Liberalismo sociale

ideologia politica
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Il liberalismo sociale (o socioliberalismo), anche conosciuto come nuovo liberalismo (new liberalism) nel Regno Unito,[1] liberalismo di sinistra (linksliberalismus) in Germania,[2][3][4] liberalismo moderno (modern liberalism) negli Stati Uniti,[5] liberalismo progressista (liberalismo progresista) in Spagna e in America Latina,[6] è una scuola di pensiero liberale, sviluppatasi nel tardo Ottocento all'interno del Partito Liberale. Il liberalismo sociale è una filosofia politica, tipica dei partiti di centro-sinistra e tendente al centro,[7][8][9] che promuove un'economia di mercato regolamentata e l'espansione dei diritti civili e politici.[10]

Un governo social-liberale tendenzialmente affronta questioni economiche e sociali come la povertà, l'assistenza sanitaria, l'istruzione e il clima, sottolineando al contempo i diritti e l'autonomia dell’individuo.[11][12][13]

In Italia, i partiti che includono questo pensiero politico tra le proprie ideologie principali sono Azione, Volt e Italia Viva[14]; in passato lo erano anche una piccola area del Partito Liberale Italiano riconducibile alle posizioni del filosofo Benedetto Croce[15][16][17], nonché formazioni politiche come il Movimento Liberale Indipendente e la Rosa nel Pugno.

Negli Stati Uniti d'America costituisce il principale punto di riferimento culturale e valoriale del Partito Democratico[18][19][20][21] (vedi anche liberalismo moderno americano).

StoriaModifica

Nel Regno Unito, tra il tardo Ottocento e gli inizi del Novecento, un gruppo di pensatori, conosciuti come "nuovi liberali", fece scalpore, battendosi contro il liberalismo classico sostenitore del laissez-faire e schierandosi a favore dell'intervento dello Stato nella vita sociale, economica e culturale. I nuovi liberali, tra i quali si ricordano Thomas Hill Green[22] e Leonard Trelawny Hobhouse[23], sottolinearono il comune afflato etico che doveva contrassegnare liberalismo e socialismo e affermarono un concetto nuovo per il liberalismo classico: la libertà individuale si ottiene pienamente e solo in presenza di circostanze sociali favorevoli. La povertà, lo squallore e l'ignoranza, in cui molta gente ha vissuto, hanno infatti reso impossibile ai loro occhi e per la loro concreta esperienza il fiorire della libertà: per i nuovi liberali queste condizioni potevano essere migliorate solo attraverso un'azione collettiva, coordinata da uno Stato dotato di un forte sistema di welfare.

Facendo un passo più indietro, va detto che, all'interno del pensiero politico liberale, c'è sempre stata una corrente più di sinistra, chiamata radicalismo. I radicali, sostenitori di un liberalismo laicista e fortemente progressista, erano una corrente storica che si è via via riconciliata con il liberalismo, specie dopo la crescita della sinistra d'ispirazione socialista e l'introduzione del suffragio universale, loro obiettivo storico. Di fatto, oggi i radicali non sono altro che i liberali sociali, sebbene propendano per il liberismo.

Pensieri che si possono, infine, ricondurre anch'essi ad un'ispirazione socio-liberale sono quelli del mazzinianesimo e dell'economia keynesiana[24].

FondamentiModifica

Il liberalismo sociale si differenzia dal liberalismo classico, dal liberalismo conservatore e dal neoliberalismo essenzialmente per una filosofia economica non laissez-faire, incentrata sui benefici che possono derivare dal ruolo dello Stato nella fornitura di servizi sociali fondamentali per i cittadini.

La società ha il compito di proteggere la libertà e le pari opportunità per tutti i cittadini ed incoraggia la collaborazione reciproca tra Stato e mercato attraverso efficienti istituzioni liberali. Nel processo di evoluzione accetta che vengano poste alcune restrizioni agli affari economici, come leggi anti-trust per combattere i cartelli, corpi regolatori o leggi sui salari minimi.

I liberali sociali sostengono inoltre che i governi legittimamente possono fornire anche un livello base di benessere, salute e istruzione, supportato dal gettito ricavato dalle tasse, al fine di permettere l'uso migliore dei talenti della popolazione. Rifiutando sia una estrema forma di capitalismo, accettando un libero mercato totale con componenti sociali, dove ovviamente si rifiutano anche gli elementi rivoluzionari dalla scuola socialista, il liberalismo sociale sottolinea quella che chiama "libertà positiva" e cerca di aumentare la fruizione di questa libertà da parte degli svantaggiati della società, attraverso i mezzi della regolamentazione del mercato e di redistribuzione della ricchezza (grazie alla leva fiscale).

Liberalismo sociale e socialdemocraziaModifica

La differenza ideologica di base fra il liberalismo sociale e la socialdemocrazia classica risiedeva nel ruolo dello Stato rispetto all'individuo. I socioliberali valutano i diritti, come ad esempio la proprietà privata (anche se adottano a volte forme di statalizzazioni), e naturalmente la giustizia sociale quali requisiti fondamentali, affinché si realizzi una società nella quale ogni individuo apprezzi la quantità più grande di libertà possibile (soggetta al "principio del danno") e siano rappresentati gli interessi di ogni classe sociale. La socialdemocrazia classica, viceversa, non credeva che la libertà reale potesse essere ottenuta per la maggioranza della popolazione senza una moderata trasformazione della natura dello Stato. Differentemente dal liberalismo sociale, la socialdemocrazia promuove forme moderate di corporativismo.

Pur avendo rifiutato i metodi rivoluzionari di stampo marxista, i socialdemocratici mantenevano tuttavia un certo grado di scetticismo nei confronti del capitalismo ed intendevano perciò riformarlo (o almeno "gestirlo") per ottenere un più alto grado di giustizia sociale. Queste posizioni rendevano, potenzialmente, i sostenitori della socialdemocrazia classica più pronti ad intervenire nella società solo in una direzione, quella delle classi meno abbienti, che si riteneva conducesse ad una società più giusta ed equa. Proprio su questo punto è avvenuto l'incontro tra socialiberali e socialdemocratici i quali, in seguito, hanno accettato completamente il libero mercato[non chiaro][senza fonte].

Liberalismo sociale e neoliberalismoModifica

Il liberalismo sociale, pur venendo in passato chiamato anche "nuovo liberalismo" (new liberalism) differisce dalla posizione indicata dal termine "neoliberalismo" (neoliberalism), utilizzato per indicare coloro che pongono un maggiore accento sulla difesa del libero mercato e sull'ostilità all'interventismo statale in economia[25][26]. Si tratta infatti dello stesso termine che è stato utilizzato anche per descrivere le politiche economiche di conservatori liberisti, quali Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Il neoliberismo difende posizioni differenti e talvolta contrarie ad alcune di quelle assunte dai liberali sociali, specialmente in merito al commercio libero non qualificato, ai programmi e alle deregolamentazione sociali.

In passato neoliberismo e liberalismo sociale indicavano sostanzialmente la stessa cosa, cioè un liberalismo distaccato da quello classico, attento al sociale e non completamente contrario ad un controllo dell'evoluzione dei mercati da parte dello Stato[27]. In seguito alla Grande depressione del 1929, infatti, cominciarono a prendere forma questi nuovi tipi di liberalismo, in particolare l'ordoliberalismo, che vedevano nell'economia sociale di mercato un obiettivo da raggiungere per conciliare libertà d'iniziativa e politiche sociali.

Liberalismo sociale e liberalismo conservatoreModifica

Pur condividendo la preoccupazione per la centralità e la libertà dell'individuo, il liberalismo sociale e quello conservatore presentano notevoli divergenze: mentre i liberali sociali sostengono l'intervento dello Stato in economia e una posizione molto progressista in campo di diritti civili e temi etici, i liberali conservatori esaltano il concetto di libertà economica. Se i primi sono la sinistra del movimento liberale, i secondi ne sono la destra.

I neoliberali, i liberali conservatori e i libertari di destra, come Friedrich von Hayek, Robert Nozick e altri, bollarono il liberalismo sociale come una falsa forma di liberalismo. Per questi autori il governo non ha, infatti, alcun dovere di intervenire nella società per aiutare gli svantaggiati attraverso mezzi che attingano ricchezza da altri. Essi ritengono anche che interferire nel mercato distrugga la libertà di iniziativa degli imprenditori e degli operatori economici, andando così incontro ad azioni anti-liberali e perciò anti-economiche. Ancora oggi alcune fazioni liberali considerano i liberali sociali e i keynesiani come socialdemocratici moderati, in quanto sostenitori di un ruolo legittimo dello Stato anche in un sistema capitalista, e non come autentici liberali[15].

Liberalismo sociale e conservatorismo socialeModifica

Nel gergo politico statunitense e, in generale, anglosassone, l'aggettivo social viene utilizzato per caratterizzare le posizioni in campo etico-sociale ed etico-giuridico dei politici e dei partiti. I social liberals sono coloro che propugnano tesi progressiste, permissive, individualiste e antiproibizioniste in materia di aborto e eutanasia. Sono favorevoli al multiculturalismo; si oppongono generalmente alla pena di morte e alle forme di carcere duro, tanto da venire accusati di essere troppo permissivi nei confronti del crimine.

In genere i liberali, i socialdemocratici, così come pure i conservatori europei contemporanei (si pensi a David Cameron e Gianfranco Fini), hanno posizioni socially liberal in molti campi. Sebbene in Europa non manchino differenze in campo etico-sociale tra i partiti di centro-sinistra e quelli democristiani, i temi etici non sono particolarmente importanti nel distinguere i diversi schieramenti politici, a differenza di quanto accade negli Stati Uniti, dove su tali questioni si sono avute e si hanno vere e proprie culture wars, per utilizzare il termine usato dalla stampa e dai politologi americani per definire gli scontri in tale materia. Le posizioni social-conservatrici in Europa sono assunte soprattutto da partiti democristiani (come l'Unione di Centro in Italia) e nazional-conservatori (come Diritto e Giustizia in Polonia).

Il concetto di social liberalism può riferirsi, nel senso anglosassone del termine, tanto alle posizioni progressiste in campo etico, quanto a posizioni vicine alla cosiddetta nuova sinistra. Ai social liberals si contrappongono i social conservatives, i quali pongono attenzione ai temi della sicurezza (con un approccio law and order) e ai temi etici, ovviamente giungendo a conclusioni opposte. Negli Stati Uniti i Democratici sono generalmente socially liberal, mentre i Repubblicani, tra i quali è forte la componente della Religious o Christian Right, sono socially conservative. Per questo, soprattutto negli Stati Uniti, il termine liberal (traducibile come "liberale" o "di sinistra"), viene usato per i liberali sociali, mentre i liberali classici sono spesso annoverati tra i libertarians, una corrente di minoranza tra i conservatives, il cui leader più noto è forse Ron Paul.

Punti programmaticiModifica

I partiti legati a queste idee credono fermamente nella libertà individuale e sono difensori dei diritti umani e sociali e delle libertà civili ed economiche; in genere sono favorevoli ad una moderata regolamentazione dell'economia di mercato, nella quale vi è spazio per uno Stato che permetta anche ai meno abbienti di usufruire dei servizi di base attraverso un sistema efficiente di servizi pubblici (posizione, quest'ultima, di chiara derivazione socialdemocratica).

Sebbene con le dovute differenze da Paese a Paese, essi condividono degli obiettivi inequivicabili:

Partiti socioliberaliModifica

Nell'ambito dell'Unione europea i partiti socialiberali sono per lo più riuniti all'interno a livello del Partito dell'Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa e all'Internazionale Liberale[28].

Alcuni tra i più importanti partiti socialiberali del mondo sono i seguenti:

NoteModifica

  1. ^ Ian Adams, Political ideology today, 2nd ed, Manchester University Press, 2001, ISBN 0-7190-6019-2, OCLC 48153889. URL consultato il 17 ottobre 2021.
  2. ^ 2. Linksliberalismus in der deutschen Geschichte, Peter Lang. URL consultato il 17 ottobre 2021.
  3. ^ Rachfahl, Felix., Eugen Richter und der Linksliberalismus im Neuen Reiche, Heymann, 1912, OCLC 247604842. URL consultato il 17 ottobre 2021.
  4. ^ William Hasslauer Munich, Die Olirenlieilltunde des praktischen Arztes, in The Laryngoscope, vol. 22, n. 6, 1912-06, pp. 914???916, DOI:10.1288/00005537-191206000-00005. URL consultato il 17 ottobre 2021.
  5. ^ The Futures of American Studies, 2002, p. 518, DOI:10.1215/9780822384199. URL consultato il 17 ottobre 2021.
  6. ^ José Luis Comellas Del antiguo al nuevo régimen: hasta la muerte de Fernando VII, pg. 421. (Spagnolo)
  7. ^ Hans Slomp, European Politics Into the Twenty-First Century: Integration and Division, Westport, Greenwood Publishing Group, 2000, ISBN 0-275-96814-6.
  8. ^ Bodo Hombach, The politics of the new centre, Wiley-Blackwell, 2000, ISBN 978-0-7456-2460-0.
  9. ^ Richard E. Matland e Kathleen A. Montgomery, Women's access to political power in post-communist Europe, Oxford, Oxford University Press, 2003, ISBN 978-0-19-924685-4.
  10. ^ Guido De Ruggiero, Storia del liberalismo europeo, Bari, Laterza, 1959, pp. 155–157.
  11. ^ Donald G. Rohr, The Origins of Social Liberalism in Germany, in The Journal of Economic History, vol. 24, n. 3, settembre 1964.
  12. ^ Gerald Gaus e Shane D. Courtland, The 'New Liberalism', in The Stanford Encyclopedia of Philosophy, Spring 2011.
  13. ^ John Derbyshire, The origins of social liberalism, in New Statesman, 12 luglio 2010.
  14. ^ Osvaldo Sabato, Leopolda, Renzi apre ai moderati delusi: "Noi riformisti e liberali", in La Nazione, 20 ottobre 2019.
  15. ^ a b http://www.linkiesta.it/blogs/tutto-tondi/aboliamo-il-termine-liberismo Aboliamo il termine liberismo
  16. ^ Barbara Speca, Benedetto Croce, ieri come oggi maestro di libertà, su rivoluzione-liberale.it, 21 novembre 2012.
  17. ^ Dino Messina, Luciano Monzali, Il liberalismo democratico della “Terza forza” tra “Il Mondo” di Mario Pannunzio e “Nord e Sud” di Francesco Compagna, su lanostrastoria.corriere.it, 21 novembre 2019.
  18. ^ Jacqueline Rastrelli, USA, Democratici vs Repubblicani, su rivoluzione-liberale.it, 26 maggio 2012.
  19. ^ http://www.treccani.it/enciclopedia/new-deal/
  20. ^ https://www.notiziegeopolitiche.net/linaspettato-realismo-di-un-liberal-democratico-obama-la-siria-e-la-sottile-linea-rossa/
  21. ^ Obama ai dem, 'politiche liberal costano', in ANSA, 26 marzo 2019.
  22. ^ Green, Thomas Hill in "Dizionario di filosofia", su treccani.it. URL consultato il 6 marzo 2022 (archiviato dall'url originale il 9 maggio 2021).
  23. ^ Hobhouse, Leonard Trelawney in "Dizionario di filosofia", su treccani.it. URL consultato il 6 marzo 2022 (archiviato dall'url originale il 16 maggio 2021).
  24. ^ Was Keynes a liberal?
  25. ^ Simon Springer, Kean Birch e Julie MacLeavy, The handbook of neoliberalism, 2016, ISBN 1-317-54966-X, OCLC 953604193. URL consultato il 17 ottobre 2021.
  26. ^ Definizione Treccani, su treccani.it.
  27. ^ (EN) Oliver Marc Hartwich, Neoliberalism: The Genesis of a Political Swearword (PDF), su ort.edu.uy.
  28. ^ Dall’Europa il modello di un nuovo centrosinistra, su L'HuffPost, 25 giugno 2019. URL consultato il 2 novembre 2019.

Voci correlateModifica