Patriarcato di Grado

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Il patriarcato di Grado (in latino Patriarchatus Gradensis) è una sede metropolitana soppressa e sede titolare della Chiesa cattolica.

Grado
Sede arcivescovile titolare
Gradensis
Chiesa latina
Sede titolare di Grado
Basilica di Sant'Eufemia a Grado
Arcivescovo titolareDiego Causero
Istituita1968
StatoItalia
RegioneFriuli-Venezia Giulia
Patriarcato soppresso di Grado
Patriarchatus Gradensis
Diocesi suffraganeeCaorle, Castello, Chioggia, Equilio, Eraclea, Torcello[1]
Eretta607
Ritopatriarchino
Soppressa8 ottobre 1451
originato da un ramo del patriarcato di Aquileia, dopo la soppressione, il titolo è stato trasferito al patriarcato di Venezia
Dati dall'annuario pontificio
Sedi titolari cattoliche
La chiesa di San Silvestro a Venezia (sestiere di San Polo), sede stabile dei patriarchi di Grado dal 1105 alla soppressione del patriarcato.
Vista aerea dell'isola di Barbana e dell'antico complesso abbaziale di Santa Maria.

Storia modifica

Nel 568 i Longobardi avevano invaso il Friuli e avevano preso possesso di tutta l'Italia settentrionale sottraendola alla dominazione bizantina. L'Impero romano d'Oriente conservava comunque la dominazione dei territori costieri; tra cui Grado, antico porto di Aquileia. Qui Paolino, arcivescovo di Aquileia, per sottrarsi all'invasione longobarda, e in contrasto con Roma a seguito dello Scisma tricapitolino, aveva trasferito provvisoriamente la sede episcopale e le reliquie dei santi ed era stato proclamato patriarca.

Nel 579, papa Pelagio II concesse al patriarca Elia la metropolia sulla Venezia e sull'Istria. Lo stesso patriarca avviò, nel 580, la riedificazione della basilica di Sant'Eufemia.

Nel 607, alla morte dello scismatico Severo, si giunse ad una duplicazione del patriarcato di Aquileia con l'elezione di un metropolita a Grado (Candidiano di Rimini, in comunione con la chiesa di Roma e appoggiato dall'esarca bizantino Smaragdo) e di uno ad Aquileia (Giovanni, scismatico, che si insediò nella fortezza di Cormons, sostenuto dal duca longobardo del Friuli Gisulfo II). I due patriarcati (Aquileia e Grado) non vennero più riuniti, per opportunità politica, neppure dopo la risoluzione dello scisma, avvenuto con il sinodo di Pavia del 698-699.

Questo status fu confermato da papa Gregorio II, che nel 717 convalidò l'elezione di due patriarchi, Sereno a Cormons e Donato a Grado. Entrambi rivendicavano il titolo di "patriarchi di Aquileia" e la giurisdizione su tutto il territorio dell'antico patriarcato, anche tramite la produzione di documenti falsi. Tra questi falsi è annoverata anche una lettera sinodale emanata da un concilio celebrato a Roma all'epoca di papa Gregorio III (731), con la quale sarebbe stata attribuita ai patriarchi di Grado la giurisdizione sulla Venezia e l'Istria.[2]

Le tensioni fra i due patriarcati proseguirono fino alla fine del XII secolo. Nell'802 l'esercito veneziano assaltò Grado per punire il patriarca dell'appoggio offerto ai Franchi e al loro tentativo di conquistare il Ducato: il presule venne fatto precipitare da una torre. Nell'827 il concilio di Mantova tentò inutilmente di riunificare i patriarcati di Grado e Aquileia.

Nel 1180, dopo una lunga e secolare disputa con il patriarca di Aquileia, il patriarca di Grado rinunciò definitivamente ad ogni diritto giurisdizionale sulle sedi vescovili dell'Istria e del Friuli Orientale. La provincia ecclesiastica di Grado comprendeva 6 diocesi suffraganee: Caorle, Castello, Chioggia, Equilio, Eraclea e Torcello.[1] Inoltre, il 22 febbraio 1055 papa Adriano IV aveva concesso ai patriarchi di Grado la supremazia sulla provincia ecclesiastica di Zara (che comprendeva le suffraganee di Ossero, Arbe e Veglia) e il titolo di primati della Dalmazia.[3]

Contestualmente furono definiti i confini tra i due patriarcati e i loro possedimenti: il patriarcato di Grado ebbe giurisdizione su tutte le isole della laguna di Grado, su alcune della laguna di Venezia, tra cui diverse chiese di Venezia; sulla terraferma furono assegnate a Grado diverse parrocchie, tra cui quelle di Latisana, Ronchis, Latisanotta, Sabbioneta, e una parrocchie con diverse dipendenze nell'exclave di Conegliano.[4]

Nel territorio del patriarcato si trovava anche l'antica abbazia di Santa Maria sull'isola di Barbana, nella laguna gradese, fondata dal patriarca Massimo nel 649, e due monasteri benedettini, Sant'Andrea de Lupario e San Giorgio del Pineto.[5]

Nel 1157 papa Adriano IV concesse al patriarca Enrico Dandolo (1135-1187) la facoltà di consacrare tutti i vescovi nei domini della repubblica di Venezia.[6] Grado si poté perciò fregiare del titolo di Venetae orae Istriaeque Ecclesiarum caput et mater et Aquileia nova (capo e madre delle Chiese della costa veneta e dell'Istria, e nuova Aquileia).[5]

A causa della decadenza di Grado, a partire dal 1105 i patriarchi presero a risiedere sempre più frequentemente a Venezia. Il patriarca Enrico Dandolo costruì sul Canal Grande un palazzo, che divenne sede stabile dei patriarchi gradesi; i suoi successori ottennero dai papi dapprima l'esenzione del palazzo vescovile dalla giurisdizione dei vescovi di Castello[7] e poi l'annessione della parrocchia di San Silvestro e delle sue dipendenze al patriarcato di Grado.[5]

Nel 1440 il patriarcato incorporò i territori della soppressa diocesi di Eraclea. Nel 1448 al patriarca di Grado fu data in commendam la diocesi di Cittanova.

Sono noti otto concili provinciali, celebrati dai patriarchi gradesi con i suoi vescovi suffraganei; il primo fu convocato nel 960 da Buono Blancanico; gli altri si tennero, spesso a Venezia, nel 971, nel 1040, nel 1127 (a Torcello), nel 1152, nel 1296 (a Grado) e gli ultimi due nel 1321 e nel 1330 nel palazzo patriarcale di San Silvestro a Venezia.[8]

Dopo la morte del patriarca Domenico Michiel, l'8 ottobre 1451, con la bolla Regis aeterni, papa Niccolò V soppresse il patriarcato di Grado e la diocesi di Castello. Con i territori e le giurisdizioni di entrambe fu eretta la diocesi di Venezia, ai cui vescovi fu assegnato il titolo patriarcale che era stato di Grado. L'ultimo vescovo castellano, Lorenzo Giustiniani, divenne il primo patriarca di Venezia.

Dal 1968 Grado è annoverata tra le sedi arcivescovili titolari della Chiesa cattolica; dal 24 febbraio 2001 l'arcivescovo titolare è Diego Causero, già nunzio apostolico in Svizzera e Liechtenstein.

Cronotassi dei patriarchi modifica

Patriarchi di Aquileia con sede a Grado modifica

Patriarchi di Grado modifica

Cronotassi degli arcivescovi titolari modifica

Note modifica

  1. ^ a b Konrad Eubel, Hierachia catholica, vol. II, 1914, p. 282.
  2. ^ Kehr, Italia pontificia, vol. VII/2, p. 37 (nº †18).
  3. ^ Kehr, Italia pontificia, vol. VII/2, pp. 62-63 (nn. 118 e 119). Testo della bolla in: Cappelletti, Le chiese d'Italia della loro origine sino ai nostri giorni, volume IX, pp. 68-70.
  4. ^ Tramontin, Dictionnaire d'Histoire et de Géographie ecclésiastiques, vol. XXI, coll. 1026-1027.
  5. ^ a b c Tramontin, Dictionnaire d'Histoire et de Géographie ecclésiastiques, vol. XXI, col. 1027.
  6. ^ Kehr, Italia pontificia, vol. VII/2, p. 64 (nº 121).
  7. ^ Cappelletti, Della Chiesa patriarcale di Grado, p. 123.
  8. ^ Tramontin, Dictionnaire d'Histoire et de Géographie ecclésiastiques, vol. XXI, col. 1028.
  9. ^ Dopo Severo, il Dandolo inserisce un vescovo Marciano, che avrebbe governato tre anni, e conseguentemente pone la data d'inizio dello scisma nel 610; Marciano tuttavia non è menzionato da Paolo Diacono e nemmeno da Cappelletti.
  10. ^ Tentò di riunire Grado e Aquileia sotto la fede dei Tre Capitoli. Costretto alla fuga a Cormons dopo un breve episcopato, di lui non si hanno altre notizie.
  11. ^ Gianfranco Spiazzi, ANTONINO, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 3, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1961.
  12. ^ Giorno in cui ricevette il pallio; Kehr, Italia pontificia, vol. VII/2, p. 40 (nº 28). Daniela Rando, v. Fortunato, nel Dizionario Biografico degli Italiani.
  13. ^ In questo giorno ricevette il pallio dal papa; Kehr, Italia pontificia, vol. VII/2, p. 43 (nº 37).
  14. ^ Kehr, Italia pontificia, vol. VII/2, p. 48 (nº *56).
  15. ^ Kehr, Italia pontificia, vol. VII/2, p. 48 (nº *57).
  16. ^ Kehr data il pallio concesso a questo vescovo al 912/913 (n. 59).
  17. ^ Kehr data il pallio concesso a questo vescovo al 925/928 (n. 60).
  18. ^ Documentato per l'ultima volta nel febbraio 1045 (Treccani).
  19. ^ Kehr, Italia pontificia, vol. VII/2, p. 58 (nº *102).
  20. ^ Cappelletti, Della Chiesa patriarcale di Grado, p. 112.
  21. ^ Giorgio Cracco, DANDOLO, Enrico, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 32, 1986.
  22. ^ Amministratore apostolico fino alla morte, avvenuta il 19 novembre 1381.

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica

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