Adolfo Sarti

politico italiano (1928-1992)

Adolfo Sarti (Torino, 19 giugno 1928Roma, 2 marzo 1992) è stato un politico italiano democristiano e Ministro della Repubblica.

Adolfo Sarti

Ministro di grazia e giustizia
Durata mandato18 ottobre 1980 –
27 giugno 1981
PresidenteArnaldo Forlani
PredecessoreTommaso Morlino
SuccessoreClelio Darida

Ministro della pubblica istruzione
Durata mandato4 aprile 1980 –
17 ottobre 1980
PresidenteFrancesco Cossiga
PredecessoreSalvatore Valitutti
SuccessoreGuido Bodrato

Ministro della difesa
Durata mandato14 gennaio 1980 –
3 aprile 1980
PresidenteFrancesco Cossiga
PredecessoreAttilio Ruffini
SuccessoreLelio Lagorio

Ministro per i rapporti con il Parlamento
Durata mandato4 agosto 1979 –
14 gennaio 1980
PresidenteFrancesco Cossiga
PredecessoreGiovanni Gioia
SuccessoreClelio Darida

Ministro del turismo e dello spettacolo
Durata mandato23 novembre 1974 –
28 luglio 1976
PresidenteAldo Moro
PredecessoreCamillo Ripamonti
SuccessoreDario Antoniozzi

Deputato della Repubblica Italiana
LegislaturaIII, IV, V, IX, X
CollegioCuneo
Incarichi parlamentari
  • Componente della VII Commissione (Difesa) - III e IV legislatura
  • Componente della IX Commissione (Lavori Pubblici) - III legislatura
  • Componente della XIV Commissione (Igiene e Sanità Pubblica) - III legislatura
  • Componente della III Commissione (Esteri) - IV e IX legislatura
  • Componente della X Commissione (Trasporti) - V legislatura
  • Componente della II Commissione (Interni) - IX legislatura
  • Membro dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa - IX legislatura
Sito istituzionale

Senatore della Repubblica Italiana
LegislaturaVI, VII, VIII
Gruppo
parlamentare
Democrazia Cristiana
CircoscrizionePiemonte
CollegioAlba
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoDemocrazia Cristiana
Titolo di studioLaurea in Giurisprudenza
UniversitàUniversità degli Studi di Torino
ProfessioneFunzionario bancario

Biografia modifica

Ambiente familiare e formazione culturale modifica

Adolfo Sarti discende da una famiglia di giuristi. Infatti il fratello della sua trisavola, Luigi Giuseppe Barbaroux, fu ministro Guardasigilli di Carlo Alberto dal 1831 al 1840 e artefice dei primi quattro tomi del Codice Albertino[1]; il suo bisnonno e suo padre furono entrambi laureati in legge.

A partire dal 1938, dopo aver frequentato le scuole elementari nel capoluogo piemontese, Adolfo Sarti visse a Cuneo, in seguito al trasferimento del padre presso la filiale cuneese del Banco di Roma. Dal 1939 al 1946, frequentò il ginnasio e il liceo classico presso l'istituto “Silvio Pellico”[2], dove conseguì la maturità a pieni voti. Tra i suoi compagni di classe, Franco Cordero.

Nel luglio 1946, Sarti, seguendo la tradizione familiare, decise d'iscriversi alla facoltà di giurisprudenza, pur continuando a coltivare altre due passioni: la politica, la storia e la letteratura francese. Laureatosi in giurisprudenza nel 1950, Sarti fu assunto con la qualifica di segretario presso la Cassa di Risparmio di Cuneo[2]. Collaborò inoltre come editorialista con il settimanale della DC cuneese, la Vedetta.

Carriera politica modifica

Nel 1954, Sarti venne designato consigliere provinciale della sezione giovanile della DC cuneese[2] e, nel 1956, ottenne l'elezione a consigliere nazionale del partito.

All'età di 30 anni, nel 1958, fu eletto per la prima volta deputato nelle liste della Democrazia Cristiana. Nominato ripetutamente sottosegretario di Stato nei governi Moro, Leone, Rumor, Colombo e Andreotti, nel 1972 Sarti venne eletto senatore, quindi ricevette la nomina a sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nei governi Rumor IV e V e a ministro per il Turismo nei governi Moro IV[3] e V [4]. Seguirono poi la nomina ministro per i Rapporti con il Parlamento e a ministro della Difesa nel I e della Pubblica Istruzione nel II governo Cossiga e, infine, a ministro di Grazia e Giustizia nel governo Forlani[5].

Il 17 marzo 1981, nell'ambito delle perquisizioni negli uffici della fabbrica la "Giole", di proprietà dell'imprenditore Licio Gelli, per l'inchiesta sul presunto rapimento dell'uomo d'affari siciliano Michele Sindona, si scoprì una lista di quasi mille iscritti alla loggia massonica P2 e la domanda di adesione a essa da parte di Adolfo Sarti. La domanda, appoggiata dai fratelli massoni Fabrizio Trecca, Roberto Gervaso, Francesco Cosentino e dall'allora ministro Gaetano Stammati, era relativa al 1º settembre 1977 e conteneva la dicitura "cattolico". Proprio per tale motivo, l'indomani stesso, Sarti aveva ritirato la domanda, chiedendo che non fosse mai presentata, tanto che il suo nome non faceva parte della Lista degli appartenenti alla P2, di cui sopra è cenno[6]. Nonostante ciò, il clamore mediatico fu tale che, il 23 maggio 1981, Sarti fu costretto a dare le dimissioni da ministro e, tre giorni dopo, fece altrettanto l'intero governo Forlani, di cui facevano parte due ministri e cinque sottosegretari compresi in elenco.

Rieletto come deputato nel 1987, dopo aver ricoperto la carica di vice presidente del gruppo parlamentare della D.C., il 18 ottobre 1990 Sarti fu eletto vice presidente della Camera. Nel 1976, fu rappresentante dell'Italia al Consiglio d'Europa.

Sarti ha collaborato con le pagine culturali del quotidiano Il Tempo; la Città di Cuneo ha intitolato a lui i due ponti gemelli sullo Stura di Demonte.

Morte modifica

Adolfo Sarti muore alle 2:30 di lunedì notte 2 marzo 1992 in una clinica di Roma.

Uffici di governo modifica

Onorificenze modifica

Note modifica

  1. ^ Maria Alberta Sarti, Barbaroux. Un talento della diplomazia e della scienza giuridica alla corte sabauda, CEDAM, 2012
  2. ^ a b c Gazzetta d'Alba, 10 ottobre 2006, su stpauls.it. URL consultato il 22 dicembre 2015 (archiviato dall'url originale il 22 dicembre 2015).
  3. ^ Senato della Repubblica, VI Legislatura, Scheda di attività di Adolfo Sarti
  4. ^ Senato della Repubblica, VII Legislatura, Scheda di attività di Adolfo Sarti
  5. ^ Senato della Repubblica, VIII Legislatura, Scheda di attività di Adolfo Sarti
  6. ^ Aldo Alessandro Mola, Storia della Massoneria italiana, dalle origini ai nostri giorni, Bompiani, Milano, 1992, p. 770

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Collegamenti esterni modifica

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