Antichità giudaiche
Antichità giudaiche | |
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Titolo originale | in greco antico: Ἰουδαϊκὴ ἀρχαιολογία, Ioudaïkḗ archaiología |
Edizione del 1552 delle Antichità giudaiche | |
Autore | Flavio Giuseppe |
1ª ed. originale | 94 |
Genere | trattato storico |
Lingua originale | greco |
Antichità giudaiche (in greco antico: Ἰουδαϊκὴ ἀρχαιολογία, Ioudaïkḗ archaiología, in latino: Antiquitates iudaicae, abbreviazione: Ant.) è un'opera storica in 20 libri, scritta in lingua greca ellenistica, dello storiografo ebreo antico Flavio Giuseppe, pubblicata nel 93-94 d.C., contenente la storia del popolo ebraico dalla creazione del mondo fino allo scoppio della prima guerra giudaica nel 66 d.C.
Il titolo e il numero dei libri ricordano le Antichità romane (in greco antico: Ῥωμαϊκὴ Ἀρχαιολογία, Rōmaïkḕ Archaiología, in latino: Antiquitates Romanae) di Dionigi di Alicarnasso[1].
ContenutoModifica
Antichità giudaiche è un'opera imponente. È quasi tre volte più lunga della Guerra giudaica (abbreviazione: Bell.) ed è divisa in venti libri.
- Libro I - Dopo un proemio nel quale indica le motivazioni del suo lavoro, le peculiarità del popolo ebraico e del suo legislatore Mosè[2], l'autore espone il contenuto del libro della Genesi, dalla creazione[3] alla morte di Rebecca e Isacco[4]. Per la redazione dei primi libri Flavio Giuseppe si è basato sulla Bibbia, attingendo per lo più alla versione greca dei Settanta (abbreviazione: LXX), ma vi ha proposto un inquadramento originale[5] e vi ha aggiunto del materiale proprio con riferimenti anche a storici non ebrei. Per esempio, parlando del Diluvio universale, Giuseppe fa riferimento anche a Beroso, a Mnasea, a un certo Ieronimo e a Nicola di Damasco[6].
- Libro II - Il libro inizia con racconto della storia di Esaù[7] e termina con la liberazione degli Ebrei in Egitto e al passaggio del mar Rosso[8], episodio di cui l'autore tenta di fornire anche spiegazioni razionali[9]. Più della metà del secondo libro è dedicata alla storia di Giuseppe[10], il figlio di Giacobbe e Rachele venduto dai fratelli, le cui vicende sono narrate da Flavio Giuseppe con un intreccio di storia e di racconto simile a un romanzo ellenistico[11].
- Libro III - Descrive le fasi iniziali della traversata del deserto da parte degli ebrei, guidati da Mosè, le difficoltà incontrate (mancanza di acqua e cibo, assalti degli Amaleciti) e gli aiuti di origine divina[12]; il ricevimento del Decalogo[13]; i quaranta giorni di Mosé[14]. Giuseppe descrive quindi il sistema della legislazione mosaica in una sequenza ordinata, e con notevoli aggiunte interpretative rispetto a quanto riportato nella Bibbia, i regolamenti sparsi nel Pentateuco riguardanti il recinto e la tenda[15], l'arca[16], la tavola dei pani[17], il candelabro[18], l'altare dei profumi e l'altare di bronzo[19], le vesti dei sacerdoti, loro significato e simbolismi[20], la consacrazione di Aronne[21], l'abbigliamento del Sommo sacerdote[22], i sacrifici e le purificazioni[23], le festività[24], le leggi di purità[25], ecc.
- Libro IV - Descrizione dei quarant'anni trascorsi degli ebrei nel deserto, dalle rivolte del popolo contro Mosè[26] fino alla morte di Mosè[27]. Tuttavia, caratteristiche predominanti del libro sono: la narrazione dell'arrivo degli ebrei nel paese della Giordania orientale e Gerico[28], il discorso di addio di Mosè[29] e, soprattutto, un riassunto della Legge mosaica come costituzione dello stato (politeia)[30]. Dopo la descrizione di altre leggi, Flavio Giuseppe conclude il Libro IV con la morte di Mosè[31] di cui tesse un elogio come grande legislatore[32].
- Libro V - Racconta l'immigrazione nella terra promessa sotto la guida di Giosuè e le vicende dei Giudici, seguendo quasi alla lettera il Libro di Giosuè, il Libro dei Giudici e il primo libro di Samuele; tuttavia, evidentemente per ragioni cronologiche, vi inserisce del materiale tratto dal Libro di Rut[33][34]. La vicenda di Sansone[35] è narrata con le caratteristiche con cui è stata narrata nel libro II la vicenda di Giuseppe[34].
- Libro VI - Il libro è dedicato all'attività di Samuele, il profeta che dà una svolta alla vita sociale e religiosa della nuova nazione[36], a Saul[37], col quale inizia il periodo monarchico che si prolungherà nel nono e decimo libro, e in parte anche a Davide, il cui ruolo diventa sempre più importante nella seconda metà del libro[38]. A parte qualche riflessione personale di Flavio Giuseppe, ad es. sull'influenza dannosa del potere[39], nel sesto libro l'autore segue il modello biblico in misura maggiore rispetto alle altre parti della sua opera[34].
- Libro VII - Continua il racconto delle vicende di Davide, che insieme a Mosè e ad Erode è uno dei personaggi più importanti delle Antichità giudaiche. Anche in questo caso, Flavio Giuseppe segue le fonti bibliche in modo abbastanza accurato, ma presentandole in modo nuovo. Per esempio, in Ant. VII, 46-129 e in Ant. VII, 301-342 si può osservare che combina sistematicamente il secondo libro di Samuele e il primo libro dei Re con i due Libri delle Cronache[40].
- Libro VIII - Il libro ottavo è dedicato soprattutto alle vicende familiari, sociali ed economiche di Salomone, successore di Davide, e tra esse l’edificazione del primo tempio di Gerusalemme[41], alla morte di Salomone la divisione del regno in un Regno delle dieci tribù del Nord in un Regno del Sud[42], e le vicissitudini delle due dinastie fino ad Acab e a Giosafat[43]. Alle fonti bibliche menzionate nel Libro VII, Flavio Giuseppe aggiunge una notevole quantità di altro materiale. Nella storia del regno di Salomone, Flavio Giuseppe può convalidare il racconto biblico del rapporto tra Salomone e il re Hiram di Tiro facendo riferimento a una corrispondenza conservata tra questi due re nell'archivio di Tiro[44] e altrove a riferimenti ad antiche storie registrate da storiografi greci come Menandro e Dione[45]. In particolare, Salomone è descritto da Giuseppe come un filosofo e un uomo dedito alla pace; la moderna interpretazione di Salomone è influenzata dall'ormai nota rappresentazione ellenistica di Flavio Giuseppe[46].
- Libro IX - Nel libro nono segue la narrazione parallela dei due regni fino a che il regno settentrionale viene conquistato dall’esercito assiro di Sargon e la popolazione che conta viene avviata alla prigionia in Assiria, mentre in parte della regione vengono trasferiti i Samaritani. Le fonti di base sono 1 Re 22, 2 Re 1-18 e 2 Cronache 19-31. Nell'utilizzare queste fonti, Flavio Giuseppe fa uso sia della Bibbia ebraica che dei LXX. Al materiale proveniente da queste fonti, Giuseppe interpola anche materiale proveniente dal Libro di Giona[47] e dal Libro di Naum[48]. Inoltre Giuseppe attesta il racconto biblico dell'invasione assira con documenti tratti dall'archivio di Tiro[49], e termina il Libro con una breve descrizione dei Samaritani che compaiono sulla scena storica in questo momento[50].
- Libro X - Il libro decimo è uno dei più complessi. Copre un periodo di tempo molto lungo: dall'assedio di Gerusalemme da parte degli Assiri nel 701 a.C. alla caduta della città ad opera dei Babilonesi nel 586 a.C.. Le fonti di base sono 1 Re 18-25 e 2 Cronache 32-36, ma Flavio Giuseppe la integra con materiale proveniente dalla letteratura profetica e da fonti non ebree. Per esempio, parlando di Giosia vi incorpora materiale proveniente dalla letteratura apocrifa di Esdra[51], le informazioni su Sennacherib provengono da Erodoto[52] e quelle sulla morte di Nabucodonosor provengono da Beroso, Megastene e altri storiografi ellenistici[53]. La letteratura profetica utilizzata da Flavio Giuseppe è la seguente: Isaia 38-39[54], Ezechiele 12[55], Geremia 22, 26, 29, 33-34, 37-43, 52[56], Daniele 1-6, 8[57]. Per Bilde la caratteristica più interessante del Libro X è proprio il ruolo svolto dai profeti Geremia e Daniele, Geremia nel secondo terzo del Libro X, Daniele nell'ultimo terzo del Libro[58].
- Libro XI - Il contenuto del libro undicesimo copre il periodo di tempo che va dal momento in cui Ciro pone fine all'esilio babilonese (circa 540 a.C.) fino al momento in cui Alessandro Magno conquista Gerusalemme e la Palestina nel 332 a.C.. Fra gli eventi importanti, Giuseppe narra l'ultimo periodo della cattività babilonese, il ritorno lento e parziale in degli ebrei in patria, la ripresa della vita nazionale che tuttavia è incerta e divisa, le prime diaspore, l'arrivo di Alessandro Magno, la Palestina sotto il dominio prima dei Tolomei e poi dei Seleucidi, infine l'inizio del movimento dei Maccabei. I temi predominanti del Libro XI sono comunque di natura più lieta: il ritorno degli ebrei di Gerusalemme dall'esilio in Babilonia e il salvataggio degli ebrei persiani per l'intervento di Ester; la storia di Ester è narrata da Giuseppe con le caratteristiche della narrativa ellenistica di cui si è parlato nel Libro II a proposito di Giuseppe[34]. Il primo terzo del libro si basa sui Libri di Esdra e Neemia, integrati da materiale tratto da Isaia 44[59], dai Libri apocrifi di Esdra[60] e da una lettera sconosciuta di Ciro ai satrapi di Siria[61]. L'ultima parte del Libro XI si basa sul Libro di Ester e sulla letteratura apocrifa di Ester[62]. Inoltre, Giuseppe fornisce alcune informazioni su Alessandro Magno di cui non si conoscono le fonti[63].
- Libro XII - Il contenuto del libro dodicesimo copre il periodo di tempo che va dalla morte di Alessandro Magno (323 a.C.) alla morte di Giuda Maccabeo (161 a.C.). Dopo un lungo racconto tratto dalla lettera di Aristea[64], segue una relazione sulla situazione degli ebrei in vari paesi orientali[65], il comportamento del tobiade Giuseppe[66], la relazione tra suo figlio Ircano e la corte d’Egitto[67], la conquista del dominio dei Seleucidi sulla Palestina[68], l’inizio della persecuzione religiosa contro i Giudei[69], la resistenza armata iniziata da Mattia e proseguita dai figli fino a Giuda Maccabeo[70]. Le fonti principali utilizzate da Giuseppe sono, oltre alla Lettera di Aristea, una cronaca dei Tobiadi altrimenti sconosciuta[71] e il Primo libro dei Maccabei[72][73]. Queste fonti sono poi integrate da alcuni documenti (lettere di Antioco III[74], Areo di Sparta[75], lettere dei Samaritani[76]), più una serie di riferimenti a storiografi ellenistici come Agatarchide di Cnido[77], Nicola di Damasco[78], Polibio[79].
- Libro XIII - Nel libro tredicesimo si afferma la lotta dei Maccabei contro i Seleucidi. Il periodo di tempo coperto dal libro va dal 161 a.C., anno in cui sale al potere Gionata Maccabeo, fino al 67 a.C., morte della regina Salomè Alessandra. Nella prima parte del libro[80] la fonte utilizzata da Flavio Giuseppe è ancora il Primo libro dei Maccabei[81], ma a cominciare da Ant. XIII, 218 non è più possibile determinare con certezza le fonti, tranne per quelle indicate dallo stesso Giuseppe: Nicola di Damasco[82], Strabone[83], Timagene (13.344) e "alcuni scrittori"[84].
- Libro XIV - Il libro quattordicesimo descrive il lento declino del dominio degli Asmonei: una famiglia dell'Idumea si affianca ai fratelli discordi Ircano II e Aristobulo II[85], il generale romano Pompeo, in Siria, è chiamato a dirimere la discordia[86]; Gerusalemme diviene tributaria dei Romani[87]; inizio dell’ascesa di Erode, figlio di Antipatro, capo della Galilea[88]: prime attività di Erode e sue gesta nella Galilea[89]; fine del potere degli Asmonei e inizio del regno di Erode[90]. La seconda metà del libro XIV procede parallelamente alla Guerra giudaica[91]. Fra le fonti testuali non bibliche Flavio Giuseppe cita Nicola di Damasco[92] e Strabone[93] e Tito Livio[94]. Giuseppe cita inoltre numerosi documenti ufficiali[95] che si presume abbia consultato lo stesso Giuseppe, oppure abbia tratto dalla Storia Universale, che non è pervenuta, di Nicola di Damasco[96].
- Libro XV - Il quindicesimo libro è una sintesi della parte più positiva del regno di Erode il Grande, dalla presa di Gerusalemme nel 37 a.C. fino alla ricostruzione del Tempio nell'anno 18 a.C. Oltre all'attività militare e diplomatica di Erode, nel libro si narrano i conflitti familiari di Erode, in particolare con sua moglie Mariamme. Infine, in questo libro, troviamo le importanti descrizioni degli edifici o delle città edificati da Erode, in particolare il Palazzo Reale di Gerusalemme[97], l'Herodion[98], Cesarea[99] e soprattutto la ricostruzione del Tempio[100]. Per quanto riguarda le fonti, nel libro quindicesimo troviamo solo pochi riferimenti: Strabone[101] e le "Memorie" dello stesso Erode[102]. In Ant. XV, 425, invece, si trova un'espressione interessante: «E questa storia, tramandataci dai nostri padri»", con la quale probabilmente Giuseppe vuole riferirsi alla tradizione orale della religione ebraica[96].
Informazioni sul CristianesimoModifica
Quest'opera è la principale fonte storica che ci sia pervenuta sulla Palestina e contiene, tra l'altro, preziose notizie relative ai movimenti religiosi del giudaismo dell'epoca come gli Esseni, i Farisei, gli Zeloti.
L'opera contiene anche riferimenti a Giovanni Battista, a Gesù e ai primi cristiani. Il più celebre di questi passi è il cosiddetto Testimonium Flavianum, che definisce Gesù un "uomo saggio" e un "maestro", affermando che compiva "opere sorprendenti" e che ebbe molti discepoli: Ponzio Pilato lo condannò alla crocifissione, ma i suoi seguaci, "che da lui sono detti Cristiani", continuarono a trasmettere il suo insegnamento. Per la presenza di alcune affermazioni difficili da conciliare con la visione religiosa dell'autore, il Testimonium è da tempo oggetto di discussione tra gli studiosi. Oggi, eliminate le interpolazioni dovute probabilmente all'inserimento nel testo di glosse marginali da parte dei copisti cristiani, si tende a sostenere l'autenticità del passo[103]. Alcuni studiosi lo ritengono comunque interamente apocrifo[104][105], e altri integralmente autentico[106].
Gesù è citato anche in un secondo passo, che non presenta particolari criticità[107], come fratello di Giacomo, condannato a morte dalle autorità religiose del tempo. L'uccisione di Giacomo non compare nel Nuovo Testamento, essendo successiva agli eventi narrati negli Atti degli Apostoli: l'episodio conferma comunque le persecuzioni subite dalla Chiesa primitiva.
Il resoconto su Giovanni il Battista ne conferma l'arresto e la condanna a morte ad opera di Erode Antipa, come riferito dai Vangeli (Matteo 14, 1-12; Marco 6, 14-29; Luca 9, 7-9).
I brani riguardanti Gesù e i primi cristianiModifica
«Allo stesso tempo, circa, visse Gesù, uomo saggio, se pure uno lo può chiamare uomo; poiché egli compì opere sorprendenti, e fu maestro di persone che accoglievano con piacere la verità. Egli conquistò molti Giudei e molti Greci. Egli era il Cristo. Quando Pilato udì che dai principali nostri uomini era accusato, lo condannò alla croce. Coloro che fin da principio lo avevano amato non cessarono di aderire a lui. Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo: perché i profeti di Dio avevano profetato queste e innumeri altre cose meravigliose su di lui. E fino ad oggi non è venuta meno la tribù di coloro che da lui sono detti Cristiani.» |
(Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, XVIII, 63-64) |
- Martirio di Giovanni il Battista:
«Ma ad alcuni Giudei parve che la rovina dell'esercito di Erode fosse una vendetta divina, e di certo una vendetta giusta per la maniera con cui si era comportato verso Giovanni soprannominato Battista. Erode infatti aveva ucciso quest'uomo buono che esortava i Giudei a una vita corretta, alla pratica della giustizia reciproca, alla pietà verso Dio, e così facendo si disponessero al battesimo; a suo modo di vedere questo rappresentava un preliminare necessario se il battesimo doveva rendere gradito a Dio. Essi non dovevano servirsene per guadagnare il perdono di qualsiasi peccato commesso, ma come di una consacrazione del corpo insinuando che l'anima fosse già purificata da una condotta corretta. Quando altri si affollavano intorno a lui perché con i suoi sermoni erano giunti al più alto grado, Erode si allarmò. Un'eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi, poteva portare a qualche forma di sedizione, poiché pareva che volessero essere guidati da Giovanni in qualunque cosa facessero. Erode, perciò, decise che sarebbe stato molto meglio colpire in anticipo e liberarsi di lui prima che la sua attività portasse a una sollevazione, piuttosto che aspettare uno sconvolgimento e trovarsi in una situazione così difficile da pentirsene. A motivo dei sospetti di Erode, (Giovanni) fu portato in catene nel Macheronte, la fortezza che abbiamo menzionato precedentemente, e quivi fu messo a morte. Ma il verdetto dei Giudei fu che la rovina dell'esercito di Erode fu una vendetta di Giovanni, nel senso che Dio giudicò bene infliggere un tale rovescio a Erode.» |
(Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, XVIII, 116-119) |
- Martirio di Giacomo il Minore:
«Anano [...] convocò i giudici del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo, e certi altri, con l'accusa di avere trasgredito la Legge, e li consegnò perché fossero lapidati.» |
(Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, XX, 200) |
Il “Testimonium Flavianum” tuttavia è da tempo oggetto di importanti dibattiti che ne hanno messo in dubbio la veridicità. Le accuse di falso, legate a un classico processo di interpolazione sul testo originario verificatasi nei secoli successivi, nascono dall’azione di Eusebio di Cesarea, vescovo e scrittore cristiano, che per primo - nel suo "Historia Ecclesiastica" - trascrisse le frasi citate nel testo di Giuseppe Flavio[108].
Da quel momento il cosiddetto “Testimonium Flavianum”, risultando l’unica fonte storica (il Nuovo Testamento non rientra nella tipologia scientificamente intesa) acclarante l’esistenza di Gesù è stato poi riportato in tutte le trascrizioni dell'opera di Giuseppe Flavio fino al Medioevo, assumendo rilievo straordinario per i pensatori cristiani.
Il dubbio riguarda il fatto che il testo in discussione, tuttavia, risulti completamente sconosciuto a tutti i Padri della Chiesa antecedenti o contemporanei di Eusebio. Tra questi, in particolar modo, si distingue nel III secolo d. C. Origene di Alessandria che, nell’opera “Contra Celsum”, afferma di aver letto proprio l'opera di Giuseppe Flavio. Origene scrive un trattato polemico contro il filosofo medio-platonico e anticristiano Celso i cui attacchi alla cristianità risultano tanto violenti (per come ricostruito solo dallo stesso Origene poiché l’opera di Celso è perduta, per alcuni distrutta dagli stessi cristiani) quanto eruditamente argomentati[109]
Origene - che pure riporta l'episodio della deposizione di Giovanni Battista - afferma di aver letto “Antichità Giudaiche” di Giuseppe Flavio, tuttavia senza fare alcuna menzione della vicenda storica di Gesù Cristo, quindi senza offrire alcun riferimento storico alla figura di Gesù[110].
Se il riferimento vi fosse stato - riassumono gli assertori della falsificazione del testo di Flavio - esso sarebbe tornato decisamente utile nella violenta polemica contro il neoplatonico Celso le cui accuse nei confronti di Gesù erano particolarmente forti negandogli espressamente qualsivoglia natura divina (che emergerebbe invece proprio dal “Testimonium” con la vicenda della Resurrezione e dall’avverarsi di antiche profezie)[111].
Non di meno, la profonda assonanza con le teorie apologetiche di Origene, di cui Eusebio fu profondo conoscitore ed epigono[112], rende ancora più anomala la diversità tra i testi dei due Padri cristiani, alimentando dubbi sulla veridicità del "Testimonium Flavianum".
EdizioniModifica
- Giuseppe Flavio, Delle antichità giudaiche di Giuseppe Flavio tradotte dal greco e illustrate con note dall'abate Francesco Angiolini piacentino. 5 voll., in Francesco Angiolini (a cura di), Collana degli antichi storici greci volgarizzati, traduzione di Francesco Angiolini, Milano, Sonzogno, 1821-1822. Tomo I , Tomo 2 , Tomo 3 , Tomo 4 , Tomo 5
- Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, a cura di Luigi Moraldi, traduzione di Luigi Moraldi, 1ª ed., Torino, UTET, 2013, ISBN 978-88-418-9766-9.
NoteModifica
- ^ A. Passerini, Dizionario Bompiani, 2005.
- ^ Ant., I, 1-26.
- ^ Genesi 1
- ^ Genesi 35
- ^ L. Moraldi, Introduzione ad Antichità giudaiche.
- ^ Ant., I, 93-94.
- ^ Genesi 36
- ^ Esodo 15
- ^ Ant., II, 347-348.
- ^ Ant., II, 7-200.
- ^ P. Bilde, 1988, p. 81.
- ^ Ant., III, 1-74.
- ^ Ant., III, 75-94.
- ^ Ant., III, 95-95.
- ^ Ant., III, 100-133.
- ^ Ant., III, 134-138.
- ^ Ant., III, 139-143.
- ^ Ant., III, 144-146.
- ^ Ant., III, 147-150.
- ^ Ant., III, 145-187.
- ^ Ant., III, 188-213.
- ^ Ant., III, 214-223.
- ^ Ant., III, 224-236.
- ^ Ant., III, 237-254.
- ^ Ant., III, 258-273.
- ^ Numeri 14
- ^ Deuteronomio 34
- ^ Ant., IV, 76-175.
- ^ Ant., IV, 76-193.
- ^ Ant., IV, 196-301.
- ^ Ant., IV, 325-326.
- ^ Ant., IV, 327-330.
- ^ Ant., V, 318-337.
- ^ a b c d P. Bilde, 1988, p. 82.
- ^ Ant., V, 276-317.
- ^ Ant., VI, 22-39.
- ^ Ant., VI, 45-378.
- ^ Ant., VI, 156-378.
- ^ Ant., VI, 262-268.
- ^ P. Bilde, 1988, pp. 82-83.
- ^ Ant., VIII, 50-98.
- ^ Ant., VIII, 211-253.
- ^ Ant., VIII, 254-420.
- ^ Ant., VIII, 55-56.
- ^ Ant., VIII, 144-149.
- ^ P. Bilde, 1988, p. 83.
- ^ Ant., IX, 206-214.
- ^ Ant., IX, 239-242.
- ^ Ant., IX, 283-287.
- ^ Ant., IX, 288-291.
- ^ Ant., X, 70-83.
- ^ Ant., X, 18-20.
- ^ Ant., X, 219-228.
- ^ Ant., X, 24-35.
- ^ Ant., X, 106-107.
- ^ Ant., X, 84-180.
- ^ Ant., X, 186-218, 232-281.
- ^ P. Bilde, 1988, p. 84.
- ^ Ant., XI, 5-6.
- ^ Ant., XI, 159-183, 297-303.
- ^ Ant., XI, 12-17.
- ^ Ant., XI, 184-296.
- ^ Ant., XI, 304-347.
- ^ Ant., XII, 7-118.
- ^ Ant., XII, 119-153.
- ^ Ant., , XII, 160-224.
- ^ Ant., XII, 154-236.
- ^ Ant., XII, 245-252.
- ^ Ant., XII, 253-256.
- ^ Ant., XII, 265-434.
- ^ Arnaldo Momigliano, I Tobiadi nella preistoria del mondo maccabaico, in Atti della Reale Accademia di Scienze di Torino, LXVII, 1932, pp. 165-200.
- ^ 1 Maccabei 1-9
- ^ Ant., XII, 237-434.
- ^ Ant., XII, 138-153.
- ^ Ant., XII, 226-227.
- ^ Ant., XII, 258-263.
- ^ Ant., XII, 5-7.
- ^ Ant., XII, 127.
- ^ Ant., XII, 135-137, 358-359.
- ^ Ant., XIII, 1-217.
- ^ 1 Maccabei 9-13
- ^ Ant., XIII, 250-251, 347.
- ^ Ant., XIII, 286-287, 319, 347.
- ^ Ant., XIII, 337.
- ^ Ant., XIV, 8-28.
- ^ Ant., XIV, 34-46.
- ^ Ant., XIV, 77-78.
- ^ Ant., XIV, 158-160.
- ^ Ant., XIV, 413-433.
- ^ Ant., XIV, 456-491.
- ^ Bell., I, 117-353.
- ^ Ant., XIV, 9, 68, 104.
- ^ Ant., XIV, 35-36, 68, 104, 111, 114-118, 138-139.
- ^ Ant., XIV, 68.
- ^ Ant., XIV, 144-148, 149-155, 190-195, 196-198, 199, 200-201, 202-210, 211212, 213-216, 219-222, 225-227, 228-229,230, 231-232, 233,234,235, 236-237, 237-240, 241-243, 244-246, 247 -255, 256-258, 259-261, 262264, 265-267, 306-313, 314-318, 319-322.
- ^ a b P. Bilde, 1988, p. 86.
- ^ Ant., XV, 317-322.
- ^ Ant., XV, 323-326.
- ^ Ant., XV, 331-341.
- ^ Ant., XV, 380-425.
- ^ Ant., XV, 9-10.
- ^ Ant., XV, 174-178.
- ^ Marta Sordi, I cristiani e l'impero romano, 2004.
- ^ E. Schürer, The History of the Jewish People in the Age of Jesus Christ (175 B.C.- A.D. 135), 4 vols., Edinburgh: T.& T.Clark, 1973-87.
- ^ H. Chadwick, The Early Church, 2nd edition, London: Penguin, 1993
- ^ "Some (scholars) have mantained that the passage is wholly authentic; others think that it is wholly spurious. Most today regard the passage as authentic but edited." in Craig A. Evans, "Jesus and His Contemporaries: Comparative Studies", Leiden, Brill, 1995.
- ^ Craig A. Evans, "Jesus and His Contemporaries: Comparative Studies", 1995.
- ^ Alice Whealey, Josephus on Jesus: The Testimonium Flavianum Controversy from Late Antiquity to Modern Times, in Studies in Biblical Literature, Berna, Peter Lang, 2003.
- ^ Claudio Moreschini, Storia del pensiero cristiano tardo-antico, Bompiani, 2013. su Celso pp. 45-53
- ^ Origene di Alessandria, Contro Celso, in Pietro Ressa (a cura di), Letteratura Cristiana Antica, Morcelliana, 2000.
- ^ Guy Fau, La fable de Jesus Christe - Le silence des auteurs Juifs, Parigi, Editions de l'Union rationaliste, 1964.
- ^ Eusebio di Cesarea, Teologia Ecclesiastica, a cura di Franzo Migliore, traduzione di Franzo Migliore, Roma, Città Nuova, 1998, p. 23, 31.
BibliografiaModifica
- Emil Schürer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (175 a. C.-135 d. C.) [The History of the Jewish People in the Age of Jesus Christ (175 B.C.-A.D. 135)], in Omero Soffritti (a cura di), Biblioteca di storia e storiografia dei tempi biblici ; 1, traduzione di Graziana Soffritti, edizione diretta e riveduta da Géza Vermes, Fergus Millar, Matthew Black con la collaborazione di Pamela Vermes, Brescia, Paideia, 1985.
- (EN) Per Bilde, Flavius Josephus between Jerusalem and Rome : his life, his works, and their importance, in Journal for the study of the pseudepigrapha. Supplement series ; 2, Sheffield, Sheffield Academic Press, 1988, ISBN 1-85075-060-2.
- Giuseppe Flavio, La guerra giudaica [De bello judaico], a cura di Giovanni Vitucci, traduzione di Giovanni Vitucci, Milano, A. Mondadori, 1989, ISBN 88-04-32627-1.
- Elvira Migliario, Introduzione, in Flavio Giuseppe, Autobiografia, Milano, Fabbri editori, 1997, pp. 5-59.
- Alfredo Passerini, Antichità giudaiche|Ἰουδαϊκὴ ἀρχαιολογία, in Dizionario Bompiani delle opere e dei personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature, I, Milano, RCS Libri, 2005, p. 407, ISSN 1825-78870 .
- Luigi Moraldi, Introduzione, in Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche [Antiquitates Iudaicae], 1ª ed., Torino, UTET, 2013, ISBN 978-88-418-9766-9.
Altri progettiModifica
- Wikisource contiene una traduzione completa in inglese di Antichità giudaiche
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Antichità giudaiche
Collegamenti esterniModifica
- (EN) Antiquities of the Jews, su ccel.org.
- (EN, GRC) Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, biblical.ie
Controllo di autorità | VIAF (EN) 251904339 · LCCN (EN) n85086733 · GND (DE) 4295010-7 · BNF (FR) cb121371397 (data) · NDL (EN, JA) 01183876 |
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