Ferrovia Porrettana

linea ferroviaria italiana

La ferrovia Bologna-Pistoia, conosciuta anche come ferrovia Porrettana,[1] è una linea ferroviaria lunga 99 km che collega Bologna a Pistoia transitando per Porretta Terme, paese da cui prende il nome. È sostanzialmente tutta a singolo binario, eccetto la tratta da Bologna Centrale a Casalecchio Garibaldi.

Bologna-Pistoia
Porrettana
Stati attraversatiBandiera dell'Italia Italia
InizioBologna
FinePistoia
Attivazione1862-1864
GestoreRFI
Precedenti gestoriSFIC (1862-1865)
SFAI (1865-1885)
SFM (1885-1905)
FS (1905-2001)
Lunghezza99 km
Scartamento1435 mm
Elettrificazione3000 V =
Ferrovie

Fu il primo collegamento attraverso l'Appennino che, tra la Toscana e l'Emilia-Romagna, scavalcava interamente la dorsale appenninica collegando Bologna a Pistoia. Detta anche Strada ferrata dell'Italia Centrale, venne inaugurata ufficialmente da Vittorio Emanuele II il 2 novembre 1864[2].

Al tempo fu un'opera di enorme portata ingegneristica, con le sue 47 gallerie e i 35 ponti e viadotti. Il tratto più difficile risultò quello tra Pracchia e Pistoia, dove in 26 km venne superato un dislivello di 550 metri. L'impresa fu affidata all'ingegnere francese Jean Louis Protche che, per non ricorrere alla cremagliera[2], risolse il problema progettando due tornanti (ferroviari) nel tratto Piteccio-Corbezzi. A Porretta Terme gli è stata dedicata una piazza e un'altra è stata dedicata a Vittorio Emanuele II.

Storia modifica

Tratto Attivazione
Bologna-Vergato 18 agosto 1862 [3]
Vergato-Pracchia 1º dicembre 1863
Pracchia-Pistoia 2 novembre 1864
Manuale

Premesse modifica

Nella seconda metà del XIX secolo, nel Granducato di Toscana, venne sviluppata una rete ferroviaria organica ed estesa mediante la costruzione delle linee Leopolda (Firenze-Pisa-Livorno), Maria Antonia (Firenze-Prato-Pistoia), Pisa-Lucca e Centrale Toscana (Empoli-Siena). In tale periodo venne iniziata la costruzione della Pistoia-Lucca e lo studio dei collegamenti Firenze-Chiusi e Firenze-Bologna attraverso il valico dell'Appennino.

Nel 1845 i fratelli Bartolomeo, Pietro e Tommaso Cini, imprenditori di San Marcello Pistoiese presentarono al Granduca di Toscana una proposta di costruzione di una ferrovia per l'attraversamento dell'Appennino[4].

La linea proposta dai Cini partiva da Pistoia e risaliva la valle del torrente Ombrone con pendenza del 20 per mille fino a San Felice. Da qui si arrampicava sui contrafforti dell'Appennino per 16 km con pendenze tra 25 e 12 per mille superando la montagna a Pracchia con una galleria di 2.700 metri. Da Pracchia a Bologna la linea avrebbe seguito il corso del Reno. La linea avrebbe avuto uno sviluppo tortuoso ma all'ingegnere Cini interessava innanzitutto promuovere gli interessi pistoiesi e collegare Pracchia con Pistoia. Allo scopo di dare seguito al progetto i fratelli Cini fondarono una "Società anonima della strada ferrata dell'Appennino"[5] in quanto il Granduca pur approvandola non intendeva finanziarla con le casse granducali[4].

 
Stazione di Porretta Terme da cui prende nome la linea

Anche l'ingegnere Ciardi, di Prato, presentò un suo progetto. Il Ciardi contestò il progetto Cini per la transappennina Porrettana; la ferrovia transappenninica, secondo lui, doveva essere pensata in funzione della rete ferroviaria che si stava formando in Italia ed essere il mezzo « [...] più economico possibile per le merci e il più rapido per i viaggiatori diretti al nord».

Per far ciò la linea doveva avere poca pendenza ed essere la più breve possibile tra Firenze e Bologna. Il Ciardi, abbandonato il suo primo progetto di varcare l'Appennino seguendo le valli del Bisenzio, del Setta e del Reno, in alcuni tratti con pendenze superiori al 12 per mille, ne fece un secondo con pendenze inferiori e più breve di 14 km rispetto alla Porrettana che prevedeva di passare l'Appennino in prossimità dell'abitato di Gavigno a 480 metri s.l.m. con una galleria di 4 km e con pendenze massime del 12 per mille.

La prospettiva di una scelta che avrebbe determinato aumento dell'importanza di Pistoia o di Prato scatenò la competizione fra le due città. A Prato si costituì un Comitato per appoggiare e propagandare la realizzazione della Valle del Bisenzio. A Pistoia il progetto dei Cini venne fatto proprio dalla società anonima pistoiese. Le controversie protratte e, nel 1848, i moti rivoluzionari portarono allo scioglimento della società creata dai Cini[6]. Sul versante bolognese l'ostacolo era rappresentato dall'ostilità del papa Gregorio XVI verso la costruzione delle ferrovie; fu soltanto dopo l'ascesa al soglio pontificio di Pio IX che la situazione ebbe sblocco anche se essenzialmente la tendenza pontificia era perché le ferrovie corressero all'interno dello stato Pontificio.

Il progetto "pistoiese" sembrò naufragare ma a far pendere la bilancia in suo favore fu l'interesse militare dell'Austria che puntava ad un veloce collegamento con il porto di Livorno e con Pistoia considerata punto strategico per il suo esercito. L'Austria quindi preferiva la Porrettana e fece pressioni su Leopoldo II Granduca di Toscana che dovette orientarsi secondo gli interessi austriaci[7][8]. Proprio tali condizioni permisero l'avvio delle trattative e la stipula della Convenzione di Roma del 1º maggio 1851 sottoscritta da Austria, Granducato di Toscana, Ducato di Parma, Ducato di Modena e Stato Pontificio[4].

L'accordo portava avanti il progetto di realizzazione della "Strada ferrata dell'Italia centrale" costituita di massima dalle tratte Piacenza-Bologna, Bologna-Firenze (da definire se via Prato o via Pistoia) e Reggio Emilia-Borgoforte (questa per interesse austriaco ma non ebbe seguito). Venne insediata a Modena una "Commissione internazionale" composta dai rispettivi rappresentanti degli stati firmatari che portò infine alla decisione di affidare alla Società Anonima per la Strada Ferrata dell'Italia Centrale il contratto per la "Porrettana" stipulato il 26 gennaio 1852 a Modena (ma il Cini non poté firmarlo perché spirato il giorno prima). Iniziò quindi l'emissione di azioni per reperire i capitali occorrenti per i quali i governi garantivano un interesse del 5%.

Negli anni successivi i vari lavori ebbero grande impulso eccetto che per la Bologna-Pistoia a causa delle polemiche fra i sostenitori delle due soluzioni ma soprattutto per la difficoltà di reperire le somme necessarie. Nell'estate del 1853 iniziarono gli scavi di due pozzi di attacco per la costruzione della "galleria dell'Appennino" e i lavori propedeutici lungo il percorso; permanevano sempre le difficoltà finanziarie che rallentavano l'esecuzione degli stessi[9].

 
Viadotto di Piteccio

Nel 1854, nel mese di dicembre, la "commissione internazionale" si riunì nuovamente per ridefinire l'assetto della società che rischiava di non poter terminare i lavori intrapresi. L'anno successivo furono presentati alla stessa due progetti di riordino della società appaltante da parte di Pietro Bastogi e del Duca di Galliera; quest'ultimo ebbe la meglio anche perché collegato alla casa Rothschild parigina.

Il 14 marzo 1856 a Vienna fu sottoscritta una nuova convenzione[10] (tra il Governo Austriaco, i ducati di Parma e Modena, il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio ) in cui alla nuova concessionaria, la "Imperial-regia società privilegiata delle strade ferrate lombardo venete e dell'Italia centrale"[11], a capitale misto austro-franco-anglo-italiano, (le case Rothschild di Vienna, Parigi e Londra e finanzieri italiani fra cui il conte Bastogi e i duchi Lodovico Melzi e Raffaele De Ferrari) veniva rilasciata la licenza per terminare anche la "Strada ferrata dell'Appennino centrale"[12], da Piacenza a Pistoia, con diramazione a Reggio Emilia per Borgoforte e quindi Mantova, fortezza del famoso "Quadrilatero"[13]. I collegamenti previsti rendevano chiara la visione strategico-militare sottesa alle scelte di percorso che andavano a confluire nelle linee esistenti del Lombardo-Veneto,[14]. Un piano, quindi, con precisi riferimenti strategici di interesse militare e non l'interesse puramente commerciale che fece nascere le prime ferrovie[15].

Costruzione modifica

La nuova società concessionaria affidò i lavori di costruzione ad un'impresa francese sotto la direzione del progettista francese Jean Louis Protche, il quale, insieme alla nutrita équipe di ingegneri che aveva portato con sé dalla Francia rivide tutto il progetto; i lavori ripresero in maniera più spedita dal 1856 con la costruzione entro il 1859 di tutta la tratta in pianura e risolvendo il problema del valico con una galleria di 2727 metri, il cui scavo venne di fatto iniziato il 20 luglio 1858, e con un'altra galleria, quella di Piteccio, in curva con tornanti a forma di "S" della lunghezza originaria di 1.753 m. Il viadotto di Piteccio completava l'elenco delle realizzazioni imponenti tecnicamente ed estremamente costose[16]. L'apertura della tratta completata in pianura avvenne il 20 luglio 1859 in sordina a causa del periodo difficile[17].

 
Autorità in visita durante i lavori della Porrettana, 1863. Sullo sfondo l'opera d'arte principale sul tratto toscano: il Viadotto di Fabbricaccia (o di Piteccio) sul torrente Castagno

L'unificazione italiana produsse un avanzamento più veloce dei lavori; il 25 giugno del 1860 veniva stipulata una "Convenzione" fra i ministri dei lavori pubblici e delle finanze del Regno di Sardegna e la Società anonima delle strade ferrate lombardo-venete e dell'Italia Centrale che riconfermava la precedente concessione ottenuta e stabiliva le norme di capitolato. L'8 luglio dello stesso anno questa venne approvata dal parlamento del regno (essendo ormai decaduta la "commissione" di Modena) con le nuove direttive perché venissero recise le clausole che connettevano la società al vecchio impero d'Austria o a suoi interessi economici[18]. Veniva definitivamente abbandonato il progetto attuativo della Reggio Emilia-Borgoforte finalizzato agli interessi militari e logistici dell'Austria. Nel 1861 i lavori ripresero alacremente attaccando la parte montana con tornanti che permettevano di non superare la pendenza del 22 per mille ma aumentavano la lunghezza totale della tratta[19].

L'inaugurazione dell'ultimo tratto Pracchia-Pistoia il 3 novembre 1864[20] mise fine al servizio di diligenza riducendo il percorso, dalle 14 impiegate sul percorso stradale, a 5 ore soltanto. La realizzazione della "Porrettana" rappresentava un grande passo in avanti ma fu presto chiaro che era nata già inadeguata al compito.

L'esecuzione dei lavori, confermando le previsioni del Ciardi, fu lunga e costosa con 47 gallerie, per 13 km complessivi, viadotti e pendenze del 26 per mille. Da quattro anni ormai l'Austria aveva perso l'egemonia sull'Italia; gli scopi militari per cui era stata voluta la linea non c'erano più e utilizzata per il traffico di merci e viaggiatori tra nord e sud mostrò subito la sua scarsa potenzialità e i suoi molti problemi. La linea, a binario semplice da Pistoia a Bologna, per poco più di 98 km, era innestata alla Prato-Firenze, complessivamente 131 km. Tra Pistoia e Pracchia, vi era un grado di prestazione 27 per cui, anche se la migliore locomotiva da montagna del periodo successivo poteva trainare 160 tonnellate a velocità più elevata, con una percorrenza fra Firenze e Bologna di 3 ore e mezzo, la linea aveva una potenzialità di sole 3.000 tonnellate di merci trasportabili al giorno.

Il treno inaugurale impiegò 5 ore per giungere da Bologna a Pistoia e l'orario iniziale previde solo due coppie di treni giornalieri. Gli scopi promozionali del turismo della montagna per i quali la Porrettana era stata voluta dai pistoiesi tuttavia non si realizzarono perché l'intensa utilizzazione per il traffico di transito delle merci dirette a nord e a sud non permetteva lo sviluppo di traffico locale, eccetto che per l'unica località di Terme della Porretta, centro di cura e villeggiatura. La galleria dell'Appennino creava gravi disagi ai viaggiatori e ai macchinisti a causa del fumo asfissiante dei treni in salita che penetrava dappertutto. I pozzi di ventilazione aperti in seguito non risolvevano il problema e i ventilatori "Saccardo", azionati da motori a vapore, installati nel 1899 all'imbocco delle gallerie dell'Appennino, di Piteccio e del Signorino lo migliorarono solo di poco[21]. Ciò che rimane di questa tecnologia oggi non è altro che l'edificio che ospitava uno degli impianti, posto all'imboccatura nord della galleria dell'Appennino.

Si aggiungevano anche problemi di frenatura a causa del deposito di scorie untuose e umide sui binari nei tratti coperti[22] ed un clima invernale spesso difficile. Malgrado tali difficoltà il traffico raggiunse presto livelli elevati. Durante la prima guerra mondiale fu raggiunta la maggiore intensità di traffico, con 70 treni nelle 24 ore[23]. Si arrivò a predisporre delle squadre di macchinisti a cavallo appostati all'uscita delle principali gallerie, pronti a saltare sui treni che arrancavano salendo da Pistoia per rilevare i colleghi semi-asfissiati.

 
Ventilatore progettato dall'ingegnere Saccardo per aerare la galleria "dell'Appennino o di San Mommè" (tratta Pracchia-Pistoia) fotografato ai tempi dell'alimentazione trifase. Al centro della foto (nella trincea) il binario in discesa verso Pistoia e il portale della galleria. In primo piano (in basso a sinistra) il binario permette alle locomotive a vapore di raggiungere il ventilatore e fare da gruppo di emergenza in caso di interruzioni dell'alimentazione elettrica

Esercizio modifica

L'esercizio ebbe inizio con le locomotive a vapore fornite dal deposito locomotive di Firenze S.M.N. per la semplice trazione fino a Pistoia, dove venivano attaccate le locomotive di spinta per il tratto di massima pendenza Pistoia-Pracchia. Tra le prime locomotive che prestarono servizio le "Beugniot", fornite tra il 1861 e il 1871 da Koechlin[24]; erano imponenti macchine a quattro assi accoppiati ma permettevano una velocità commerciale di 20 km/ora. Dal 1873 in poi entrarono in esercizio le nuove macchine studiate dalla SFAI e costruite dalla Sigl di Vienna in 60 esemplari divenuti infine le FS 420[25].

Queste ultime tuttavia permettevano in doppia trazione il traino di sole 260 t, per treni viaggiatori, e 270 per treni merci. Nel 1908, con l'entrata in servizio delle locomotive 730 per treni viaggiatori e 470 per treni merci fu possibile ridurre le percorrenze a metà tempo anche se la tortuosità della linea, a semplice binario, le forti pendenze, e le numerose gallerie rendevano la circolazione molto difficoltosa. Con le "470" a cinque assi accoppiati tuttavia la prestazione in doppia trazione raggiunse le 420 tonnellate[23].

Il 1927 rappresentò l'anno della svolta: sulla linea ormai gravata da un intensissimo traffico ebbe inizio il primo esperimento in Italia di gestione centralizzata della circolazione con Dirigente Centrale[26].

  Lo stesso argomento in dettaglio: Dirigente Centrale § Primi D.C. in Italia.

Nello stesso anno, il 24 maggio, avvenne il passaggio alla trazione elettrica trifase nel tratto più difficile tra Pistoia e Porretta e, il 28 ottobre, nel rimanente percorso[27] che a pieno regime permise un traffico di 60 treni giornalieri. Vi trovarono impiego i locomotori gruppo 551, 431, 333 cui seguirono le 432 e 554. L'uso della trazione elettrica raddoppiava la velocità di marcia e la prestazione ottenibile in doppia trazione; la linea sopportava comunque un traffico ormai al limite[28].

La Direttissima, i cui i lavori erano iniziati nel 1913, realizzata dopo tanti sforzi, era finalmente pronta, così il 22 aprile 1934 la Porrettana venne retrocessa a far fronte al solo traffico locale, con cinque coppie di treni al giorno. Come curiosità è da rilevare che proprio nella stazione di Sasso di questa linea era attestato il capolinea sud della linea di servizio a scartamento ridotto italiano di 950 mm (conosciuta anche con il nome di Ferrovia della Val del Setta) che venne utilizzata durante la costruzione della Direttissima Bologna-Firenze per collegare il cantiere di Lagaro con il resto della rete. L'elettrificazione a corrente continua, a 3000 volt, della nuova linea "transappenninica" poneva ora anche la necessità di razionalizzazione dell'esercizio elettrico per cui la "Porrettana" dal 13 maggio 1935 fu convertita a corrente continua[27] e il nuovo esercizio fu affidato essenzialmente ad elettromotrici E.624 con rimorchiate e locomotive E.626 per qualche treno viaggiatori di materiale "ordinario" o merci[29].

La seconda guerra mondiale diede il colpo di grazia alla linea. Nel corso della ritirata dalla Linea Gotica furono distrutte sistematicamente le opere d'arte, i fabbricati e tutto quello che poteva essere utile al nemico. Tra Bologna e Pistoia furono fatti saltare 29 ponti (tra cui il maestoso viadotto in muratura di Piteccio[30]) 8 gallerie, 10 stazioni, 45 case cantoniere, 52 km di binario. Si ricorse anche allo scontro di due locomotive cariche di esplosivo in piena galleria.

La ricostruzione avvenne a tempo di record e nel giro di qualche anno vennero riattivate linea ed impianti; il tratto da Bologna a Pracchia fu infatti riaperto il 5 ottobre 1947, mentre quello tra Pracchia e Pistoia il 29 maggio 1949. La "Porrettana" venne utilizzata, nel dopoguerra, per l'esercizio sperimentale delle locomotive ad eccitazione compound E.424 a frenatura elettrica a recupero di energia proprio a causa del tracciato difficile e della sua vicinanza a Firenze sede dell'Ufficio Materiale e Trazione.

La linea mantenne comunque un traffico di interesse prettamente locale. Nel 1965 la soppressione del servizio ferroviario della ferrovia Pracchia-Mammiano ebbe ripercussioni anche sulla "Porrettana" che venne privata del traffico addotto dalla piccola ferrovia locale.[29]

Nel 1960 una serie di piogge causò smottamenti e frane che danneggiarono la Direttissima causando il blocco temporaneo dei convogli tra Bologna e Firenze, eccetto dell'ETR 300 Settebello, una cui corsa da Roma a Milano fu dirottata via Pistoia-Porretta, riconferendo simbolicamente per un attimo alla Porrettana gli antichi lustri di linea di transito dei principali convogli tra le due maggiori città italiane[31].

Nel 1984 iniziarono i lavori di installazione del CTC sulla linea; nello stesso periodo venne studiata la ristrutturazione degli orari per introdurre il cadenzamento ma con "rottura di carico" a Porretta dall'estate del 1985. Tre treni passanti (ancora lasciati in carico alle vecchie E.424) avrebbero servito l'intero percorso mentre il resto del traffico, per circa 60 treni giornalieri avrebbe servito le due città terminali con materiale più recente. Il nuovo utilizzo come tratte "suburbane" delle due sezioni gravitanti su Bologna e su Pistoia comportò infatti l'arrivo di nuovi rotabili nella linea quali i treni G.A.I., elettromotrici ALe 803 (poi sostituite negli anni novanta in gran parte dalle Ale 642) e anche treni navetta con E.656 o E.632 + carrozze a piano ribassato per le tracce orarie delle ore di punta sul lato bolognese al posto dei vecchi rotabili (E.424 con carrozze Corbellini e Centoporte e ALe 880) in uso precedentemente[32].

Nel 1988 la tratta Bologna Borgo Panigale-Casalecchio di Reno sul versante bolognese è stata trasformata da singolo a doppio binario in previsione dell'avvio del Sistema Ferroviario Metropolitano e in previsione della reintroduzione dell'esercizio passeggeri della Ferrovia Casalecchio-Vignola che negli anni successivi sarà sottoposta a completa riqualificazione e reinglobata nel sistema.

Dal 1990 vennero del tutto soppressi i treni che percorrevano l'intera linea lasciando solo i servizi sulle tratte afferenti terminali e riducendo quelli che permettevano con cambio treno l'intero percorso[33]. Successivamente venne incrementato il cadenzamento da 60 a 30 minuti sul lato bolognese con l'avvio del Sistema Ferroviario Metropolitano di Bologna nella tratta Bologna Centrale-Marzabotto, affidato sempre ad ALe 642 e ALe 803, alternato al già collaudato servizio a cadenza 60 minuti tra Bologna Centrale e Porretta Terme + treni navetta per le ore di punta, e con l'entrata in servizio di una nuova fermata a Borgonuovo di Sasso Marconi. Il servizio sul tratto pistoiese della linea nello stesso periodo veniva invece progressivamente ridotto e lasciato a composizioni minime di elettromotrici ALe 642.

Negli stessi anni progressivamente vennero disabilitati i vari scali merci ancora in esercizio e attigui alle stazioni (Bologna Borgo Panigale, Casalecchio di Reno, Sasso Marconi, Marzabotto, Pioppe di Salvaro, Vergato, Riola, Porretta Terme) e vennero soppressi gli ultimi Merci Omnibus ancora in esercizio per il rifornimento di legname alle cartiere di Marzabotto.

Negli anni 2000 la linea ha visto l'introduzione di nuovo materiale rotabile per i regionali Bologna Centrale-Marzabotto, quali i TAF in sostituzione delle ormai anziane ALe 803, unitamente alle versioni rinnovate di carrozze per servizi navetta e alle onnipresenti ALe 642, anch'esse progressivamente aggiornate e rinnovate con l'introduzione del condizionamento e miglioramento del comfort per l'utenza.

Dal 15 settembre 2003 è entrato in funzione il servizio passeggeri metropolitano (S.F.M.) sulla ricostruita ferrovia per Vignola, ridenominata Suburbana Bologna-Vignola, con conseguente aumento del carico sulla tratta Casalecchio Garibaldi (nuova stazione-porta del nodo di Bologna e di diramazione della linea per Vignola dalla Porrettana, l'unica oggi presenziata da personale oltre a Porretta Terme), con cadenzamento a 15 minuti e entrata in esercizio della nuova fermata di Casteldebole. Sempre degli anni 2000 è l'attivazione della fermata di Pian di Venola.

Lunedì 17 agosto 2009 a Porretta Terme è stata inaugurata la mostra fotografica La Porrettana in cinque amici[34]. Le immagini ritraggono la prima strada ferrata che attraversò l'Appennino collegando Bologna con Pistoia com'è oggi, soffermandosi lungamente sui luoghi che la ferrovia attraversa e sulle persone che lì vivono. La linea è stata fotografata nel 2008 durante tutte e quattro le stagioni per rendere al meglio l'atmosfera dei luoghi.

Le fotografie sono a cura di Gianni Berengo Gardin, Mosè Norberto Franchi, Davide Ortombina, Donatella Pollini, Massimo Zanti. Dal lavoro è stato tratto anche un elegante catalogo a tiratura limitata[35]. Nel 2007 invece tutte le stazioni della linea comprese da Pistoia a Porretta Terme (eccetto quelle di Valdibrana e di Piteccio, essendo queste chiuse al servizio viaggiatori) sono state rimodernate.

Il 7 agosto 2010 fu attivato un nuovo tracciato tra la stazione di Bologna Centrale e il PM di Santa Viola[36], lungo 4,158 km e attrezzato con blocco conta assi e velocità massime previste di 60 km/h per i treni circolanti in rango A/B/C.

Dal 28 febbraio 2011 il servizio ferroviario sulla tratta Pistoia-Porretta Terme della ferrovia Porrettana subì un drastico calo: i treni previsti, sei coppie, e corse sostitutive con autobus. Le motivazioni della riduzione furono attribuite al taglio dei trasferimenti Stato-Regione in materia di trasporto pubblico. In sostituzione dei treni soppressi furono utilizzati ventiquattro autobus con traccia oraria simile a quella ferroviaria precedente[37].

Dal 5 gennaio[38] al 14 dicembre[39] 2014 la tratta da Pistoia a Porretta Terme è stata chiusa a causa di smottamenti del terreno.[40]

Caratteristiche modifica

 Stazioni e fermate 
 
per Ancona e per Firenze
     
per Portomaggiore (FER)
 
131+835 Bologna Centrale 45 m s.l.m.
     
per Padova
     
129+899 Fascio Ravone (linea di cintura e per DL Bologna)
 
fiume Reno
 
127+676 PM Santa Viola
     
per Milano e per Verona
 
126+905 Bologna Borgo Panigale 46 m s.l.m.
 
125+325 Casteldebole * 2002[41]
     
variante * 1927
     
123+106 Casalecchio Garibaldi * 2002[41] (termine doppio binario)
 
 
     
vecchio tracciato per Casalecchio di Reno † 1995
 
 
       
per Vignola (FER) * 2002 / Casalecchio FCV † 1975
     
 
122+077 Casalecchio di Reno 70 m s.l.m.
 
118+547 Borgonuovo
 
116+221 Pontecchio Marconi 91 m s.l.m.
 
112+813 Sasso Marconi 107 m s.l.m.
 
107+911 Lama di Reno * 1948[42] 114 m s.l.m.
 
105+289 Marzabotto 129 m s.l.m.
 
103+107 Pian di Venola * 2004[43]
 
99+071 Pioppe di Salvaro 163 m s.l.m.
 
93+432 Vergato 194 m s.l.m.
 
89+078 Carbona * 1949[44] 222 m s.l.m.
 
86+690 gall. Riola (1.384 m)
 
85+246
 
85+032 Riola 252 m s.l.m.
 
81+065 galleria Pian di Casale (2.622 m)
 
78+443
 
78+115 Pian Casale 308 m s.l.m.
 
75+855 Silla 330 m s.l.m.
 
73+367 Porretta Terme 352 m s.l.m.
 
69+890 Ponte della Venturina * 1909[45] 396 m s.l.m.
 
65+714 Molino del Pallone 495 m s.l.m.
 
63+668 Biagioni Lagacci * 1950[46] 520 m s.l.m.
 
confine Emilia-Romagna-Toscana
     
58+596 Pracchia FAP / RFI * 1863 616 m s.l.m.
         
per Mammiano (FAP) † 1965
 
58+318 galleria Appennino (2.727 m)
 
55+591
 
55+441 San Mommè * 1935 544 m s.l.m.
 
53+440 Castagno * 1960 493 m s.l.m.
 
53+000 galleria Signorino (1.073 m)
 
51+927
 
51+077 Corbezzi * 1881 418 m s.l.m.
 
45+096 Piteccio 291 m s.l.m.
 
39+323 galleria Vaioni (533 m)
 
38+801 Valdibrana 200 m s.l.m.
 
35+330 Pistoia Ovest
     
per Lucca
 
33+573 Pistoia * 1850 63 m s.l.m.
     
per Firenze
Manuale · Legenda · Convenzioni di stile
  1. tratto Pistoia-Pracchia con pendenza media 22 per mille, massima 26 per mille in corrispondenza della stazione di Valdibrana;
  2. tratto Pracchia-Porretta, media 17 per mille, massima 25 per mille fra Ponte della Venturina e Molino del Pallone;
  3. tratto Porretta-Bologna, media 5 per mille, massima 11 per mille.
  • Gallerie 48 per complessivi 18,480 km:
  1. Galleria Vaioni, 533 metri, in curva con raggio di 350 m,
  2. complesso Piteccio-Vignacci-Fabbiana, 1.708 metri curve con raggio 300 metri;
  3. Galleria Signorino, 1073 m. con pendenza 22 per mille;
  4. Galleria dell'Appennino 2.727 metri con pendenza 24,43 per mille;
  5. Galleria Casale 2.622 m,
  6. Galleria Riola 1.384 m.
  • Ponti e viadotti in numero di 64 per complessivi 2,240 km
  • Passaggi a livello: 29.
  • Stazioni e fermate 18.
  • Esercizio a trazione elettrica a corrente continua.

Dal 1883 al 1938 a Casalecchio di Reno la linea era intersecata a livello dalla tranvia Bologna-Casalecchio-Vignola.

Percorso modifica

 
Profilo altimetrico della Porrettana e relative velocità massime
 
Una delle gallerie idrauliche visibili. Questa è nei pressi di Castagno

Dalla Pianura Padana la linea ferroviaria segue verso sud il corso del fiume Reno risalendolo. Contrariamente alla SS 64 Porrettana che dove costeggia il Reno è tutta in versante sinistro (secondo lo scorrimento del fiume), la ferrovia fu volutamente progettata da Protche quasi interamente nell'alveo del fiume, questo al fine di evitare coinvolgimenti in movimenti franosi. A tale scopo la ferrovia oltrepassa parecchie volte il fiume sia in destra Reno che in sinistra, proprio per evitare zone franose. Infatti non si sono mai registrate importanti interruzioni della linea causate da frane, contrariamente a quanto successo all'adiacente SS 64 Porrettana.

Tra Porretta Terme e Ponte della Venturina le pendenze della linea iniziano a crescere così come il numero di gallerie poiché la valle del Reno diventa progressivamente sempre più stretta e ripida. A Pracchia la linea abbandona il citato fiume per cambiare versante passando nella valle dell'Ombrone Pistoiese tramite la Galleria dell'Appennino.

All'uscita di detta galleria di valico, la linea si mantiene alta in sinistra Ombrone (che scorre verso sud) per andare ancora a cambiare versante dopo Castagno tramite la galleria del Signorino. Siamo ora nel versante destro del torrente Brana (che scorre verso sud ovest). La ferrovia qua inizia un primo grande tornante in senso orario a 180° puntando dunque in direzione nord, e tramite alcune piccole gallerie, di nuovo nel versante di sinistra Ombrone. Tramite la terna di gallerie Fabbiana-Vignacci-Piteccio (separate da due trincee ferroviarie-vedi sotto capitolo "Opere ingegneristiche secondarie") la linea in galleria fa un secondo grande tornante per proseguire sempre in sinistra Ombrone sino alla stazione di Pistoia.

Opere ingegneristiche secondarie modifica

Oltre alle opere ingegneristiche primarie, quali infrastrutture, gallerie, viadotti, ecc. è possibile vedere singolari quanto semi sconosciute opere ingegneristiche secondarie quali trincee ferroviarie, pozzi di aerazione e gallerie idrauliche. Dette opere sono concentrate prevalentemente attorno all'insieme di gallerie di Piteccio (Piteccio-Vignacci-Fabbiana) una volta un unico tunnel che nel 1882 fu separato in 3 tronchi dall'apertura di 2 trincee (Vignacci e Castagno) per agevolare lo smaltimento dei fumi delle vaporiere. In zona è visibile anche un pozzo di aerazione, mentre altri 3 sono dislocati lungo la Galleria dell'Appennino. Alcune gallerie idrauliche sono visibili presso la trincea di Castagno (Il torrente) e a poche centinaia di metri dall'omonimo abitato. Tutte queste opere oggi di interesse storico sono raggiungibili facilmente tramite sentieri escursionistici con chiare indicazioni a titolo "Itinerari del vapore" fatte dalla pro loco di Piteccio e San Mommè.

Escursionismo turistico modifica

Nella zona collinare compresa tra le stazioni di Castagno e Piteccio (chiusa al servizio viaggiatori) ovvero lungo il versante sinistro dell'Ombrone Pistoiese, è possibile vedere la stessa linea ferroviaria scorrere più o meno parallelamente per tre volte: prima in direzione sud da San Mommè verso Castagno e Corbezzi, poi in direzione nord in prossimità dell'abitato di Fabbiana, e poi di nuovo ancora verso sud dopo Piteccio. Questa è anche la zona più interessante per gli amanti delle opere ingegneristiche, in quanto vi si trovano alcuni pozzi di ventilazione, le due trincee ferroviarie e il viadotto di Piteccio. Dette opere sono collegate anche da percorsi ciclopedonali per escursionisti e amanti del trekking nonché accompagnate da apposita cartellonistica detta "Itinerario del Vapore" promossa dalla Regione Toscana e dal Comune di Pistoia.

Note modifica

  1. ^ Merisio, pp.48-51.
  2. ^ a b Marco Rafanelli, La Ferrovia Transappennina, 4 novembre 2014. URL consultato il 26 settembre 2016.
  3. ^ Ufficio Centrale di Statistica delle Ferrovie dello Stato, Prospetto cronologico dei tratti di ferrovia aperti all'esercizio dal 1839 al 31 dicembre 1926, su trenidicarta.it, Alessandro Tuzza, 1927. URL consultato il 13 luglio 2021 (archiviato il 22 maggio 2021).
  4. ^ a b c Zagnoni, p. 1.
  5. ^ Nello stesso anno 1845, i fratelli Bartolomeo, Tommaso e Pietro, fondavano una società anonima per la progettazione e costruzione di una ferrovia tra Pistoia e il confine pontificio, superando l'Appennino; difficoltà finanziarie e poi gli eventi politico-militari del 1848-49 fecero fallire l'iniziativa e la società fu liquidata nel 1849
  6. ^ Betti Carboncini 1991a, pp. 20-21.
  7. ^ Betti Carboncini 1991a, p. 22.
  8. ^ Petrucci, p. 20 e nota 29.
  9. ^ Giornale dell'ingegnere,architetto ed agronomo, vol.1, novembre 1853, fascicolo 10, p. 221.
  10. ^ Il testo e i contraenti si possono agevolmente reperire su Wikisource
  11. ^ Betti Carboncini 1991a, pp. 22-23.
  12. ^ La ferrovia era anche nota in precedenza come "Via Leopolda pistoiese"
  13. ^ Zagnoni, p. 2.
  14. ^ La Convenzione prevedeva, come quella del 1851, l'allacciamento a Milano con la costruzione del ponte sul Po a Piacenza e l'allacciamento da Reggio Emilia a Mantova (via Borgoforte) e quindi a Verona, servita dalla "Ferdinandea"
  15. ^ Petrucci, pp. 19-20.
  16. ^ Betti Carboncini 1991a, pp. 24-25.
  17. ^ Zagnoni, p. 3.
  18. ^ Capitolato annesso alla Convenzione fra il Regno di Sardegna e le Ferrovie Lombardo-Venete e dell'Italia Centrale.
  19. ^ Zagnoni, p. 4.
  20. ^ Betti Carboncini 1991a, p. 24.
  21. ^ Betti Carboncini 1991a, pp. 25-26.
  22. ^ Turchi, p. 14.
  23. ^ a b Betti Carboncini 1991a, p. 27.
  24. ^ Adriano Betti Carboncini, in iTreni 11/1981, ETR, Salò, p. 44
  25. ^ Relazione statistica delle Strade Ferrate italiane a tutto l'anno 1875 citata in Betti Carboncini 1991a, p. 26.
  26. ^ Regolato dalle "disposizioni" approvate dal ministro delle Comunicazioni con decreto n. 1774 del 24 gennaio 1927. Ordine di Servizio nº 33, del 31 marzo 1927: attivazione del nuovo sistema di esercizio con dirigente centrale
  27. ^ a b Giovanni Cornolò, Claudio Pedrazzini, Locomotive elettriche FS, Parma, Ermanno Albertelli Editore, 1983, pp. 71-72.
  28. ^ Betti Carboncini 1991a, pp. 27-28.
  29. ^ a b Betti Carboncini 1991a, p. 28.
  30. ^ Turchi, didascalia foto p. 15.
  31. ^ La Storia di “Castagno”., su rfp.it, 30 marzo 2014. URL consultato il 28 settembre 2016 (archiviato dall'url originale il 1º ottobre 2016).
  32. ^ Betti Carboncini 1991b, pp. 14-21.
  33. ^ Betti Carboncini 1991b, pp. 20-21.
  34. ^ La Porrettana in cinque amici, su laporrettana.com (archiviato dall'url originale il 24 dicembre 2013).
  35. ^ FS: Pistoia celebra la Porrettana con una mostra fotografica
  36. ^ RFI SpA. Circolare compartimentale BO 18/2010, p. 2.
  37. ^ Agenzia di stampa della Regione Toscana, su toscana-notizie.it (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2012).
  38. ^ Porrettana fuori uso per gli smottamenti, su iltirreno.gelocal.it. URL consultato il 6 maggio 2014 (archiviato dall'url originale il 6 maggio 2014).
  39. ^ Cambio Orario 14 dicembre 2014 (PDF), su filt.veneto.cgil.it. URL consultato il 15 dicembre 2014 (archiviato dall'url originale il 15 dicembre 2014).
  40. ^ L'intervento di ripristino della linea, della durata prevista di 150 giornate consecutive, è stato realizzato da RFI a partire dalla seconda metà del mese di giugno. In particolare il ripristino ha riguardato il tratto ferroviario dal km 50+650 al km 50+730, la ricostruzione del muro di contenimento sottoscarpa e interventi di regimazione idraulica di versante. Il costo degli interventi, pari a 1,8 milioni, è stato ripartito tra RFI in misura di 1,3 milioni e Regione Toscana con 500.000 euro (16 giugno 2014: Al via lavori su linea ferroviaria porrettana Archiviato il 14 luglio 2014 in Internet Archive.).
  41. ^ a b Impianti FS, in "I Treni" n. 246 (marzo 2003), p. 8
  42. ^ Ordine di Servizio n. 4 del 1948
  43. ^ Impianti FS, in "I Treni" n. 267 (febbraio 2005), pp. 6-7.
  44. ^ Ordine di Servizio n. 20 del 1949
  45. ^ Ordine di Servizio n. 195 del 1909
  46. ^ Ordine di Servizio n. 103 del 1950

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