Mario Tanassi

politico italiano (1916-2007)

Mario Tanassi (Ururi, 17 marzo 1916Roma, 5 maggio 2007) è stato un politico italiano, esponente del Partito Socialista Democratico Italiano, di cui fu anche segretario, più volte ministro della Repubblica, celebre soprattutto per lo scandalo Lockheed per il quale, nel 1979, è stato condannato dalla Corte Costituzionale per corruzione.

Mario Tanassi

Vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana
Durata mandato26 giugno 1972 –
8 luglio 1973
Capo del governoGiulio Andreotti
PredecessoreFrancesco De Martino
SuccessoreUgo La Malfa

Ministro delle finanze
Durata mandato15 marzo 1974 –
23 novembre 1974
Capo del governoMariano Rumor
PredecessoreEmilio Colombo
SuccessoreBruno Visentini

Ministro della difesa
Durata mandato28 marzo 1970 –
18 febbraio 1972
Capo del governoMariano Rumor
Emilio Colombo
PredecessoreLuigi Gui
SuccessoreFranco Restivo

Durata mandato26 giugno 1972 –
15 marzo 1974
Capo del governoGiulio Andreotti
Mariano Rumor
PredecessoreFranco Restivo
SuccessoreGiulio Andreotti

Ministro dell'industria, commercio e artigianato
Durata mandato13 dicembre 1968 –
6 agosto 1969
Capo del governoMariano Rumor
PredecessoreGiulio Andreotti
SuccessoreDomenico Magrì

Segretario del Partito Socialista Democratico Italiano
Durata mandatogennaio 1964 –
novembre 1968
PredecessoreGiuseppe Saragat
SuccessoreMauro Ferri

Durata mandatofebbraio 1972 –
giugno 1972
PredecessoreMauro Ferri
SuccessoreFlavio Orlandi

Durata mandatogiugno 1975 –
marzo 1976
PredecessoreFlavio Orlandi
SuccessoreGiuseppe Saragat

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato16 maggio 1963 –
13 marzo 1979
LegislaturaIV, V, VI, VII
Gruppo
parlamentare
PSDI
CircoscrizioneRoma-Viterbo-Latina-Frosinone
Incarichi parlamentari
IV legislatura:
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPSIUP (fino al 1947)
PSLI (1947-1951)
PSDI (1951-1979)
Titolo di studioLaurea in scienze politiche
ProfessionePubblicista

Biografia Modifica

Mario Tanassi nasce il 17 marzo 1916 ad Ururi, in provincia di Campobasso, figlio di Lucia Carrozza e Vincenzo Tanassi, avvocato e protagonista di rilievo del socialismo riformista nel contesto molisano sin dai primi anni del Novecento.[1]

Negli anni del fascismo la famiglia Tanassi, che era stata «titolare di uno dei più grandi latifondi del Molise», conobbe un drammatico tracollo economico[1]. Mario proprio a causa di quelle difficili condizioni – oltre che, secondo quanto avrebbe testimoniato egli stesso molti anni dopo, in ragione anche di «una certa aria di sospetti cui ero fatto segno in Patria per non taciute adesioni alle idee di mio padre» – nel 1936 fu costretto a interrompere gli studi, che avrebbe completato solo nel dopoguerra laureandosi in scienze politiche, e a cercare un lavoro prima a Roma e poi in Eritrea. Giunto in Africa, si impiegò all’8° centro automobilistico eritreo.[1]

Nel 1940, allo scoppio della guerra e richiamato alle armi, Tanassi decise di non avvalersi della condizione di mobilitato civile e chiese di arruolarsi. Destinato al corpo automobilistico, venne fatto prigioniero, ma successivamente riuscì a fuggire e riprese a lavorare, dedicandosi a diverse attività.[1]

Ad aprile 1946 tornò in Italia, dove divenne sostenitore della difesa dell’autonomia socialista, partecipò attivamente al processo che portò alla scissione di palazzo Barberini, guidata da Giuseppe Saragat, nel 1947 e alla nascita del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI).[1]

Alle elezioni politiche del 1948 si candidò alla Camera dei deputati, tra le liste di Unità Socialista, promossa da Saragat, nella circoscrizione Campobasso-Isernia, ma ottenendo un risultato deludente e non venendo eletto.[1]

Con la nascita a tutti gli effetti del Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI) agli inizi degli anni '50, Tanassi si avviò in una rapida ascesa politica, entrando prima nella direzione nazionale nel 1952 e, soprattutto, venendo eletto vicesegretario per la corrente di Saragat, con il quale iniziò allora una strettissima collaborazione, e confermato in quel ruolo nei successivi congressi del PSDI, del 1954 e del 1956.[1]

Dopo la rottura tra il PSI di Pietro Nenni e i PCI di Palmiro Togliatti a seguito della rivoluzione ungherese del 1956, Tanassi si scontrò con Matteo Matteotti, segretario dello PSDI, che sosteneva la riunificazione del partito con il PSI mentre Tanassi era scettico sulla questione, perché il PSI non avesse cessato la «politica filo-sovietica», scontro che porterà alle dimissioni di Matteotti da segretario.[1]

Alla fine degli anni '50 Tanassi era un personaggio di rilievo nel panorama dello PSDI, tant'è che venne eletto consigliere comunale a Roma alle elezioni amministrative del 1960 e del 1962, venendo in seguito a questa rielezione anche nominato assessore ai lavori pubblici.[1]

 
Tanassi tra Francesco De Martino e Pietro Nenni nel 1966

Alle elezioni politiche del 1963 viene ricandidato alla Camera per lo PSDI, e questa volta viene eletto nella circoscrizione Roma-Viterbo-Latina-Frosinone come secondo classificato dietro a Saragat[1]. Nel corso della IV legislatura, dov'era stato componente della 2ª Commissione Affari della Presidenza del Consiglio, fu capogruppo del gruppo parlamentare dello PSDI alla Camera dal 1º gennaio al 17 novembre 1966.[2]

Quando si giunse alla costituzione del primo governo guidato da Aldo Moro con la nuova formula del centro-sinistra "organico", Saragat venne nominato Ministro degli affari esteri e Tanassi assunse la carica di segretario del PSDI al suo posto.[1]

Con il centro-sinistra "organico" al governo, insieme ad altri fattori, in primis l'elezione di Saragat alla Presidenza della Repubblica il 29 dicembre 1964 (nella quale anche Tanassi giocò un qualche ruolo), rilanciò la questione dell'unificazione socialista tra PSDI e PSI.

Il 30 ottobre 1966, al termine di un percorso fatto di numerosi passaggi, molti dei quali videro lo stesso Tanassi come protagonista, l’unificazione dei due partiti socialisti in una sola entità divenne un fatto compiuto: il Partito Socialista Unificato, dove Tanassi fu nominato co-segretario del nuovo partito, insieme a Francesco De Martino.[1]

È stato Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato dal 13 dicembre 1968 al 6 agosto 1969 nel primo governo Rumor.

Con la nascita del terzo governo presieduto da Mariano Rumor tra le forze politiche che costituivano il centro-sinistra "organico", Tanassi divenne per la prima volta Ministro della difesa, giurando il 28 marzo 1970 nelle mani del Presidente della Repubblica Saragat, incarico che avrebbe mantenuto nel successivo governo di Emilio Colombo.

Le cariche ministeriali esercitate da Tanassi non gli impedirono di continuare a guidare, tra la fine del 1969 e la prima metà degli anni '70, anche la linea politica dello PSDI, di cui fu presidente e segretario per la 2ª volta, orientata verso una significativa svolta moderata, un vero e proprio «spostamento a destra»[1]. Tale linea trovò la sua consacrazione con la formazione, all'indomani delle elezioni politiche del 1972 dov'è rieletto deputato, del nuovo governo guidato da Giulio Andreotti composto da PSDI, Democrazia Cristiana e Partito Liberale Italiano con appoggio esterno del Partito Repubblicano Italiano, dove Tanassi fu nominato come Vicepresidente del Consiglio e Ministro della difesa[1]. Proprio la sua decisione di tornare al Centrismo determinò l'avvio di una crescente freddezza con Saragat, che negli anni successivi sarebbe sfociata in vera e propria rottura[1]. Significativamente, nel marzo 1973, lo stesso Tanassi in un'intervista a Panorama suggerì un netto mutamento di linea, dichiarando sostanzialmente esaurita la formula centrista e auspicando un ritorno in tempi brevi al centro-sinistra organico, ma ciò non riuscì ad appianare le divergenze con Saragat.[1]

Fu nuovamente ministro della difesa nel quarto governo Rumor (sostenuto dal quadripartito DC-PRI-PSI-PSDI) durante la sesta legislatura.

A giugno 1975 ritornò ad essere per la 3ª volta segretario del PSDI, al posto di Flavio Orlandi, venendo coinvolto poco dopo nello scandalo Lockheed, insieme a Mariano Rumor e Luigi Gui, e perdendo così la segreteria socialdemocratica.

Nel 1979 si dimise da deputato alla Camera per incompatibilità e venne sostituito da Bruno Sargentini.

Vita privata Modifica

Il 21 febbraio 1943 sposa Enrica Pappalardo, dalla quale avrebbe avuto tre figlie: Lucia, Silvana e Rossana.[1]

Condanna per corruzione Modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Scandalo Lockheed e Scandalo Lockheed in Italia.

Tanassi fu accusato di aver ricevuto una somma di denaro dalla società statunitense Lockheed Corporation per favorire l'acquisto di 14 aerei da trasporto Hercules C-130 da parte dell'Aeronautica Militare italiana. Gli ufficiali dell'Aeronautica Militare che avevano valutato l'aereo lo avevano giudicato eccessivamente costoso e inadatto alla difesa. La compagnia Lockheed aveva pattuito con la Tezorefo e la Com.EI., intermediarie dei pagamenti[3], di versare le somme in tre rate: la prima rata al momento di una lettera di intenti del ministro Mario Tanassi, la seconda rata al momento del contratto di vendita degli aerei, la terza rata al momento della registrazione del contratto stesso.

La Lockheed aveva depositato in Italia, a favore dei destinatari di conti all'estero (Svizzera e Stati Uniti), circa 2.000.000 di dollari, dei quali 50.000 dollari al deputato Tanassi, quale compenso per un aumento del prezzo della fornitura con lui concertato nel dicembre 1970, 78.000 dollari ad alcuni membri della squadra del precedente ministro Gui, i quali, passati al Ministero del Tesoro, avrebbero dovuto correggere il contratto di vendita, mentre l'ingente ammontare residuo di più dell'85% era stato destinato ai partiti dei due ministri della difesa succedutisi al governo in quel periodo[4].

Rinviato a giudizio nel 1977, in quanto ministro venne giudicato dalla Corte Costituzionale in composizione integrata, che lo riconobbe colpevole di corruzione da parte della società Lockheed, noto come "scandalo Lockheed", per atti contrari ai doveri d'ufficio e lo condannò a due anni e quattro mesi di reclusione.

Tanassi scontò quattro mesi di carcere[5]. Fu il primo ex-ministro ad andare in prigione.

La decadenza dal seggio parlamentare, pure comminatagli direttamente dalla sentenza di condanna, fu ratificata da un voto della Camera dei deputati tredici giorni dopo la pronuncia della Corte costituzionale[6].

Onorificenze Modifica

Come ministro della difesa Modifica

— Dal 27 marzo 1970 al 17 febbraio 1972; dal 26 luglio 1972 al 14 marzo 1974

Note Modifica

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q TANASSI, Mario in "Dizionario Biografico", su www.treccani.it. URL consultato il 22 gennaio 2023.
  2. ^ La Camera dei Deputati, su legislature.camera.it. URL consultato il 22 gennaio 2023.
  3. ^ scandalo Lockheed Archiviato il 5 gennaio 2011 in Internet Archive.. Il Viandante. anno 1970.
  4. ^ Sentenza Lockheed. Corte Costituzionale. 1º marzo 1979.
  5. ^ Sentenza Lockeed. Consulta Online.
  6. ^ Giampiero Buonomo, I paradossi dell'autodichia, Mondoperaio, n. 4/2017, p. 48.

Voci correlate Modifica

Altri progetti Modifica

Collegamenti esterni Modifica

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