Sansone e Dalila (film 1949)

film del 1949 diretto da Cecil B. DeMille

Sansone e Dalila (Samson and Delilah) è un film del 1949 diretto da Cecil B. DeMille. La trama della pellicola è tratta dal Libro dei Giudici, capitoli 13; 14; 15; 16[1].

Sansone e Dalila
Dalila (Hedy Lamarr) e Sansone (Victor Mature)
Titolo originaleSamson and Delilah
Lingua originaleinglese
Paese di produzioneStati Uniti d'America
Anno1949
Durata131 min
Rapporto1,37 : 1
Generedrammatico, biblico, epico
RegiaCecil B. DeMille
SoggettoLibro dei Giudici (cap. 13-16), Vladimir Žabotinskij (romanzo)
SceneggiaturaJesse Lasky jr., Fredric M. Frank, Harold Lamb
ProduttoreCecil B. DeMille
Casa di produzioneParamount Pictures
Distribuzione in italianoParamount (1950)
FotografiaGeorge Barnes, Dewey Wrigley
MontaggioAnne Bauchens
MusicheVictor Young
ScenografiaHans Dreier, Walter H. Tyler, Sam Comer, Ray Moyer Oscar alla migliore scenografia (colore)

John Meehan (non accreditato) e Maurice Goodman (arredatore, non accreditato)

CostumiEdith Head, Dorothy Jeakins, Elois Jenssen, Gile Steele, Gwen Wakeling Oscar per i migliori costumi (colore)
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Fu il film col maggiore incasso nell'anno 1949.

TramaModifica

Sansone, giudice d'Israele, si innamora perdutamente della filistea Semadar e decide di sposarla. Durante la festa nuziale scoppia un tumulto e la promessa sposa viene uccisa. Sansone giura vendetta, abbandona la festa e fa perdere le sue tracce. Poco dopo la morte di Semadar, il Saran di Gaza impone pesanti tasse sui Daniti, sperando che essi tradiscano Sansone e glielo consegnino. Quando il danita viene catturato, la notizia giunge al Saran e a Dalila, la sorella di Semadar, entrambi soddisfatti della cattura dell'uomo.

Sansone è preso da Ahtur, capo delle truppe dei Filistei, un tempo innamorato di Semadar e rivale di Sansone. Sulla strada di Gaza, Ahtur provoca Sansone, il quale prega Dio, chiedendogli la forza contro i Filistei. Il danita riesce a liberarsi e comincia lo scontro con i nemici; Sansone combatte corpo a corpo, rovescia il carro da guerra di Ahtur e, presa una mascella d'asino, comincia a uccidere i Filistei con la sua forza.

La notizia della sconfitta di Ahtur da parte di Sansone raggiunge Gaza, costringendo il Saran a cercare un nuovo modo per sconfiggere il nemico. Dalila ha un'idea: sedurre Sansone e spingerlo a rivelarle il segreto della sua forza. Il suo piano funziona, Sansone cede e le rivela che la sua forza proviene dai capelli che non ha mai tagliato. Così, quando Dalila riesce a radergli il capo, Sansone perde le forze e i filistei hanno la meglio su di lui. La donna finisce poi per innamorarsi del danita caduto prigioniero e si pente del suo gesto quando quest'ultimo viene accecato dai suoi rapitori.

Per far divertire il Saran e i filistei, Sansone viene portato al tempio di Dagon, dove subisce torture e umiliazioni. Il Saran concede a Dalila la possibilità di punire il prigioniero con una frusta. Dalila dice a Sansone di afferrare la frusta e lo porta verso i due principali pilastri di sostegno del tempio. Sansone avverte la donna di allontanarsi per salvarsi dalla morte, che presto sarebbe scesa sul tempio. Dalila decide di non fuggire e rimane in silenzio accanto all'uomo che ama. Sansone rivolge una preghiera a Dio, chiedendogli la forza per l'ultima volta.

 
«Muoia Sansone con tutti i filistei»

Mentre il danita comincia a spingere i pilastri, la folla ride di lui e i sacerdoti del tempio gli intimano di dimenticare il suo Dio e di inginocchiarsi davanti a Dagon. Ahtur e i suoi soldati cercano di farlo inginocchiare con la forza, ma i pilastri cominciano a spostarsi e uno di essi cade, schiacciando Ahtur e i suoi uomini. Sorpreso dalla potenza di Sansone, un filisteo esclama: «Ha la forza del diavolo!» e il Saran risponde: «No. Ha la forza di un dio!». Sansone rovescia anche il secondo pilastro e si lascia morire.

La colossale statua di Dagon, sostenuta dai due pilastri, comincia a cadere. Di fronte a una morte certa, molti filistei tentano di fuggire, ma la statua del loro dio crolla e li uccide all'istante. Poco prima di morire, il Saran brinda a Dalila. Di fronte alle macerie del tempio, Saul e Miriam, amici di Sansone, si chiedono il perché della sua morte, sperando che la sua storia sia ricordata dagli uomini nel corso dei secoli.

ProduzioneModifica

RegiaModifica

Il regista DeMille dovette difendersi davanti alla Corte federale di Chicago a causa delle scene di sangue e sesso molto spinte per l'epoca.

CastModifica

 
L'abito di piume di pavone

Mature (che non piaceva troppo a DeMille) non fu la prima scelta per il personaggio di Sansone: si pensò prima a Burt Lancaster e poi anche al culturista Steve Reeves, che venne alla fine considerato troppo giovane per il ruolo.

Per interpretare Dalila furono sottoposte a un provino Betty Hutton, Jean Simmons, Lana Turner, e Rita Hayworth, mentre per il ruolo di Semadar, poi andato alla Lansbury, era stata scelta l'attrice inglese Phyllis Calvert. Nel film, Hedy Lamarr indossa un costume con 1900 autentiche piume di pavone, appositamente raccolte per anni nel ranch di DeMille.

Il danzatore e coreografo Theodore Kosloff curò le coreografie del film.

DistribuzioneModifica

Data di uscitaModifica

Il film venne distribuito in varie nazioni, fra cui:[2]

AccoglienzaModifica

IncassiModifica

Il film, uscito nelle sale il 21 settembre 1950, ebbe un enorme successo di pubblico a livello mondiale, incassando ben 11 milioni di dollari al botteghino e diventando record d'incassi del 1950.

CriticaModifica

Groucho Marx rifiutò di presenziare alla première commentando ironicamente: Non vado mai a vedere film dove le tette del protagonista sono più grandi di quelle della star!. E, pare, l'unico cruccio della bellissima Lamarr era di avere una misura di seno piuttosto ridotta. Di ambientazione biblica, la storia è tratta dal Libro dei Giudici. Film definito come fra i più assurdi e deliranti fra quelli prodotti all'epoca.[3]

RiconoscimentiModifica

 
Modello del tempio di Dagon

NoteModifica

BibliografiaModifica

  • Morando Morandini, Laura Morandini, Luisa Morandini e Mauro Tassi, Il Morandini 2010, Zanichelli, 2010, ISBN 978-88-08-30176-5.

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