Lamberto Dini
Lamberto Dini | |
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Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 17 gennaio 1995 – 17 maggio 1996 |
Capo di Stato | Oscar Luigi Scalfaro |
Predecessore | Silvio Berlusconi |
Successore | Romano Prodi |
Ministro degli affari esteri | |
Durata mandato | 17 maggio 1996 – 6 giugno 2001 |
Presidente | Romano Prodi Massimo D'Alema Giuliano Amato |
Predecessore | Susanna Agnelli |
Successore | Renato Ruggiero |
Ministro del tesoro | |
Durata mandato | 10 maggio 1994 – 17 maggio 1996 |
Presidente | Silvio Berlusconi Lamberto Dini |
Predecessore | Piero Barucci |
Successore | Carlo Azeglio Ciampi |
Ministro di grazia e giustizia (ad interim) | |
Durata mandato | 19 ottobre 1995 – 16 febbraio 1996 |
Presidente | Lamberto Dini |
Predecessore | Filippo Mancuso |
Successore | Vincenzo Caianiello |
Presidente del Consiglio europeo | |
Durata mandato | 1º gennaio 1996 – 17 maggio 1996 |
Predecessore | Felipe González |
Successore | Romano Prodi |
Vicepresidente del Senato della Repubblica | |
Durata mandato | 6 giugno 2001 – 27 aprile 2006 |
Presidente | Marcello Pera |
Presidente della 3ª Commissione permanente (Affari esteri, emigrazione) del Senato della Repubblica | |
Durata mandato | 6 giugno 2006 – 14 marzo 2013 |
Presidente | Franco Marini Renato Schifani |
Predecessore | Fiorello Provera |
Successore | Pier Ferdinando Casini |
Deputato della Repubblica Italiana | |
Legislature | XIII |
Gruppo parlamentare |
Misto |
Coalizione | L'Ulivo (1996) |
Circoscrizione | Toscana |
Incarichi parlamentari | |
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Sito istituzionale | |
Senatore della Repubblica Italiana | |
Legislature | XIV, XV, XVI |
Coalizione | L'Ulivo (2001, 2006), Il Popolo della Libertà (2008) |
Circoscrizione | Toscana |
Incarichi parlamentari | |
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Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | RI (1996-2002) DL (2002-2007) LD (2007-2009) PdL (2009-2013) |
Titolo di studio | laurea in Economia e Commercio |
Professione | economista |
Firma | ![]() |
Lamberto Dini (Firenze, 1º marzo 1931) è un dirigente d'azienda, economista e politico italiano.
È stato Direttore Generale della Banca d'Italia, Ministro del tesoro dal 1994 al 1995, Presidente del Consiglio dei Ministri dal 1995 al 1996 e Ministro degli affari esteri dal 1996 al 2001. Alle politiche del 1996, dopo il suo governo tecnico, ha presentato una sua forza politica, Rinnovamento Italiano, che confluì nel 2002 nella Margherita, nelle cui liste è stato candidato nel 2001 e nel 2006. Alle politiche del 2008 si è presentato invece nella coalizione di centro-destra con Il Popolo della Libertà.
Indice
BiografiaModifica
Gli iniziModifica
Figlio di un fruttivendolo, compie studi tecnici brillanti presso l'ITI Leonardo Da Vinci di Firenze e si laurea nel 1954 in economia e commercio con 110 e lode all'Università di Firenze con una tesi in Scienza delle Finanze. Dopo essersi perfezionato all'Università del Minnesota e del Michigan, entra nel Fondo Monetario Internazionale nel 1959, dove intraprende una fortunata carriera, fino a diventare direttore esecutivo per l'Italia, Grecia, Portogallo e Malta dal 6 luglio 1976 al 15 settembre 1979.
Vita privataModifica
Vive a Roma e possiede la Villa Torrigiani-Zingone di Scandicci, comune della provincia di Firenze.
È sposato con Donatella Pasquali Rosso, vedova del miliardario romano Renzo Zingone[1], da cui ha ereditato vaste proprietà nella Costa Rica[2][3]; Donatella Dini è stata condannata il 3 dicembre 2007 dalla X Sezione Penale del Tribunale di Roma a 2 anni e 4 mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta[4] in relazione ad un falso in bilancio della società "SIDEMA srl" e ad un crac da 40 miliardi di lire nel 2002[5]. La stessa non sconterà la pena inflittale stante il beneficio dell'indulto del 2006[6].
Direttore generale della Banca d'Italia (1979-1994)Modifica
Il 15 settembre 1979 è nominato dal presidente del consiglio dei ministri Francesco Cossiga direttore generale della Banca d'Italia, con Carlo Azeglio Ciampi nominato governatore. Resterà in carica fino al 10 maggio 1994, quando si dimette per entrare nel primo governo Berlusconi come Ministro del tesoro.
In quanto direttore generale, Dini è collocato al secondo posto nella gerarchia del Direttorio della Banca d'Italia. Tuttavia la circostanza di rappresentare una nomina proveniente dall'esterno, insieme alle non sempre eccellenti relazioni con Ciampi, faranno sì che nel corso del quindicennio trascorso a via Nazionale Dini abbia un ruolo defilato.
Dal settembre 1993 al giugno 1994 è uno dei vice-presidenti della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI). Quando il governatore della Banca d'Italia, Carlo Azeglio Ciampi, è nominato Presidente del Consiglio dei ministri nell'aprile 1993, il nome di Dini figura al primo posto tra i probabili successori. In realtà, il neo presidente del consiglio Ciampi sarebbe orientato a nominare il vice direttore generale Tommaso Padoa Schioppa, ma, a seguito di un compromesso con il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, prevarrà la scelta del secondo vice direttore Antonio Fazio.
Governo Dini (1995)Modifica
Il 10 maggio 1994 fa il suo ingresso nel Governo Berlusconi I come Ministro del tesoro. Dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi, il 17 gennaio 1995 Dini, incaricato dal presidente Scalfaro di formare un nuovo governo, costituisce un esecutivo composto esclusivamente da ministri e sottosegretari tecnici e non parlamentari (lo stesso Dini non ha mandati elettivi). La finalità del governo è soprattutto quella di traghettare il Paese fino alle elezioni politiche anticipate, che infatti si terranno nell'aprile 1996. Il governo resterà in carica fino al 17 maggio 1996 godendo di maggioranze variabili, ma con un graduale attestarsi su una maggioranza di centro-sinistra estesa ad alcuni esponenti del centro moderato.
Con la ricerca del consenso fra i partiti del centro-sinistra e i sindacati, il Governo Dini riuscirà nel difficile compito di emanare una riforma delle pensioni. La riforma Dini ha trasformato il sistema pensionistico italiano da un sistema di tipo retributivo ad uno sistema che applica uno schema pensionistico con formula della rendita predefinita sulla contribuzione e sulla crescita e senza patrimonio di previdenza con il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita avviando la transizione dal modello previdenziale corporativo fascista al modello previdenziale universale.
Ministro degli Esteri (1996-2001)Modifica
Nell'aprile 1996 si tengono le elezioni politiche, e Dini, aderendo alla coalizione di centrosinistra dell'Ulivo di Romano Prodi, si presenta con una lista personale, la Lista Dini (formata dal suo Rinnovamento Italiano, dai Socialisti Italiani e dal Patto Segni), che al proporzionale raggiunge il risultato del 4,3% (più di 1.600.000 voti), eleggendo 8 deputati, da aggiungersi agli eletti nei collegi uninominali. In Parlamento costituiscono il gruppo chiamato Rinnovamento Italiano, con 26 deputati e 11 senatori.
Il 17 maggio 1996 Dini è nominato Ministro degli affari esteri, incarico che manterrà nei quattro governi dell'Ulivo che si succederanno nel corso della XIII Legislatura: Prodi, D'Alema I e II e Amato II. Si dimetterà il 6 giugno 2001, dunque sei giorni prima del passaggio delle consegne tra il II governo Amato e il II Governo Berlusconi l'11 giugno 2001.
Senatore della Repubblica (2001-2013)Modifica
Rinnovamento Italiano confluisce nel progetto de La Margherita. Alle elezioni del maggio 2001, L'Ulivo guidato da Francesco Rutelli è sconfitto da Silvio Berlusconi. Dini è eletto al Senato. Dal febbraio 2002 a luglio 2003 è delegato alla Convenzione di preparazione della bozza della Costituzione Europea. Fino alla fine della legislatura è vice presidente del Senato.
Nel 2003 fu diffamato da Igor Marini che lo accusò di aver intascato tangenti nell'affare Telekom Serbia.
Alle elezioni politiche del 2006 è rieletto senatore della Margherita. Nella XV legislatura ricopre l'incarico di Presidente della III Commissione Affari esteri, emigrazione del Senato della Repubblica. Nel maggio 2006, il suo nome è inserito in una rosa di candidati proposti dalla Casa delle Libertà (centrodestra) per la presidenza della Repubblica.
Il 6 giugno 2006 è eletto Presidente della Commissione Esteri del Senato.
Il 23 maggio 2007 viene inserito tra i 45 membri del Comitato nazionale per il Partito Democratico ma, nella fase costituente del nuovo partito, il 18 settembre, Dini annuncia il suo distacco dal progetto del PD e la costituzione di un soggetto liberaldemocratico che dia spazio a queste ultime istanze.
Il 1º ottobre 2007 presenta ufficialmente il simbolo del suo nuovo soggetto politico, Liberal Democratici, fondato con Natale D'Amico, Daniela Melchiorre, Giuseppe Scalera ed Italo Tanoni. Il 3 dicembre 2007, la moglie di Dini, Donatella Pasquali Zingone, viene condannata dal Tribunale di Roma per il crac di 22 milioni di euro della società Sidema Srl, che faceva parte della holding Gruppo Zeta, a due anni e quattro mesi di reclusione (pena condonata per effetto dell'indulto) e all'interdizione dalla gestione di cariche societarie per dieci anni (pena sospesa).
In occasione del voto sulla legge Finanziaria del 2008 Lamberto Dini, pur votando la manovra di bilancio, annuncia il suo distacco dalla maggioranza di centrosinistra, auspicando il superamento del Governo Prodi II[7]. Il 24 gennaio 2008, in occasione di un importante passaggio parlamentare di fiducia al Governo Prodi, il senatore Dini, eletto nelle file del centrosinistra, insieme ai Popolari UDEUR di Clemente Mastella, annuncia di votare contro, contribuendo in maniera determinante alla caduta del governo.
L'8 febbraio 2008 annuncia l'adesione dei Liberal Democratici al nuovo partito del Popolo della Libertà, cambiando ancora una volta coalizione (dal centro-sinistra al centro-destra).
Il 10 marzo 2008 viene ufficializzata la sua candidatura al Senato della Repubblica e al seguito dei risultati delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008 è eletto nuovamente senatore nelle file del PdL per la circoscrizione Lazio. Il sindaco di Firenze Matteo Renzi lo aveva in precedenza invitato a non ripresentare la sua candidatura in Toscana, dove era già stato eletto parlamentare per tre legislature con i voti del centrosinistra[8]. Il 30 maggio Dini lascia i Liberal Democratici (che rescindono il patto federativo con il PdL) per aderire direttamente al Popolo della Libertà[9].
OpereModifica
- Effetti economici dell'imposizione sulle società, rassegna bibliografica a cura di, Roma, Tip. Failli, 1957.
- Strategia e organizzazione nelle aziende di credito: una metodologia per l'autodiagnosi. Presentazione del volume, Milano, Associazione per lo sviluppo degli studi di banca e borsa, 1983.
- Presentazione del rapporto Economia e finanza delle imprese italiane nel decennio 1982-1991, Roma, Banca d'Italia, 1993.
- Scritti e conferenze di Lamberto Dini, 7 voll., Roma, Banca d'Italia, 1994.
- Interventi, dichiarazioni, interviste del presidente del Consiglio dei ministri, Roma, Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, 1995.
- Fra Casa bianca e Botteghe oscure. Fatti e retroscena di una stagione alla Farnesina, Milano, Guerini, 2001. ISBN 88-8335-185-1.
- Il Senato alla Convenzione. luglio 2003, con Filadelfio Basile, Roma, Senato della Repubblica, 2003.
- Oltre la partitocrazia. Liberare la crescita, con Luigi Tivelli, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2008. ISBN 978-88-498-2064-5.
OnorificenzeModifica
Onorificenze italianeModifica
Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana | |
— 9 febbraio 1991[10] |
Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana | |
— 5 gennaio 1982[11] |
Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica italiana | |
«Di iniziativa del Presidente della Repubblica» — 18 maggio 1977[12] |
Cavaliere di gran croce del Sacro militare ordine costantiniano di San Giorgio (Casa di Borbone - Due Sicilie) | |
Onorificenze straniereModifica
Croce di commendatore con placca dell'Ordine al merito della Repubblica di Polonia | |
— 1997 |
Gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica di Polonia | |
— 2000 |
Cavaliere di gran croce onorario dell'Ordine di San Michele e San Giorgio (Regno Unito) | |
— 2000[13] |
Gran croce dell'Ordine di Isabella la Cattolica (Spagna) | |
— 1998 |
NoteModifica
- ^ Corriere.it, Donatella Dini si arrabbia e querela "Cuore", 13 settembre 1995
- ^ La Stampa, Donatella Dini e le voci su pressioni fatte all'ex premier, 21/12/2007 (7:56)
- ^ Corriere della Sera, Ci nascose che papa' moriva, Maria Latella, 22 marzo 1996
- ^ La Repubblica, Bancarotta, condannata Donatella Dini
- ^ «Crac Sidema, condannata Donatella Dini», da Corriere della Sera, 3 dicembre 2007.
- ^ La Voce d'Italia, La moglie di Lamberto Dini condannata a 2 anni e 4 mesi
- ^ «Dini boccia Prodi ma il Pd lo isola», da Corriere della Sera, 26 dicembre 2007.
- ^ Appello di Matteo Renzi a Lamberto Dini[collegamento interrotto]
- ^ Dini: Lascio i Liberal Democratici ed aderisco al progetto PdL Archiviato il 16 luglio 2011 in Internet Archive.
- ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
- ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
- ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
- ^ Sito web del Parlamento britannico
Voci correlateModifica
Altri progettiModifica
- Wikiquote contiene citazioni di o su Lamberto Dini
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Lamberto Dini
- Wikinotizie contiene l'articolo Dini attacca Prodi: «Al Senato non ci sono i numeri per governare», 26 dicembre 2007
- Wikinotizie contiene l'articolo Crisi di governo: Dini annuncia il voto contrario, Bossi inneggia alla rivoluzione, 23 gennaio 2008
Collegamenti esterniModifica
- Dini, Lamberto la voce nella Treccani.it L'Enciclopedia Italiana. URL visitato il 20 dicembre 2012.
- Scheda al Senato della Repubblica, legislatura XV, su senato.it.
- Intervista di Claudio Sabelli Fioretti pubblicata su "Sette" [collegamento interrotto], su melba.it.
- Lamberto Dini, su Openpolis, Associazione Openpolis.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 75895067 · SBN IT\ICCU\CFIV\048717 · LCCN (EN) no94038228 · GND (DE) 119442175 |
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