Governo Badoglio I

60º esecutivo del Regno d'Italia

Il Governo Badoglio I è stato il sessantesimo esecutivo del Regno d'Italia, il primo guidato da Pietro Badoglio.

Governo Badoglio I
StatoItalia (bandiera) Italia
Presidente del ConsiglioPietro Badoglio
(Militare)
CoalizioneMilitari, Indipendenti
LegislaturaLegislatura soppressa[1]
Giuramento27 luglio 1943
(Caduta del fascismo)
Dimissioni17 aprile 1944
Governo successivoBadoglio II
22 aprile 1944

Esso, nato in seguito alla Caduta del fascismo e del Governo Mussolini dopo l’ordine del giorno Grandi, è rimasto in carica dal 27 luglio 1943 (sebbene l’incarico fosse stato già conferito il 25 ed i ministri nominati il 26 luglio)[2] al 22 aprile 1944 (sebbene già dimissionario dal precedente 17 aprile), per un totale di 270 giorni, ovvero 9 mesi.

Per via delle necessità derivanti dalla Seconda guerra mondiale e dall’incombenza della guerra civile, esso fu un esecutivo del Re di tipo tecnico-militare e di natura transitoria composto da sei generali, due prefetti, sei funzionari e due consiglieri di Stato. Fu il primo governo guidato da un militare dal Governo Pelloux II.

In più, per le medesime ragioni, in questo governo furono istituiti, tramite regio decreto, decreto legislativo luogotenenziale e bandi, una serie di modificazioni per istituire commissariati generali, sopprimere ministeri e rinominarne altri. Nello specifico:

La prima fase di vita del governo, in cui esso risiedette a Roma fino al trasferimento a Brindisi seguito all'annuncio dell'armistizio dell'8 settembre 1943, è ricordata come governo dei quarantacinque giorni[3].

Formazione, armistizio e fuga da Roma

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In seguito all'approvazione dell'ordine del giorno Grandi da parte del Gran Consiglio del Fascismo, Vittorio Emanuele III rimosse Benito Mussolini dalla carica di Capo del governo primo ministro segretario di Stato e lo fece porre agli arresti. Il sovrano nominò capo del Governo il generale Pietro Badoglio, il quale procedette a eliminare molte riforme effettuate dal fascismo all'ordinamento statutario dello Stato liberale.

Il 2 agosto 1943 il Partito Nazionale Fascista, il Gran Consiglio del Fascismo, la Camera dei Fasci e delle Corporazioni e le organizzazioni legate al partito furono sciolte tramite regi decreti-legge e la denominazione "fascista" venne rimossa dai nomi degli enti pubblici. Venne ricostituita la Camera dei Deputati, per la quale vennero disposte nuove elezioni entro quattro mesi, mentre il Senato del Regno rimase in carica senza variazioni; gli eventi successivi resero tuttavia impossibile la ripresa dei lavori parlamentari.

L'8 settembre 1943, in seguito alla firma dell'armistizio di Cassibile, le forze armate tedesche invasero l'Italia (Operazione Achse), sopraffacendo rapidamente gran parte delle forze armate del Regno. La sera stessa Roma fu attaccata dalle forze della Wehrmacht e, il giorno seguente, il Re, Badoglio, la famiglia reale e lo Stato maggiore dell'esercito lasciarono la capitale; prive di guida, le forze militari a difesa di Roma capitolarono il 10 settembre, dopo tre giorni di feroci combattimenti.

I principali membri del governo non avevano lasciato la capitale al seguito di Vittorio Emanuele III, in quanto neanche avvisati.[4] Furono abbandonati alla ventura: Raffaele Guariglia, ministro degli esteri, Umberto Ricci, ministro dell'interno, Leonardo Severi, ministro dell'educazione nazionale, Giovanni Acanfora, ministro per gli scambi e le valute, e Domenico Bartolini, ministro delle finanze. A parte Guariglia, che si rifugiò nell'ambasciata di Spagna, gli altri ministri trovarono ospitalità presso il Palazzo del Laterano della Santa Sede.

Il Re e il Presidente del Consiglio si insediarono a Brindisi. Il governo provvisorio, sotto la tutela dell'Amministrazione militare anglo-americana, ebbe il controllo delle province di Bari, Brindisi, Lecce e Taranto.

Badoglio diede incarico al ministro dell'interno Umberto Ricci di coordinare l'attività dei ministri rimasti in Laterano. Ricci convocò una riunione del consiglio dei ministri presenti, che si concluse con l'autoscioglimento dell'organismo[5].

Il rimpasto ed eventi successivi

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Da Brindisi, in novembre, il Re nominò alcuni Sottosegretari facenti funzione di Ministri, in sostituzione di quelli rimasti nella Capitale. Il 13 ottobre 1943 il Regno del Sud, come Regno d'Italia, dichiarò guerra alla Germania, rientrando nel conflitto al fianco delle forze alleate in qualità di Paese cobelligerante.

Nel gennaio 1944 il governo abrogò tramite regio decreto-legge le leggi razziali fasciste e ripristinò i diritti civili e politici dei cittadini italiani di fede ebraica. Fu contestualmente soppresso il Tribunale della razza (di fatto non più operativo).[6]

Nel febbraio 1944 il governo si stabilì a Salerno e ricevette dagli alleati il controllo di tutta l'Italia meridionale. Il presidente del Consiglio Badoglio, con un rimpasto, procedette alla sostituzione dei ministri assenti.

Dimissioni

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Il governo diede le dimissioni il 17 aprile 1944[7], e fu seguito dal secondo governo Badoglio.

Compagine di governo

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Appartenenza politica

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Partito Presidente Ministri Commissari Sottosegretari Totale
Militare 1 6 2 3 12
Indipendente (politica)[8] - 10 3 9 22

Composizione

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Carica Titolare Sottosegretari
Presidenza del Consiglio dei ministri Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio
Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato   Pietro Badoglio (Militare)
Ministero Ministri Sottosegretari di Stato[9]
Affari Esteri   Raffaele Guariglia (Indipendente)
(dal 28 luglio 1943 all'11 febbraio 1944)
Carica non assegnata
Pietro Badoglio (Militare)
Ad interim (dall'11 febbraio 1944)
Africa Italiana   Melchiade Gabba (Militare)
(fino al 24 febbraio 1944)
Carica non assegnata
Pietro Badoglio (Militare)
Ad interim (dal 24 febbraio 1944)
Interno   Bruno Fornaciari (Indipendente)
(fino al 9 agosto 1943)
  Umberto Ricci (Indipendente)
(dal 9 agosto 1943 all'11 febbraio 1944)
  Vito Reale (Indipendente)
(dall'11 febbraio 1944)
Grazia e Giustizia   Gaetano Azzariti (Indipendente)
(fino al 15 febbraio 1944)
Giuseppe Salvatore De Santis (Indipendente)
(dal 16 novembre 1943 al 15 febbraio 1944)
  Ettore Casati (Indipendente)
(dal 15 febbraio 1944)
Finanze   Domenico Bartolini (Indipendente)
(dal 27 luglio 1943 all'11 febbraio 1944)
Guido Jung (Indipendente)
(dal 16 novembre 1943 all'11 febbraio 1944)
  Guido Jung (Indipendente)
(dall'11 febbraio 1944)
Scambi e Valute
(soppresso)
  Giovanni Acanfora (Indipendente)
(fino al 24 febbraio 1944)
Carica non assegnata
Guido Jung (Indipendente)
Ad interim (dal 24 febbraio al 2 giugno 1944)
Guerra   Antonio Sorice (Militare)
(fino all'11 febbraio 1944)
Taddeo Orlando (Militare)
(dal 15 novembre 1943 all'11 febbraio 1944)
  Taddeo Orlando (Militare)
(dall'11 febbraio 1944)
Aeronautica   Renato Sandalli (Militare) Carica non assegnata
Marina   Raffaele de Courten (Militare) Pietro Barone (Militare)[10]
Produzione Bellica
(soppresso)
  Carlo Favagrossa (Militare)
(fino al 27 gennaio 1944)
Carica non assegnata
Agricoltura e Foreste   Alessandro Brizi (Indipendente)
(fino all'11 febbraio 1944)
Tommaso Siciliani (Indipendente)
(dal 16 novembre 1943 all'11 febbraio 1944)
  Falcone Lucifero (Indipendente)
(dall'11 febbraio 1944)
Industria, Commercio e Lavoro[11]   Leopoldo Piccardi (Indipendente)
(fino all'11 febbraio 1944)
Epicarmo Corbino (Indipendente)
(dal 16 novembre 1943 all'11 febbraio 1944)
  Epicarmo Corbino (Indipendente)
(dall'11 febbraio 1944)
Lavori Pubblici   Domenico Romano (Indipendente
(fino all'11 febbraio 1944)
Raffaele De Caro (Indipendente)
(dal 16 novembre 1943 all'11 febbraio 1944)
  Raffaele De Caro (Indipendente)
(dall'11 febbraio 1944)
Comunicazioni   Federico Amoroso (Militare)
(dal 27 luglio 1943 all'11 febbraio 1944)
  Tommaso Siciliani (Indipendente)
(dall'11 febbraio 1944)
Cultura di massa   Guido Rocco (Indipendente)
(fino al 15 agosto 1943)
Carica non assegnata
  Carlo Galli (Indipendente)
(dal 15 agosto 1943 al 24 febbraio 1944)
Giovanni Cuomo (Indipendente)
Ad interim (dal 24 febbraio 1944)
Educazione Nazionale   Leonardo Severi (Indipendente)
(fino all'11 febbraio 1944)
Giovanni Cuomo (Indipendente)
(dal 16 novembre 1943 all'11 febbraio 1944)
  Giovanni Cuomo (Indipendente)
(dall'11 febbraio 1944)
Alti commissariati
Alimentazione
(istituito)
  Romeo Marcello Camera (Indipendente)
(dal 30 dicembre 1943)
Sardegna
(istituito)
  Pietro Pinna Parpaglia (Militare)
(dal 29 gennaio 1944)
Sicilia
(istituito)
  Francesco Musotto (Indipendente)
(dal 30 marzo 1944)
Epurazione nazionale del Fascismo
(istituito)
  Tito Zaniboni (Indipendente)
(dal 13 aprile 1944)
Prigionieri di guerra
(istituito)
  Pietro Gazzera (Militare)
(dal 13 aprile 1944)

Cronologia

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  1. ^ Tecnicamente la XXX legislatura della Camera dei fasci e delle corporazioni, essa fu soppressa (ed il Senato sospeso) il 2 agosto 1943, insieme al Gran Consiglio del Fascismo ed al Partito Nazionale Fascista, avviando così il Periodo costituzionale transitorio.
  2. ^ Il giuramento nelle mani del Re dei nuovi Ministri, in La Stampa, 28 luglio 1943.
  3. ^ quarantacinque giorni, governo dei, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 7 luglio 2023.
  4. ^ corriere.it
  5. ^ Enzo Forcella, La resistenza in convento, Einaudi, 1999, p. 65.
  6. ^ *** NORMATTIVA ***, su normattiva.it. URL consultato il 14 maggio 2020.
  7. ^ Presidenza del Consiglio dei Ministri. Comunicazioni, in "Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia", Parte prima, Serie speciale, n. 23, 29 aprile 1944, pp. 149-150.
  8. ^ Alcuni di questi, in realtà, non erano veramente tali, facendo già parte (a volte clandestinamente) di un partito politico, ma poiché il regime fascista (e successivamente alcune disposizioni del governo) li avevano sciolti o sospesi, essi furono ufficialmente etichettati come indipendenti.
  9. ^ Con R.D.L. del 10 novembre 1943, n. 5 furono provvisoriamente conferite loro le prerogative dei ministri per sopperire, ove necessario, alle vacanze.
  10. ^ Con delega per la Marina Mercantile.
  11. ^ Fino al 9 agosto 1943, Ministero delle corporazioni.
  12. ^ Con delega alle Ferrovie.
  13. ^ Con delega per le Poste ed i Telegrafi.
  14. ^ cfr. La gazzetta del Popolo, 27 luglio 1943.

Bibliografia

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  • Parlamenti e Governi d’Italia (dal 1848 al 1970) - Vol. II - Francesco Bartolotta - Vito Bianco Editore - 1971

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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