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Sandbox G di Simone Serra.

Gli Orsini modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Orsini.
 
Torre Orsini di Guardiagrele, unico elemento superstite dell'antico castello

La famiglia romana degli Orsini comparve in Abruzzo con Orso di Bobone nel XII secolo,[1] e penetrò lentamente nel Trecento dalla Piana del Cavaliere di Carsoli, conquistando il Castello di Oricola – stabilendo successivamente la sede amministrativa della contea nel Palazzo ducale a Tagliacozzo (completato proprio nel Quattrocento),[2] sotto cui vennero assorbiti il contado di Albe e le baronie di Civitella Roveto, Corvaro e Carsoli –,[3] e infine con una serie di guerre e assedi, arrivò al Fucino. Napoleone Orsini acquisì molti territori in Abruzzo, divenendo Conte di Manoppello, San Valentino e Palearia. Gli Orsini si stabilirono anche nella Marsica, divenendo signori di Avezzano e Tagliacozzo e poi a Pacentro e nel Lazio a Bracciano e Amatrice nel Circondario di Cittaducale. Napoleone morì nel 1369 e gli succedette Giovanni che morì nel 1383, e sua volta lasciò il titolo a Napoleone II. Nel 1405 gli Orsini acquisirono Manoppello Turri (oggi Turrivalignani), Lettomanoppello, Casale in Contrada (Casalincontrada), Roccamorice e Manerio. Questi feudi vennero venduti all'universitas di Chieti, negli anni seguenti, che accrebbero il potere della famiglia Valignani. Nel 1348 Niccolò Orsini di Pierpaolo, figlio di Napoleone III, era signore di Manoppello

Nel 1450 Orso Orsini, ultimo fratello di Giovanpaolo, divenne signore di Manoppello, e ricevette da re Alfonso d'Aragona la Valle Siciliana di Castelli e San Valentino d'Abruzzo Citra. La grande contea di Manoppello includeva anche i paesi di Roccamontepiano, Fara Filiorum Petri e Rapino. Nella seconda metà del Quattrocento gli Orsini, ritenuti ribelli, furono privati di questi feudi che passarono, come detto, ai Valignani. Manoppello, nel 1470, fu venduta per 7 000 ducati all'universitas di Chieti.[4] Pardo Orsini riconquistò i feudi, che infine perse definitivamente con la discesa di Carlo VIII nel 1495. Gli rimase solo la Valle Siciliana e altre signorie del tutto irrilevanti per un saldo controllo territoriale. Nel 1523 rinunciò definitivamente anche alla Valle Siciliana e si mise al servizio di Francesco I di Francia, nella lotta tra il re e Carlo V di Spagna. Nel 1527 Manoppello, dopo essere stato ancora per poco sede degli Orsini, tornò nelle mani dei Colonna. Agli Orsini restarono Guardiagrele e poche altre signorie del contado. Camillo Pardo Orsini si ritirò a vita privata a Roma, dove infine morì nel 1553, e con lui si estinse il ramo di Manoppello.[5]

Gli Orsini e i Colonna nella Marsica modifica

 
Disegno ottocentesco del Castello Orsini-Colonna di Avezzano

Nel XV secolo le contee marsicane sono teatro di lotta tra gli Orsini e i Colonna. Nella prima metà del '400 Giovanni Antonio Orsini Del Balzo divenne signore di Avezzano e delle contee di Albe e Tagliacozzo con tutte le aree fino ai confini storici con il Lazio segnati dalla Valle Roveto a sud e dalla Piana del Cavaliere a ovest[6]. Con la conquista di Trasacco ebbero inizio gli scontri con i Colonna. Nel 1443 il re Alfonso V d'Aragona riconobbe il feudo proprietà degli Orsini, alla morte di Giovanni Antonio, non essendoci eredi, le due contee passarono al demanio regio per 5 anni. Salito al trono Ferdinando I di Napoli, dopo la metà del Quattrocento, confiscò i beni delle contee e vi pose un capitano con incarichi militari, politici e penali. Durante la congiura dei baroni, gli Orsini si schierarono dalla parte del re, mentre i Colonna rimasero neutrali, nella speranza di poter tornare al controllo della Marsica. La discesa di Giovanni II di Lorena nel 1459 fece in modo che la Marsica fosse teatro di continue rivolte, che ebbero fine grazie agli alleati di Napoli, tra cui Federico da Montefeltro, i quali cacciarono gli angioini e conquistarono Avezzano. Qualche anno più tardi, allontanato definitivamente il capitano Jacopo Piccinino, gli Orsini tornarono a regnare su Avezzano e Albe.

Quest'ultima contea però fu venduta a Fabrizio I Colonna[7], che necessitava di denaro per riconquistare Otranto dai turchi nel 1480. Re Ferdinando I alla luce dell'appoggio degli Orsini a Papa Sisto IV, nella guerra con Venezia contro Ferrara, espulse la famiglia dal regno, e donò Tagliacozzo ai Colonna. Solo dopo la costituzione della lega che comprese le due avversarie Napoli e Venezia, fu concesso agli Orsini di riprendere i loro territori nella Marsica. Giovanni Colonna non volle però cedere la rocca di Albe, cosicché gli Orsini devastarono i possedimenti campagna romana. Eletto Papa Innocenzo VIII, che appoggiò al contrario di Sisto IV i Colonna, la Marsica divenne nuovamente luogo di guerre, soprattutto per accaparrarsi la città di Avezzano, da sempre favorevole ai Colonna. Virginio Orsini invase la Marsica, Fabrizio Colonna fu accolto con entusiasmo invece da Albe, che dopo la pace del 1486 tornò agli Orsini. La politica cosiddetta "guerrafondaia" degli Orsini non fu accettata dalla contea di Albe, nel 1490 Gentile Virginio Orsini trasformò il castello di Avezzano, inglobando la torre medievale del XII secolo. La configurazione in rocca rinascimentale del maniero si deve a Marcantonio Colonna, che nella seconda metà del Cinquecento prese pieno possesso della città e delle terre marsicane.

I Piccolomini di Celano modifica

 
Il castello Piccolomini di Ortucchio

Per quanto riguarda l'altra famiglia avversaria degli Orsini e degli storici Berardi di Celano, i Piccolomini di Napoli, l'ingresso al potere nella Marsica conquistando l'ex contea di Celano avvenne nella metà del XV secolo. Il conte Antonio Piccolomini, duca di Amalfi dal 1461 avendo sposato Maria d'Aragona, figlia del re Ferdinando I, fu capostipite del casato Piccolomini-D'Aragona nel Regno di Napoli[8], che tenne il ducato amalfitano fino al secondo decennio del XVII secolo. Seguì per questo una serie di cariche e privilegi per Antonio, che già aveva fatto carriera di castellano a Roma per conto di Papa Pio II. Il 27 maggio 1463 Ferdinando lo nominò maestro giustiziere del Regno e generale delle armi. Il 12 febbraio 1463 fu investito come Conte di Celano e Gagliano, barone di Balsorano, Pescina e Carapelle Calvisio, marchese di Capestrano. Tuttavia i membri della vecchia casata si opposero. Ruggero Accrocciamuro, a causa di rivolte, andò in Francia preventivamente, e tornò nel momento dello scoppio della congiura dei baroni, offrendo nel 1485 il suo aiuto a Papa Innocenzo VIII che si schierò con i baroni. Unitosi anche a Fabrizio Colonna, rimase per breve tempo a Celano, fino a quando gli Orsini espulsero i Colonna grazie al sovrano. Antonio Piccolomini era morto nel 1493, gli era succeduto il figlio Alfonso: Ruggerotto si recò all'Aquila e fece testamento a favore di questa città.

Nei pressi di Pratola Peligna si incontrò con Alfonso con cui scoppiò una lite, e dove trovò la morte[9]. Suo figlio fu Lionello, e con lui si estinse la dinastia storica dei Berardi di Celano. Antonio Maria Piccolomini dunque fu signore di Celano, Agello (Aielli), Sant'Eugenia (Santa Jona), Paterno, San Pelino, Ovindoli, Robori, Cerchio, Colle Armenio, Pescina, Città Marsicana (San Benedetto dei Marsi), Venere, Castel Vivo (oggi distrutto), Ortucchio, San Rufino, Luco che ebbe il diritto di pesca nel lago, poi Bisegna, Aschi Alto, Speron d'Asino (Sperone di Gioia dei Marsi), Cocullo, Lido, Baronia Sublaco, Castel Gagliardo, Castel d'Ilerio (Castel di Ieri), Castelvecchio Subequo, Secinaro, Goriano Sicoli e Gagliano Aterno.

Per Celano ci fu una predilezione speciale: Antonio Piccolomini fortificò nuovamente il castello, nell'aspetto contemporaneo, lo ornò con opere di fortificazione all'avanguardia, cingendolo di un nuovo grande fossato circondato da mura con torrette di guardia. Al castello di Ortucchio sostituì una nuova struttura, mantenendo la torre puntone centrale, e migliorò considerevolmente l'impianto murario per facilitare il traffico della pesca. Tuttavia la politica di Antonio fu prettamente fiscalista, e non mancarono dissidi con la popolazione. Alla sua morte, gli succedette Alfonso Piccolomini, che difese la Marsica contro i Francesi, restando fedele agli Aragona. Sposò Giovanna, marchesa di Gerace, che gli generò Alfonso II, il quale fu fedele allo spagnolo Carlo V. L'ultimo conte uomo di Celano fu Innico Piccolomini, poiché la famiglia incominciò a intrecciare rapporti con i D'Avalos del Vasto e con i Caracciolo. Per la morte di suo fratello primogenito Antonio, ereditò la contea e altri feudi, costruì il convento del Carmine, l'ospedale di San Rocco per i poveri, e morì a 43 anni. Costanza Piccolomini, sua figlia, vendette a Camilla Peretti la contea di Celano per 200.000 ducati, e si ritirò nel convento delle Domenicane a Napoli. Tal Camilla Peretti divenne contessa, sposata con Giovan Battista Mignucci di Montalto, che nel 1566 assunse il cognome di Perretti.

Bibliografia modifica

  1. ^ Orsini, su treccani.it. URL consultato il 9 dicembre 2022.
  2. ^ Tagliacozzo (1937), su treccani.it. URL consultato il 9 dicembre 2022.
  3. ^ Tagliacozzo (online), su treccani.it. URL consultato il 9 dicembre 2022.
  4. ^ V. Lazari, 1858, pag. 84, "Manopello"
  5. ^ Camillo Pardo Orsini, su condottieridiventura.it.
  6. ^ STORIA DI AVEZZANO, su digilander.libero.it.
  7. ^ Orsini e Colonna, su comune.avezzano.aq.it.
  8. ^ Famiglia Piccolomini, su nobili-napoletani.it. URL consultato il 27 settembre 2018 (archiviato dall'url originale il 21 ottobre 2018).
  9. ^ G.A. Summonte, 1675, p. 438