Lingua egizia

lingua parlata nell'antico Egitto
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La lingua egizia (in egizio (traslitterato) r n kmt, letteralmente bocca della Terra Nera ossia ciò che si parla lungo le rive del Nilo)[1], nota anche come egizio antico (questa espressione è però impropria, perché propriamente l'egizio (o egiziano) antico sarebbe la fase storica della lingua parlata durante l'Antico Regno e inoltre non esiste una forma moderna da cui differenziarlo), è una lingua che appartiene alla famiglia delle lingue afro-asiatiche, imparentata con il gruppo delle lingue berbere e con quello delle lingue semitiche. Le prime testimonianze scritte della lingua dell'Antico Egitto risalgono all'incirca al 3200 a.C. e la lingua sopravvisse fino al V secolo nella forma del demotico e fino al medioevo nella forma della lingua copta; la sua lunga durata, oltre quattro millenni, la rende una delle lingue storiche più antiche conosciute agli uomini moderni.

Egizio
r
Z1
nkmmt
O49
Parlato inAntico Egitto
Periodo3200 a.C.-medioevo
Locutori
Classificaestinta
Altre informazioni
Scritturageroglifico
ieratico
demotico
alfabeto copto
TipoVSO
Tassonomia
FilogenesiLingue afro-asiatiche
 Lingue camitiche
Codici di classificazione
ISO 639-2egy
ISO 639-3egy (EN)
Glottologegyp1246 (EN)
Linguasphere11-AAA-a
Estratto in lingua
Il Padre Nostro
Padre Nostro in trascrizione, vedi anche ultima sezione della voce

"jt=n, imy m pt.w, d=tw ḏsr rn=k, jy(w) t3=k, jw ir.t=tw mrw.t=k mj m pt, m t3. d=k n=n min t=n n(y) r' nb n sšm=k n m bjn, sfḫ n m bw-ḏw. jḫ wnn=tw..."

"Padre Nostro, che sei nei cieli, sia santificato il Tuo nome, venga il Tuo regno (lett. terra), sia fatta la Tua volontà, come in cielo, così in Terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e non ci indurre in tentazione (lett. nel male), ma liberaci dal male. Amen (lett. così sia)"

Per un'altra preghiera in egizio, cfr. Eterno Riposo in egiziano antico, da Egittologia.net.

La lingua ufficiale dell'Egitto è oggi l'arabo che, progressivamente, nei secoli successivi alla conquista arabo-musulmana nel VII secolo, si sostituì alla lingua copta come lingua quotidiana. Il copto viene ancora usato come lingua liturgica della Chiesa cristiana copta.

Parentele linguistiche dell'egizio

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Illustrazione all'articolo Tabula Aegyptiaca hieroglyphicis exornata pubblicato sugli Acta Eruditorum del 1714

Le lingue afroasiatiche (o anche camitosemitiche) sono generalmente raggruppate in tre gruppi: le lingue semitiche, come l'arabo e l'ebraico, le lingue camitiche, come le lingue berbere e somale, e un terzo gruppo costituito appunto dall'egizio: le somiglianze tra queste lingue, in particolare con quelle camitiche, sono diverse. La struttura della grammatica, ad esempio, che ha indotto gli studiosi a organizzare la grammatica egizia sull'esempio di quelle dell'arabo e dell'ebraico. Alan Gardiner, nella sua Egyptian Grammar, cita sempre i verbi alla terza persona singolare, com'è convenzione nelle lingue semitiche.
Alcune parole e desinenze: in amarico il femminile si forma con la desinenza -it, in egizio con la -t (probabilmente pronunciata /a:t/ in origine, poi la /t/ cadde restando solo nella scrittura, come la tāʾ marbūṭa dell'arabo, e la /a/ sembra in seguito essersi chiusa in /e/); sia in egizio sia in amarico il pronome suffisso di 1ᵃ persona plurale è -n; in egizio, la consonante che forma la parola "uomo" è s (nella moderna prassi convenzionale, la parola è pronunciata se), mentre in amarico "uomo" è səw. Caratteristica dell'egizio, presente anche in tutte le lingue semitiche, è la distinzione di genere nel pronome di 2ª persona singolare, che ha forme distinte per maschile e femminile. Un'altra parentela semantica è, ad esempio, il verbo sḏm (ascoltare), molto simile allo šemà ebraico. In egiziano esiste il verbo šmˁ, che significa "cantare": la parentela di campo semantico è notevole; oppure, cfr. l'egiziano šw (il vuoto) con l'ebraico šwa (il nulla, zero).

Sviluppo della lingua

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Gli studiosi hanno suddiviso la lingua egizia in sei grandi suddivisioni cronologiche:

Solitamente le sei fasi vengono riunite in due gruppi: il primo comprende le prime tre (egizio arcaico, antico e medio), il secondo le ultime tre (egizio tardo, tolemaico e demotico e il copto). Questa suddivisione è giustificata dal fatto che le fasi all'interno di ciascun gruppo mostrano una certa uniformità, pur differenziandosi fra di loro.

Talvolta l'egizio, nella sua totalità, viene non del tutto correttamente chiamato egizio/egiziano antico. Dal momento che effettivamente esiste una fase della lingua detta egizio antico, questa denominazione può generare confusione; inoltre, non c'è motivo di parlare di egizio/egiziano antico, perché, essendo l'arabo la lingua parlata oggi in Egitto, non esiste una versione "moderna" della lingua da cui differenziarlo.

I primi esempi della scrittura ideografica egizia risalirebbero al 3000 a.C. e i testi in essi redatti sono generalmente raggruppati nella denominazione di "egizio arcaico".

L'egizio antico fu parlato per oltre 500 anni, dal 2600 a.C. in poi ed è attestato soprattutto nei Testi delle piramidi. L'egizio medio, la lingua classica (vi è scritta la maggior parte dei testi, soprattutto monumentali, ma anche molte opere letterarie e scientifiche), fu parlato a partire circa dal 2000 a.C. per altri 700 anni, fino all'apparire dell'egizio tardo; sopravvisse ancora fino ai primi secoli dell'era cristiana come lingua scritta di tradizione, nello stesso modo in cui il latino fu la lingua scritta di preferenza in Europa fino al XVIII secolo. L'egizio tardo, parlato fra il 1300 e il 700 a.C., fu la lingua amministrativa nel periodo ramesside, ma le sue origini si ritrovano fin dal periodo amarniano; è attestato in un vasto corpus letterario ed epistolare. Il demotico apparve intorno al 650 a.C. e sopravvisse come lingua scritta fino al V secolo. Il copto, il cui dialetto bohairico è tuttora utilizzato come lingua di culto dai cristiani copti, apparve nel IV secolo e sopravvisse come lingua scritta di uso corrente fino al XIV secolo e probabilmente fu utilizzato ancora come lingua parlata nelle campagne ancora per qualche secolo. L'arabo si sostituì gradualmente al copto parlato e venne utilizzato come lingua dell'amministrazione politica musulmana a partire dalle invasioni arabe del VII secolo.

L'egizio antico, medio e tardo utilizzavano la scrittura geroglifica, solitamente di utilizzo monumentale (da cui anche il nome greco: ἱερός = sacro, γλύφειν = incidere), termine che in qualche modo riprendeva la voce egizia mdw nṯr (convenzionalmente pronunciata medu necer)

S43nTr

,"parole del dio" (del dio Thot, cui era attribuita l'invenzione della scrittura) e quella ieratica, evolutasi parallelamente ai geroglifici, con cui ha uno stretto legame, e caratterizzata da una forte corsivizzazione e frequenti legature fra i segni, solitamente utilizzata per la scrittura quotidiana su papiro, legno o pietra. Dalla scrittura ieratica deriva anche quella utilizzata per il demotico, la cui apparenza è vagamente simile alla moderna scrittura araba, sebbene non ci sia alcuna parentela. Il copto fu scritto utilizzando l'alfabeto copto, una forma modificata dell'alfabeto greco, con alcuni simboli presi in prestito dal demotico per i suoni inesistenti nel greco antico.

Fonetica

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Qui sotto, la tabella dei segni monoconsonantici con la trascrizione secondo Rainer Hannig[2]:

Segni monoconsonantici
A
ȝ a chiamato aleph, occlusiva glottidale sorda
avvoltoio egiziano
i
j i/a chiamato yod, approssimante palatale
canna
ii
o
y
y i doppio yod
un paio di canne o due barre
a
ˤ a chiamato ‘ayn, fricativa faringale sonora
braccio
w
o
W
w w/u chiamato waw, approssimante labiovelare sonora
pulcino di quaglia o sua abbreviazione ieratica
b
b b piede
p
p p stuoia di canna o sgabello
f
f f vipera cornuta
m
m m civetta
n
n n acqua[3]
r
r r bocca
h
h h tettoia di giunchi o cortile
H
h h enfatica, fricativa faringale sorda,
treccia di lino o lucignolo
x
kh fricativa velare sorda,
placenta o palla di stringhe (?)
X
kh fricativa palatale sorda,
ventre di animale con coda
s
o
z
s s stoffa piegata o chiavistello
S
š sh stagno
q
q k k enfatica, occlusiva uvulare sorda,
pendio
k
k k cesto con manico
g
g g dura supporto di vaso
t
t t focaccia o pane
T
c dolce come nell'italiano "ciao" occlusiva palatale sorda
pastoia
d
d d mano
D
dj come nell'italiano "gioco" occlusiva palatale sonora

cobra a riposo

Schema delle consonanti dell'egizio (fra parentesi i simboli convenzionali che differiscono dall'IPA);

Consonanti dell'egiziano
Labiale Alveolare Postalveolare Palatale Velare Uvulare Faringale Glottidale
Nasale m n
Occlusiva sorda p t c (ṯ) k q ʔ (ȝ)
sonora b d ɟ (ḏ) g
Fricativa sorda f s ʃ (š) ç (ẖ) x (ḫ) ħ (ḥ) h
sonora z ʕ (ˤ)
Approssimante w j
Vibrante r
Laterale l

Sistema vocalico (si noti l'assenza della e, aggiunta solo nella lettura egittologica convenzionale, e della o, introdotta per i nomi greci).

Sistema vocalico dell'egiziano
Anteriore Posteriore
Chiusa i iː u uː
Aperta a aː

Struttura della lingua

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L'egizio presenta diverse caratteristiche proprie delle lingue afroasiatiche.

È formato da parole con radici prevalentemente triconsonantiche, come nfr "bello". Sono tuttavia presenti anche termini con radici biconsonantiche, come per esempio "sole", e alcuni con un numero di consonanti ancora maggiore, ad esempio cinque come in sxdxd "essere sottosopra". È importante sottolineare che le sequenze fonetiche appena descritte non sono propriamente parole, ma, come detto, radici che rappresentano aree semantiche, con cui si creano le parole vere e proprie per mezzo di varie vocalizzazioni. Le vocali e altre eventuali consonanti venivano poi aggiunte alla radice per dare origine alle parole della lingua, in modo simile a quanto tuttora avviene nell'arabo o nell'ebraico. Nella maggior parte dei casi ignoriamo quali fossero le vocali aggiunte, in quanto l'egizio, in modo analogo alle lingue semitiche antiche e moderne, non scriveva le vocali: di conseguenza, il termine ˤnkh potrebbe significare "vita", "vivere", "vivente" o "vivendo", a seconda della vocalizzazione. Nella moderna trascrizione, "a", "i" e "u" rappresentano delle consonanti egizie: per esempio il nome di Tutankhamon era scritto in egiziano come "twt ˁnkh Jmn". Gli esperti hanno ricostruito il valore di questi simboli, ma per alcuni non si è del tutto certi della correttezza. Se a questo si aggiunge che la vocalizzazione, non segnata nella scrittura e quindi per la maggior parte sconosciuta, è del tutto arbitraria (le semiconsonanti e alef e ‘ayin sono lette come vocali e dove non compaiono questi suoni si aggiunge convenzionalmente una e), se ne deduce che la pronuncia attuale dell'egizio ha ben poco a che vedere con quella originale. Attraverso il copto e le trascrizioni di parole e frasi egizie in altre lingue (ad esempio le Lettere di Amarna, scritte in accadico) è stato comunque possibile, per una certa misura, ricostruire l'antica pronuncia.

Fonologicamente, l'egizio differenziava consonanti bilabiali, labiodentali, alveolari, palatali, velari, uvulari, faringali e glottali, in una distribuzione simile a quella dell'arabo.

Morfologicamente, come in altre lingue semitiche, viene usato il costrutto detto stato costrutto che combina due o più vocaboli: in questa trasformazione il primo vocabolo subisce spesso variazioni (ad esempio una -h finale diventa -t nei nomi femminili e in mlkt shba ("la regina di Saba"), mlkt è la trasformazione dal termine mlkh.

Inizialmente non erano conosciuti gli articoli, né i determinativi, né gli indeterminativi; le forme più tarde utilizzarono invece a questo scopo le parole , e (il segno "ȝ" trascrive il colpo di glottide), rispettivamente per il maschile singolare, femminile singolare e plurale comune.

Ricostruzione fonetica dell'egiziano

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La lettura che danno gli egittologi all'egiziano è convenzionale: Champollion riuscì, partendo dal copto, definibile in un certo senso come "egiziano con le vocali", e dal greco ad assegnare a ciascun segno un valore fonetico.

L'egiziano invece veniva notato senza vocali, quindi noi abbiamo solo lo scheletro consonantico, come se in italiano scrivendo cn dovessimo poi integrare le vocali occorrenti leggendo "cane", "cena" o "Cina" a seconda dei casi. Lo stratagemma cui sono ricorsi gli egittologi è quello di intercalare tra consonante e consonante una vocale convenzionale, la "e".

Sapere però quale fosse la reale pronuncia dell'egiziano è quasi impossibile. Anche il copto, ovviamente, ha sviluppato fenomeni fonologici propri. Tuttavia, vi sono alcuni capisaldi di pronuncia della quale possiamo dirci certi.

La parola ḥtp,
Htp
che significa pace, riposo, offerta, soddisfazione

viene letta non hetep, ma hotep: grazie ai Greci e ad altre trascrizioni sappiamo quale fosse il suono originale. Allo stesso modo la parola Ptḥ non viene letta Peteh, ma Ptah[4]: grazie ai Greci sappiamo quale fosse la pronuncia reale del nome della divinità.

Oppure ancora il dio Amon si scrive Jmn,

i mn
n

, ma sappiamo dalla trascrizione qual era la pronuncia originale: probabilmente a inizio parola la j tendeva ad aprirsi in a. Allo stesso modo, sappiamo che, probabilmente, la parola ms

ms

generare, nascere, si leggeva "mos", come sappiamo dai diversi nomi quali Ramose, Ahmose, Thutmose.

La traslitterazione della lingua egizia può essere aiutata anche dai nomi propri, che hanno una pronuncia spesso trasmessa dai Greci.

Tuttavia sono state spesso proposte diverse accezioni, un esempio è Rˤ-ms-sw: il nome Ramesse, portato da ben undici sovrani, dei quali il più celebre è senz'altro il secondo.

Le letture sono diverse, Ramesse, Ramses o Ramsete (le ultime due derivate da due delle varie forme latine del nome: Ramses è nominativo, Ramsete è la forma italianizzata a partire dell'accusativo Ramsetem, in modo analogo ad altre parole che sono passate in italiano allo stesso modo): escludendo il quasi cacofonico Ramessu, pronuncia che segue pedissequamente la trascrizione fonetica, la migliore sarebbe Ramesse, perché più vicina alla dicitura originale.
Inoltre è accertato che la desinenza ".t" dei femminili, seppur scritta, non era più pronunciata già dall'Antico Regno[5].

Alla fonologia dell'egiziano si è interessato Alessandro Roccati, ordinario di Egittologia all'università di Torino.

Substrato egiziano nella toponomastica egiziana moderna e nell'onomastica italiana

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Un substrato di antico egiziano lo possiamo trovare in diversi toponimi:

  • L'attuale località di Asyūṭ in egiziano era detta Sȝwty.
  • La località di Abido era in egiziano detta Ȝbḏw.
  • La città di Copto era detta in egiziano Gbtw.
  • In particolare, la città di El-Ashmunein, l'antica Ermopoli, nella quale possiamo osservare il graduale passaggio dall'egiziano, al copto sino all'arabo.

Il nome egiziano era infatti ḫmnw, "Gli Otto", in relazione all'Ogdoade ermopolitana, gli otto dèi che la presiedevano. Poi, in copto, divenne ϢΜΟΥΝ, con significato analogo e poi in arabo alla radice Šmūn furono aggiunti l'articolo El, una A protetica e la desinenza -ein che esprime la desinenza del duale; tale duale è dovuto al fatto che nei testi copti si parlava di due Šmūn, da cui la letterale traduzione.[6]

Infine, alcuni nomi di persona usati nella lingua italiana sono di derivazione egizia, come Isidoro, filtrato dal greco Isis-doron, dono di Iside, e Susanna, dall'egizio sšn "loto", filtrato attraverso l'ebraico.

Grammatica

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Generalità di nome e aggettivo

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Si introducono qui le generalità del sostantivo e, di conseguenza, della morfologia dell'aggettivo, che presenta le medesime caratteristiche, concordando in genere e numero col nome cui è riferito. Per referenze, vedi nota[7].

I generi grammaticali

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I generi erano due, maschile e femminile.

Il primo non ha terminazione precisa, il secondo prevede l'aggiunta di una '.t',
t
:

b3k (servo)

bA&k A1

b3k.t (serva)

bA&k tB1

Il numero

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Tre sono i numeri del nome: singolare, plurale, duale.

Il plurale prevede:

la terminazione '.w'
w
per il maschile;
la terminazione '.tw'
tw
per il femminile.

Il 'duale' prevede:

la terminazione '.wy'
wy
oppure
wii
per il maschile;
la terminazione '.ty'
ty
oppure
tii
per il femminile.

Il duale è molto raro, viene usato soprattutto per indicare nomi esistenti in coppia in natura o considerati spesso come coppia, quali rd.wy (le due gambe, maschile) ir.ty (i due occhi, femminile) ma, soprattutto, due termini fondamentali: t3.wy, le Due Terre, Alto e Basso Egitto, e nb.ty, le Due Signore, le dee Nekhbet e Uadjet, protettrici dell'Alto Egitto e del Basso Egitto e il cui nome designa anche una parte della titolatura ufficiale dei faraoni.

tAwy
nbty

I due geroglifici che indicano le Due Terre e le Due Signore.

Notazione grafica di genere e numero

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Per notare il genere, gli egizi utilizzavano diversi espedienti grafici: limitandosi alla determinazione delle persone, venivano generalmente indicati con l'apposizione dei determinativi classificati come A1 per il maschile e B1 per il femminile nella lista Alan Gardiner:

A1
B1

Per indicare i plurali o i duali, gli egizi svilupparono nei tremila anni di storia della loro lingua diversi sistemi. Il più antico, usato nell'Antico Regno, consisteva nell'indicare il termine una volta per il singolare, due volte per il duale, tre volte per il plurale.

D4

ir.t, l'occhio/un occhio

D4
D4

ir.ty, i due occhi

D4
D4
D4

ir.tw gli occhi

Caso estremo:

nTrnTrnTrnTrnTrnTrnTrnTrnTr

Questa successione designa la psḏ.t, l'Enneade creatrice, notazione usata anche nel Medio e Nuovo Regno.

L'altro sistema, più utilizzato dal Medio Regno in poi, è quello dell'aggiunta dei geroglifici che designano le desinenze del plurale, del singolare e del duale e, per il plurale, l'aggiunta di tre tratti:

Z2

Questa notazione è molto usata, seppur qualche volta non per designare il plurale vero e proprio, ma la "moltitudine"

Rmṯ, l'umanità, si scrive:
rmTA1 B1
Z2

Esistono poi i nomi detti "di relazione", detti anche con termine tratto dalle grammatiche arabe "nisba", nei quali l'aggiunta di una '.y' indica la derivazione semantica: sḫt significa campagna, sḫty contadino, campagnolo[8].

M20
M20yA1
oppure
M20iiA1

L'aggettivo con funzione attributiva è generalmente posposto al nome e concorda con questo in genere e numero.

L'aggettivo con funzione predicativa si esprime con iw-soggetto-m-aggettivo/nome, cfr. con I work as policeman in inglese.

Non esiste declinazione, esattamente come in italiano.

Generalità del periodo

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L'egiziano distingue due tipi principali di proposizioni: la proposizione a predicato avverbiale (PPA) e a predicato nominale (PPN). La prima, a sua volta, distingue tra PPA con e senza lessema verbale.

Proposizioni a predicato avverbiale

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La Proposizione a predicato avverbiale è una frase, che può avere o non avere un verbo, che esprime una relazione momentanea e di situazione[9].

PPA senza lessema verbale
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Si tratta di una frase nominale, introdotta dalla particella 'jw' per il presente, 'wn'

wn
n

per il passato e 'wnn'

wn
n
n

per il futuro tradotte come verbo essere; si tenga conto che in egiziano non esistono veramente due ausiliari: essere può venir reso con jw, per esprimere il possesso si usano perifrasi simili al dativo di possesso in latino: jw b3k n(y) nb

iwbA&k n
nb

significa "il servo è al padrone" o, meglio, "il padrone ha un servo"[10]. La frase esclamativa non prevede la particella jw ma la particella mk e il pronome dipendente e non il suffisso[11]

m
D37
k

(guarda!).

Negazione della PPA

La negazione richiede 'nn'

D35
n

(sostituito a 'jw') per il presente e 'n'

D35
n

(seguito da 'wnn') per il futuro (la negazione al passato non è attestata)[12].

PPA con lessema verbale
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La PPA con lessema verbale, invece utilizza un verbo oltre a jw, ad esempio: jw rˁ wbn m pt:

iwhrwwb n mp t
pt

il sole sorge in cielo

Schema riassuntivo PPA
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Ausiliare di enunciazione parti del discorso fondamentali Parti del discorso fondamentali Parti accessorie del discorso Categoria di PPA
soggetto avverbi e altre parti del discorso PPA senza lessema verbale
jw (presente)
iw
, wnn (futuro)
wn
n
n
wn (passato)
wn
verbo pronome suffisso complementi, avverbi, aggettivi e altre parti del discorso PPA con lessema verbale e soggetto pronominale
soggetto verbo complementi, avverbi, aggettivi e altre parti del discorso PPA con lessema verbale e soggetto non pronominale
Negazione della PPA

La negazione richiede 'nn'

D35
n

(sostituito a iw) per il presente e la PPA senza lessema verbale e 'n'

D35
n

(seguito da wnn) per il futuro (la negazione al passato non è attestata) per la PPA con sistema verbale al futuro[12].

Proposizioni a predicato nominale

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La PPN, invece, esprime una relazione costante, che non cambia nel tempo e che dunque non richiede iw che significa "essere (attualmente)"[13]. Ad esempio:

mk, b3k pw,

D37mkbAkpw

cioè: "guarda, tu sei un servo". In questo caso 'pw' è il soggetto, si tratta di un pronome indefinito: la traduzione letterale, infatti, sarebbe: "guarda (ciò), sei tu servo".

Un curioso tipo di PPN è nfr pw

nfrf
r
pw

, che significa "ciò è buono" ma che, posto alla fine di un testo, significa "fine".

Negazione della PPN

Si nega con 'nn...js':

nn b3k js pw, tu non sei un servo

D35
n
bA&k isp w

[14]

Generalità del verbo

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Il verbo egiziano presenta diverse differenze con il verbo italiano, che nella traduzione si perdono ma che servono per comprendere i fenomeni specifici della lingua.

Distinzione tra aspetto "iterativo" e aspetto "singolativo"

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Molto importante in egiziano è la distinzione tra azione puntuale e reiterata, che, per quanto riguarda le lingue indoeuropee si era in parte perduta in latino in favore di un'espressione più particolareggiata della scala temporale[15], molto forte in greco, ma che si perde inevitabilmente in traduzione, abbastanza importante in inglese.

In egiziano, infatti, assistiamo all'opposizione tra due strutture verbali principali:

  • l'aoristo: esprime l'azione abituale nel presente, iterativa, nel passato o nel futuro; ad esempio: "quando avevo vent'anni, ero solito fare colazione al bar" è un modo per indicare che quest'azione nel passato era abituale, per distinguerla dal "quando avevo vent'anni andai (una volta) a far colazione al bar", che esprime un evento unico e non più ripetuto;
  • il 'compiuto' e l''incompiuto'. Esprimono un'azione puntuale, singola, nel presente, passato e futuro.

Se l'azione si sta svolgendo, si usa l'incompiuto, se l'azione si è conclusa, si usa il compiuto. Si noterà, infatti, che tutte le strutture che esprimono l'incompiuto egiziano sono perifrastiche e tradotte in italiano significano "stare per", "star facendo" qualcosa: si traducono col verbo in forma semplice semplicemente per non sovraccaricare la traduzione. Il compiuto esprime l'azione puntuale, accaduta una sola volta, e conclusasi: "io caddi/sono caduto/ma ora mi sono rialzato". Il locutore egiziano, se avesse usato l'aoristo per un verbo del genere avrebbe voluto dire che cadeva tutti i giorni, abitualmente.

Attivo italiano e passivo egiziano - Il pronome "zero"

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Nella traduzione italiana, eccetto se in egiziano è presente il pronome impersonale "=tw", che rende la frase passiva o impersonale, se il contesto vuole un verbo all'attivo, questo verbo viene tradotto all'attivo. Tuttavia, non c'è piena corrispondenza tra forme attive tra le due lingue; determinate forme del verbo erano sentite dal locutore egiziano come passivi. Questo è dovuto alla presenza di un pronome, non scritto ma individuato dai linguisti,chiamato "zero" e notato "Ø", che in italiano non si traduce o si rende come "ciò", seguito da una subordinata dichiarativa italiana, chiamata in egiziano "esplicitazione del soggetto".[16] Molte forme che in italiano sono verbi, infatti, sono trattate in egiziano come frasi nominali:

Ad esempio: n Ø wnm-n=f, è la negazione dell'aoristo, che si traduce in italiano come "non ero solito mangiare" o letteralmente: "non (si faceva) ciò, mangiare da parte mia".

Dunque, strutture passive con significato attivo in italiano sono:

  • La negazione dell'aoristo[17]
  • Il compiuto con e senza agente: entrambi andrebbero tradotti letteralmente come "(ciò) è stato fatto da parte (di lui)", ma per una migliore resa stilistica si usa correntemente l'attivo[18]
  • La negazione del compiuto con e senza agente[19]

Tempi e modi

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Rispetto all'Italiano, nel quale il verbo si differenzia in modo e tempo, l'egiziano fa tre distinzioni: aspetto, modo e tempo.

Aspetti e modi dell'egiziano antico sono: Incompiuto, Compiuto, Participio (forma nominale), Aoristo, Infinito (forma nominale), Imperativo e Prospettivo.

Incompiuto Compiuto Participio Aoristo Infinito Imperativo Prospettivo
Progressivo e Progressivo interno Presente Presente (imperfettivo) Presente Atemporale Atemporale Atemporale
Allativo Passato Passato (perfettivo) Passato
Futuro Futuro (progressivo) Futuro

Solo l'incompiuto possiede qualcosa di analogo ai modi: il progressivo, il progressivo interno e l'allativo.

Gli altri aspetti distinguono immediatamente in tempi: presente, passato e futuro più, tranne che per imperativo e infinito che sono atemporali.

Infinito
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L'infinito dei verbi egiziani viene costruito in tre modi diversi, uno per i verbi forti, uno per i verbi deboli, uno per i verbi geminati.[20]

Verbi forti

verbi terminanti con tutte le lettere, eccetto j e w, non ripetute.

wnm=j (mangio)>wnm (mangiare)

wnmA1

sḏm=j (ascolto)>sḏm (ascoltare)

sDm
Verbi deboli

verbi terminanti per j o w.

L'infinito è una forma femminile sostantivata del verbo.

rd(j)=j (la j è tra parentesi perché quasi sempre veniva omessa nello scritto)>rd(j).t

dit

pr(j)=j (esco)>pr(j).t (uscire)

prD54
Verbi geminati

verbi terminanti con due lettere uguali.

L'infinito è uguale alla radice del verbo, eventualmente con la caduta dell'ultima lettera.

M33=j (io vedo)> M3(3) (vedere)

mAAir

jjj=j (io vado)>jj(j) (andare)

ii
Incompiuto
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Progressivo

L'azione è in progresso, si sta compiendo[21].

jw b3k ḥr (m) wnm,

iwbA&k Hrw
n
mA2

il servo sta mangiando.

Si costruisce con jw+soggetto+ ḥr (preposizione che significa "su") +verbo all'infinito (verbo espresso al femminile)

La preposizione m indica il progressivo interno, che dà una maggiore connotazione di partecipazione del soggetto.

Allativo

Simile al "be going to" inglese, è un'azione che sta per accadere, il suo nome deriva dal verbo francese "aller", andare:[22]

jw b3k r wnm,

iwbA&k rw
n
mtA2

il servo sta per mangiare.

Stessa costruzione del progressivo, ma anziché su, si usa la preposizione r, verso.

Aoristo
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Da non confondersi col greco, nel quale è generalmente tradotto come passato, è da considerarsi un presente[23]

jw b3k wnm=f (nb rˁ)

iwbA&k w
n
mA2fnb
hrw

il servo mangia (tutti i giorni).

In questo caso si richiede la ripetizione del soggetto, significa letteralmente: "il servo lui mangia tutti i giorni".

Si nega non col semplice n o nn, ma con la struttura n wnm-n=f, con l'aggiunta della particella (j) n[24].

in
Prospettivo
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Può essere considerato come un congiuntivo o come un imperativo, si forma con

wnm(w)=f, che egli mangi.

wnmwA2f

In cui la w tra parentesi è usata solo nella struttura del progressivo detta "antica". Si nega, non con n o nn, ma con "tm".

tmm
Imperativo
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Indica un ordine, consiste in sostanzialmente in una forma analoga al prospettivo, priva di pronome se si vuole dare un ordine reciso, wnm! (mangia!), più cortese con forme perifrastiche o con il pronome d=j wnm=k (stabilisco che tu mangi)[25]

Si nega con jm:

im

[26]

Compiuto
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Non è da considerarsi un passato, esistono infatti un compiuto presente, passato e futuro.

Per paragonarlo all'italiano, il presente, il futuro semplice e l'imperfetto sono incompiuti: mangio, mangerò, mangiavo. Il passato prossimo è il compiuto presente: io ho mangiato; il trapassato prossimo è il compiuto passato: io avevo mangiato; il futuro anteriore è il compiuto futuro: io avrò mangiato[27].

Il compiuto, facendo una traduzione letterale, è in realtà un passivo, e, a seconda che venga espresso o meno il complemento d'agente, si parla di "compiuto con agente" o "senza agente".

Il compiuto senza agente

Non viene espresso l'agente dell'azione.

Jw d3b.w wnm=kw

iwdAbwZ93A2
n
mkw

io ho mangiato dei fichi.

Al verbo si uniscono le terminazioni del perfetto[28]:

1ª persona =kw
kw
2ª persona =tj
tii
3ª persona =w masch., =tj femm.
w
tii
1ª persona =nw
nwZ93
2ª persona =tywny
tywn
y
Z93
3ª persona =w
wZ93

Da notarsi che la =w della 3ª singolare, quasi sempre, cade.

Il compiuto con agente

Prevede l'inserimento di un agente, seppur questo non comporti, nella traduzione, cambiamenti di sorta[29].

La struttura è jw verbo-n-agente- oggetto

-N è contrazione di jn, preposizione che significa "da".

La terminazione del perfetto cade.

jw wnm-n=j d3b.w ho mangiato dei fichi, letteralmente, "dei fichi sono stati mangiati da me".

iwA2nA1

Sostituendo a jw wn e wnn si ottengono il compiuto passato e futuro.

Il compiuto si nega normalmente con "n"[30].

Per esprimere "non mai" e "non mai ancora" si usano due ausiliari, spj

O50

e p3

pA

[31].

N spj wnm=k d3b.w mj pn: non avesti mai mangiato fichi come questi.

D35O50
k
dAbwZ93mip
n

N p3=f ḫpr mjt.t ḫt, non è mai ancora successa una cosa simile.

npAfxprp
r
mit
t
x
t
Compiuto dei verbi intransitivi

Essendo il compiuto, in realtà, una forma passiva, teoricamente solo i verbi transitivi possono averne uno vero e proprio. Il compiuto degli intransitivi esprime l'essere, l'essere diventato[32], e, per i verbi cognitivi, l'essere venuto a sapere, il passaggio da uno stato precedente (ignoranza) a uno successivo (conoscenza)[33].

jw b3k nfr=w, il servo è diventato buono.

Da notarsi come gli aggettivi, come nfr, non siano altro che verbi in funzione predicativa e, in questo caso, riprendono la loro funzione reale.

Con wn=w si esprime "esserci, esistere" jw wn=w b3k, il servo c'è[34].

Participi
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In egiziano esistono forme nominali/perifrastiche del verbo, i participi. La loro traduzione è la medesima dell'italiano: o giustapposti come l'aggettivo o definiti con forme quali "colui che", "colei che" ecc.

I participi sono raggruppati in tre forme: imperfettiva, perfettiva e progressiva. Inoltre, essendo forme nominali, prendono la desinenza di genere e numero:

wnm(w) colui che mangia wnm(w).t colei che mangia wnm(w).w coloro che mangiano wnm(w).tw coloro le quali mangiano

Rari i duali.

Infine, i participi possono essere attivi o passivi, con o senza agente.

Il prospetto generale delle desinenze:

Tempo Desinenze attivo Desinenze passivo senza agente Desinenze passivo con agente
Imperfettivo (presente) (w)
w
tende a cadere
w
w
desinenza del pronome di 3^ persona, =f o =s
f
s
Perfettivo (passato) (w) tende a cadere
w
(w) tende a cadere
w
-n=f o -n=s
n
f
ns
Prospettivo (futuro) t(y)=f(y) si aggiunge t(y) alla radice del verbo e lo si fa seguire da un allotropo del pronome di terza persona sing. masch. e femm.
t
y
f
y
t
y
sy
y (maschile)
y
e tj (femminile)
ti
da aggiungere alla radice del verbo
=f, =s
f
s
Diatesi attiva e passiva
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Come si è visto, non c'è piena corrispondenza tra attivo e passivo italiano e attivo e passivo egiziano. Per quanto possibile fare paragoni, il passivo dei verbi può essere espresso con il pronome tw+jn+pronome suffisso. Tw è un pronome con valore impersonale.

wnm=tw jn=j

wnmtwinA1

È mangiato da me

Generalità degli aggettivi dimostrativi

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Gli aggettivi dimostrativi sono quattro serie di aggettivi con radice uguale e desinenza diversa. Sono sempre posposti al nome cui sono legati, eccetto p3, t3, n3, che nel Tardo Egiziano assunsero anche valore di articolo determinativo.

Prospetto radici e desinenze degli articoli

Singolare Plurale
Maschile desinenze Femminile desinenze Maschile - femminile) desinenze
p n, 3, w, f t n, 3, w, f n n, 3, w, f
pn
p
n
tn
t
n
nn
M22M22
p3
pA
t3
tA
n3
nA
pw
pw
tw
tw
nw
nw
pf
p
f
tf
t
f
nf
n
f

Da notarsi che il dimostrativo può, a differenza dell'italiano, accompagnare anche un nome proprio:

Rˁ-ms-sw pn, questo Ramesse.

C2msswp
n

Generalità sui pronomi

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Interessante aspetto di questa lingua sono i pronomi, distinti in tre gruppi: suffisso, dipendenti, indipendenti.

Pronomi suffisso

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Geroglifici Trascrizione Significato
A1
e altre forme, a seconda di chi parla, dio, vivente, re, persona comune, defunto
=j 1ª singolare
k
,
T
=k (masch.)
=ṯ (femm.)
2ª singolare
f
,
s
=f (masch.)
=s (femm. e neutro)
3ª singolare
n
Z2
=n 1ª plurale
T
n
Z2
=ṯn 2ª plurale
sn
Z2
=sn 3ª plurale
tw
=tw impersonale

Il segno = prima del pronome indica che bisogna attaccare il pronome al nome che lo precede: b3=j, il mio ba. Esiste poi un pronome indefinito, =tw,

tw

usato soprattutto col prospettivo e con valore impersonale.

Nn wnm(w)=tw non si mangerà.

D35
n
wnmA2tw

Essi fungono da soggetto, aggettivo possessivo, complemento di termine e di specificazione preceduti dalla preposizione n.

Non esistono forme di cortesia; si dava del tu anche al faraone. L'unica perifrasi di subordinazione verso i superiori era b3k-jm, "quel servo lì", tradotto come "quest'umile servo"

bAkim

Pronomi dipendenti

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Geroglifici Trascrizione Significato
A1
wj mi/me
Tw
,
T
n
ṯw (masch.)
ṯn (femm.)
ti/te
sw
st
sw (masch).
s.t (femm.)
lo/lui, la/lei
n
Z2
n ci/noi
T
n
Z2
ṯn vi/voi
sn
Z2
sn li, le, loro

Essi fungono da soggetto nelle frasi esclamative o come complemento oggetto.

Pronomi indipendenti

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Geroglifici Trascrizione Significato
nw
k
jnk io
n&t&k
,
n
t
T
ntk (masch.)
ntṯ (femm.)
tu
n&t&f
,
n
t
s
ntf (masch.)
nts (femm.)
egli, ella, ciò
nw
n
Z2
jnn noi
n
t
T
n
Z2
ntṯn voi
n
t
sn
Z2
ntsn essi, esse, essi/ciò

Hanno un uso limitato: come predicato della PPN e comunque il più usato è jnk.

Pronomi relativi

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I pronomi relativi, che fungono anche da congiunzione in subordinate relative, sono usati in alternanza coi participi.

Sono sia affermativi (che è), sia negativi (che non è)

Affermativi
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Singolare Plurale
Maschile Femminile Maschile Femminile
nty
n
t
y
nt(y).t
n&t&t
nty.w
ntywt
nt(y.w) t
n&t&t
Negativi
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La radice è jwty cui si aggiungono le desinenze dell'affermativo:

D35t
y
+
t
tyw

L'attribuzione

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Un'interessante costruzione dell'egiziano, simile al dativo di possesso greco o latino, utilizza la particella n(y)+la cosa posseduta.

N(y) è variabile in genere e numero.

Singolare Plurale
Maschile Femminile Maschile Femminile
n(y)
n
n(y).t
n
t
nw
nwZ93
n(y).wt
nw
t
Z93

Preposizioni

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Preposizioni principali corrispondenti alle preposizioni proprie italiane

di, a n
n
da jn
in
in m
m
con ḥnˁ
Hn
a
su tp
tp
per, contro, verso r
r
tra, fra mm
mm

Altre preposizioni improprie e locuzioni prepositive:

sopra ḥr
Hr
sotto ẖr
Xr
fino a ḏr
Dr
usato soprattutto nella locuzione ḏr=f, fino ai limiti, tutto quanto
come mj
mi
al lato r-gs
r
gs
davanti ḫnt o ḥ3ty
xntn
t
,
HAt
dentro m-ẖnw
mXnnw
pr
dopo m-ḫt,
mxt
usato anche nelle proposizioni temporali (vedi sezione)
vicino ḫr
x
r

Congiunzioni

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L'egiziano è abbastanza povero di congiunzioni:

  • La congiunzione "e" non esiste, si giustappongono i termini o le proposizioni
  • La congiunzione "o" può essere espressa con pw, oppure con la giustapposizione
  • La congiunzione "se" è jr:
    ir
  • La congiunzione "allora" è 'ḥ'-n
    aHan
  • La congiunzione "poiché" può avere diverse sfumature di significato, molto comune è n-nt(y).t, scritta con il pronome relativo.
  • La congiunzione "affinché" è n-mrw.t
    nmrwt
    , "affinché non" n-msḏw.t
    nmsDwt

Analisi del periodo

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In egiziano le coordinate si esprimono con la giustapposizione di più frasi assieme, con l'ellissi di jw o degli analoghi. Le subordinate si esprimono con le congiunzioni citate sopra, il soggetto non è più il pronome suffisso e ma quello dipendente.

Come in italiano esistono proposizioni oggettive, finali, causali, relative e il periodo ipotetico.

La proposizione completiva

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Si tratta sostanzialmente di una proposizione subordinata oggettiva. Qualsiasi tipo di proposizione PPA o PPN può essere in posizione completiva. Sono generalmente introdotte da verbi detti "operatori", come rdj (porre, fare che, permettere) jr (fare, fare che), ḏd (dire).

Formule fisse

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L'egiziano fa largo uso di formule fisse, frasi fatte, poste all'inizio di testi, alla fine, nei cerimoniali.

Tra le tante:

D(w) ˁnḫ

rdianxn
x

dotato di vita, uno degli epiteti del re,

(dw) ˁnḫ, wḏ3, snb

rdianxn
x
U28Asnb

(dotato di) vita, forza e salute! Talmente usato da essere abbreviato dagli egizi con '.w.s, le iniziali dei tre nomi, rappresentati dal segno ‘nḫ, dal segno wḏ3 e dal segno s. In italiano si abbrevia, nella traduzione, con v.f.s!, vita, forza, salute!

ḥtp d(j) n(y)-sw.t

Htp
t p
rdiswn
t

"un'offerta che il re fa" è la lettura tradizionale degli egittologi. Scritto spesso n(y)-sw.t d(j) ḥtp, in quanto nomi come re (n(y)-swt) dio (nṯr), o i nomi delle divinità venivano anteposti per rispetto. In realtà, è una formula di invocazione delle tombe e significa faccia il re che si plachino.

ḏd mdw

D&d md

"parole dette" ("dire le parole"): inizio dei cerimoniali

m3ˁ-ḫrw

mAaxrw

anche nelle forme:

U4
D36
Aa1
D21
P8G43A2
e
U1Aa11
D36
P8
e
Aa11
D36
P8

"giusto di voce" o "giustificato": è l'epiteto del defunto che ha superato l'esame di Osiride e, pertanto, ha avuto "la voce giusta" e ora può risiedere nei campi divini.

D54
f
pw(m) HAtf
r
pHf
y
migmmiitmsS
mDAt

Jw=f pw (m) ḥ3.t=f r pḥ.wy=fy mj gmy.t m sš

Lett.:Questo vada dall'inizio alla fine come trovato nel documento, è così che il documento deve andare dall'inizio alla sua fine, come trovato in scrittura.

Formula di chiusura dei testi letterari egizi, di quando in quando diversamente sviluppata, talvolta firmata, come nel Racconto del naufrago.

Traduzione di un breve brano con analisi delle strutture grammaticali

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Prendiamo in considerazione due testi tratti dalla Cappella Bianca di Sesostri I a Karnak come riportati dal Corso di Egiziano Geroglifico Mathieu-Grandet.

 
Il chiosco di Sesostri I
sw
t
bit
t
Ca1xprkAraCa2ir
n
fmn
nw nw nw
fnit
f
imn
n
raC2saHan
f
stfn
t
xa
a
t
mmAwt

N(y)-sw.t bjty Ḫpr-k3-Rˁ ir-n=f m mnw n jt=f Jmn-Rˁ, sˁḥˁ n=f s.t=f n(y).t ḫˁ.t m m3w.t

Il re dell'Alto e Basso Egitto Kheperkarâ ha fatto come monumento per suo padre Amon-Ra (l'atto di erigere) per lui il suo luogo di apparizione come divinità

  • N(y)-sw.t bjty significa "re"; grammaticalmente è un nome con n(y) quindi un costrutto per indicare l'appartenenza: "re", infatti, in egiziano era espresso come "colui che appartiene al giunco e all'ape". Sempre col nome di relazione n(y) declinato al femminile si esprime n(y).t ḫt, "l'apparizione che a lui appartiene, la sua apparizione".
  • jr-n=f è un compiuto con agente: verbo-n-pronome di 3^persona
  • sˁḥˁ è un verbo causativo: i verbi fattivi sono una classe particolare di verbi costituiti dall'affisso s+verbo: servono per rafforzare il significato del verbo e indicare che l'azione la si compie con partecipazione al fatto: 'ḥ' significa "alzarsi, sorgere"; con l'aggiunta di s si esprime l'azione di sollevare, di erigere.

(Cappella Sesostri I pl.10, A2)

D md inimn
n
raxntip
t
ststst
t
st
niwtnw
k
it
k
Ca1swsrr
t
n
Ca2rdin
n
k
gbiwa
t
f

ḏd mdw jn Imn-Rˁ ḫnt(y) Jp.t-Sw.t "jnk, jt=k S-n(y)-wsr.t d-n=(j) n=k Gb jwˁ.t=f"

Parole dette da Amon-Ra, che presiede Ipet-Sut (Karnak), " Io, tuo padre, o Sesostri, ti ho dato l'eredità di Geb"

  • Ḏd mdw è la formula fissa "parole dette".
  • Jn Jmn-Rˁ è nuovamente un compiuto con agente.
  • ḫnt(y) è un nome di relazione, o "nisbe", -questo termine è un prestito della grammatica araba,

nella quale esistono questi nomi- la radice ḫnt è quella della preposizione omonima che significa essere davanti, precedere e, in questo caso, presiedere.

  • jnk, jt=k è una PPN: "io, (ciò) tuo padre" con soggetto pronome indipendente.
  • D-n=(j) n=k è un'altra formula fissa, con la quale la divinità ricorda al sovrano qual è l'origine del suo potere: il pronome =j è eliso perché generalmente all'iscrizione era accompagnata un'immagine del dio: il soggetto diventava quindi l'immagine. Stesso fenomeno si verifica con l'ellissi di jw: basta l'immagine a contestualizzare "qui e ora" ciò di cui si parla.

(Cappella di Sesostri I, pl 36, sc.20)

Da L'oasita eloquente, scritto sapienziale del Medio Regno, un ottimo esempio di proposizione a predicato nominale:

A1pwwninpwxwnA1r
n
f

S pw, wn Ḫw-n-Jnpw rn=f

(Oasita eloquente, r° 1, da Chioffi, Rigamonti, Antologia della Letteratura Egiziana del Medio Regno, Vol. I, Ananke Edizioni, Torino, 2007)

C'era un uomo, il cui nome era Khueninpu.

  • S pw è la PPN, letteralmente sarebbe "Ciò era questo, un uomo"
  • Wn Ḫw-n-Jnpw rn=f, lett. "Essendo Khueninpu il suo nome"; Khw-n-Jnpw è un participio passivo con agente, significa quello che Anubi ha protetto.

Nel testo geroglifico Anubi (Inpu), è collocato per primo con anteposizione onorifica.

nfrpw

Estratto in lingua

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Il Grande Inno ad Aton di Akhenaton, III strofa, traduzione di Edda Bresciani[35].

HD D raN17 N21 w n ra
b ti i
Aa15Axt t
pr
p
zdF37B ra TAa15i
t
n
ra
Aa15h ra rw i D54
kk
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D37kF27 t t w N8 *
N17
N17

N21 N21
Aa15H
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nb b
N8 U40
D5 aHa a
D54
Hr
1 r
d
W
y rd rd
Tzi i U39 nkznD60 n
n
n
H a
F51B F51B F51B
znO42 p
D40
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xwV12S28a

a
z
n
Aa15A30
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Hr z
F37B
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z
F37B Aa15 M2HrAxAxM2G38pAA w H5Aa15G49z
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H5
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Aa15
A30 n kA
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rd D54
Hr r
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P1
Aa15x
d
P1W17 n
t
y
P1
Aa15mi t t
Y1
N31
nbwn

n
O31nxa
a
Y1krAa15w K5
Hr i t
r
W
n
n
n
N36Hr
t
f
t
Z9 D54 nHr k F27 t w t N8 k Aa15F26
n
prM14wr
r

...All'alba, sorgi sull'orizzonte e risplendi come Aton durante il giorno: scacci le tenebre e dai i tuoi raggi, le Due Terre sono in festa ogni giorno sveglie e in piedi: tu le hai fatte alzare; lavano le loro membra, prendono le vesti le loro braccia sono alzate in adorazione del tuo sorgere. La terra intera compie il suo lavoro. Ogni animale è contento nel suo pascolo, alberi e cespugli verdeggiano, gli uccelli volano dal loro nido con le loro ali alzate in adorazione del tuo ka. Gli animali selvatici tutti saltano sui piedi quelli che volano e quelli che si posano vivono quando sorgi per loro. Le barche navigano secondo corrente o controcorrente, perché ogni via è aperta quando sei sorto. I pesci nel fiume guizzano davanti a te, i tuoi raggi penetrano fino in fondo al mare.

Testi principali della letteratura egiziana antica

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Letteratura dell'antico Egitto.

A seguire vengono elencati una serie di testi letterari per ciascuno dei grandi periodi della storia egiziana[36].

Antico Regno (2700 a.C.–2160 a.C.)

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Testi religiosi

Insegnamenti

Testi mitologici

Primo periodo intermedio (2160 a.C.–2055 a.C.) e Medio Regno (2055 a.C.–1790 a.C.)

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Testi religiosi

Insegnamenti e testi sapienziali

Testi pessimisti e lamentazioni

Testi narrativi

Secondo periodo intermedio (1790 a.C.–1540 a.C.) e Nuovo Regno (1530 a.C.–1080 a.C.)

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Testi religiosi:

Testi propagandistici e militari

Testi religiosi e mitologici

Testi scientifici

Terzo periodo intermedio (1070 a.C.–656 a.C.) e Egitto greco e romano (332 a.C.–389 d.C., anno della chiusura del tempio di File)

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Insegnamenti

Testi religiosi

Editti

Testi narrativi

Testi di riferimento, grammatiche, vocabolari

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Linguistica e fonologia

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Grammatiche e manualistica

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Testi introduttivi elementari

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Vocabolari

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Storia della letteratura

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Letteratura dell'antico Egitto.
  1. ^ vedi ad es. il racconto delle Avventure di Sinuhe, quando il siriano Amunenesci, che lo ospita, gli dice: "Io ho compreso la parlata di Kemet" (Chioffi, Rigamonti, Antologia della letteratura egizia del Medio Regno, vol. II, Ananke, Torino, 2008, pp.82)
  2. ^ Geroglifico egizio
  3. ^ Nilo nell'Enciclopedia Treccani, su treccani.it. URL consultato il 26 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 24 marzo 2019).
  4. ^ cfr, ad es., la Stele di Rosetta, nella quale, nella versione greca, Tolomeo viene definito Πτoλεμαίου αἰωνοβίου, ἠγαπημένου ὑπὸ τοῦ Φθᾶ, da Alberto Elli et al., La stele di Rosetta e il decreto di Menfi, Ananke, Torino, 2009
  5. ^ Alan Gardiner, Prefazione, in Civiltà egizia, Einaudi.
  6. ^ Su tale argomento, cfr. articolo pubblicato su Egittologia.net da Marcello Garbagnati Archiviato il 4 ottobre 2006 in Internet Archive.
  7. ^ Grandet, pp. 65-69.
  8. ^ Grandet, pp. 99-102.
  9. ^ Grandet, pp.44.
  10. ^ Grandet, pp.46-47, passim.
  11. ^ Grandet, pp. 122-123.
  12. ^ a b Grandet, pp. 129-131.
  13. ^ Grandet, pp.296 e sgg, passim.
  14. ^ Grandet, pp. da 319 a 323, passim.
  15. ^ Lo stesso sistema si ritrova ancora nelle lingue neolatine, ma con maggiore enfasi nella differenziazione del passato. Un esempio di aspetto verbale in italiano è l'opposizione fra il passato remoto (io feci) e l'imperfetto (io facevo).
  16. ^ Grandet, pp. 58-59.
  17. ^ Grandet, pp. 198-199.
  18. ^ Grandet, p.327 et passim, p.339 et passim.
  19. ^ Grandet, p.359 e sgg.
  20. ^ Grandet, pp. 171-174.
  21. ^ Grandet, pp. 161-165.
  22. ^ Grandet, pp. 183-185.
  23. ^ Grandet, pp. 188-194.
  24. ^ Grandet, pp.197 et passim.
  25. ^ Grandet, p. 265 et passim.
  26. ^ Grandet, pp. 280-281-282.
  27. ^ Grandet, pp. 327-329.
  28. ^ Grandet, p.333.
  29. ^ Grandet, pp.339 et passim.
  30. ^ Grandet, p.359.
  31. ^ Grandet, pp. 362-363.
  32. ^ Grandet, p.347 et passim.
  33. ^ Grandet, p.356.
  34. ^ Grandet, p.348.
  35. ^ Edda Bresciani, Letteratura e poesia dell'antico Egitto, pag 412-413 Einaudi, Torino, ISBN 978-88-06-19078-1
  36. ^ Edda Bresciani, Letteratura e poesia dell'antico Egitto, Einaudi, Torino, ISBN 978-88-06-19078-1
  37. ^ Per riferimenti si intendono le fonti (iscrizioni, papiri, ecc.) in cui si può ritrovare una data parola repertoriata nel vocabolario nel suo contesto originale.

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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