Pëtr Il'ič Čajkovskij

compositore russo del romanticismo (1840-1893)
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Pëtr Il'ič Čajkovskij, spesso traslitterato Ciajkovskij[1], Ciaikovski[2] o Tchaikovsky[3][4] ([ˈpʲɵtr ɪlʲˈjitɕ tɕɪjˈkofskʲɪj]ascolta, in russo Пётр Ильи́ч Чайко́вский?; Votkinsk, 7 maggio 1840[5]San Pietroburgo, 6 novembre 1893), è stato un compositore russo del periodo tardo-romantico, le cui composizioni sono tra le più note del repertorio classico. Ha unito nel suo stile caratteristiche della musica tradizionale russa alla prassi musicale classica, in contrasto con la visione estetica del Gruppo dei Cinque, improntata a un maggiore nazionalismo musicale.

Pëtr Il'ič Čajkovskij fotografato nel 1888.[6]

Benché di talento musicale precoce, Čajkovskij studiò giurisprudenza. Nella Russia dell'epoca, l'istruzione musicale non era regolamentata e le opportunità di studiare musica accademicamente erano limitate. Al sorgere per lui di tali opportunità, abbandonò la carriera di avvocato ed entrò nel neonato Conservatorio di San Pietroburgo. Compiuti gli studi, forgiò un proprio stile musicale russo, consolidando l'uso di convenzioni compositive della musica classica accanto alla musica tradizionale russa, raggiungendo così notorietà internazionale, benché non sempre ben ricevuto dalla critica russa.

Nonostante il successo popolare, la sua vita fu costellata di eventi che lo condussero alla depressione e a una visione fatalista dell'esistenza: in gioventù la morte della madre, il naufragio delle relazioni interpersonali poi e l'inaccettabilità per la società dell'epoca[7] della sua omosessualità contribuirono a questa condizione. La morte è ufficialmente attribuita al colera, ma le sue circostanze sono dibattute; è stato anche ipotizzato il suicidio, per contagio volontario con la malattia o mediante altra forma di avvelenamento.

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Biografia

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Tema dei cigni, da Il lago dei cigni (info file)
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Op. 20 No. 10. London Philharmonic Orchestra diretta da John Barbirolli (22 luglio 1933).

L'infanzia e la giovinezza.

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La famiglia del musicista. Il futuro compositore è all'estrema sinistra accanto alla madre, alla quale stanno vicino, in piedi, la sorella (non germana) Zinaida e Nikolaj. La sorella Aleksandra è al centro, mentre Ippolit in braccio al padre. Mancano i due gemelli Modest e Anatolij, nati nel 1850: la foto infatti è dell'autunno 1848, San Pietroburgo.

Considerato oggi come uno dei più grandi musicisti russi[8] e fra i più significativi nella storia della musica (oltre che eseguiti), Čajkovskij nacque nel villaggio di Votkinsk, contea di Sarapul, nel governatorato di Vjatka dell'allora Impero russo, (oggi città di Votkinsk, in Udmurtia), da un ingegnere minerario di origini ucraine e dalla sua seconda moglie, Aleksandra Andreevna d'Assier, una donna di nobili origini francesi e russe, ma nata a San Pietroburgo nel 1812. Le ascendenze complessive del futuro musicista mescolavano anche sangue polacco, cosacco e tedesco.[9] Terzo di sette figli della coppia: Ekaterina, primogenita, nata nel 1836 ma morta nei primi anni di vita; Nikolaj, 1838 e – dopo il musicista – l'amatissima da lui sorella Aleksandra, 1842, quindi Ippolit, 1843 ed infine i due gemelli, Modest (suo futuro primo biografo) e Anatolij, 1850. La sorella Zinaida, 1829, era nata da un primo matrimonio del padre del musicista che si sposò tre volte nel corso della propria vita[10]. Questa sorella ebbe un ruolo "negativo" nella fanciullezza di Čajkovskij, secondo diverse biografie tra cui quelle di Nina Nikolaevna Berberova[11] e Hofmann[12]. Il legame coi fratelli fu sempre molto intenso specie con Aleksandra e Modest in particolare, il quale può essere considerato il vero confidente assoluto di tutta una vita[13].

Iniziò a prendere lezioni di pianoforte all'età di cinque anni (dopo un primo intervento materno), da una serva liberata, Marja Markovna Palčikova.[9] Fu in questo periodo che la forte inclinazione e sensibilità musicale si manifestò, tanto da preoccupare l'istitutrice Fanny Dürbach come lei stessa raccontò poi al fratello Modest.[14] Alta sensibilità per la musica sì, ma anche in generale affettiva contrassegnarono l'infanzia di Pëtr delineando una personalità emotiva con punte di morbosità che tutta la bibliografia ha sottolineato: i rimproveri dell'istitutrice lo feriscono, la morte di un compagno di famiglia a cui ha trasmesso involontariamente la scarlattina lo fa sentire colpevole e se ne dispera all'eccesso. Del resto quando Pëtr a dieci anni era stato separato dalla famiglia a seguito della sua iscrizione alle scuole preparatorie in San Pietroburgo, la partenza della madre che faceva ritorno-dopo averlo accompagnato-alla dimora familiare, scatenò la sua disperazione nel momento in cui la carrozza s'allontanava ed il ragazzo urlando inseguiva in lacrime il veicolo[15][16]. Gli studi musicali eran proseguiti nel 1848 con il pianista Filippov.

 
I fratelli Čajkovskij nel gennaio 1890 a San Pietroburgo. Da sinistra: Anatolij, Nikolaj, Ippolit, il compositore e Modest. In questa foto manca la sorella Aleksandra.

Nel 1850 assistette con la madre per la prima volta ad un'opera lirica: Una vita per lo Zar di Michail Ivanovič Glinka. Quest'opera e il Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart costituiranno sempre una pietra di paragone per il compositore.

 
Il futuro musicista con la divisa della Imperiale Scuola di Giurisprudenza, San Pietroburgo 10 giugno 1859 (data calendario gregoriano).

Lo stesso anno, superò l'esame per l'ammissione alla Scuola imperiale di giurisprudenza di San Pietroburgo[17] che frequenta per i successivi nove anni, un destino, quello di burocrate, notevolmente diffuso nel ceto al quale Čajkovskij apparteneva (anche i suoi due fratelli gemelli compirono eguali studi).
Nella Scuola di Giurisprudenza strinse amicizie che si prolungarono per tutta l'esistenza, scoprendo anche debolezze umane quali quella per il fumo ed il bere[18] (fu sempre un accanito fumatore ed amante dell'alcool, inclinazione, quest'ultima, anche del di lui padre).[19]

In questo ambiente si realizzarono per Čajkovskij anche le prime esperienze omosessuali; la non marginale questione dell'omosessualità del musicista è stata ed è ampiamente trattata.[9][20][21][22]

Una conoscenza speciale avvenne con il futuro poeta Aleksej Nikolaevič Apuchtin che ebbe su di lui un forte influsso personale come è raccontato, per esempio, dalla Berberova nel suo libro.[23] Molte di queste amicizie, indipendentemente dalla componente amorosa, furono importanti per Čajkovskij e in esse trovò sostegno e riferimento.

 
La XX classe di laurea della Scuola Imperiale di Giurisprudenza, San Pietroburgo, 10 giugno 1859 (calendario gregoriano). Čajkovskij è seduto in prima fila davanti al signore con il papillon. Alla sua destra è il compagno di classe e poi intimo, Vladimir Nikolaevič Gerard.

Durante gli anni alla Scuola di Giurisprudenza Pëtr Il'ič, ebbe ampio modo di frequentare tanto il teatro d'opera e di prosa quanto il balletto, con le sue celebrate stelle, cosa che gli sarebbe diventata in futuro utile. Nella Scuola stessa prese lezioni di canto corale (possedeva una bella voce di soprano ossia voce bianca) e ricominciò lo studio del pianoforte con il famoso costruttore di strumenti Becker.

 
Il compositore (terzo da sinistra), con alle spalle appoggiato alla poltrona, il poeta Aleksej Nikolaevič Apuchtin. San Pietroburgo, marzo 1884.

A sedici anni ascoltò per la prima volta il Don Giovanni di Mozart: fu un colpo di fulmine, un'assoluta rivelazione del proprio destino per la musica: «A Mozart sono debitore della mia vita dedicata alla musica». Scrive anche in uno stesso articolo critico-musicale:

«La musica di Don Giovanni è stata la prima musica ad avere su di me un effetto realmente sconvolgente. Mi ha condotto in un mondo di bellezza artistica dove dimorano solo i geni più grandi»

E sul Requiem del salisburghese non aveva dubbi:

«Uno dei lavori d'arte più divini al punto che non si può non avere pietà di coloro che non sono in grado di comprenderlo ed apprezzarlo»

Altri studi pianistici seguiranno alla conclusione della frequenza della Scuola di Giurisprudenza, 1859 e al conseguente impiego al Ministero della Giustizia (due cose alle quali Čajkovskij dava scarsa rilevanza, sebbene fosse uscito dalla Scuola come uno dei migliori del proprio anno): essi saranno appresi per tre anni (siamo nel 1855) attraverso un celebre maestro dell'epoca, Rudol'f Vasil'evič Kjundinger (1832-1913) [24].

 
La madre del musicista Aleksandra Andreevna nata d'Assier (1812–1854), il punto di riferimento affettivo dell'intera esistenza di Pëtr Il'ič.

Quel tempo (ultimo anno della Scuola di Giurisprudenza) fu per Čajkovskij ricco ed appagante sotto l'aspetto di vita di società, ove riscuoteva non marginali successi[25][26], anche nel campo femminile, riuscendo simpatico a tutti («un giovanotto proprio per bene», scrive la Berberova).

 
L'amatissima sorella del musicista Aleksandra (1842-1891), maritata con Lev Vasil'evič Davydov.

Tuttavia, nel giugno del 1854, la sua adorata madre morì a seguito di un'epidemia di colera e anche il padre, il giorno dopo il funerale, ebbe un malore, riuscendo a scampare alla morte. Lo stesso musicista scriverà nel 1878: «È stata la mia prima esperienza di profondo dolore. La sua morte ha avuto un'influenza enorme su ciò che poi è stato di me e della mia intera famiglia [...] Ogni momento di quel giorno spaventoso è vivido in me come fosse ieri».[27][28][29] Accettando la versione ufficiale della morte (vedi oltre nella pagine e alla voce Morte di Pëtr Il'ič Čajkovskij), risulta singolare che il compositore russo concluda la propria esistenza a causa dello stesso male, per quanto a quel tempo il colera fosse comune in Russia.

Lo stesso anno, 1854, vede la prima composizione che il musicista considerasse degna di essere conservata: Anastasie-Valse, dedicata alla governante Anastasija Petrovna (pubblicata nel 1913)[30] . Una canzoncina infantile era stata "composta" a orecchio La nostra mamma a Pietroburgo già nel 1844[31] e sempre in anni vicini al 1854 fantastica più che altro su un'opera teatrale.[32]

 
Pëtr Il'ič Čajkovskij in divisa da impiegato al Ministero della Giustizia, giugno 1860.

Le prime composizioni

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Čajkovskij fu per tutta la vita un viaggiatore instancabile (visitò circa 150 luoghi)[33]. Nel 1861 compie il primo viaggio estivo all'estero visitando Germania, Belgio, Parigi e Londra, frequentando opere e concerti.
Gli studi musicali post-diploma proseguiranno mentre era in forza al Ministero della Giustizia (dove lavorò con una certa trascuratezza per tre anni, cosa che gli permetteva del resto di far vita mondana, come ricorda il fratello Modest), ma successivamente al ritorno dal suddetto viaggio, pur riprendendo il lavoro al Ministero si dedicherà maggiormente alla musica, tralasciando i diversivi.

 
Il giovane musicista a venti anni, autunno 1860, San Pietroburgo.

Anteriormente al 1859 in Russia non solo non esistevano scuole ufficiali per l'insegnamento musicale, ma anche lo "status" di musicista era negato. Un giovane dell'aristocrazia doveva frequentare l'opera, conoscere la musica e forse saper suonare e addirittura comporre qualche cosa, ma un gentiluomo che abbracciasse la musica come professione era una cosa da non prendersi nemmeno in considerazione. La maggior parte degli artisti e della musica eseguita era straniera. Gli italiani vi imperavano pur esistendo del resto una tradizione musicale, seppur più propriamente popolare e religiosa.[34]

Fu merito del musicista Anton Grigorevič Rubinštejn (1829-1894) e del mecenatismo della granduchessa Elena Pavlovna (zia dello zar Alessandro II Romanov) fondare (1859) la cosiddetta Società Musicale Russa, poi trasformata, nel 1862, in Conservatorio diretto dallo stesso Rubinštejn, con autorevoli docenti.[35] Sulla scia di tale avvenimento nel 1866 fu aperto un Conservatorio anche a Mosca, fondato e diretto dal fratello di Anton Rubinštejn, Nikolaj.
Va segnalato che sempre nel 1862 a Pietroburgo si iniziarono i corsi della Scuola Musicale Gratuita, rappresentante la corrente radicale e progressista della musica russa, che si opponeva all'accademismo di derivazione austro-tedesca ed italiana dominante nei Conservatori dei Rubinštejn, sotto la guida di Milij Alekseevič Balakirev (1837-1910) e in essa si formò il famoso Gruppo dei Cinque.

 
I fratelli Rubinštejn, Nikolaj e Anton Grigorevič, il primo (a sinistra) amico e mentore di Čajkovskij, il secondo suo maestro a San Pietroburgo. Foto del 1862.

Docente di teoria musicale nel Conservatorio di San Pietroburgo era un musicista minore, Nikolaj Ivanovič Zaremba (1821-1879): Čajkovskij divenne suo allievo e studiò composizione con Anton G. Rubinštejn, abbandonando l'impiego statale nel 1863. In quegli anni compose svariati pezzi minori, romanze per canto e pianoforte, pezzi per pianoforte solo e un coro Prima del sonno (in origine a cappella poi rielaborato con l'aggiunta dell'orchestra) [36], un pezzo per archi in Sol maggiore Allegro ma non tanto[37].
Nel 1864 scrive L'uragano[38]: un'ouverture in Mi minore, op. 76 postuma, dal dramma omonimo di Aleksandr Nikolaevič Ostrovskij. Dirige pure l'orchestra del Conservatorio nel 1865 nella sua nuova Overture in Fa maggiore[39] per piccola orchestra (prima versione, rivista pochi mesi dopo per grande orchestra, ed. postuma 1952). La direzione orchestrale sarà per Čajkovskij sempre un grande problema dato il carattere timido, ma nel tempo e con la maturità egli divenne un applaudito interprete non solo della propria musica e anche all'estero[40]. Prima ancora del diploma gli venne offerto da Nikolaj G. Rubinštejn su suggerimento del proprio fratello, di trasferirsi a Mosca, per insegnare teoria nel nuovo Conservatorio.

Nel 1866 terminò gli studi al Conservatorio di San Pietroburgo iniziati nel 1861, diplomandosi con una composizione Alla gioia[41], per soli, coro ed orchestra, tratta da un testo di Schiller, tema obbligato in quella circostanza (lo stesso usato da Ludwig van Beethoven nel finale della Sinfonia n.9). In quell'anno fu nominato professore di teoria e armonia a Mosca mantenendo quella posizione fino al settembre del 1878. Nello stesso 1866 compone, non senza incertezze, la Sinfonia n.1 in Sol minore, op. 13, sottotitolata Sogni d'inverno, che verrà rielaborata più volte (una pratica abbastanza usuale nel musicista). Si tratta di una composizione giovanile, ma con tratti distintivi già presenti. L'anno seguente è la volta della prima opera lirica portata a reale compimento: Voevoda (Il voivoda) dal dramma di Aleksandr Nikolaevič Ostrovskij.
L'opera ebbe quattro repliche e successo ma non fu più ripresa e l'autore distrusse la partitura, sebbene alcune parti siano finite nella successiva opera lirica Opričnik (L'ufficiale della guardia) e nel balletto Il lago dei cigni (essa venne comunque ricostruita sui materiali d'orchestra e ripresentata nel 1949). La forte spinta autocritica di Čajkovskij va qui evidenziata, tanto nella suddetta prassi di rielaborare proprie composizioni, quanto nelle azioni più drastiche, come la distruzione, sebbene spesso venissero salvate parti che venivano trasferite opportunamente in altri lavori.
È di quegli anni l'avvicinamento, prudente, al Gruppo dei Cinque anche se le simpatie verso i musicisti che componevano il gruppo furono diverse, con aperta ostilità in particolare verso Modest Petrovič Musorgskij.

Le composizioni della prima maturità

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Il musicista nell'autunno 1865, San Pietroburgo.

L'anno 1868 segna nella vita del musicista l'episodio sentimentale con la cantante belga Désirée Artôt: si parlerà per giunta di matrimonio. La cantante finì invece sposa di un celebre baritono spagnolo, ma restò amica di Čajkovskij, con cui mantenne una corrispondenza ed ebbe successivi incontri (il musicista scriverà musica sotto l'influsso di questo amore platonico e - più tardi - dedicò alla signora le Six Mélodies [42], op. 65, del 1888). Gradatamente si intensifica il lavoro compositivo, per il quale alla fine opterà, come si è visto, abbandonando l'insegnamento e dedicandosi alla critica musicale[43]. L'ouverture-fantasia Romeo e Giulietta del 1869, ma rivista nel 1870 e 1880, è uno dei prodotti migliori tanto per la forma che per contenuti (il musicista non ha ancora trent'anni del resto) ed in essa Čajkovskij farà confluire (modalità a lui peculiare) il programma letterario shakesperiano, con le sue proprie spinte emotive, secondo molti biografi, attorno a un amore di allora per un allievo del Conservatorio, il quindicenne Eduard Zak. La vicenda ebbe un finale tragico quando nel 1873 il giovane si tolse poi la vita a diciannove anni.[44].

 
Čajkovskij a Mosca nel 1866 a 26 anni.
Romeo e Giulietta, Antal Doráti dirige la London Symphony Orchestra in una registrazione del 20 giugno 1959.

Una nuova opera lirica (dopo due tentativi abbandonati) vede la luce tra il 1870 e il 1872, Opričnik (L'ufficiale della guardia) ed un'altra ancora poco più tardi, nel 1874: Kuznec Vakula (Il fabbro Vakula), rielaborata, quest'ultima, sotto il titolo Čerevički (Gli stivaletti) nel 1885. Come si vede l'attrazione verso la musica lirica teatrale fu sempre notevole nel musicista, anche se nel genere i titoli chiave saranno Evgenij Onegin (Eugenio Onieghin) e Pikovaja dama (La dama di picche). Una gran parte della critica musicale ritiene del resto che il migliore Čajkovskij stia proprio nel settore teatro musicale e nelle ultime tre sinfonie nonché nel balletto.[45]

 
Una foto-ritratto del musicista, autunno del 1870, Mosca.

Due nuove sinfonie si aggiungono: la cosiddetta Piccola Russia in Do minore, op. 17, del 1872 (poi rivista) e la Polacca in Re maggiore, op. 29, del 1875. Inoltre il musicista si dedica alla cameristica con tre quartetti per archi, l'op. 11 [46] in Re maggiore (1871) e che riscuote il consenso di un illustre ascoltatore, Lev Tolstoj, l'op. 22 [47] in Fa maggiore (1874) e l'op. 30 [48] in Mi bemolle minore (1876).Tra il 1874 e il 1875 si realizza quello che diventerà uno dei pezzi più celebri dell'autore, il Concerto n. 1 in Si bemolle minore op. 23, rivisto due volte, anche se l'edizione pubblicata nell'agosto del 1879 (con modifiche del 1888) è quella correntemente eseguita.[49]

Il primo tempo del celeberrimo Concerto n.1 per pianoforte ed orchestra op.23.

A trentacinque anni Čajkovskij compie l'apertura ad un genere musicale generalmente sottostimato all'epoca, la musica di balletto e ad essa dovrà buona parte della sua fama. Nel 1877 va in scena al Teatro Bol'šoj di Mosca Lebedinoe ozero (Il lago dei cigni), op. 20, scritto nei due anni precedenti e nato durante una delle tanti estati trascorse con la famiglia della sorella ed i nipoti, un angolo di serenità spirituale al quale il musicista fece ricorso sovente.
Il balletto ha un valore musicale davvero speciale, anche per le componenti "drammaturgico-musicali" (Čajkovskij fa un uso intensivo del cosiddetto leitmotiv e delle tonalità, con una cura particolare per la strumentazione).[50]

Tra l'estate e l'autunno del 1876 compone il poema sinfonico op. 32 Francesca da Rimini, un altro dei suoi lavori per grande orchestra oggi più eseguiti.
Sempre nel 1876 assiste tanto alla Carmen di Georges Bizet, quanto alla prima assoluta della Tetralogia (L'anello del Nibelungo) di Richard Wagner, traendone - per diverse ragioni - motivi di entusiasmo (nel primo caso) o di critica (nel secondo, anche se le composizioni scritte in quel periodo risentono di effetti strumentali debitori al musicista tedesco)[51]. Carmen inoltre farà capolino anni dopo nel momento di creazione della propria opera lirica La dama di picche.[52]

L'incontro con Nadežda von Meck

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Gli eventi biografici che daranno una marcatura indelebile alla vita del musicista si verificheranno proprio tra la fine del 1876 e il 1877 e costituiscono due capitoli a sé, degni di essere indagati assieme al mistero sulla sua morte prematura (come infatti i biografi, ancora oggi, continuano a fare, per fini non solo di curiosità ma perché Čajkovskij fu un tipico artista dell'Ottocento, ove le sue proprie vicende personali si saldarono sempre con la creazione artistica). L'indagine critico-biografica, caratteristica dei secoli seguenti, poi con ricorsi anche alla psicoanalisi, cercherà di mettere in luce gli aspetti della sua complessa personalità più di quanto non fosse già blandamente avvenuto nelle prime, pur non marginali, opere biografiche (vedi sezione "Letteratura e cinema").

 
Madame von Meck, la mecenate del compositore.

Nadežda Filaretovna von Meck, nata nel 1831 e dunque più vecchia di nove anni rispetto a Čajkovskij, era una russa di classe media che aveva ottenuto il titolo nobiliare sposando Karl von Meck, un ingegnere ferroviario, originario della regione baltica dell'antico Impero. Le condizioni economiche della famiglia (con molti figli) furono disagiate per lungo tempo[53] (lo ricorderà la donna stessa in una lettera a Čajkovskij)[54], ma cambiarono tuttavia verso il 1860, in virtù della concessione governativa, ottenuta con intrighi e corruzioni, per la costruzione di tre importanti linee ferroviarie.[55]

Rimasta vedova[56] nel 1876, la donna si ritrovò un'immensa fortuna e - intelligente, pur se dispotica - amante delle arti e della musica in particolare, prese a diventare uno di quei mecenati che la storia russa del tempo vide non di rado.[57][58] La von Meck, buona dilettante, cercava all'epoca un giovane violinista che potesse accompagnarla nel repertorio per solista e pianoforte. Tramite Nikolaj G. Rubinštejn la scelta cadde su Iosif Iosifovič Kotek, che aveva allora ventun anni, allievo di Čajkovskij ed anche–a suo tempo–uno degli amanti del musicista. Kotek fu il tipico "rappresentante" del giovane maschio medio che faceva perdere la testa al musicista e i documenti (lettere, diari) accuratamente salvati dal solerte fratello Modest, se letti alla fonte, danno certamente ragione ai biografi come Poznansky, che insistono per un Čajkovskij orgoglioso della sua omosessualità (o comunque sereno[59] sulla propria condizione di omosessuale), rivelando altresì tratti del carattere balzano a dir poco dell'uomo.[60][61][62]

 
La baronessa von Meck in un ritratto a matita che riprende una fotografia oggi conservata al museo Čajkovskij di Klin.

Fu così che il nome del compositore venne fatto e una commissione inoltrata (Kotek sapeva benissimo dei bisogni economici di Čajkovskij): lautamente ricompensata, s'intende. La prima lettera della donna al musicista è del 30 dicembre 1876: «La prego di credere che con la sua musica la mia vita è davvero diventata più facile e piacevole».[63] La risposta non si fece attendere ed arrivò il giorno dopo.
È l'inizio di un rapporto particolarissimo, fatto di detto e non detto tra i due, di una dipendenza spirituale reciproca, analizzata ormai sin troppo dai biografi e purtuttavia carica di fascino (ne ha data una personale lettura il regista Ken Russell nel suo film (vedi in "Letteratura e cinema" la sottosezione "Film e documentari televisivi"). La von Meck fu una delle tre donne importanti nella vita di Čajkovskij, assieme alla madre e alla sorella Aleksandra. A loro il musicista fece ricorso in varia misura e in diverse circostanze: più esattamente è possibile concordare con Maria Delogu quando dice: «Forse Čajkovskij sperava di trovare quella madre che tanto gli era mancata e di cui tutto sommato aveva molto più bisogno che di un'amante».[64]

La von Meck divenne la principale finanziatrice del compositore, cui elargiva frequentemente grosse somme di denaro ed un regolare mensile. La cosa avveniva all'insegna di un autentico mecenatismo, pur apparendo scontata la "facilità" dell'atto, vista la ricchezza di lei. Il musicista, dal canto suo, non si fece invero molti scrupoli nell'accettare e ricorrere sovente alla generosità di madame. Questo sostegno economico, al quale la von Meck si riteneva come obbligata tanto dalla propria posizione sociale quanto dal trasporto affettivo verso il musicista, consentì a Čajkovskij di abbandonare la cattedra al Conservatorio, per dedicarsi a tempo pieno alla composizione.[65]

 
Iosif Iosifovič Kotek e il musicista nel maggio 1877 a Mosca.

La donna fu anche una confidente privilegiata del musicista e la persona con cui intrattenne una fittissima corrispondenza: si scrivevano praticamente ogni giorno e anche più volte al giorno (questo almeno per la prima parte della loro relazione epistolare) dal 1877 al 1890. Secondo lo specialista Brett Langston, curatore del sito in lingua inglese "Tchaikovsky Research", il numero complessivo sarebbe di milleduecentotré lettere (numero del 2009), di cui 768 scritte dal musicista[66][67] e 435 dalla von Meck.[68][69][71]

Čajkovskij fu un grafomane assoluto, capace di arrivare a scriver ben 18 lettere[72] al giorno; uno spazio, serale di solito, era puntualmente riservato a questo. Le lettere repertoriate nel The Tchaikovsky Handbook... ammontano a 5.248 ("aggiornato" a 5.259). La sua corrispondenza e i Diari[73] sono sovente rivelatori come non mai.[74][75] Secondo la stima al settembre 2011, le lettere scritte dal musicista sarebbero 5.347 a 389 corrispondenti diversi, tenendo tuttavia presenti le "scoperte" più recenti di materiale sinora sconosciuto (quasi un centinaio).[76][77]

 
Una interessante foto della famiglia von Meck attorno al 1875. La baronessa Nadežda Filaretovna è a sinistra mentre al centro è il marito (con cappello scuro). (Clicca sulla foto per altri dettagli).

E' interessante sapere che ci sono circa 6.800 lettere scritte a Čajkovskij conservate nell'archivio del compositore a Klin, e un piccolo numero in altri archivi russi. Tra queste ci sono lettere della sua famiglia, di colleghi musicisti e persino di collezionisti di autografi provenienti da Europa e America. Pochissime di queste sono state pubblicate (a parte quelle scritte dalla signora von Meck e da Jurgenson), il che è sorprendente, considerando che sono state tutte scritte oltre 130 anni fa[78].

I due amici (il compositore e la nobildonna) per reciproca, concorde volontà, non si incontrarono mai, anche se non mancarono delle eccezioni volute dal caso o dall'astuzia della von Meck, contro ben altri sentimenti del musicista, che temeva l'approccio fisico con lei, fermo nella sua costante idealizzazione dell'altro sesso. Le circostanze sono riportate da più biografi. In una prima occasione, il musicista venne invitato (1878) a Firenze (una città prediletta, ove frequentemente tornava e compose) da madame che vi soggiornava. Il "gioco" era anche quello di visitare le reciproche dimore in assenza l'un dell'altro oppure, come scrive lo stesso Čajkovskij:

«Alle undici e mezzo precise del mattino passa davanti a casa mia, cercando di vedermi e non riuscendovi a causa della sua miopia. Ma io la vedo perfettamente. A parte questo, ci siamo intravisti una volta a teatro...»

Un'ulteriore circostanza si verificò l'estate dell'anno seguente, ospite il musicista in una tenuta della von Meck presso Simaki. Nonostante i rispettivi orari fossero coordinati in modo da evitare possibili incontri, come racconta sempre il musicista:

«Accadde un incidente spiacevole...Andai nel bosco, persuaso di non incontrare certo Nadežda Filaretovna...Avvenne dunque ch'io uscissi un po' più presto e che ella fosse in ritardo. Così ci incontrammo inaspettatamente. Sebbene ci guardassimo soltanto un attimo, io rimasi estremamente confuso, riuscii però a salutare cortesemente, togliendomi il cappello. Lei invece sembrò perder completamente il controllo e non sapere come comportarsi»

La von Meck però gli scrisse:

«Sono veramente felice del nostro incontro e non posso descriverle il calore che sentii affluirmi al cuore quando ebbi compreso che era lei...Non desidero rapporti personali fra noi, provo però un piacere enorme a sapermi silenziosa e passiva vicino a lei, a esser con lei sotto un medesimo tetto, come quella volta a teatro a Firenze, o incontrarla come poc'anzi...»

 
Čajkovskij (in piedi a destra, con un binocolo) con il padre e la famiglia Davydov a Kamenka , luglio o agosto 1875.

Del resto il musicista temeva questo "pedinamento" (che avrebbe potuto nascondere chissà quali "pretese") e rifiutò di vedere persino l'ultimogenita della von Meck che, sembra autonomamente, aveva manifestato il desiderio di vedere l'uomo misterioso e chiedeva innocenti ragguagli fanciulleschi sul misterioso signore. E a "madame" scriveva sempre e comunque lettere piene delle sue tipiche circonlocuzioni, esternando un contegno che spesso non corrispondeva ai suoi sentimenti reali, viceversa rivelati ad amici e parenti.

La von Meck era una donna appassionata nelle proprie manifestazioni: durante gli anni di questa inusuale relazione con il musicista lo manifestò chiaramente e tutt'altro che con desideri "platonici" (sebbene sempre velati), quando si rivolse significativamente a lui chiamandolo "mio tesoro", "mio diletto" e "mio signore e Maestro".[80] Il musicista per parte sua si guardò sempre bene dall'assecondare queste "voglie" di una vicinanza tangibile, che ovviamente capiva esservi da parte della mecenate[53].
È interessante tuttavia sapere che un accostamento fisico tra i due personaggi avvenne davvero, attraverso le nozze che i due favorirono (o si potrebbe dire "stabilirono", ovviamente per corrispondenza) tra un figlio della von Meck, Nikolaj e Anna, una delle figlie della sorella di Čajkovskij, Aleksandra Davydov (evento esplicito circa i desideri suddetti della baronessa).[81][82]

Nel 2013 uno dei canali culturali della televisione russa, ha mandato in onda un Concerto-drammaturgia dedicato al rapporto tra la von Meck e il musicista (vedi sezione "Letteratura e Cinema").

Matrimonio e separazione

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Seriamente convinto che ogni vicenda umana, specie quelle che lo riguardavano, fosse sotto l'influsso del destino - con la maiuscola (aveva scritto del resto nel 1868 un lavoro sinfonico titolato Fatum) - Čajkovskij lesse questa relazione con la von Meck in tal senso, ma non solo, come si vedrà. Del resto egli espresse tali convincimenti non unicamente a parole o con modalità tipicamente russe del tempo, ma nella propria "filosofia" di vita, nell'intera sua estetica e dunque nella concreta realizzazione artistica.[83]
Il "ciclo" delle ultime tre sinfonie lo testimonia bene, quando, a proposito del celebre tema introduttivo della Sinfonia n. 4 in Fa minore, dedicata (non a caso) al "mio miglior amico" (ovverosia la von Meck), il musicista stesso[84] spiega:

 
Čajkovskij e la moglie Antonina Ivanovna Miljukova, 18 giorni dopo le nozze, foto del 7 agosto 1877, Mosca.

««Questo è il Fato, forza nefasta che impedisce al nostro slancio verso la felicità di raggiungere il suo scopo, che veglia gelosamente affinché il benessere e la tranquillità non siano totali e privi di impedimenti [...] Invincibile, non lo domini mai. Non resta che rassegnarsi e soffrire inutilmente. Il sentimento di disperazione e sconforto si fa più forte e cocente. Non sarebbe meglio voltare le spalle alla realtà e immergersi nei sogni? [...] Così tutta la vita è un'alternanza ininterrotta di pesante realtà, sogni fugaci e fantasie di felicità... Non c'è approdo. Vaga per questo mare, finché esso non ti avvolge e ti inghiotte nelle sue profondità.»»

L'introduzione con il tema del "Fato" nelle battute 1-26 del primo movimento della Quarta Sinfonia.

Un vero e proprio "ciclo" con tema il "Fato" quello delle ultime tre sinfonie, con un unico discorso tripartito: così esso è ormai considerato dalla moderna critica e segnatamente dai direttori d'orchestra.[85]

In queste condizioni costituzionali e di carattere (che non meritano esser sbrigativamente intese solo come un momentaneo "atteggiamento", considerati gli eventi familiari vicini e lontani), ha luogo il secondo avvenimento capitale nella vita di Čajkovskij, pure esso esplicitamente reso nel film di Ken Russell che vi dedica ampia parte nell'esatta progressione dei fatti reali.
Dell'avvenimento restano resoconti diretti dello stesso musicista e nel racconto dell'amico Kaškin. Essi sono lungamente rintracciabili nel volume di Aleksandra Orlova.[86]

 
Lo spartito dell'opera Evgenij Onegin, 1877.

Le circostanze (che il musicista intese come fatali) vollero che in quel momento stesse iniziando la composizione di quello che sarà uno dei suoi massimi lavori per le scene liriche, Evgenij Onegin e lo cominciasse esattamente dalla celebre scena "della lettera", in cui la protagonista, Tat'jana, esprime le sue pene d'amore. In quel mentre, una sua ex-allieva (che egli poco o niente ricordava), Antonina Ivanovna Miljukova, nata nel 1849, gli scrisse una lettera-dichiarazione d'amore.
Il collegamento tra realtà ed arte, tra vita e ideale fu rapido per il musicista, tanto che - seppur poco convinto nell'intimo e contro il parere di amici e parenti - si decise per un matrimonio fulmineo. Ammise: «Ho deciso di non sfuggire al mio destino e che il mio incontro con questa ragazza è stato in qualche modo voluto dal destino» (lettera alla von Meck).[87] E a Kaškin: «Amavo Tat'jana ed ero terribilmente arrabbiato con Onegin che vedevo come un bellimbusto freddo e privo di cuore [...] e mi è parso di comportarmi molto peggio di Onegin».[88]

La Scena della lettera da Evgenij Onegin; canta il soprano Joan Hammond con la BBC Symphony Orchestra diretta da Sir Malcolm Sargent in una registrazione del 1958 (in lingua inglese).

È interessante riportare la puntualizzazione in merito allo sviluppo del fatto secondo lo specialista Alexander Poznansky[89] e ripresa da Ferruccio Tammaro[90], per cui, dice Tammaro «...il rapporto fra vicende compositive e vicende biografiche potrebbe essere visto anche in senso inverso: sarebbe stata la relazione con la Antonina ad avvicinare Čajkovskij all'Onegin [...] e non il contrario».[91]

 
In questa foto scattata a San Remo il 28 gennaio 1878, si vedono seduti i due fratelli Čajkovskij, Modest a sinistra e Pëtr a destra. Il bambino accanto al primo è Nikolay Hermanovič Konradi, l'allievo sordomuto di cui Modest era istitutore. Dietro loro Aleksej Ivanovič Sofronov, il domestico personale del musicista e suo intimo.

Le nozze furono celebrate il 18 luglio 1877 (Calendario gregoriano). L'esito di tale atto fu disastroso. Le conseguenze sulla sua psiche furono devastanti. Scriverà fra l'altro:«Dal punto di vista fisico, mi è diventata assolutamente ripugnante [corsivo della fonte]»[92] ed ancora: «Avrei potuto strozzarla».[93]
Costantemente in preda ad una fortissima repulsione verso la moglie scivolò nella Moscova tentando un suicidio "indiretto" (l'amico Kaškin lo seppe esattamente da lui e lo riportò nelle proprie "Memorie"), ma che si risolse in semplice raffreddore[94]. Ripresosi fisicamente, passò presto ad un grave esaurimento nervoso; venne aiutato da familiari, amici e dalla stessa von Meck (che aveva sapientemente celato, all'inizio, la gelosia ed ora poteva esser certo felice del naufragio matrimoniale).[95]

L'opportunità di un matrimonio, medicina inappropriata all'omosessualità, fu determinata in Čajkovskij paradossalmente proprio da tale condizione. Al fratello Modest, anch'egli apertamente omosessuale[96], aveva scritto nell'autunno del 1876[97] che pensava al matrimonio più che altro per i suoi familiari che per se stesso, in quanto era amareggiato dai pettegolezzi che la collettività poteva fare. Segreto di Pulcinella la sua condizione e vivo il senso di frustrazione (come è ovvio se si pensa all'epoca) tanto da farlo trasalire ovunque, in treno, al ristorante, quando leggeva negli innocenti sguardi di sconosciuti disprezzo e condanna.[98]
Matrimonio di convenienza dunque, per "copertura sociale", alla fine, romanticismi e fatalismi a parte, anche se essi vanno considerati. Queste soluzioni erano del resto all'ordine del giorno come nel caso dell'amico intimo Vladimir Stepanovič Šilovskij[99].
Ma non sono pochi i critici che hanno notato come fu anche questo suo "isolamento", questa sua "diversità" una delle spinte a scrivere una musica piena di vero páthos (con valore etimologico, di "sofferenza").[12][100]

 
Uno dei diari del compositore, quello del 1887, dove egli annotava una quantità di fatti intimi.[101]

Per completezza si noterà che-nonostante quanto appena detto e più oltre meglio evidenziato, (oltre che nelle stesse copiosissime testimonianze epistolari del musicista o del Diario, per tacere della musica stessa)-esiste un filone della critica il quale vede Čajkovskij meno tribolato di quanto in realtà non fosse, talvolta un poseur, non di rado melodrammatico al massimo grado. Il musicologo Hofmann ne è un esempio e con amorevole equilibrio:«Era stato scelto davvero dal destino per soffrire in questo mondo [corsivo originale] oppure tale destino se l'era imposto?».[12][102][103]

Due dei suoi tre celeberrimi balletti ("Schiaccianoci" e "La bella Addormentata") videro la luce per esempio, con questa contraddittoria personalità: «Čajkovskij si rifugia-per sfuggire al suo démone-nell'infanzia... Compose... la musica più luminosa, più allegra che esista; perfino nei momenti più angosciosi della vicenda, si sente penetrare una luce: come i bambini che, anche se hanno paura, sanno che per loro il male non può durare»[104].

Antonina rappresentò una spina nel fianco per tutta la vita, rifacendosi viva, dopo la separazione di fatto (inopportuno il divorzio, per i pettegolezzi e problematiche giuridiche che avrebbe suscitato, anche se fu meditato dal musicista), con richieste di denaro e minacce della donna (nonostante ricevesse una pensione da Čajkovskij), mentre aveva dato pure alla luce tre figli morti tuttavia nei primi anni di vita e avuti dal convivente Aleksandr Aleksandrovič Shlykov, un malaticcio avvocato con il quale essa viveva senza matrimonio dal 1880 e che morì nel 1888. I figli avuti da lui furono affidati ad orfanotrofi per ragioni di opportunità, malgrado un tentativo di far adottare dal compositore la di lei terza figlia Antonina Petrovna. Anche se il matrimonio con il compositore non fu mai annullato, essi non portarono il nome di Čajkovskij (l'orfanotrofio non chiedeva cognome). Già debole di mente (ma questo giudizio deriva anzitutto da Modest[105]), Antonina finì i suoi giorni, sia pure per polmonite, in manicomio nel 1917, con un lascito testamentario del musicista di 100 rubli al mese, che la mantennero agevolmente, anche con interessamento del fratello di Čajkovskij, Anatolij[106]

Non mancano, è bene precisarlo, nella bibliografia attorno a questo sfortunato personaggio, prese di posizione (documentate, oltre che oggetto di discussione) a favore di Antonina, vista sì come una donna debole, ma che ebbe la sfortuna di incrociare il proprio cammino con quello di un uomo tanto problematico quale Čajkovskij[107]. Antonina lasciò una versione propria dei fatti, pubblicata nel 1894 e ristampata una sola volta nel 1913.[108][109] Nel film di Ken Russell L'altra faccia dell'amore il regista "riabilita" non poco l'immagine della Miljukova talvolta sbrigativamente passata come pura ninfomane delirante.[110]

Il magistrale pizzicato che pervade il terzo movimento della Quarta sinfonia. Sir Thomas Beecham durante il suo tour europeo con la Royal Philharmonic Orchestra nel 1957.

Riprendendosi, Čajkovskij scriverà grato a Nadežda von Meck (il cui nome proprio-curiosamente-significa in russo "speranza"): «D'ora innanzi ogni nota che uscirà dalla mia penna sarà dedicata a Voi!».[111]

Le opere della piena maturità, fino al 1885

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La terza ed ultima casa del musicista, a Klin, dal 1892, oggi "Museo Čajkovskij".

La conclusione della vicenda con la moglie ed il periodo di riposo che ne seguì, auspici in particolare la von Meck e la sorella Aleksandra, segnano una graduale ma costante rinascita spirituale ed artistica del compositore. Le musiche scritte da allora, non solo aumentano quantitativamente, ma cresce la qualità e il successo in Russia come all'estero.
È un crescendo che non si interromperà di fatto sino all'ambigua morte, tanto che molti musicologi sono certi che se Čajkovskij fosse sopravvissuto avrebbe scritto ancora molta musica, con soluzioni pure e senz'altro innovative e al passo con i tempi: la particolare scrittura de La bella addormentata, Lo Schiaccianoci, Iolanta e della Sesta sinfonia (Pathétique), sembrano testimoniarlo.[112] A tale proposito, Igor' Fëdorovič Stravinskij si lascia andare a commenti circa una precisa influenza che Čajkovskij avrebbe avuto secondo lui, sul giovane Mahler della prima e seconda sinfonia (e citava i passaggi).[113][114]

Le composizioni che vedono la luce da allora sono tutte o quasi destinate alla celebrità. Fra esse la Quarta Sinfonia in Fa minore op. 36 e l'opera lirica Evgenij Onegin, già citati, la Suite n.1, in Re minore[115] op. 43,[116] mentre a Firenze[117] su invito della von Meck, nell'Italia che tanto gradiva[118], cura la composizione di una nuova opera lirica: Orleanskaja deva (La pulzella d'Orléans).

L'omaggio di Pëtr Il'ič alla sua amatissima Italia: Capriccio italiano, op. 45. Concertgebouw Orchestra (Amsterdam) diretta da Paul van Kempen, registrazione del gennaio 1951.

Termina il Capriccio italiano iniziato a Roma nel gennaio 1880 e poi la Serenata per archi in Do maggiore e l'Ouverture Solennelle «1812»; la sua fama cresce ulteriormente, testimoniata anche dall'offerta di direzione del Conservatorio di Mosca dopo la morte di Nikolaj Grigor'evič Rubinštejn nel 1881, che egli rifiuta. Alla fine dell'anno viene eseguito il Concerto in Re maggiore, per violino e orchestra, op. 35 stroncato da Eduard Hanslick ma pure esso tra le opere più popolari del musicista. Alla memoria di Nikolaj Rubinštejn dedica il Trio in La minore [119], per pianoforte, violino e violoncello, op. 50, intitolato «Alla memoria di un grande artista». Viene eseguito nel 1882 il Concerto n. 2 in Sol maggiore per pianoforte ed orchestra, op. 44. La Suite n.2, in Do maggiore[120] op. 53 , sottotitolata Suite caractéristique , fu scritta e orchestrata tra giugno e ottobre 1883 ed anticipa diverse atmosfere stravinskiane di Petruška (sono previste "ad libitum" quattro fisarmoniche nel terzo movimento (Scherzo burlesco).

Viaggi e spostamenti gli consentono di vedere ed ascoltare molto repertorio musicale del tempo e di ogni composizione si ritrovano nella sua sterminata corrispondenza annotazioni critiche (ad esempio di Wagner trova tremendamente lungo il Tristano e Isotta; dell'autore tedesco continuerà a prediligere Lohengrin).[121]

L'ultimo tempo del Concerto per violino ed orchestra op.35
Una sintesi della Terza suite in Sol maggiore op.55, diretta da Sir Adrian Boult con l'Orchestre de la Société des Concerts du Conservatoire di Parigi. Questa fu una delle proprie composizioni più dirette dallo stesso Autore, almeno 16 volte, in Russia, Europa ed America.

Il 1885 incomincia positivamente. Hans von Bülow dirige la Suite n. 3, in Sol maggiore op.55 ottenendo grande successo, lo zar e la corte assistono ad una recita di Evgenij Onegin. Pochi mesi prima il musicista aveva avuto un'udienza personale a corte, ricevuto un'onorificenza e appreso dalla voce di Alessandro III d'essere il musicista della famiglia regnante. Quest'ultimo avvenimento e la protezione ufficiale che ne seguì mitigarono alcune ferite dell'animo inquieto dell'artista, sempre del resto alla ricerca di conferme ufficiali e riconoscimenti che sanassero la sua perenne insoddisfazione esistenziale.
Čajkovskij decise allora, come evidenza tangibile del "traguardo" raggiunto, di affittare una casa in campagna tra Mosca e San Pietroburgo: la scelta cadde su Maidanovo, nei dintorni di Klin. Il musicista potrà dire con fierezza: «Che gioia essere a casa mia... Capisco ora che il mio sogno di passare il resto della mia vita nella campagna russa non è un capriccio passeggero, ma un'esigenza naturale e profonda».[122]

Enrico Caruso interpreta Pimpinella, op.38 n.6, una canzone italiana che Čajkovskij raccolse nel suo viaggio fiorentino del 1878. L'incisione è del 1913.

Sebbene ben lontano dalla propria morte, il musicista si abbandona a frequenti osservazioni sul mistero della vita che emergono puntualmente dai suoi diari e lettere: «Nella mia mente c'è il buio e non potrebbe essere altrimenti di fronte alle domande insolubili per la debole ragione, come la morte, lo scopo e il significato della vita, la sua eternità o caducità [corsivo della fonte]».[123]

Gli ultimi anni

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Čajkovskij nel 1888 (18 marzo, Parigi) con il violoncellista russo Anatolij Andreevič Brandukov.

Nel 1885 Čajkovskij viene eletto direttore della sezione moscovita della Società Musicale Russa, un'istituzione cardine a quei tempi ed i suoi rapporti con parenti, amici e la von Meck proseguono in linea di massima con regolarità di contatti come nel passato. Dorme di più, fuma e beve di meno e conduce una vita all'insegna del controllo psicofisico con regolarità d'abitudini quotidiane, lui che, nevrotico, aveva condotto spesso una vita disordinata. Il suo umore è generalmente buono, anche se non mancano regolari crisi depressive, spesso scatenate da un episodio minore, come la partenza di un amico, un tramonto, il paesaggio russo, un ricordo lontano.[12] L'anniversario della morte della madre non gli permette di chiudere occhio una notte, dopo che ha ritrovato reperti epistolari dell'epoca; scrive a tal proposito infatti: «La nostalgia di mia madre...che amavo di un amore morboso ed appassionato...».[124]

Dal 1885 sembra[125] che siano cominciate da parte dei figli della von Meck lamentele per le sovvenzioni che madame proseguiva ad elargire nonostante le mutate condizioni economiche dell'artista.

A Parigi, nel 1886 tra caffè, ristoranti e ritrovi vari, "mignons" ufficiali e incontri occasionali, Čajkovskij ebbe una delle più grandi emozioni della sua vita[126]: in casa della cantante Pauline Viardot gli fu permesso di vedere l'autografo manoscritto del Don Giovanni di Mozart e ne fu sconvolto. Fu per lui come parlare con il grande artista:

«Ho sfogliato per due ore la partitura originale di Mozart. Non posso descrivere l'emozione provata nell'esaminare il sacro oggetto [corsivo della fonte]. Mi è sembrato di stringere la mano a Mozart in persona e chiacchierare con lui»

Seguono altri viaggi all'estero per la direzione di proprie composizioni nel 1887 e nel 1888, un anno questo che vedrà la nascita della Sinfonia n. 5 in Mi minore op. 64 (un anno, il 1888, peraltro ricco di molte celebri composizioni di altrettanto celebri musicisti, come Gustav Mahler, Richard Strauss, César Franck e Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov.[127].

Il primo movimento della Quinta Sinfonia, nella interpretazione della Concertgebouw Orchestra (Amsterdam), direttore Paul van Kempen, 1951.
 
Un conviviale Čajkovskij assieme ad amici nei giardini di Ortachala a Tbilisi il 12 maggio 1889 (data occidentale), nei giorni attorno al suo quarantanovesimo compleanno.

Al ritorno in Russia una nuova sistemazione sempre vicina a Klin, esattamente a Frolovskoe, in campagna e l'assegnazione di un vitalizio annuo di tremila rubli accordatogli motu proprio dallo Zar[128] (segno della sua alta considerazione) e che con i proventi dal lavoro e la pensione della von Meck, potevano certo metterlo al sicuro (nonostante Čajkovskij fosse anche uno "spendaccione" per sé e gli altri, generoso atteggiamento sempre manifestato, nell'ambito di quel proprio carattere insicuro e non senza ombre).

 
Čajkovskij seduto nel giardino della propria casa di Frolovskoe, luglio 1890.

Sono gli anni della composizione anche di altre opere liriche, sebbene considerate di valore inferiore rispetto a Evgenij Onegin e La dama di picche. Questi i titoli: Mazepa 1881-1883, Čerevički (Gli stivaletti), 1885 (che è una rielaborazione di Il fabbro Vakula) e L'incantatrice, 1885-1887. Nel settore sinfonico la Sinfonia Manfred del 1885 e la Suite n. 4 [129], in Sol maggiore, op. 61, 1887.
Nel 1888 compiendo la già citata sua prima tournée all'estero e toccando Lipsia conoscerà Johannes Brahms (che non gli risulterà particolarmente simpatico ripagato parimenti dall'altro artista) e Grieg (il contrario); a Praga sarà invece la volta di Antonín Dvořák con il quale nasce una spontanea comprensione e che già lo apprezza intensamente.

Importante fu la commissione del suo secondo balletto La bella addormentata, già iniziata nel 1888 e composta seguendo strettamente le indicazioni librettistiche di Ivan Aleksandrovič Vsevoložskij (1835-1909) [130], direttore dei Teatri Imperiali e soprattutto quelle meticolose di Marius Petipa, il coreografo. Alla prova generale era presente l'imperatore che se ne uscì con un laconico «Molto grazioso!». Il musicista ne fu offeso: «Sua Maestà mi ha trattato molto sbrigativamente. Dio sia con lui.».[131] Protagonista fu la celebre Carlotta Brianza assieme a Pavel Gerdt e al celebre Enrico Cecchetti. Musicalmente e drammaturgicamente il balletto è prossimo a Il lago dei cigni ma con dettagli più elaborati.[132]

 
Il compositore con i primi due interpreti de "La dama di picche", 19 luglio 1890, il tenore Nikolaj Nikolaevič Figner e il soprano Medea Ivanovna Figner, nata Mej.
L'introduzione del balletto La bella addormentata, London Symphony Orchestra diretta da Pierre Monteux, (DECCA, 1958).

Nel 1889 "scopre" tra l'ammirato e l'entusiasta il fonografo di Edison, che giudica la più interessante invenzione del XIX secolo. Nel 1890 parte per Firenze dove appronta La dama di picche su libretto del fratello Modest e i suoi scritti autografi testimoniano del fervore creativo che accompagna la creazione di quest'opera vivamente sentita, il cui fatalismo si ispira anche alla Carmen di Bizet e, se mai avesse avuto dubbi nel credere alle beffe del Fato, ecco che un drammatico avvenimento accade al suo rientro nell'ottobre di quel 1890.

L'addio di Madame von Meck

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Con una prima lettera (4 ottobre, data del Calendario gregoriano) madame von Meck lo avvisava di diverse disgrazie economiche cui era andata incontro. Questa missiva si chiudeva tuttavia con le tradizionali formule affettuose e in un post-scriptum lo invitava a scriverle a Mosca anche se lei ora si trovava all'estero.[133] Pochi giorni dopo però il musicista ricevette una seconda lettera della donna comunicantegli che a causa di ulteriori e definitivi dissesti finanziari, ella non avrebbe potuto più sovvenzionarlo.

 
Il compositore nel suo studio a Frolovskoe, nei pressi di Klin; la foto è datata 26 luglio 1890.

Tale lettera (non conservatasi) si chiudeva con parole (lo si deduce dalla risposta del musicista, rimasta) in cui la von Meck chiedeva di non essere dimenticata completamente. Čajkovskij comprensibilmente allarmato, si precipitò a rispondere, manifestando il suo affetto e la sua fedeltà, la sua eterna riconoscenza. Le reazioni del musicista furono però di profondo malessere, come testimoniano sue corrispondenze al proprio editore ed amico Pëtr Ivanovič Jurgenson [134].[135] Non dandosi pace, tentò di riallacciare i rapporti con intermediari, ma alcuni di questi – per vari interessi e motivazioni personali si rifiutarono od ostacolarono tutto.[136][137] Modest Čajkovskij nella sua biografia sul fratello usa due parole sole per definire il gesto comunque fosse avvenuto: "crudeltà immeritata".[138]

È stato ipotizzato ed è verosimile che le ultime somme elargite lo fossero state contro la volontà dei familiari diretti o acquisiti come nel caso del genero della von Meck Wladislaw Pachul'skij.[139] La von Meck del resto stava attraversando anche un periodo di malattia e la vecchiaia la rendeva sempre più dipendente dai figli che, mai sazi di denaro, vedevano con costante preoccupazione il protrarsi del mecenatismo materno, ancorché preoccupata della sua numerosa figliolanza.[140] Significative sono le parole immaginate dallo scrittore russo, Jurij Markovič Nagibin (1920-1994), in un suo racconto (Contrappunto, 1973) ove madame alle lamentele dei figli esplode così:

«Come osate dare in escandescenze davanti all'incarnazione dell'arte? Se la gente si ricorderà di noi, sarà soltanto perché abbiamo condiviso il destino del signor Čajkovskij»

 
Il compositore nel dicembre 1890 a Kiev.

L'assoluto silenzio della Von Meck, probabilmente dovuto agli ostacoli posti dai suoi prossimi, furono una dura prova per Čajkovskij.[141][142]

Sul letto di morte, nel delirio, il musicista pronunziò ripetutamente la parola "maledetta" e il fratello Modest pensò che essa fosse rivolta alla von Meck, ma il biografo Warrack ha sostenuto che essa poteva invece riferirsi alla malattia che lo stava uccidendo (in russo "colera" è di genere femminile) e che del resto era stata la causa della morte a suo tempo dell'amatissima madre.[143][144]

 
Il musicista col nipote Bob (Vladimir L'vovič) Davidov in una foto del giugno 1892 scattata a Parigi.

Nel 1891 il teatro Mariinskij lo incarica dell'opera lirica in un atto Iolanta e del balletto Lo Schiaccianoci da darsi congiuntamente. L'opera, l'ultima composizione lirica del musicista, è diversa da tutte le altre scritte, tende al simbolismo con forti accenti panteistici ed ha sorprendenti anticipazioni che la critica, specie posteriore, noterà.[145] Quanto al balletto, anch'esso costruito con meticolosa precisione come avvenuto per La bella addormentata, è lo stesso musicista a fornire una chiave di comprensione generale e di alcuni suoi elementi costitutivi, in questa lettera di tempo addietro: «I fiori, la musica e i bambini, sono i gioielli della vita. Non è strano che amando tanto i bambini il destino non mi abbia dato di averne?».[146]

La seconda variazione del Passo a due del II atto del balletto Lo Schiaccianoci, nota come "Danza della Fata Confetto", caratterizzata dall'uso della celesta.

Alla morte dell'amata sorella Aleksandra, nel 1891, appresa all'estero su un giornale (e che egli tentò come di rimuovere), riversò sul di lei figlio, Vladimir detto Bob[147], l'affetto pieno e totale che era già stato ampiamente manifestato negli anni precedenti. Il giovane (morirà suicida nel 1906, per i dolori di una grave malattia[148]) fu l'ultimo serio oggetto di passione amorosa del musicista, ma avendo una valenza particolare come è facile intuire. A lui fu dedicata la Sinfonia n.6 in Si minore, op. 74 Pathétique, 1893. I rapporti tra zio e nipote hanno dato modo ai biografi di scrivere molto e non a torto, in quanto "Bob" approfittò della generosità e debolezza dello zio in ogni senso.[149][150]

Un'oscura fine: colera o suicidio?

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In questi anni la fama di Čajkovskij è al culmine. Inizia un giro concertistico negli Stati Uniti, chiamato ad inaugurare i concerti della nuovissima Carnegie Hall; trova l'America e gli americani strani e curiosi, ma simpatici: vede un mondo veramente nuovo e ne scrive copiosamente, sempre festeggiato ed onorato come il "Re", assalito dai giornalisti si accorge di essere popolare in America dieci volte di più che in Europa[152][153].

Čajkovskij, come mostra chiaramente la lettura di tutta la sua corrispondenza e le testimonianze nella grande biografia del fratello Modest, era stato per tutta la vita un umorale, tanto nella vita quotidiana, quanto nell'attività artistica. Allorché doveva o voleva emettere giudizi sul valore della propria arte e quella altrui (pubblicamente attraverso la critica esercitata sui giornali o in privato nelle confidenze epistolari) riusciva però ad essere molto acuto e malgrado le inevitabili preferenze estetiche, sapeva esprimere la verità oggettiva. D'altra parte tale caratteristica di equanimità quando riguardava la sua propria opera era siglata da un andamento altalenante che lo portava oggi a giudicare favorevolmente la musica da lui stesso scritta, poi a rivedere il verdetto sino a giungere alla distruzione o archiviazione di versioni o parti della composizione fatta. Verso la fine della propria esistenza tuttavia si diede maggior pace ed esattamente negli anni di cui si sta dicendo, si esprimeva all'amico Taneev, rimarcando di fatto e per primo caratteristiche fondamentali sue che la stessa critica ufficiale posteriore avrebbe sancito (vedi "Stile").

 
La sala principale della casa a Klin, con il pianoforte e la scrivania. Si notino i ritratti appesi nella parete in fondo: al centro Beethoven, più in alto di tutti Anton Grigorevič Rubinštejn.

Nel 1892 Gustav Mahler, che lo impressiona come direttore non comune, dirige ad Amburgo alla sua presenza Evgenij Onegin. Ascolta in quel momento anche la Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni che gli piace molto[154][155].
In primavera cambia casa per la terza ed ultima volta proprio a Klin e ne fu pienamente soddisfatto: assomigliava a quella in cui era nato ed aveva un giardino di betulle e fiori, che il compositore amava; questa dimora diventerà un giorno l'attuale "Museo Čajkovskij", pieno di suoi ricordi, materiali e documenti per volontà primaria del fedele domestico Aleksej Sofronov, del fratello Modest e del nipote Bob Davidov ed in seguito divenuta monumento nazionale per pubblico omaggio da parte di Lenin[156][157]

Comincia a pensare ad una nuova sinfonia[158][159] che dovrebbe raccogliere la sua "vita" (e questo primitivo titolo circola nei suoi appunti). Ne abbozza qualcosa (la tonalità è in Mi bemolle maggiore) ma viene messa da parte; il primo movimento confluirà poi nel Terzo Concerto per pianoforte ed orchestra, op. 75 postuma.
È però interessante sapere[160] che all'inizio del 1891 tali schizzi portavano delle annotazioni le quali saranno di fatto "trasportate" e seguite (se non tali e quali ma come traccia di massima), nel programma "segreto" della Sesta Sinfonia, segno che il compositore stesse arrovellandosi su questi temi. Scrive: «Prima parte - tutto impeto e sicurezza, voglia di attività. Deve essere breve (alla fine "morte", risultato del collasso). Seconda parte: amore. Terza: disinganno. La quarta finisce morendo (anche questa breve)». Indicò anche alcuni titoli: «I Gioventù II Ostacoli! Assurdità… Coda - Avanti, avanti!» (è un'ipotesi che in quel tempo stesse rimuginando sulla propria storia con la von Meck).

Un fatto evidente emerge chiaro dalla fase terminale e "calante" della vita e del fare artistico: la necessità quasi "biologica" di scrivere l'opera capolinea, riassuntiva e conclusiva del proprio percorso poetico. Da un certo momento dunque, come dimostra la cronologia biografica e artistica, il musicista è verosimilmente ossessionato da questa Sesta Sinfonia, oscura, con un'ansiosa ostinatezza di programma preciso quanto gelosamente celato[161], l'atto finale, il riassunto di un'intera esistenza, vita, morte ed ufficio funebre[162]. L'abbozza, inizia a scriverla, la riprende, la modifica, non sa decidersi, un continuo cruccio alla fine compiutamente risolto[163][164].

 
Un angolo della sala principale della casa a Klin. Alla parete nel grande ritratto il padre del musicista e, sotto, quello del nipote Bob Davidov.

La morte sembra davvero battere alla porta. Continuano a spegnersi gli amici e gli amori di una vita, anche il poeta Apuchtin nell'agosto del 1893: gli si chiederà di musicare il di lui Requiem, ma, declinando, precisa che nella propria ultima sinfonia, soprattutto nel finale, l'atmosfera è «quella stessa»[165][166]. Il caso lo porta a rivedere la sua ormai vecchia governante Fanny Dürbach e l'onda dei ricordi lo sommerge e commuove.

All'inizio dell'ultimo anno di vita esegue un ultimo giro concertistico, poi inizia la stesura della sua ultima sinfonia Pathétique, ma, prima di chiuderla, utilizza il materiale dell'abbandonata sinfonia in Mi bemolle maggiore per il Terzo Concerto per pianoforte ed orchestra in un solo tempo e per due movimenti Andante e Finale[167], sempre per piano ed orchestra, poi rivisti dall'allievo Sergej Ivanovič Taneev.
L'Università di Cambridge lo insignisce del dottorato in musica, assieme a Camille Saint-Saëns, Edvard Grieg, Arrigo Boito e Max Bruch[168].
Il 16 ottobre (data russa, per cui il 28 ottobre del Calendario gregoriano) 1893 avviene la prima della Pathétique a San Pietroburgo sotto la sua personale direzione che lascia l'uditorio in uno stato di ammirata sorpresa, ma con ampie zone di incomprensione.[169] Il «Requiem per me stesso», la sinfonia con un programma "misterioso"[170] è il proprio testamento spirituale ed artistico.

 
Il compositore il 13 giugno 1893 a Cambridge con l'abito dottorale.
L'ultimo movimento della Sinfonia "Patetica" nella interpretazione dei Berliner Philharmoniker diretti da Wilhelm Furtwängler (Registrazione: Ottobre-Novembre 1938).

Le ipotesi sulla scomparsa

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Morte di Pëtr Il'ič Čajkovskij.

Soltanto nove giorni dopo il musicista muore. È opinione comune (sebbene non da tutti condivisa) che abbia commesso suicidio, anche se il modo e le circostanze sono ancora incerte: si è parlato di colera, contratto bevendo acqua infetta, benché sia più probabile l'avvelenamento da arsenico che produce una sintomatologia pressappoco identica a quella del colera. Ma i dubbi circolarono diffusamente ovunque all'indomani della morte. La versione alternativa, che si oppose a quella ufficiale (sancita dal biografo e fratello Modest) per colera tramite acqua infetta, è quella di un imposto suicidio tramite veleno autonomamente assunto dal musicista. Il racconto di Modest[171] invece nella sua grande biografia del 1900-02 sul fratello è assai lineare e senza incertezze: il musicista beve un bicchiere di acqua non bollita, per sbadataggine, in casa, la mattina del 2 novembre 1893 (calendario gregoriano). Non trovandolo come suo solito al tavolo di lavoro, Modest[172]:

«[...] andò nella sua stanza e lo trovò un po' indisposto. Si lamentava della sua digestione sconvolta e di una brutta notte. Verso le undici del mattino si vestì e uscì a vedere Napravnik [il direttore d'orchestra]. Mezz'ora dopo rientrò, e ancora si sentiva male. Ha assolutamente rifiutato di chiamare un medico. Le sue condizioni non davano ansia al fratello, che lo aveva spesso visto soffrire di disordini simili. [Čajkovskij] si è unito al fratello e al nipote [Bob Davidov] per il pranzo, senza però mangiar nulla. Ma questo è stato probabilmente il momento fatale della sua indisposizione dal momento che, mentre i tre parlavano fra loro, egli si versò un bicchiere d'acqua e ne bevve un lungo sorso. L'acqua non era stata bollita, e i familiari presenti furono costernati della sua imprudenza. Ma il musicista non era per nulla allarmato, e cercò di calmare le loro paure. Temeva il colera meno di qualsiasi altra malattia»

 
Čajkovskij ritratto a Odessa il 1º febbraio 1893 dieci mesi prima della morte.

Quando Čajkovskij cominciò a star male, la confusione su cosa stesse in realtà succedendo fu generale e i dubbi nacquero immediati. Tra i primi, famosi personaggi stupefatti in proposito, fu Rimskij-Korsakov che scrisse nelle sue Cronache (1906-1909): «Non solo per me, è stata oggetto di meraviglia la constatazione che non venne adottata alcuna precauzione d'ordine sanitario in quei giorni a casa sua, nonostante si dicesse in giro che il colera era stato la causa del decesso. Ricordo bene di aver visto… un insegnante… del Conservatorio, baciare il morto in fronte e sulle guance»[174].
Numerose persone avevano avuto accesso all'appartamento prima e dopo la morte; per due giorni la salma restò esposta all'omaggio della gente, in casa di Modest[175]: l'appartamento disinfettato e il corpo avvolto in un lenzuolo imbevuto anch'esso di antisettico, mentre un'infermiera disinfettava con una garza il volto trasfigurato del musicista, sul quale la folla depose il rituale bacio d'addio[176]. È del resto anche vero che alcune scoperte scientifiche relative al morbo avevano reso le persone molto meno terrorizzate da una in sé remotissima possibilità di contagio.

La spiegazione della versione del suicidio per imposizione esterna trova le sue radici nella relazione amorosa nata con il diciassettenne nipote di un certo conte Stenbock-Fermor [177] (Aleksej Aleksandrovič Stenbock-Fermor, secondo la Orlova[177]), il quale furioso del fatto, era intenzionato a denunciarlo direttamente allo zar. Lo scandalo che ne sarebbe derivato[177] avrebbe avuto probabilmente drammatiche ripercussioni su Čajkovskij, un personaggio tanto universalmente noto e simbolico per la Russia (la legge prevedeva la perdita di ogni diritto e l'esilio in Siberia, anche se di fatto questo "delitto" rimaneva sottaciuto e tollerato anche, specie - o perlomeno - in ambienti aristocratici)[178][179]. Non minor danno (secondo i sostenitori di tale versione) sarebbe ricaduto sulla Scuola di Giurisprudenza e sui suoi ormai famosi ex-allievi, tutti viventi ed altolocati (alcuni amici e persino ex-amanti del musicista).
La soluzione più pratica apparve quella di un "giurì d'onore" al quale avrebbero partecipato, presente il compositore, sette alti personaggi. La lettera in cui il conte denunciava Čajkovskij non sarebbe stata trasmessa allo zar, ma il musicista si impegnava ad assumere il veleno, che gli venne recapitato successivamente, onorando tale assurdo impegno, anche proseguendo agli occhi di tutti, in particolare di amici e familiari, la vita d'ogni giorno.

 
Čajkovskij sul suo letto di morte nella casa al numero 13 di Malaya Morskaya a San Pietroburgo. Fotografia di Nikolaj Gundvizer, 25 ottobre/6 novembre 1893.

Il giornalista inglese Anthony Holden sostiene che Čajkovskij e Modest avrebbero potuto darsi una gran pena di mascherare la verità. Aver messo in scena la bevuta di acqua infetta di comune accordo per amor di famiglia, amici, ammiratori e fama futura. Dato che il musicista era stato in vita una sorta di venerato monumento nazionale, Holden suppone che i medici [180] coinvolti nel caso potessero aver assecondato la versione edulcorata dei fatti (il bicchiere d'acqua non bollita appunto), a scapito di una verità imbarazzante.[181]

 
Il tavolo posto nella camera da letto del musicista a Klin, con vista sul giardino, ove il musicista scrisse la Sesta Sinfonia.

Le vere cause sono comunque ancora dibattute, come lo furono del resto all'epoca dei fatti, con opposti sostenitori della versione ufficiale di morte per colera e altri del suicidio tramite veleno. Non mancano peraltro "varianti" a queste due ipotesi fondamentali, sulle quali si è sbizzarrita la bibliografia. Se pure fu colera, la discussione si è accesa su attraverso quali "vie" il compositore venne contagiato (acqua, rapporti sessuali, eccetera)[182][183]. Čajkovskij si trovava in un periodo depressivo (il suo "testamento" rappresentato dalla "Patetica") come era ed è il parere di molti oggi, oppure lontano da tutto questo ed anzi in procinto e desideroso di continuare la sua attività artisticaa(?) Modest non ha in apparenza alcuna incertezza: il fratello era normale[184].

Maria Delogu riguardo alla possibilità di suicidio "volontario" (ossia bevendo acqua non bollita con deliberata leggerezza se non addirittura come atto inconsulto) scrive tuttavia in risposta a chi nega tale possibilità: "Chi ha la tendenza al suicidio, non ha sempre ragioni oggettive per farlo: molto più spesso si tratta di ragioni soggettive e inspiegabili". E parla di "istinto autodistruttivo"[185].

Cosa accadde è un mistero verosimilmente destinato a restare tale per sempre[186]. Il 6 novembre 1993 nel centenario della morte, in un documentario radiofonico[187], la BBC interpellò vari esperti che avevano preso parte al confronto sulla questione (tra cui Aleksandra Orlova e Alexander Poznansky, oltre a storici russi e medici specialistici): la conclusione pendeva in gran parte per il "giurì d'onore" e l'avvelenamento.
Un altro documentario, stavolta televisivo, venne prodotto nello stesso anno per la serie BBC 1 "Omnibus" prendendo in esame gli stessi argomenti e con interviste simili[188].

La sua conclusione-dopo le più ampie e diverse esposizioni da parte di fonti diverse e autorevoli, sempre contrastanti fra loro-era tuttavia interlocutoria, pur inclinando sul "colera" e "suicidio"[189]. La giornalista Leonetta Bentivoglio ha scritto su la Repubblica, sempre nel 1993, un articolo sulla questione con un sintetico e puntuale ritratto complessivo dell'uomo ed artista Čajkovskij[102]. Sullo stesso giornale si era parimenti già espresso anche il musicologo Claudio Casini.[190]. Tanto la Bentivoglio che Casini riferiscono delle diverse ipotesi senza pronunciare - in quelle sedi giornalistiche - un solo e proprio univoco verdetto.

 
La maschera mortuaria del compositore realizzata da Slawomir Celinski il 6 novembre 1893.

Per lo specialista Alexander Poznansky non vi sono dubbi[17]: il musicista muore attorno alle tre antimeridiane del 6 novembre 1893 per complicazioni derivanti dal colera (uremia ed edema polmonare)[191][192]. Di fatto egli elenca con pignoleria gli eventi, si conforma ai fatti "ufficiali" e alla versione di Modest, contesta ogni altra teoria[193], ma non può dire con precisione come il musicista abbia contratto colera seppur escludendo l'atto volontario (da qui le ipotesi di alcuni sul contagio oro-fecale, anche e soprattutto a questo punto per trasmissione sessuale e con anche una "variante" come proposto da Aldo Nicastro).

«[...] Secondo ricerche recenti dell'immunologia era attivo, nell'Europa della fine del secolo, un "coccidio" detto Cryptosporidium, rilevato precipuamente in veterinaria ma perfettamente assimilabile da parte di esseri umani, che, rientrando nella famiglia del toxoplasma, va registrato nell'ambito della patologia delle infezioni da attività omosessuale e comporta manifestazioni sintomatiche identiche a quelle del colera. Si tratta di un morbo tuttora non aggredibile per via terapeutica e, comunque, non rivelabile alla luce delle analisi del tempo...(Nicastro,  pp. 260-1

 
La cattedrale di Kazan' ove si svolse il rito funebre, in una foto pochi anni dopo la morte del musicista.

Ma il biografo più accreditato, David Brown (David Clifford Brown, 1929-2014), avverte: «Lasciatemi dichiarare categoricamente [...] che non esiste una sola prova che la morte di Čajkovskij sia stata dovuta al colera preso bevendo dell'acqua non bollita e non ad altre cause naturali, anche si vi sono altre ipotesi, spesso confermate da più di un testimone diretto, che sembrano indicare chiaramente che qualcosa d'altro fosse successo, ma poiché nessuna di esse può essere confermata restano appunto ipotesi»[194]. Ed infine (sempre Brown) conclude e sentenzia: «Ci sono state lunghe discussioni[195], spesso piene di acrimonia, su questi fatti e sui vari annessi, e la sola conclusione possibile è che non ci sarà mai dato modo di sapere che cosa sia veramente accaduto né-cosa ancora più importante-perché»[196][197].

Queste due opposte versioni sulle vere cause della morte, sono parallele alle due interpretazioni o "letture" esistenti nella letteratura biografica sul musicista, rappresentate ai giorni nostri dai due maggiori specialisti sul compositore. Da un lato l'inglese David Brown, ufficializzando la tesi del suicidio imposto con avvelenamento della musicologa russa Aleksandra Orlova, già archivista al Museo Čajkovskij di Klin poi emigrata negli Stati Uniti. Dall'altro il russo Alexander Poznansky, immigrato dall'URSS nel 1977 sempre negli Stati Uniti, bibliotecario specialista in slavistica all'Università di Yale, che ha scritto numerose opere sul musicista, che perora la tesi della malattia[198].

Per chi segue perciò la prima interpretazione, quella di uomo e artista tribolato, il suicidio "onorevole" appare un'uscita di scena in linea con il personaggio, in pieno stile romantico. Di contro, la tradizione con capofila Poznansky, ridimensiona la questione e la rinnova, leggendo i documenti biografici ed artistici quasi l'uno all'opposto dell'altro: Čajkovsky è emotivamente integro, equilibrato e addirittura "fiero" del proprio stato di omosessuale e di conseguenza pura idiozia l'ipotesi di suicidio o omicidio, ma condannato dalla fatalità della vita[199].

Non senza ironia dopotutto Madame de Staël aveva scritto: "In Russia tutto è segreto, ma nulla è ignoto"[200]. Luigi Bellingardi aggiunge: «Nonostante la sua fragilità neuropsichica, sarebbe vissuto chissà quanto»[201], «Invece un laccio della vita, del destino, gli fu fatale. Senza scampo»[202].

La spiegazione migliore forse è tuttavia quella da molti pensata e che rinvia alla stessa musica della Sesta Sinfonia più che alle vicende biografiche: «Si trattò di una fuga dal mondo per evitare di continuare a essere maltrattato dal mondo[203]».

 
La tomba del compositore nel cimitero Tichvin di San Pietroburgo.

Alle esequie di Stato, un onore fino ad allora concesso solo alla storico Karamzin e a Puškin, era attesa la partecipazione dello zar Alessandro III che, tuttavia, rimase ad osservare la folla da una finestra. Il suo commento fu: «Avevamo un solo Čajkovskij». Nella Cattedrale di Kazan' sulla bara venne posta una corona di rose bianche, dono personale dello zar, ed un cuscino di velluto nero con le decorazioni di San Vladimiro[204]. La Cattedrale ove si officiò il rito poteva contenere 6.000 persone, ma le richieste per assistere ai funerali furono dieci volte tanto e nel luogo sacro si riuscirono a stipare 8.000 astanti[205]. Madame von Meck morì due mesi dopo il musicista, lontano dalla Russia, per tubercolosi. Anna Davydova-von Meck, nipote di Čajkovskij, quando le fu domandato come ella avesse accolto la scomparsa del suo amico, rispose: «Non poté accettarla»[206]; al funerale del musicista fu la grande assente, rappresentata da una corona di fiori[207].

Al momento della sepoltura si tennero diversi discorsi funebri, tra cui spiccò per enfasi mista a distacco personale, quello del giurista Vladimir Gerard, che era stato compagno di studi, amore (adombrato secondo alcuni nel Romeo e Giulietta, in alternativa all'altro di Eduard Zak) e che forse aveva fatto parte del "giurì d'onore".[208][209] Il funerale termina alle cinque del pomeriggio del 9 novembre (calendario gregoriano). L'ultima persona a parlare è il tenore Nikolaj Nikolaevič Figner (aveva cantato alla prima de La dama di picche), che può solo dire, con le lacrime agli occhi e una voce tremante: "Addio, caro amico! Che la tua memoria possa vivere per sempre!". Gli assistenti del cimitero poi iniziano a spalare la terra sulla bara, mentre la folla si disperde solennemente[210].

Tra i numerosi commenti alla scomparsa, significativo quello di Lev Tolstoj: «Mi dispiace tanto per Čajkovskij… Più che per il musicista mi dispiace per l'uomo intorno a cui c'era qualcosa di non completamente chiaro. Quanto improvviso e semplice, naturale ed innaturale, e quanto vicino al mio cuore»[211].
La tomba del compositore si trova al cimitero Tichvin, situato nel monastero di Aleksandr Nevskij di San Pietroburgo, là ove sono sepolti molti altri artisti russi tra cui, emblematicamente, l'intero Gruppo dei Cinque.

«Sono sicuro che nelle mie opere appaio come Dio mi ha fatto e così come sono diventato attraverso l'azione del tempo, della mia nazionalità ed educazione. Non sono mai stato falso con me stesso. Quello che sono, buono o cattivo, lo debbono giudicare gli altri.»

[212]

Internazionalismo e varietà stilistica

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Čajkovskij mostrò un'ampia varietà stilistica, variando dalle composizioni per il balletto al genere della sinfonia, senza dimenticare e anzi coltivando assiduamente l'opera lirica.[213]

Diversamente dai compositori russi a lui contemporanei d'ispirazione nazionaliste, passati alla storia come il Gruppo dei Cinque, Čajkovskij rivelò nella sua musica uno spirito cosmopolita. Alcune sue creazioni, come le variazioni rococò, impiegano uno stile dichiaratamente d'ispirazione classicista, rifacendosi particolarmente a Mozart[214]. Diversamente dai colleghi russi, Čajkovskij studiò per tutta la vita e si formò su musica dell'Europa occidentale. Mozart fu il suo compositore prediletto, mentre è noto che non amasse particolarmente Bach[215] e Beethoven[216] e, specialmente, il Beethoven della maturità. Si ispirò anche agli operisti italiani (in particolare a Rossini[217], Verdi[218] e Bellini[219]), alla nuova scuola francese di Bizet[220] e Massenet[221], ai romantici tedeschi, fra cui Schumann[222] il più amato, e preferito a Johannes Brahms[223][224], da lui considerato un compositore mediocre[225]; riuscì così a dare alla sua arte un respiro decisamente internazionale. Nondimeno, le sue partiture presentano tratti talora distintamente russi, sia nella predilezione per il modo minore, sia soprattutto nel profilo delle melodie, talvolta ricavate dalla tradizione popolare o dalla liturgia ortodossa.

In questo senso, la sua figura di artista aperto, capace di assorbire e rielaborare qualsiasi linguaggio e qualsiasi forma musicale, è fondamentale sia in ambito romantico, sia per la comprensione del futuro percorso artistico di Igor' Fëdorovič Stravinskij, che non si stancò mai di spendere parole di elogio ed ammirazione, definendolo "il più russo di tutti i musicisti russi".[226][227] Egli disse infatti:

«Čajkovskij è molto facile e per questo motivo è stato considerato comune. In realtà, egli è il compositore più russo di tutti i musicisti del mio paese.»

Influenze popolari ucraine

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Molte composizioni di Čajkovskij si ispirano a temi o melodie della musica popolare ucraina o li incorporano. Fra questi, le opere Mazepa, Gli stivaletti, e Il fabbro Vakula; le sinfonie n. 2, Piccola Russia e n. 4; il Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in si bemolle minore; l'Ouverture 1812, il cui tema iniziale si basa sul primo modo del canto liturgico di Kiev.[228]

Orchestrazione

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Come altri compositori romantici, Čajkovskij si basò fortemente sull'orchestrazione per ottenere significativi effetti musicali. Iniziando con la terza sinfonia, egli sperimentò con una sempre maggiore varietà timbrica,[229] fra i molti aspetti della sua figura poliedrica di compositore, spicca la sua sensibilità timbrica. Čajkovskij seppe indagare le possibilità espressive degli strumenti tradizionali, fra cui i fiati, ricavandone suoni e impasti originali, raffinatissimi e divenuti inconfondibili esempi accademici di orchestrazione, in particolare nelle sinfonie.

L'importanza che egli attribuì ai colori dell'orchestra fu tale da relegare la produzione pianistica in secondo piano, nonostante la straordinaria fama guadagnata dal suo primo concerto per pianoforte e orchestra.[230]

Eredità

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È essenziale la collocazione storica del musicista e degli altri compositori russi suoi coevi, antecedenti e posteriori, giacché Čajkovskij fu risolutivo nel determinare l'influenza russa nella storia della musica europea di oltre due secoli.[231]

Grazie al mecenatismo di Nadežda von Meck, Čajkovskij poté dedicarsi a tempo pieno alla musica, forgiando il proprio stile personale, sviluppato nella sua ampia produzione, non contando neppure su una tradizione consolidata prima di sé. Egli, forte della sua preparazione accademica, volle creare una musica che riflettesse il carattere nazionale russo, mentre al tempo stesso fosse all'altezza della complessità della musica classica europea.[232] Così la sua anima cosmopolita permise alla sua musica di varcare i confini culturali della Russia e appartenere all'intera musica classica, determinando un posto per la Russia nella storia della musica europea.

Composizioni

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Composizioni di Pëtr Il'ič Čajkovskij.

Il vasto catalogo delle composizioni di Pëtr Il'ič Čajkovskij spazia attraverso tutti i generi, includendo sinfonie, opere, balletti, musica sinfonica, musica da camera e musica sacra.

Letteratura e cinema

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Pëtr Il'ič Čajkovskij nella letteratura e nel cinema.

Pëtr Il'ič Čajkovskij nella letteratura e nel cinema, come per altri artisti, è rappresentato in modalità di natura differente: dalla biografia più o meno in senso tradizionale (ma "diversa" a seconda dell'epoca in cui è stata stilata), alla biografia-romanzata o romanzo-biografico talora (come nel caso di quello di Klaus Mann, Sinfonia Patetica, 1935), al saggio-biografico, allo studio "scientifico" ed analitico. Le diversità in tal senso sono comprensibili e costituiscono un arricchimento alla conoscenza della materia.

  1. ^ Ciajkovskij, Petr Il´ic, in Enciclopedia dantesca, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970.
  2. ^ Bruno Migliorini et al., Scheda sul lemma "Ciaikovski", in Dizionario d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, 2010, ISBN 978-88-397-1478-7.
  3. ^ "Tchaikovsky". Random House Webster's Unabridged Dictionary.
  4. ^ Numerose sono le traslitterazioni del nome Čajkovskij: tra le più diffuse l'anglosassone (Tchaikovsky), la francese (Tchaïkovsky), la tedesca (Tschaikowski).
  5. ^ Le date di nascita e morte sono il 25 aprile 1840 e il 25 ottobre 1893 secondo il calendario giuliano, in vigore in Russia nel XIX secolo.
  6. ^ [1]
  7. ^ "L'omosessualità in Russia, era considerata «bestialità» e punita dall'articolo 995 del Codice penale con pene che andavano dall'esilio in Siberia, alla prigione e all'interdizione dal soggiornare nelle città della Russia europea", (Casini & Delogu, p. 485)
  8. ^ «Čajkovskij, negli ultimi anni di vita, sarebbe stato celebrato ovunque come il più grande compositore vivente russo-anzi, dopo Tolstoj, come il più grande tra i russi viventi.» (Brown, 2012, p. 33)
  9. ^ a b c Poznansky, Tchaikovsky: A Life, cap.I: 1840-1865, su en.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 20 novembre 2015.: 1840-1865.
  10. ^ Ilya Tchaikovsky, su wiki.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 20 novembre 2015.
  11. ^ Berberova.
  12. ^ a b c d Hofmann.
  13. ^ Il legame e peso affettivo tra Modest e il compositore sono stati ben espressi ad esempio dalla biografa Nina Berberova che per tutto il suo libro "Il ragazzo di vetro" (vedi "Bibliografia") parla di due vite parallele, con il fratello minore costante emulatore del maggiore in ogni aspetto intimo e pubblico, vizi e virtù inclusi.

    «Sono pazzo di fronte al fatto che non sei libero da nessuno dei miei difetti e questo è vero, vorrei trovare assente in te almeno uno dei miei tratti negativi, e non posso, mi assomigli troppo, e quando sono arrabbiato con te, sono di fatto arrabbiato con me stesso, tu fai sempre da specchio in cui vedo il riflesso di tutte le mie debolezze, di conseguenza puoi concludere che se provo antipatia per te, significa che lo sento per me stesso»

  14. ^ Dopo una giornata musicale il piccolo, la sera tarda, nel proprio letto piangeva nervosamente battendosi la testa: «Oh… la musica, la musica… Falla smettere! È qui, è qui. Non mi dà pace». (Casini & Delogu, p. 18)
  15. ^ Casini & Delogu, pp. 20-21.
  16. ^ Hofmann, pp. 14, 16, 19-20.
  17. ^ a b Chronology, su wiki.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 20 novembre 2015.
  18. ^ "...scoprì il piacere di vizi più o meno innocenti: il fumo e il bere, che in collegio erano largamente praticati anche se formalmente proibiti e severamente puniti..."Casini & Delogu, p. 22
  19. ^ Mioli.
  20. ^

    «Per molti le esperienze omosessuali costituivano solo una fase della vita, una sorta di apprendistato che si concludeva senza precludere una futura vita eterosessuale. Per altri [...] era la scoperta di una inclinazione definitiva»

  21. ^ http://en.tchaikovsky-research.net/pages/Tchaikovsky:_A_Life, introduzione e capitoli III e IV: 1877, 1877-1886, in "Tchaikovsky Research".
  22. ^ Utili pure le discussioni ed approfondimenti (con interventi di uno dei massimi biografi sul musicista, Alexander Poznansky) nel Forum del "Tchaikovsky Research".
  23. ^ Berberova, p. 41 e segg.
  24. ^ Il didatta venne interrogato dal padre del musicista dopo qualche mese dice Bellingardi, p. 24 nella propria biografia. "Ha orecchio, memoria, buone mani... Come musicista però è senza avvenire, risultando privo di quella vocazione al genio, che un compositore oggi proprio deve avere". In seguito Kjundinger, precisa Nicastro, p. 13 nel saggio proprio, dovette ammettere "a mio disdoro" di non aver saputo cogliere a suo tempo la stoffa del musicista in quel giovane
  25. ^ Berberova, p. 45.
  26. ^ Hofmann, p. 26.
  27. ^ Orlova, p. 6.
  28. ^ Hofmann, p. 21.
  29. ^ Casini & Delogu, p. 24.
  30. ^ http://en.tchaikovsky-research.net/pages/First_Thoughts#Anastasie-valse_(TH_119)
  31. ^ Nicastro, p. 5.
  32. ^ Nicastro, p. 12.
  33. ^ Places (i luoghi del musicista), su en.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 16 novembre 2015.
  34. ^ Robert C. Ridenour, La Russia di Musorgskij, in "Convegno Internazionale Musorgskij", Teatro alla Scala, Milano, 1981, pp. 1-8 e Valeria Esposito, Compositori italiani in Russia nel XVIII secolo, in "Rassegna sovietica", Roma 2-1985, pp. 180-188.
  35. ^ La storia della situazione musicale russa a quel tempo e della nascita della propria istituzione, è vivacemente raccontata da Anton Rubinštejn e riportata da Hofmann, pp. 27-28.
  36. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/At_Bedtime
  37. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/Allegro_ma_non_tanto_in_G_major
  38. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/The_Storm
  39. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/Overture_in_F_major
  40. ^ Tchaikovsky orchestra conductor, su tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Forum. URL consultato il 16 novembre 2015.
  41. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/Ode_to_Joy
  42. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/Six_French_Songs,_Op._65
  43. ^ I suoi 57 articoli scritti tra il 1868 e 1876, come altro materiale affine, sono a disposizione dell'appassionato in traduzione inglese su Tchaikovsky Research.
  44. ^ Casini & Delogu, pp. 80-81.
  45. ^ Anche un direttore come Arturo Toscanini che non aveva mai particolarmente gradito il musicista russo, scrisse dopo un'esecuzione della "Patetica" nel 1938, «che l'ultimo movimento [fosse] non solo bello ma profondamente ispirato». Toscanini aveva diretto la prima italiana di Evgenij Onegin nel 1900 alla Scala di Milano, ma l'aveva preceduto all'estero il rivale Gustav Mahler. Del resto Toscanini non diresse mai nessuna sinfonia del musicista russo, ad eccezione appunto della Sesta che incise anche. Diresse ed incise tuttavia altre sue composizioni. Il ciclo del "Fato" fu realizzato, ed è rimasta la registrazione, dall'"allievo" Guido Cantelli, con la stessa orchestra di Toscanini, la NBC Symphony Orchestra, in un'interpretazione che ha movenze toscaniniane. Le notizie qui riportate sono essenzialmente nel volume a cura di Harvey Sachs, 2003.
  46. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/String_Quartet_No._1
  47. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/String_Quartet_No._2
  48. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/String_Quartet_No._3
  49. ^ (EN) Brett Langston, Tchaikovsky's Piano Concerto No. 1, su tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research, giugno 2013. URL consultato il 26 novembre 2015.
  50. ^ Warrack 1994, passim.
  51. ^ The Bayreuth Music Festival, su en.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 22 novembre 2015.
  52. ^ Per la Carmen di Bizet scrive: «Ritengo che sia uno chef-d'oeuvre nel pieno significato del termine, cioè una di quelle poche cose destinate a riflettere in sé, al più alto grado, le aspirazioni musicali di un'intera epoca» (Orlova, p. 203). Pochi giorni prima della propria morte, la sera del 21 ottobre 1893, il musicista assisterà ad una recita al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo dell'opera di Bizet dicendo ad un amico:"Potrei ascoltare quell'opera ogni giorno!". Per Wagner: «Sono venuto via [dalle recite del Ring, ndr] con il dubbio sulla validità della concezione di Wagner sull'opera [...] ma allo stesso tempo con il desiderio di continuare i miei studi su questa musica, la più complessa che sia mai stata scritta...In ogni caso L'anello dei Nibelunghi è uno degli eventi più significativi della storia dell'arte» (Orlova, p. 57). Čajkovskij ascoltò pressoché tutte il repertorio wagneriano, ma le sue riserve furono sempre molto ampie.
  53. ^ a b (EN) Nadezhda von Meck, su en.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 15 dicembre 2015.
  54. ^ von Wolfurt, p. 18.
  55. ^ Seroff, p. 29 e segg.
  56. ^ La morte del marito, secondo molti biografi (vedi Warrack 1973, pp. 103-104) per attacco cardiaco, avvenne dopo che la secondogenita Aleksandra, per gelosia, ebbe rivelato al padre che l'ultimogenita, era nata dalla relazione della moglie con il segretario del marito. La stessa Aleksandra rivelerà un giorno alla madre dell'omosessualità del musicista, sebbene la tradizione familiare abbia voluto che questa fosse una "rassicurazione" che nessun'altra donna contasse nella vita di Čajkovskij all'infuori di lei, Nadežda. Warrack riflette che peraltro tale rivelazione sulle inclinazioni del musicista, se mai fu davvero fatta, potrebbe essere stata una piccola o nulla sorpresa, per una donna tanto attenta a scoprire e capire lati intimi del suo artista.
  57. ^ Aiutò anche Nikolaj Rubinštejn e Claude Debussy che diciottenne entrò al suo servizio come pianista ed insegnante dei figli.
  58. ^ Victor I. Seroff, Debussy, traduzione di it. di Mara Andreoni, Milano, Nuova Accademia Editrice, 1960.
  59. ^ Quanto "sereno" tuttavia è sempre stato un motivo di dibattito, sulla base peraltro dei documenti diretti. Lo studioso David Brown (dal collega Alexander Poznansky) ha riportato una sconcertante annotazione da una lettera di Čajkovskij al proprio fratello Modest, che descrive l'incontro con un giovane prostituto nel febbraio 1879 a Parigi e le reazioni ambivalenti e auto giudicanti dell'artista: prima la passione erotica, il giorno appresso il biasimo sul proprio comportamento.

    «Un letto, un miserando e piccolo baule, un tavolo piccolo e sudicio con una candela ormai consumata, poche paia di pantaloni consunti e una giacca [...]. Eppure [...] mi sembrò che questa miserabile cella fosse il centro della felicità umana [...]. Là ci furono ogni sorta di tenerezze, [...] poi mi prese una frenesia per la felicità amorosa e provai un piacere incredibile [...]. Il giorno dopo il musicista proseguiva e precisava: Mi svegliai preda del rimorso e con una piena consapevolezza della disonestà e dell'esagerata considerazione della felicità provata ieri, [...] non è stata altro che una forte inclinazione sessuale fondata sulla corrispondenza con le capricciose esigenze del mio gusto [...] Dio mio, quanto è pietoso il suo stato [si riferisce al ragazzo]... E invece di aiutarlo a migliorarsi, ho soltanto contribuito a spingerlo ancora più in basso»

  60. ^ Iosif Kotek, su en.tchaikovsky-research.net. URL consultato il 24 marzo 2016..
  61. ^ Si legga anche una chiarificatrice lettera a Modest su questo rapporto (ma anche più in generale a proposito dell'omosessualità del compositore) nella biografia on-line di Poznansky, capitolo anno 1877, Tchaikovsky: A life.
  62. ^ Maria Delogu (n.1939), nel libro scritto assieme al marito, è davvero prodiga di nomi, date, luoghi ed avvenimenti circa la folta schiera di amori maschili di Čajkovskij; da tali notizie si evince la predilezione verso giovani in cui il musicista vedeva un proprio riflesso ma indice anche di una naturale rincorsa alla giovinezza (Casini & Delogu, p. 179).
  63. ^ Casini & Delogu, p. 179.
  64. ^ Casini & Delogu, p. 182.
  65. ^ L'intera Bibliografia mondiale ha sempre sottolineato le ricorrenti "necessità materiali" che il compositore mantenne per tutta la vita, più pronunciate ovviamente in età giovanile, e che l'arrivo della von Meck coi suoi finanziamenti risolse non poco. Ma va detto anche con Marina Moretti che "Pëtr Il'ič non condusse mai una vita sregolata. Tutti i suoi debiti erano dovuti all'aiuto costante che egli dava ai suoi fratelli gemelli Modest e Anatolij. Inoltre egli pagava gli studi al conservatorio ad alcuni suoi allievi. Non gli era difficile trovare chi gli prestava del denaro: aveva entrate fisse ed era preciso nei conti: Ma a volte i debiti si accumulavano, e questo era avvenuto nel 1877". (Marina Moretti, Pёtr Il’ič Čajkovskij, Lettere da Sanremo (1877-1878), Varese, Zecchini Editore, 2022, nota 10 alla pag.8).
  66. ^ Correspondence with Nadezhda von Meck, su wiki.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 20 novembre 2015.
  67. ^ (RU) selezione di 497 lettere, divise per anno, tra i due, Č. alla v.M. e viceversa
  68. ^ Poznansky e Langston, vol. 2.
  69. ^ I dati sul numero complessivo di lettere scambiate sono stati variamente riportati dai biografi. In Seroff, 1960, p.29 sgg., nelle pagine esplicite sulla von Meck e il musicista parla di "oltre duemila [lettere], di cui ne furono pubblicate milleduecento". Il numero abnorme di dodicimila, citato in Casini & Delogu, p. 179, riconfermato tuttavia indirettamente ivi ("migliaia e migliaia di lettere") è ambiguo, ma questo varrebbe anche per il numero totale dell'intero carteggio del compositore a tutti i suoi corrispondenti. Il punto è controverso in quanto in alcuni autori (Hofmann, Seroff) si accenna a distruzione o perdita dell'enorme epistolario generale: per Langston, che nega peraltro ammanchi o scomparsa dello stesso, il totale sarebbe di oltre cinquemila lettere.
  70. ^ (EN) New Russian Edition of Tchaikovsky's Correspondence with Nadezhda von Meck, su tchaikovsky-research.net, 8 giugno 2013. URL consultato il 26 novembre 2015.
  71. ^ Per il carteggio superstite o comunque sia tra compositore e la von Meck è stata iniziata una nuova edizione russa[70]. Tchaikovsky Research si prefigge la graduale pubblicazione on-line entro il 2018 di tutte le lettere superstiti, ed entro il 2020 la loro traduzione in lingua inglese.
  72. ^ Come egli stesso ha lasciato scritto in uno dei suoi Diari; riportata da Tammaro,  2008, p. 42 e nota collegata).
  73. ^ (EN) Diaries, su en.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 21 novembre 2015.
  74. ^ Sebbene dati di un'epoca in cui lo scrivere era una necessità, il musicista ha suscitato lo stupore di molti su come riuscisse a trovare il tempo per una vita fatta di accurata composizione musicale, viaggi, incontri, rapporti personali e tanto tempo speso nella corrispondenza: si pensi che l'amico e critico musicale Herman Augustovič Laroš (1845-1904)[3] ricevette circa 4.000 (quattromila) lettere da lui (Hofmann, p. 90). L'artista passava diverse ore impegnato nello scrivere lettere e nell'Opera Omnia esse occupano numerosi volumi. Ogni dieci anni circa, afferma Langston, saltan fuori, tuttavia, in aste pubbliche, una dozzina di "nuove" lettere, con conseguente variazione del numero totale. Vedi l'intervento di Brett Langston del 22 luglio 2009 sul "Forum" del "Tchaikovsky Research". Per quanto detto sopra il numero generale globale delle sue missive appare incerto. Del resto appare altresì ovvio e comunque possibile che tante sue lettere ai numerosi propri corrispondenti siano andate, nel tempo, perdute alla destinazione.
  75. ^ L'epistolario čajkovskijano è davvero di enorme e sorprendente interesse, per comprendere a fondo i risvolti artistici ed umani del musicista, ma ci si deve rifare soprattutto alle fonti in russo o alle pur esistenti, sebbene parziali, traduzioni occidentali, avendo cura di evitare i limiti dei troppo "riciclati" estratti di molta bibliografia.
  76. ^ News and Features, su tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 16 novembre 2015.
  77. ^ Letters: sezione aggiornata sul complessivo numero di lettere "ad oggi", su wiki.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 20 novembre 2015.
  78. ^ Tchaikovsky Researcɦ
  79. ^ https://www.risorgimentofirenze.it/villa-bonciani-la-residenza-fiorentina-del-musicista-russo-chaikovsky/
  80. ^ Seroff, p. 30.
  81. ^ Anche in Seroff, p. 39. Dal matrimonio nacque la figlia Galina N. von Meck, nata nel 1891 e vissuta sino al 1985, la quale conservò (e scrisse) memorie non poche degli avvenimenti delle famiglie, ormai di fatto fuse tra loro.
  82. ^ I discendenti attuali (secolo XX/XXI) della famiglia von Meck nel 2015 hanno aperto un proprio sito su Internet che relaziona con dettagli diversi sulla storia della casata: http://www.von-meck.info/.
  83. ^ Hofmann, pp. 8-9.
  84. ^ In una lettera alla stessa von Meck, del 1º marzo 1878. Tale documento, citatissimo, è tuttavia variamente riportato dalla bibliografia. Qui è stata trascritta la versione - attendibilissima - di Orlova, pp. 109-111, 1990. Si può anche vedere il testo completo con esempi musicali originali riproposti, nel sito in lingua inglese "Tchaikovsky Research".
  85. ^ Hofmann, pp. 93 e 143-144.
  86. ^ Orlova, p. 65 e ss.
  87. ^ Orlova, p. 68.
  88. ^ Orlova, p. 67.
  89. ^ Poznansky, Tchaikovsky: A Life, anno 1877, nota 41 ivi., su en.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 20 novembre 2015.
  90. ^ Tammaro, p. 181.
  91. ^ E tale parallelo risulterebbe testimoniato a posteriori nelle memorie tarde della stessa moglie (Tammaro, p. 181, nota 17).
  92. ^ Orlova, p. 70.
  93. ^ von Wolfurt, p. 71.
  94. ^ Orlova, pp. 73-74; ma qualche biografo, lo ridimensionerebbe, vedi le discussioni sul Forum del Tchaikovsky Research.
  95. ^ von Wolfurt, pp. 56-63 e 69.
  96. ^ Modest ha lasciato delle "Memorie" proprie inedite, ricche di particolari sconosciuti, che la musicologa Aleksandra Orlova ha avuto modo di visionare a Klin (Bellingardi, p. 18).
  97. ^ von Wolfurt, pp. 60-61.
  98. ^ Hofmann, pp. 6-7.
  99. ^ Tammaro, p.182.
  100. ^

    «La sua musica più patetica e straziante nacque appunto dalla coscienza di essere dannato. Nel nostro secolo sorridente e più indulgente, verso tutte le inversioni, dello spirito e del corpo, Čajkovskij non avrebbe trovato la molla che fece scaturire la sua più bella musica: il senso di colpa e della sua solitudine irrimediabile»

  101. ^ Vedi: http://en.tchaikovsky-research.net/pages/Diaries.
  102. ^ a b Leonetta Bentivoglio, Ciajkovskij, l'avvelenata, in la Repubblica, 24 aprile 1993, p. 33 (sezione: Cultura). URL consultato il 27 settembre 2008.
    «...negli scritti può rivelarsi anche meschino, vittimista, avido, dissipatore, colpevolizzante, afflitto da manie di persecuzione, ingeneroso...»
    Anche lo storico Hofmann del resto non ha esitato ad osservare tratti così negativi.
  103. ^ Nella bibliografia specialistica del resto è stato altresì puntualmente posto il quesito sullo stato mentale del musicista e l'analisi accurata degli eventi biografici, delle lettere, del diario e testimonianze coeve è sempre fonte di discussione. Alexander Poznansky ha dedicato un'intera vita a confermare o confutare con pignoleria-spesso rimproveratagli a livello internazionale-questo ed altri aspetti.
  104. ^ Goléa, p. 76.
  105. ^ Holden, p. 126.
  106. ^ Antonina Tchaikovskaya in "Tchaikovsky Research".
  107. ^ Nicastro, p. 137 e segg.
  108. ^ Tammaro,  p. 181, nota 17.
  109. ^ Commento di Poznansky nel capitolo "1877-1886".
  110. ^ Anche il film del 2022 del russo Kirill Semënovič Serebrennikov lavora sulla figura della moglie per scrutare il difficile universo čajkovskiano.
  111. ^ Orlova, p. 76.
  112. ^ Bellingardi, "Gli orientamenti della critica", pp. 194-202.
  113. ^ Tammaro,  p. 108.
  114. ^

    «E se c'è un compositore che come lui abbia saputo esprimere la dolorosa contraddittorietà dei rapporti col passato e col presente della vita e dell'arte da parte di un'anima inquieta, instabile, psicologicamente fragile e complessa questo è proprio Mahler, che pur nella chiara discendenza da Wagner (idealmente anche da Beethoven) e nella manifesta modernità del linguaggio timbrico e armonico si è spesso ispirato al sorgivo canto popolare boemo, quindi slavo e prossimo al russo, e come il collega più anziano di vent'anni e scomparso a 53 anni (lui a 51) è stato anche tacciato di ostentazione, di sfrenatezza emotiva, di troppo manchevole senso del pudore personale»

  115. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/Suite_No._1
  116. ^ Le quattro "Suite" scritte da Čajkovskij tra il 1878 e il 1887, rappresentano un lato produttivo molto particolare del musicista, con il loro carattere estremamente slegato dagli "obblighi" formali della sinfonia come pratica allora più usata in musica. Gli consentivano una libertà e varietà tanto strutturale che creativa a lui gradita e confacente. Tali sue produzioni non sono da confondere con le "Suite" dai suoi propri balletti, ma vanno collocate nella più ampia accezione del termine "Suite". Sulla rilevanza che esse rivestono nell'opera čajkovskiano molto chiarificatore il capitolo IX nel saggio di Tammaro e quanto compare nella Voce a proposito della sua Suite n.3.
  117. ^

    «Firenze è diventata la mia città preferita tra tutte quelle straniere... Che cara città [...]! Più a lungo ci vivi, più l'ami.»

  118. ^ Orlova, per l'edizione italiana del suo libro, pp. XXIII-XXIX, ha scritto un capitolo aggiuntivo proprio sul rapporto affettivo del musicista verso l'Italia. Čajkovskij imparò abbastanza bene l'italiano scritto, parlandolo meno bene. Oltre Firenze, visitò Roma, Napoli, Venezia, Milano e non solo. Vedi in Places, su en.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 23 marzo 2016.
    Da ricordare che questo interesse per l'Italia come "luogo di delizie" era certo non sconosciuto all'epoca agli stranieri (Casini & Delogu, pp. 210-211). Nel caso del musicista è abbastanza noto l'episodio connesso ad un cantore, e alla romanza che vi è legata Pimpinella[4] (op. 38, n. 6). Ma il suo miglior ricordo e testimonianza dell'amore italiano fu nella scrittura del Sestetto per archi in Re minore sottotitolato Souvenir de Florence, op. 70, 1890 che realizzava un progetto di qualche anno prima.
  119. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/Piano_Trio
  120. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/Suite_No._2
  121. ^ Čajkovskij, Wagner and his music, su wiki.tchaikovsky-research.net, The New York Morning Journal, 3 maggio 1891. URL consultato il 20 novembre 2015.
  122. ^ Casini & Delogu, p. 220.
  123. ^ Orlova, p. 221.
  124. ^ Orlova, p. 183.
  125. ^ Casini & Delogu, p. 332.
  126. ^ Casini & Delogu, p. 337.
  127. ^ Mahler scrive la sua Prima sinfonia, Strauss il poema sinfonico Don Giovanni, Franck la Sinfonia in Re minore e Rimskij-Korsakov Sheherazade
  128. ^ Bellingardi, p. 37.
  129. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/Suite_No._4
  130. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/Ivan_Vsevolozhsky
  131. ^ Warrack, 1994, p. 50.
  132. ^

    «Più che ai riferimenti tonali o alla concezione di un piano tonale su larga scala, l'attenzione è rivolta all'equilibrio ed al contrasto»

  133. ^ André Lischke, riporta queste parole di chiusa della von Meck: «Addio, mio caro, incomparabile amico. Non dimenticate quanto il mio amore per voi sia infinito» (Tammaro,  p. 256).
  134. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/Pyotr_Jurgenson
  135. ^

    «Sono molto, molto offeso… Vorrei che fosse rovinata al punto di avere bisogno del mio aiuto… Dopo tutto so perfettamente che dal nostro punto di vista lei è ancora immensamente ricca. In poche parole, tutto è diventato soltanto un affare squallido e sordido: me ne vergogno e sto male.»

  136. ^ Testimonianza «a suo tempo formulata dall'entourage čajkovskiano, secondo cui Pachul'skij, il compositore e violinista di casa von Meck in seguito divenuto marito di Julia v. M. e pertanto genero di Madame, avrebbe occultato la quasi totalità delle lettere inviatele da Čajkovskij, negli ultimi tempi (pare per screzi di natura professionale col compositore)». (Nicastro, p.219)
  137. ^ Aggiunge David Brown che Wladislaw Pachul'skij «aveva raggiunto una posizione strategica... [e] nonostante trasmettesse a Čajkovskij messaggi cordiali da parte della suocera, il divieto di qualsiasi comunicazione diretta rimase assoluto». (Brown,  p.365)
  138. ^ Modeste (Ilich) Tchaikovsky, The life & letters of Peter Ilich Tchaikovsky; edited from the Russian with an introduction by Rosa Newmarch, London, 1905, p. 617.
  139. ^ «I familiari di Nadežda von Meck sapevano...che Čajkovskij...guadadgnava denaro in quantità assai notevole. Quei figlioli che non riuscivano mai a far bastare le loro rendite e che, con gran disperazione della signora Nadežda, dilapidavano incoscientemente le loro sostanze, ebbero certamente a lagnarsi con la madre per le somme pagate all'amico, sottolineando che costui non aveva più ormai bisogno di aiuti materiali». (von Wolfurt, p.281)
  140. ^ Uno dei suoi figli prediletti, Vladimir, era ammalato e morì nel 1892: per inciso aveva contribuito non poco al dissesto economico della madre (von Wolfurt, p. 237).
  141. ^ «Quello che Čajkovskij non sapeva, e che non si è saputo all'infuori della famiglia di lei, fu che entrambi erano stati vittime di una catena di malintesi. In primo luogo, Nadežda von Meck, aveva un grosso problema finanziario, notevolmente maggiore di quanto lei ammetteva, essendo stata ricattata dal genero Širinskij sull'illegittimità di sua moglie Miločka» "Miločka" era l'ultima figlia della baronessa nata dalla relazione adulterina con il segretario (Alexander Yolshin) del marito barone von Meck. (Warrack,  p.242)
  142. ^ La versione ricostruita degli avvenimenti fatta da parte del figlio di madame Nikolay von Meck, 10 anni dopo la morte del musicista, in una lettera all'amico di Čajkovskij Nikolaj Dmitrievič Kaškin, insisteva sul senso di colpa della madre, nel momento sia del dissesto economico, sia-soprattutto-della malattia mortale del fratello maggiore Vladimir: «lei non si considerava in diritto di continuare qualsiasi forma di relazione, dal momento che il destino l'aveva crudelmente punita...»;(EN) Nadezhda von Meck, su wiki.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 29 gennaio 2017.
  143. ^ Warrack, 1973, p. 269.
  144. ^ Altre versioni affermano che il musicista pronunziasse proprio il nome della von Meck, ora maledicendola, ora invocandola (Berberova). Tuttavia, nella ridda di notizie, una sorta di "chiarimento" tra la von Meck e Čajkovskij sarebbe forse avvenuto (da lontano) poco prima della morte del musicista, non direttamente ma attraverso la nipote Anna, la figlia di Aleksandra I. Čajkovskij, quella che aveva sposato uno dei figli della von Meck (BrownThe Final Years,1885-1893, pp. 292-3; ripresa anche da Bellingardi, p. 38). Se ciò fosse davvero avvenuto, la versione di Warrack avrebbe una sua logica. Ma tutto è ormai entrato nella leggenda.
  145. ^ Non è un caso se fu amata da Mahler (Bellingardi, p. 82). Su di essa e le sue variegate implicazioni, nella produzione del musicista si vedano: Nicastro, p. 230 e segg., Hofmann,  pp. 150-1, Tammaro, passim.
  146. ^ Orlova, p. 178.
  147. ^ Tchaikovsky Forum : Bob, su tchaikovsky-research.net. URL consultato il 17 novembre 2015.
  148. ^ In Tammaro, p. 320, nota 40, op. cit., vedi "Bibliografia"
  149. ^ Casini & Delogu, pp. 215, 364 e passim.
  150. ^ Rictor Norton, The great Queens of History, 2002-2005.
  151. ^ (EN) Endorsement of Thomas Edison's "Phonograph", su en.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky-Research. URL consultato il 15 dicembre 2015.
  152. ^ Lettera al nipote Bob, in Bellingardi, p. 38
  153. ^ Orlova, pp. 386-390.
  154. ^ Orlova, pp. 396-397.
  155. ^ Si sa per certo (dalla biografia del fratello Modest ma anche dai discendenti di Mascagni), di un mancato incontro tra i due musicisti. Si veda: [5] ed anche: [6]
  156. ^ Nicastro, pp. 239 e 242 nota 3.
  157. ^ (RU) Композитор Пётр Ильич Чайковский (Tchaikovsky: La vita e l'opera), su tchaikov.ru, Belcanto Tchaikovsky. URL consultato il 17 novembre 2015.
  158. ^ L'intenzione di produrre una nuova sinfonia daterebbe già tra la fine del 1889 e la metà del 1890; una grande sinfonia in tre parti, dedicate rispettivamente alla vita, all'amore e alla morte (Casini & Delogu, p. 457). Il "seguito" alla Quinta sinfonia fu piuttosto tormentato, come si vedrà, fatto di ripensamenti ed indecisioni, segno più che del proprio tradizionale carattere, delle tensioni che l'artista provava nel voler comporre un lavoro del tutto particolare, come poi, alla fine, sarebbe stata la Patetica.
  159. ^ Orlova, p. 406.
  160. ^ Tammaro,  p. 257 e segg.
  161. ^ Particolarmente rilevanti alcune dichiarazioni dello stesso autore in merito alla sua sinfonia ultima: «ho in essa riposto tutta la mia anima», «ed essa è penetrata da un carattere che resterà per chiunque altro un enigma» (Tammaro, p. 262 e capitolo XII). Tipica contraddizione čajkovskijana dalla critica ampiamente osservata: «...un'intenzione, invero un po' civettuola» (Tammaro, p. 266) riproponendo il commento di Mario Bortolotto per cui «È evidente che un programma taciuto non è più tale». Aveva forse ragione il fratello Modest per cui il musicista nel momento compositivo, andava a compiere un esorcismo per cacciare tutti gli oscuri dèmoni, che lo possedevano da molto tempo (Hofmann, p. 266). Del resto se il programma non fu di fatto pubblicato esso apparve sufficientemente leggibile a parenti ed amici, quantomeno ad opera eseguita ma non soltanto. Da tempo ormai l'artista manifestava un disagio esistenziale, un presagio della propria fine (Hofmann, p. 160). Peraltro in un autografo conservato a Klin, esiste un appunto sulla sua articolazione: "Il motivo sotterraneo è la Vita, con la sua antitesi in essa connaturata: il primo movimento è soltanto passione, fiducia, slancio vitale, il secondo movimento raffigura l'amore; il terzo la fine delle illusioni per l'incalzare minaccioso delle forze del male, il quarto è la Morte, cioè l'annientamento della Vita" (Bellingardi, p. 131). Ma poi probabilmente «il programma doveva rimanere segreto anche perché non del tutto chiaro allo stesso Čajkovskij, per il quale la composizione era in fondo un lavoro di autoanalisi, di introspezione...» (Tammaro, p. 266). E non oltre che una curiosità poi l'interpretazione del premuroso Modest, sul discusso programma, in una lettera del 1907 ad un musicologo ceco, con candida ammissione di reale ignoranza (Tammaro, p. 267). Quindi corrette le proposte appena citate di una ricerca intima o - più crepuscolarmente - il rituale per liberarsi dai fantasmi di un'intera vita. Non peregrina in conclusione la proposta di una «confessione musicale di un nichilista che vorrebbe sbarazzarsi di tutto ciò che di malvagio vi è in lui, dal momento che la sua musica implica il rifiuto di ogni consolazione, si tratti di felicità umana o religiosa - ed ugualmente la derisione di tutti i valori» (Hofmann, p. 160).
  162. ^ Hofmann, ultimo capitolo.
  163. ^

    «Se la Patetica avrebbe dovuto essere, secondo il suo autore, un mistero da decifrare, deve dirsi, invece, che nulla vi è di più impietosamente solare nelle linee gravide di contrasto e lutto di questo opus del commiato: il "senso della tragedia", sottolineato da Šostakovič...»

  164. ^   (RU) La "Pathétique" de Tchaikovski, (La "Patetica" di Čajkovskij), su YouTube, Live Novosibirsk Philharmonic.
  165. ^ Orlova, pp. 410-411.
  166. ^ Tammaro, p. 269.
  167. ^ https://en.tchaikovsky-research.net/pages/Andante_and_Finale
  168. ^ L'allocuzione finale della cerimonia avvenne in latino e può essere ritrovata in Mary Tibaldi-Chiesa, Ciaikovsky, Milano, Garzanti, 1943, p. 407.
  169. ^ Si trattò del primo concerto della XXXV stagione della Società musicale russa a San Pietroburgo. Secondo il critico Victor Kolomiytsov, che era tra il pubblico: "quando Čajkovskij apparve in scena-come al solito era un po' imbarazzato e nascondeva la sua ansia con movimenti esagerati. L'intera sala della nobiltà, piena di persone, lo salutò con una lunga ovazione e l'orchestra gli fece un tributo particolare, anche se, a quanto pare, non c'era un motivo specifico per una tale festa e gioia... Quando tutto si placò, Čajkovskij mise i suoi occhialetti da vista, e con gesto sicuro aprì la partitura del manoscritto della Sinfonia che stava sul leggio del direttore, batté con la propria bacchetta su esso, e i suoni della "Patetica" si riversarono per la prima volta...". Durante l'intervallo, attorno alle 21, dopo che la sinfonia era stata eseguita con una accoglienza educata ma poco convinta, Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov chiese all'autore se la composizione avesse un programma. Čajkovskij rispose che certo, essa lo possedeva, ma che non l'avrebbe divulgato. Il concerto riprese con molta altra musica (è poco noto), tra cui il celebre Concerto per pianoforte n.1, interpretato dalla pianista tedesca Adele Aus Der Ohe (1861-1937) [7]. Era ben la quarta volta che l'allora celebre esecutrice suonava il concerto sotto la direzione del compositore (la prima volta era stato all'inaugurazione della Carnegie Hall a New York nel maggio 1891). La pianista alla fine sullo scròscio degli applausi si avvicinò al podio direttoriale, prese la mano di Čajkovskij, per indicare che il tributo andava verso l'autore e non a lei (così le cronache dei giornali). Il compositore lasciò la sala dei concerti con Aleksandr Konstantinovič Glazunov, col quale si lamentò amaramente che la sinfonia non aveva avuto molto successo specie fra gli orchestrali. Ma pur riconoscendo che lui stesso seppur tendesse sempre ad essere deluso dopo la prima esibizione delle sue opere, questa volta era compiaciuto della sua nuova creatura. ("Tchaikovsky Research", da Poznansky et a.)
  170. ^ Misterioso, ma non per il sessuologo britannico Henry Havelock Ellis che definì la sinfonia «una tragedia omosessuale», come riporta il critico americano Harold Schonberg, I grandi musicisti, Milano, Mondadori, 1971, p. 298.
  171. ^ Ma addirittura lo specialista Alexander Poznansky favorevole a credere alla "versione ufficiale" per l'appunto, ha pure osservato la stranezza del comportamento del fratello minore in quei frangenti:

    «Nel fatidico giorno in cui Čajkovskij si ammalò di colera, Modest, troppo preoccupato per le prove del suo ultimo lavoro teatrale [che stava per andare in scena], non prestò sufficiente attenzione ai sintomi allarmanti e lasciò il fratello per alcune ore cruciali senza assistenza medica, cosa che ritardò l'urgenza di una diagnosi e quindi indirettamente contribuito al tragico risultato. Il senso di colpa di Modest è responsabile di sottili distorsioni e omissioni che vanificano il suo lungo resoconto degli ultimi giorni di Čajkovskij e lo rendono inaffidabile»

    La sera stessa dopo i funerali del musicista, il fratello Modest si recò al Teatro Aleksandrinskij per la prima del proprio lavoro: la recita non venne annullata e i contemporanei lo rimarcarono come segno di insensibilità (Poznansky).

  172. ^ Nella biografia il fratello del compositore quando nomina se stesso, lo fa in terza persona.
  173. ^ (EN) Modeste (Ilich) Tchaikovsky, The life & letters of Peter Ilich Tchaikovsky, introduzione di Rosa Newmarch, Londra, 1905, p. 723.
  174. ^ Bellingardi, pp. 15-16.
  175. ^ Quattro servizi di Requiem si svolgono nell'appartamento il 9 novembre (calendario gregoriano), a mezzogiorno, ore una, due e sei del pomeriggio. Il giornale "Tempi nuovi" segnala che un migliaio di persone visitano la salma." L'umore dei visitatori è reverenziale. Ognuno parla in un sussurro, come se avesse paura di disturbare l'eterno torpore del compositore... La stanza è metà in ombra, con due lampade che bruciano negli angoli e le candele di cera che tremolano vagamente intorno alla bara. Le camere adiacenti sono piene anche di persone, e anche lì tutto, da uno specchio girato contro il muro ad un pianoforte con la sua tastiera chiusa, ricorda i tristi eventi. L'ottomana su cui è morto il defunto si trova nello stesso punto, ma nessuno ci si siede... Sulla bara giace un cuscino di velluto nero con l'ordine di San Vladimiro, quarta classe, e una massa di corone coprono quasi la metà della bara". ("Tchaikovsky Research", da Poznansky et a.)
  176. ^ Casini & Delogu, p. 490.
  177. ^ a b c Orlova, p. 418.
  178. ^ Berberova, prefazione alla riedizione 1987, pp. 18-20.
  179. ^ Egualmente Poznansky rifiuta la possibilità di questa "punizione" proprio per un uomo tanto in gloria come il musicista ([9] in "Tchaikovsky Research").
  180. ^ Vasilij Bernardovič Bertenson-il primo medico chiamato a consulto-ricordò nelle sue memorie del 1912ː"Pëtr Il'ič, nonostante gli spasmi causati dalla sua terribile malattia lo tormentassero ormai di continuo, mi accolse con alcune parole che sono caratteristiche della sua sincera gentilezza e della sua delicatezza di sentimenti. «Povero Vasilij Bernardovič», mi disse, «ti piace così tanto la musica, e sono sicuro che stavi progettando di andare all'opera. Stasera, tra l'altro, mettono in scena il Tannhäuser [al Teatro Mariinskij]. Ma invece hai dovuto venire da me, dal noioso e ripugnante Čajkovskij, che, per giunta, è malato di una malattia così poco interessante...», in Poznansky, 1996
  181. ^ Holden, p.391
  182. ^ Poznansky 1991.
  183. ^ Poznansky 1996.
  184. ^

    «In questi ultimi giorni non era né molto allegro, e neppure depresso. Nella cerchia dei suoi amici intimi era contento e gioviale; tra estranei era, come al solito, nervoso ed eccitato e, col passare del tempo, stanco e noioso. Ma nulla ha dato il più piccolo accenno della sua prossima fine. [...] Il primo novembre è andato a vedere la commedia di Ostrovskij, Un cuore caldo, al Teatro Aleksandrinskij. Durante l'intervallo è andato a trovare l'attore Varlamov nel suo camerino. La conversazione si spostò sullo spiritismo [e la morte] [...] "C'è un sacco di tempo", diceva Čajkovskij "Ma prima o poi dobbiamo fare i conti con questo orrore camuso, verrà a strapparci via appena lo vorrà. Quanto a me sento che vivrò a lungo!"»

  185. ^ Casini & Delogu, pp. 10-11.
  186. ^ Maria Rosaria Boccuni, in una nota dell'edizione italiana del libro della Orlova, posta a p. XXXI del volume citato, scrive che al Museo di Klin si conservasse in un cofanetto una lettera contenente la verità sulla vicenda e che avrebbe dovuto essere aperta soltanto cent'anni dopo la morte del musicista (quindi nel 1993). Durante la guerra, il materiale fu prudenzialmente posto al riparo (i tedeschi entrarono comunque a Klin nelle stanze mettendole a soqquadro). Il cofanetto tuttavia non fece ritorno al museo. La Boccuni precisa che la fonte della notizia risaliva ad uno dei nipoti di Čajkovskij. La cosa interessante è che la Boccuni aggiunge di aver nel 1991 personalmente chiesto notizie del cofanetto e della lettera all'allora responsabile del Museo di Klin. E scrive testualmente: «Il diniego è stato immediato e fermo. Nessun cofanetto, nessuna lettera». A solo titolo di curiosità si può far notare, sulla scorta di quanto riporta la bibliografia anglosassone in proposito e sulle presunte, innumerevoli cause del decesso, che l'arsenico lascia tracce nel corpo umano per un centinaio d'anni circa. È stato, ovviamente, avanzato il "suggerimento" di un'esumazione (Holden), cosa peraltro che appare tuttavia "difficile" per molteplici e comprensibili motivazioni. Quindi, mancando prove inconfutabili, appare evidente che nessuna conclusione definitiva può esser stilata e che mai potrà conoscersi la vera fine del compositore, restando viceversa ampio spazio alle supposizioni e giochi "polizieschi" .
  187. ^ (EN) Pride of Prejudice, BBC Radio 3, 1993.
  188. ^ (EN) Anthony Holden, Omnibus: Who Killed Tchaikovsky?, BBC 1, 1993.
  189. ^ L'ultima parola veniva data a David Brown che non esitava in quella sede: "Per me, non c'è dubbio che si sia suicidato ... ". Poco prima dell'estremo intervento dello storico inglese, il responsabile del Museo di Klin precisa di dubitare fortemente che negli archivi vi sia ancora qualcosa che getti più luce su come il musicista sia morto. E per parte propria un altro studioso è sicuro-in base alle proprie ricerche-che Čajkovskij "morì di colera", pur ammettendo candidamente: "Naturalmente, non possiamo mai dire il cento per cento se non abbiamo la prova al cento per cento". Ma sui titoli di coda la voce del direttore d'orchestra Vladimir Aškenazi avverte anche: "Forse uno degli ingredienti di grandezza di Čajkovskij è che la sua tragedia personale è trascesa. Per le mie orecchie, non è più una tragedia personale. É qualcosa che nessuno e tutti capiranno e in cui potrebbero identificarsi".
  190. ^ Claudio Casini, Patetico Ciaikovskij, in la Repubblica, 10 marzo 1990, p. 8 (sezione: Mercurio-Musica). URL consultato il 27 settembre 2008.
  191. ^ La versione di Poznansky, assieme a quella del fratello del musicista, è da lui stesso sintetizzata nella sua biografia on-line. Poznansky ha sempre risposto personalmente sul "Forum" del sito "Tchaikovsky Research", tra il 2006 e il 2014.
  192. ^ Orlova, XXVI capitolo.
  193. ^ Poznansky, Tchaikovsky: A Life, Epilogue, su en.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato l'8 aprile 2016..
  194. ^ Brown, 2012, p. 406.
  195. ^ Proprio tra Poznansky e Brown, in sede giornalistica (Bellingardi, pp. 21-22)
  196. ^ Brown, 2012, p, 408.
  197. ^ In una nota della curatrice Marina Moretti a pag.3 del volume Pëtr Il'ič Čajkovskij - Lettere da Sanremo (1877-78), che chiosa la seconda introduzione (Il filo del destino] al suddetto volume, introduzione firmata dallo specialista russo Valeriĵ Sokolov (Aprile 2022), si precisa quanto segue: "Una notevole ricerca [...] è stata svolta dal microbiologo N.O.Blinov e dal compositore V.S.Sokolov ed è contenuta nel libro L'ultima malattia e la morte di P.I. Čajkovskij, Muzyka, Mosca, 1994. In esso sono raccolte varie testimonianze tratte da archivi e da articoli di giornale, che smentiscono su basi scientifiche le leggende e le varie congetture che si diffusero sulla improvvisa fine del compositore
  198. ^ Tenendo fede alla fonte costituita dalla biografia del fratello Modest, i resoconti del quotidiani coevi (dipendenti però dalle notizie ufficiali che venivano diffuse compresi i "bollettini" medici diramati), dalle memorie di testimoni oculari o comunque riprese nel tempo dalla letteratura sulla questione, è possibile ricostruire quasi all'ora-gli avvenimenti degli ultimi giorni del musicista sino alla morte: ovviamente nella versione "prima" sull'evento estremo. Quella a cui rinvia per l'appunto Poznansky.
  199. ^ Vedi l'Introduzione in: Poznansky, Tchaikovsky: A Life, su en.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato l'8 aprile 2016..
  200. ^ Adrienne Sharp, La ballerina dello zar, 2010
  201. ^ Bellingardi, p. 39.
  202. ^ La longevità naturale della famiglia è testimoniata dal fatto che il padre del musicista visse sino ad 85 anni e lo zio paterno poco meno; il fratello Ippolit, nato solo tre anni dopo rispetto al compositore, si spense a 84 anni. Comunque, l'argomento sulle cause ultime, non cessa di appassionare i fan del musicista. Si veda sul forum del sito "Tchaikovsky Research" il dibattito, non del tutto peregrino, di una possibile esumazione del corpo.
  203. ^

    «Anche se si riuscisse ad accertare definitivamente la verità, la soluzione non ci aiuterebbe a capire di più la musica di Čajkovskij, perché in entrambi i casi si trattò del risultato di una volontà di resa. È la sua musica infatti che ci fa capire come la morte sia stata da lui accettata e quasi invocata...»

  204. ^ Casini & Delogu, pp. 12 e 491.
  205. ^ (EN) Solomon Volkov, St. Petersburg: A Cultural History, New York, The Free Press, 1995, p. 128.
  206. ^ Holden.
  207. ^ Ma anche una corona della moglie del musicista seguì il feretro (Brown, 2012).
  208. ^ Casini & Delogu, p.491 e Orlova, p.420
  209. ^ "L'abbiamo amato tutti perché tra di noi non c'era nessuno più affascinante, più cordiale, più gentile e comprensivo di Pëtr Čajkovskij. Queste erano le caratteristiche distintive del suo carattere che hanno attratto tutti quelli che gli sono stati vicini; queste sono anche le caratteristiche distintive che brillano vivacemente nelle sue opere creative. Addio, nostro caro! La terra sarà luce su di te, non ne dubito. È sempre luce per colui che lascia di sé un eterno e caro ricordo; e per Čajkovskij il suo eterno ricordo è nelle sue opere, e nell'amore di chi lo conosceva. Addio!" (in "Tchaikovsky Research")
  210. ^ "Tchaikovsky Research"
  211. ^ Orlova, p. 420. Le parole sono contenute in una lettera dello scrittore alla propria moglie del 26 o 27 ottobre 1893, data calendario giuliano.
  212. ^ Cit. in: Modeste (Ilich) Tchaikovsky, The life & letters of Peter Ilich Tchaikovsky; edited from the Russian with an introduction by Rosa Newmarch, London, 1905, pp.621-622.
  213. ^ "E doveroso é ricordare che Pietro [Čajkovskij] è anche uno dei più grandi autori di teatro musicale: almeno due capolavori, l’Eugenio Onegin e La donna di picche, sono quasi all'altezza di Verdi e Wagner"; Paolo Isotta, Altri canti di Marte, 2015.
  214. ^ http://en.tchaikovsky-research.net/pages/Wolfgang_Amadeus_Mozart
  215. ^ Johann Sebastian Bach, su wiki.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 21 novembre 2015.
  216. ^ Ludwig van Beethoven, su wiki.tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Research. URL consultato il 21 novembre 2015.
  217. ^ http://en.tchaikovsky-research.net/pages/Gioachino_Rossini#Tchaikovsky_and_Rossini
  218. ^ http://en.tchaikovsky-research.net/pages/Giuseppe_Verdi#Tchaikovsky_and_Verdi
  219. ^ http://en.tchaikovsky-research.net/pages/Vincenzo_Bellini
  220. ^ http://en.tchaikovsky-research.net/pages/Georges_Bizet
  221. ^ http://en.tchaikovsky-research.net/pages/Jules_Massenet
  222. ^ http://en.tchaikovsky-research.net/pages/Robert_Schumann
  223. ^ http://en.tchaikovsky-research.net/pages/Johannes_Brahms
  224. ^ Michele dall'Ongaro, Brahms e Cajkovskij, Radio3 Suite, 27 agosto 2011. URL consultato il 20 novembre 2015.
  225. ^ Giovanni Bietti, Lezioni di musica: Il tardo Ottocento tra orchestra e teatro, Rai Radio3, 28 novembre 2011.
  226. ^ Source of 'most Russian of us all' quote?, su tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Forum, 23 novembre 2011. URL consultato il 21 novembre 2015.
  227. ^ È interessante sapere che Stravinskij bambino "conobbe" il "vecchio" Čajkovskij attraverso i suoi genitori e la venerazione come pure il debito per il grande compositore furono sempre riconosciuti. Si veda al proposito anche la discussione: Tchaikovsky & Stravinsky, su tchaikovsky-research.net, Tchaikovsky Forum, 7 marzo 2009. URL consultato il 21 novembre 2015.
  228. ^ Encyclopedia Of Ukraine Vol. 5, 1993.
  229. ^ Maes, p. 78.
  230. ^ Si veda sull'intero argomento l'esemplare scritto: Casini & Delogu, Lo stile di Čajkovskij, p. 497 e segg. ed il profilo critico di Mioli.
  231. ^ https://www.slideshare.net/DrBondurant/3-a-nationalism-and-russian-composers
  232. ^ Maes, p. 73.

Bibliografia

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