- ^ A. Cossarini, Columella: ideologia della terra, in Giornale filologico ferrarese, 1978.
- ^ Valerio Merlo, Contadini perfetti e cittadini agricoltori nel pensiero antico, Jaca Book, 2003, p. 184, ISBN 9788816406261, OCLC 52953859.
- ^ Plinio, Storia naturale, 1624, XVIII, 35.«(LA) Modum agri in primis servandum antiqui putavere, quippe itta censebant, satius cesse itium serere et melius arare.»
- ^ La Vie de la Rome antique, Que sais-je ?, n°596.
- ^ Merlo, p. 179.
- ^ a b Latifondo: il peccato brasiliano (PDF) [collegamento interrotto], su comitatomst.it.
- ^ Cavallo (2011), p. 102.
- ^ Bussotti (2003), p. 108.
- ^ (EN) Borghisici [collegamento interrotto], su arts.ed.ac.uk.
- ^ L'indipendenza della Catalogna e i compiti della sinistra spagnola, su marxismo.net.
- ^ Bacchi e Londrillo (1983), p. 195.
- ^ Furtado (1993), [pagine mancanti].
- ^ Costa e De Boni (1991), [pagine mancanti].
- ^ AA.VV. (1970), p. 205.
- ^ Il Brasile nel 2018: elezioni, Lula, Temer, l'estrema destra l'Amazzonia e gli indios guardiani, in greenreport.it, 15 febbraio 2018.
BibliografiaModifica
- AA.VV., Il Milione: enciclopedia di tutti i paesi del mondo. America centrale e meridionale, vol. 11, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1970, ISBN non esistente.
- Gabriele Bacchi e Antonio Londrillo, La geografia per la scuola media, vol. 1, Firenze, Bulgarini, 1983, ISBN non esistente.
- Luca Bussotti, Studi sul Mezzogiorno repubblicano. Storia politica ed analisi sociologica, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003, ISBN 88-498-0533-0.
- Federica Letizia Cavallo, Terre, acque, macchine: geografie della bonifica in Italia tra Ottocento e Novecento, Reggio Emilia, Diabasis, 2011, ISBN 978-88-8103-774-2.
- Rovílio Costa e Luis Alberto De Boni (a cura di), La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile, traduzione di Angelo Trento, Torino, Fondazione Giovanni Agnelli, 1991, ISBN 88-7860-048-2.
- Du latifundium au latifondo : un héritage de Rome, une création médiévale ou moderne ? (actes de la Table ronde internationale du CNRS, organisée à l'Université Michel de Montaigne, Bordeaux III, les 17-19 décembre 1992), diff. de Boccard, Paris, 1995, 502 p.
- Paul Roux, La Question agraire en Italie : le "Latifundium" romain, F. Alcan, Paris, 1910, 268 p.
Voci correlateModifica
Collegamenti esterniModifica
- latifondo, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- (EN) Latifondo, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
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