L'Odissea (miniserie televisiva)
L'Odissea (The Odyssey) è una miniserie televisiva del 1997, liberamente tratta dall'omonimo poema epico di Omero, diretta e sceneggiata dal regista Andrej Končalovskij.
Questa versione aggiunge alla storia anche alcuni elementi tratti dall'Iliade omerica e dall'Eneide di Virgilio.
TramaModifica
Prima parteModifica
Grecia antica. La vita del prode e astuto Ulisse, re guerriero dell'isola di Itaca, cambia improvvisamente in un giorno, che sarà il più bello e il più brutto che potesse immaginare: mentre la sua amatissima moglie Penelope partorisce il loro unico figlio Telemaco, arriva la notizia che i principali re della Grecia (Ulisse, Menelao e Agamennone) sono chiamati con le loro forze armate a partecipare alla guerra di Troia. Ulisse, a malincuore, è dunque costretto ad intraprendere un viaggio per mare lasciando a Itaca la moglie, il figlio appena nato e la vecchia madre Anticlea; Penelope è addolorata al pensiero che il marito potrebbe non fare mai più ritorno ma questi, prima di salpare, le fa promettere che se ancora non sarà a Itaca quando Telemaco fosse diventato adulto, lei avrebbe dovuto risposarsi.
Durante la traversata, Ulisse si sfoga con Atena, la dea benevola che di solito lo protegge, ma questa gli risponde di non poter intervenire perché quello che lui dovrà affrontare è parte del suo destino. Per i successivi dieci anni, greci e troiani si affrontano in violente, sanguinose ed estenuanti battaglie sotto le mura di Troia, che portano alla morte di migliaia di guerrieri di entrambe le fazioni. Tuttavia è proprio Ulisse che, ricorrendo alla sua grande astuzia, risolve il conflitto a favore dei greci: dopo l'uccisione del loro condottiero Achille, egli convince i demoralizzati compagni a costruire un gigantesco cavallo di legno dal ventre cavo nel quale nascondersi e di offrirlo come ai troiani come un trofeo fingendo di arrendersi. L'indovino Laocoonte, presagendo la strage, consiglia al re di Troia di rifiutare il dono ma viene messo a tacere da un serpente marino mandato dagli dei, che lo uccide stritolandolo. Senza altro sospetto, i troiani festeggiano quella che credono essere la loro vittoria e accolgono il cavallo di legno trasportandolo oltre le loro mura senza sapere di aver portato dentro anche i loro nemici; una volta addormentati, infatti, essi diventano facili vittime di Ulisse e dei suoi uomini che, usciti dal cavallo, compiono la loro vendetta sui troiani con un terribile massacro, saccheggiano la città ed infine la riducono in cenere per sempre. Euforico per quello che la sua mente gli ha permesso di fare senza alcun aiuto divino, Ulisse grida di non avere più bisogno del favore degli dei per fare quello che vuole e viene udito da Nettuno, il dio del mare, che inizialmente lo redarguisce per aver osato sfidare gli dei, dato che l'aveva aiutato inviando il serpente marino che ha ucciso Laocoonte e che senza il favore degli dei l'uomo non può fare nulla. Ulisse osa troppo rispondendogli che per anni non ha avuto aiuto dagli dei e quindi non gli deve nulla; in risposta alla totale mancanza di gratitudine, Nettuno lo maledice promettendogli che non gli avrebbe mai più permesso di tornare a Itaca e di rivedere la sua famiglia.
Intanto, a Itaca, Penelope sta allevando Telemaco nel mito del padre e continua ad attendere fiduciosa il suo ritorno rifiutandosi di credere che possa essere morto, contrariamente ad Anticlea, la cui speranza, con il passare degli anni, si sta spegnendo sempre di più. Ulisse non si lascia scoraggiare e riprende il mare diretto verso casa ma Nettuno mette in atto la sua minaccia e, servendosi di una coltre di nebbia persistente per mesi, riesce a separare la sua nave dal resto della flotta, impedendogli di orientarsi e conducendolo in acque sconosciute dove si perde. Quando finalmente la terraferma appare all'orizzonte, decide di fermarsi per fare rifornimento di cibo e chiedere ospitalità agli abitanti del posto. Esplorando la riva con alcuni dei suoi compagni, l'eroe trova un'enorme caverna piena di formaggio e di comodità che sembrerebbe essere la dimora di un pastore; in attesa di conoscerlo per offrirgli un dono, gli uomini preparano un banchetto ma, quando questi rientra, hanno una bruttissima sorpresa: il loro ospite non è un uomo ma il temibile e brutale ciclope Polifemo (un gigante con un occhio solo in mezzo alla fronte e abitudini antropofaghe) che, indispettito dalla loro intrusione, chiude l'uscita dalla caverna con un macigno e mangia vivo uno dei marinai. Tutti sono terrorizzati ma Ulisse ha un'idea e convince Polifemo (al quale si presenta con il nome di "Nessuno") a bere un vino fortemente alcolico facendolo ubriacare e addormentare quasi subito. Gli uomini vorrebbero approfittarne per fuggire ma il macigno che chiude la caverna è troppo grande per loro e solo il ciclope potrebbe spostarlo; a questo scopo Ulisse suggerisce di affilare un tronco d'ulivo e di infilzare Polifemo nel suo unico occhio mentre dorme. Così avviene e Polifemo, svegliato dal dolore e dalla disperazione, sposta effettivamente il macigno per correre a chiedere aiuto ai suoi fratelli ciclopi, urlando che "Nessuno lo ha accecato" e venendo chiaramente preso per pazzo, al che Ulisse e i suoi compagni possono finalmente tornare alla nave. Prima di allontanarsi però, Ulisse si vanta a gran voce di aver sconfitto il ciclope e questi, in preda alla furia, gli lancia contro il macigno, mancando la nave per poco. Polifemo, inoltre, è anche un figlio del dio Nettuno e il fatto che Ulisse lo abbia ferito inasprisce ancora di più il suo rancore verso di lui.
Dopo altro tempo passato a navigare, Ulisse si ferma su un'isola che casualmente si rivela essere abitata da Eolo, il dio dei venti; questi si mostra benevolo e gentile e sostiene di ammirare molto Ulisse per le sue doti poco comuni tra i mortali, al punto di volerlo premiare con un dono preziosissimo. Eolo infatti ritira dal cielo tutti i venti rinchiudendoli in un otre e lasciandone libero solo uno, quello che avrebbe soffiato la sua nave nella direzione giusta portandolo a Itaca in nove giorni, ma si raccomanda di non aprire mai l'otre fino all'arrivo. Emozionato al pensiero di rivedere il suo regno e i suoi cari così presto e senza doversi più preoccupare di nulla, Ulisse rimane al timone per tutto il tempo, giurando a sé stesso di rimanere insonne fino ad allora. Nove giorni dopo, come promesso, la costa di Itaca appare davvero all'orizzonte ma, sfortunatamente, proprio in quel momento Ulisse si addormenta permettendo ai suoi compagni, incuriositi dall'otre che credono pieno di tesori, di aprirlo. I venti vengono così liberati tutti insieme esplodendo nel cielo e scatenando all'istante una violentissima tempesta che arreca gravi danni alla nave e distrugge ogni speranza di raggiungere Itaca mentre, dalla costa, Penelope e Anticlea scorgono in lontananza la nave flagellata da onde gigantesche.
Deluso e furibondo, Ulisse si ritrova così di nuovo lontanissimo dalla sua casa e, arrivato a un'altra terra sconosciuta, manda alcuni dei suoi compagni in esplorazione; di questi, però, solo uno torna indietro spaventato, raccontando come tutti gli altri siano caduti vittime dell'incantesimo di una bellissima strega di nome Circe che li ha trasformati in animali e li tiene prigionieri. Ulisse decide di andare a liberarli da solo e, mentre sta scalando una rupe a mani nude, gli appare il messaggero degli dei, Ermes, che gli suggerisce di mangiare una particolare erba capace di renderlo immune alla magia. Arrivato al palazzo di Circe, questa si finge ospitale e gli offre da bere una sua pozione magica (simile a vino) che dovrebbe trasformarlo in un animale ma, accortasi che su di lui non ha effetto, la maga lo seduce invitandolo nel suo letto in cambio della restituzione dei suoi compagni. Infatti, mentre Ulisse e Circe hanno un rapporto sessuale, essi riprendono l'aspetto umano e la maga, per farsi perdonare, ospita tutti nel suo palazzo offrendogli ogni genere di comodità e facendo servire dalle sue ancelle il magico fiore di Loto, che confonde la mente.
Nel frattempo, a Itaca, la paziente attesa di Penelope viene turbata quando la vecchia Anticlea, ormai convinta che non rivedrà mai più il figlio, decide di porre fine al proprio dolore andando a morire nel mare nonostante il tentativo di Penelope di convincerla a tornare indietro. Intanto Ulisse scopre, con grande sgomento, che il palazzo di Circe è stregato in modo che il tempo al suo interno scorra diversamente che fuori, e di essere rimasto nel letto della maga per cinque anni (che gli sono sembrati cinque giorni). Furente, le ordina di aiutarlo a tornare a casa, ma Circe gli risponde che il solo a poterlo aiutare è l'indovino cieco Tiresia e che, essendo quest'ultimo morto, è necessario che lui vada a cercarlo nell'Ade portandogli un ariete in sacrificio. Ulisse e i suoi compagni ripartono. Intanto a Itaca, dati i quindici anni di assenza del re, comincia a diffondersi la voce secondo cui egli sarebbe morto in mare, e il suo palazzo viene rapidamente invaso da principi e nobili greci chiamati Proci, che omaggiano Penelope con i propri doni chiedendo di essere ospitati e che mirano a convincerla a risposarsi con uno di loro poiché tutti sperano di salire al trono. Tuttavia, sia Penelope che Telemaco ancora sono convinti che Ulisse sia vivo anche se ignorano perché non sia mai tornato, e rimangono sdegnati dalla prepotenza con cui i Proci, guidati dai perfidi Eurimaco e Antinoo, si insediano nella loro dimora maltrattando i servi e decisi a sperperare cibo e ricchezze finché la regina non avrà scelto.
Seconda parteModifica
Seguendo le indicazioni di Circe, Ulisse raggiunge il fuoco eterno del mondo dei morti e questa volta, nonostante i suoi uomini si offrano di accompagnarlo, decide di scendere a terra da solo mettendosi in cerca di Tiresia con l'ariete da sacrificare. Si addentra quindi tra le fiamme e, dopo l'iniziale terrore nel vedersi circondato dalle anime, che tuttavia lo lasciano passare, si reca al fiume di fuoco (lo Stige) dove l'indovino lo stava aspettando. Ulisse compie il sacrificio e Tiresia gli risponde che la rotta giusta da seguire gli sarà indicata dalla costellazione di Orione ma lo avverte anche del fatto che, durante la navigazione, dovrà passare per uno stretto nel quale abitano due orribili e pericolosissime creature chiamate Scilla e Cariddi, che l'esito della traversata sarà un disastro, e che solo Ulisse sopravviverà, mentre gli altri troveranno la loro fine per opera dei due mostri. Ulisse, soffocato dal fuoco, cerca di tornare alla nave e, prima di salpare, ha l'occasione di dare l'estremo saluto all'anima della madre, che gli rivela quello che i Proci stanno facendo ad Itaca. Questi, infatti, si sono rivelati fin da subito uomini ingordi e crudeli e continuano a farla da padroni nel palazzo reale segregando letteralmente Penelope nelle sue stanze e tramando l'eventualità di uccidere Telemaco per eliminare l'unico discendente di Ulisse che, da parte sua, ha la tentazione di farsi giustizia da solo (rischiando la vita, dato che i Proci sono in troppi). Per tenere a bada i suoi pretendenti, allora, la regina annuncia loro che intende cominciare a tessere una tela alla memoria del marito perduto e che, se Ulisse non sarà tornato a Itaca quando quella tela sarà finita, lei si arrenderà alla verità e sceglierà uno di loro come suo sposo; tuttavia Penelope tesse durante il giorno ma disfa durante la notte in modo che il suo lavoro non finisca mai.
Nel frattempo Ulisse si appresta ad attraversare lo stretto di Scilla e Cariddi ma questa volta l'impresa, come gli era stato predetto, ha un esito tragico: appena entrati, l'equipaggio soccombe immediatamente alle mostruose teste zannute di Scilla, che piombano sulla nave sbranando alcuni marinai, e poi (appena prima di mettersi al sicuro uscendo) anche a Cariddi che spalanca le fauci generando un baratro d'acqua che ingoia l'intera nave insieme a tutti i sopravvissuti, ad eccezione di Ulisse. Rimasto completamente solo in balìa del dio Nettuno, Ulisse trascorre diversi giorni sul mare finché, stremato dalla fame e dalla sete, viene condotto dalla corrente fino a una piccola isola calcarea che, fortunatamente, si rivela abitata da una bellissima ninfa chiamata Calipso, che lo accoglie molto calorosamente e che si innamora perdutamente di lui a prima vista. Approfittando del fatto che Ulisse non abbia più né la sua nave, né il suo equipaggio per potersene andare dalla sua isola, Calipso lo seduce continuamente nella speranza di essere un giorno ricambiata e di fargli dimenticare il suo proposito di tornare a Itaca. Trascorrono così altri due anni in cui Ulisse rimane "prigioniero" dell'amore di Calipso, fino al giorno in cui alla ninfa appare Ermes, venuto per conto di Zeus a comandarla di lasciare che l'eroe riprenda il suo viaggio senza opporsi; lei cerca di protestare ma inutilmente e così, furiosa e amareggiata, indica a Ulisse dove trovare della legna secca con cui fabbricarsi una zattera. Dopo qualche giorno di febbrile lavoro, Ulisse finisce la zattera, si procura delle provviste e riprende il mare dicendo addio a Calipso, malgrado quest'ultima lo implori di restare.
Intanto, a Itaca, Penelope continua a nutrire la sua speranza grazie all'espediente della tela infinita ma viene tradita dalla sua ancella Melanto che, essendosi innamorata di Eurimaco, il più bello dei Proci, ha rivelato il trucco a quest'ultimo, che promette alla regina di non dire nulla agli altri a condizione che lei lo scelga come suo sposo; al suo rifiuto, Penelope viene smascherata e i Proci distruggono e bruciano la tela. A questo punto Telemaco, per guadagnare altro tempo, raduna nel palazzo l'assemblea degli anziani di Itaca annunciando loro di voler attraversare il mare per andare in cerca del padre e pertanto chiede ed ottiene che gli sia concessa una nave e dei marinai, affinché sua madre abbia una prova certa che Ulisse sia ormai perduto. Eurimaco lo lascia partire, meditando però di assalirlo al suo ritorno. Tuttavia egli ignora che, camuffata tra gli anziani è presente anche la dea Atena, che premia il coraggio del giovane principe consigliandogli di cominciare le ricerche da Sparta (governata da Menelao) e inviandogli un vento propizio che soffi la sua nave nella direzione giusta.
Intanto, sulla sua zattera, Ulisse sta navigando in direzione di Itaca ma ancora una volta il dio Nettuno lo ostacola, scatenando una terribile tempesta che gli distrugge la zattera lasciandolo in preda alla disperazione. Ulisse chiede al dio il perché gli abbia provocato tutta questa sofferenza e cosa voglia da lui; il dio in risposta a ciò gli riferisce che lui non ha intenzione di ucciderlo ma di fargli capire che un uomo senza il favore degli dei non è niente. Ulisse, avendo osato sentirsi superiore agli dei e creduto di poter fare qualunque cosa, ha peccato di orgoglio, e se non si renderà conto di ciò i suoi tormenti non avranno mai fine. Qualche giorno dopo l'eroe, sopravvissuto a stento, viene ritrovato privo di sensi sulla spiaggia della terra dei Feaci, un popolo pacifico e accogliente che lo affida alle cure del re Alcinoo, il quale lo ospita nel suo palazzo e lo fa partecipare al suo banchetto; quando poi Ulisse svela la sua identità, Alcinoo si dice onorato di trovarsi di fronte al grande Ulisse, l'eroe perduto, e gli promette una nave e i suoi migliori marinai perché venga finalmente riaccompagnato a casa sano e salvo. Durante l'ultimo viaggio Ulisse finalmente realizza di essere solo un uomo, e che essersi sentito superiore agli dei lo ha portato a subire tutto quello che ha patito in quegli anni, ammettendo interiormente il suo pentimento e le sue scuse a Nettuno per avergli recato offesa. Quest'ultimo, vedendo l'umiltà di Ulisse, lo perdona e permette ai Feaci di riportarlo a casa senza più interferire nel viaggio verso Itaca.
Addormentato dai Feaci con un sonnifero, Ulisse viene infatti caricato su una nave e, quando riapre gli occhi, si accorge, commosso ed emozionato, di trovarsi proprio nel suo regno, dove riabbraccia per primo il suo fedele porcaio Eumeo, che lo riconosce nonostante i tanti anni di lontananza. Poco dopo, casualmente, anche la nave di Telemaco torna a Itaca e il ragazzo, piangendo di gioia, ha finalmente l'occasione di incontrare suo padre dopo aver navigato per un anno alla sua ricerca senza ottenere alcuna informazione utile (nemmeno da Menelao). A questo punto sia Telemaco che Eumeo sono impazienti che Ulisse faccia il suo ingresso nel palazzo e si riprenda quello che gli è stato rubato, ma l'eroe sa che i Proci sono in troppi per essere sfidati da un uomo solo, e che se sapessero del suo ritorno lo ucciderebbero subito e senza alcuna difficoltà, per cui è necessario agire con prudenza. Ulisse, quindi, ordina al figlio di non far sapere a nessuno di averlo visto finché non avrà escogitato un piano, e di tacere anche con Penelope perché è tormentato dal dubbio che, a distanza di venti anni, la moglie non lo ami più. Durante la notte però, la dea Atena appare in suo soccorso trasformandolo in un vecchio e cencioso mendicante in modo che nessuno (ad eccezione di Telemaco) possa riconoscerlo, e suggerendogli di presentarsi nel suo palazzo con quell'aspetto affinché riesca ad ottenere delle risposte senza insospettire i nemici.
La mattina dopo, infatti, Telemaco lo fa entrare presentandolo come un mendicante affamato in cerca di ospitalità e ordinando che riceva un'adeguata accoglienza come vuole la legge, ma i Proci non si fanno problemi a schernirlo e a maltrattarlo, così come Antinoo, deciso ad uccidere Telemaco, provoca pesantemente il ragazzo per indurlo ad una sanguinosa lotta a mani nude, come pretesto per eliminarlo. Quest'ultimo, pervaso dalla rabbia, è sul punto di pugnalare l'avversario, ma Ulisse lo ferma e lo convince a ritirarsi salvandogli la vita (consapevole che Antinoo avrebbe comunque avuto la meglio). Quella stessa notte, prima di andare a riposare, Ulisse rivede finalmente Penelope, che gli porge le sue scuse per il comportamento ostile dei Proci e lo ringrazia per aver salvato suo figlio; Ulisse, approfittando del fatto che ella non lo riconosce, riesce ad estorcerle la verità sul fatto che il cuore di Penelope non abbia mai cessato di battere per lui. La regina aggiunge che, essendo ormai Telemaco diventato adulto, è giunto il momento di tener fede alla promessa di scegliere un nuovo marito e di avere intenzione di sottoporre i Proci ad una prova proprio la mattina seguente. L'indomani, infatti, Penelope conduce i Proci in una stanza annunciando che accetterà come nuovo marito colui che riuscirà a tendere l'arco da caccia appartenuto ad Ulisse e con esso a scoccare una freccia attraverso gli anelli allineati di dodici scuri. Intanto, con l'aiuto di Telemaco, di Eumeo e della sua vecchia balia Euriclea (che lo aveva riconosciuto da una cicatrice sulla gamba), Ulisse ha segretamente preparato il suo piano nei minimi dettagli poiché ha ordinato loro di portare via tutte le armi dei Proci e di sprangare ogni uscita dalla stanza. I Proci scoprono fin da subito che nessuno di loro è in grado anche solo di tendere l'arco di Ulisse e, furibondi, sono costretti ad arrendersi e a rimanere a guardare quello che sembrava un debole e innocuo vecchio tendere l'arco e scoccare una freccia attraverso i dodici anelli senza alcuna difficoltà; fatto questo, Ulisse riprende il suo vero aspetto, lasciandoli sbalorditi. L'eroe è finalmente libero di riprendersi il trono e soprattutto di sfogare la sua collera verso i Proci i quali, disarmati e bloccati nella stanza senza possibilità di fuga o di difesa, vengono facilmente uccisi uno dopo l'altro da Ulisse e Telemaco a colpi di spada e di frecce; l'ultimo di loro a morire è proprio il perfido Eurimaco che, casualmente, viene impalato insieme all'ancella che era divenuta sua amante. Al calar del sole, finalmente si diffonde a Itaca la notizia del ritorno di Ulisse, e Penelope, vedendolo dopo tanti anni ad attenderla nella loro stanza, sviene tra le sue braccia per l'emozione. La miniserie si conclude con l'intimo e romantico ricongiungimento tra Ulisse e Penelope nel loro letto, e quando la moglie gli fa notare che in venti anni lui ha visto tutto il mondo, l'eroe risponde che è come se fosse passato solo un giorno e la rassicura dicendo "Tu sei il mio mondo".
Differenze tra la miniserie e il poemaModifica
- Poseidone ha rancore nei confronti di Ulisse per l'arroganza mostrata da quest'ultimo nell'aver portato i greci alla vittoria, mentre nel poema è dovuto soltanto all'accecamento di suo figlio Polifemo.
- Poseidone copre il mare con la nebbia, in modo da far perdere l'orientamento ad Ulisse, una volta salpato da Troia. Nel poema Ulisse perde la rotta dopo essere fuggito da Ismaro, e non a causa della nebbia, ma a causa di una tempesta che lo perseguita per dieci giorni.
- La nave di Ulisse viene separata dalle altre undici a causa della nebbia, mentre nel poema tutta la flotta rimane unita fino all'approdo nella terra dei Lestrigoni.
- Nella miniserie mancano le visite di Ulisse nella città costiera di Ismaro (sulla quale approda volontariamente) e la breve avventura nel paese dei Lotofagi. Inoltre nella miniserie il fiore del Loto viene citato, ma nella fase del viaggio riguardante la maga Circe, dunque in un contesto completamente diverso.
- Durante la permanenza presso la maga Circe, i compagni di Ulisse catturano un maiale per mangiarlo, ma poi desistono dal farlo, quando scoprono che era Polite, che, pieno di rabbia, si scaglia contro i suoi compagni. Nel poema non vi è alcun riferimento a questa scena.
- Nel poema, a differenza della miniserie, Ulisse appare per la prima volta prigioniero sull'isola di Calipso e solo una volta giunto alla corte di re Alcinoo, dietro invito di quest'ultimo, comincia a raccontare le sue avventure, in modo che la narrazione compie un salto temporale all'indietro.
- Nella miniserie, Ulisse e i suoi compagni rimangono prigionieri di Polifemo per alcune ore, il tempo necessario a mettere in atto il famoso piano di fuga, e il ciclope mangia solo due di loro. Nel poema, invece, la prigionia dura due giorni interi e Polifemo ha il tempo di mangiare sei uomini.
- Nella miniserie, Ulisse fugge indisturbato dalla caverna di Polifemo non appena questo sposta il macigno, passandogli vicino a una gamba insieme ai suoi uomini, mentre nel poema esce dalla caverna aggrappato sotto la pancia di un montone e consiglia ai suoi compagni di fare lo stesso.
- Nella miniserie, Ulisse vede Eolo su un trono dorato ai piedi di una cascata, mentre nel poema egli abita in un grande palazzo in compagnia dei suoi dodici figli.
- Nella miniserie, l'incontro tra Ulisse ed Eolo avviene molto in fretta e, dopo avergli lasciato l'otre in cui ha rinchiuso i venti, il dio lo fa ripartire immediatamente, mentre nel poema ospita lui e i suoi compagni nel suo palazzo per circa un mese prima di consegnarglielo in segreto.
- Nella miniserie, Eolo sembra considerarsi superiore a Poseidone, mentre nel poema lo teme.
- Nella miniserie, la tempesta scaturita dall'apertura dell'otre porta la nave di Ulisse da Circe, mentre nel poema la flotta si ritrova di nuovo da Eolo, ma questa volta il dio dei venti, avendo capito che Ulisse si è inimicato il potente Poseidone, decide di abbandonarlo al suo destino.
- Nella miniserie manca il tragico incontro della flotta di Ulisse con il popolo cannibale dei Lestrigoni che, per catturare i marinai e mangiarli, lanciano enormi rocce su di loro sfracellando tutte le navi eccetto quella governata dal protagonista.
- Nella miniserie, Polite, uno dei compagni trasformati da Circe, riesce a tornare da Ulisse sotto forma di maiale insieme ad Euriloco (l'unico ad essere rimasto uomo) per informarlo dell'accaduto; nel poema, invece, solo Euriloco torna indietro.
- Nella miniserie, Circe trasforma i compagni di Ulisse in animali diversi, mentre nel poema si trasformano tutti in maiali.
- Nella miniserie, il palazzo di Circe si trova in cima a una rupe, mentre nel poema no.
- Nella miniserie, Ermes appare con il suo aspetto normale, mentre nel poema è travestito da pastore.
- Nella miniserie, la madre di Ulisse si suicida annegandosi nel mare, mentre nel poema viene lasciato intendere che sia morta per cause naturali. Nella miniserie, inoltre, questo personaggio ha un ruolo di maggior rilievo rispetto al poema, dove appare quasi esclusivamente sotto forma di anima.
- Nella miniserie, il palazzo di Circe è stregato in modo che al suo interno il tempo scorra diversamente rispetto al resto del mondo, tanto da far sembrare ogni anno breve quanto un solo giorno. Questo particolare è stato inventato appositamente per questa versione della storia, poiché nel poema Ulisse rimane ospite della maga di sua volontà e per un solo anno, non cinque.
- Nella miniserie, Circe consiglia Ulisse di andare a cercare Tiresia nell'Ade ma non lo mette in guardia dai pericoli che lo avrebbero minacciato nel resto del viaggio, come le sirene (che qui non compaiono) e lo stretto di Scilla e Cariddi, come invece accade nel poema.
- Nella miniserie, l'Ade appare come un mondo dominato dal fuoco in cui scorre un fiume di lava, similmente all'inferno secondo la cristianità. Nel poema (e generalmente nella mitologia greca), al contrario, l'Ade viene immaginato come un luogo freddo, tenebroso e dominato dalla nebbia.
- Nella miniserie, Ulisse sacrifica l'ariete gettandolo nel fiume di fuoco, mentre nel poema gli taglia la gola con la spada poiché le anime possono parlargli solo dopo averne bevuto il sangue.
- Nella miniserie, Tiresia parla ad Ulisse dello stretto di Scilla e Cariddi, mentre nel poema gli raccomanda di non dare la caccia per nessun motivo ai buoi del dio del sole.
- Nella miniserie, Ulisse riconosce tra le anime solo sua madre e Antifo, uno dei marinai mangiati da Polifemo, mentre nel poema, oltre alla madre, si ferma a parlare con le anime dei condottieri greci periti nella guerra di Troia o poco dopo di essa, tra cui Agamennone, Achille e Aiace.
- Nella miniserie manca completamente il passaggio di Ulisse vicino agli scogli delle sirene e, di conseguenza, lo stratagemma per ascoltare il loro canto senza rischiare la vita.
- Nella miniserie, lo stretto di Scilla e Cariddi è coperto, mentre nel poema no.
- Nella miniserie, i due mostri si trovano alle due estremità dello stretto, mentre nel poema vivono rispettivamente ai suoi lati (Scilla a destra e Cariddi a sinistra).
- Nella miniserie, tutto quello che viene mostrato di Scilla sono tre enormi serpenti con le bocche piene di zanne, mentre nel poema viene descritto come un mostro molto più terrificante, minaccioso e formidabile, avendo sei teste carnivore, dodici zampe e le dimensioni di una montagna. Nel poema, inoltre, le sei teste di Scilla sbranano altrettanti marinai contemporaneamente.
- Nella miniserie, la nave di Ulisse e tutti i rimanenti compagni vengono tragicamente inghiottiti da Cariddi, mentre nel poema è Zeus a scagliare un fulmine contro la nave, sfracellandola e uccidendo tutti tranne Ulisse, come castigo divino per aver osato mangiare il bestiame del dio del sole.
- Nella miniserie manca completamente la sosta di Ulisse sull'isola del dio del sole e il sacrilegio commesso dai suoi compagni che, spinti dalla fame, cedono alla tentazione di banchettare con la carne dei buoi sacri, scatenando l'ira di Zeus, che li punirà con la morte.
- Nella miniserie, Calipso vive con le sue ancelle, mentre nel poema vive completamente sola.
- Nella miniserie, l'isola di Calipso è composta quasi interamente di grotte di roccia calcarea e non si intravede alcun tipo di vegetazione. Nel poema, invece, l'isola (chiamata Ogigia) è coperta da una vegetazione fitta e rigogliosa, in quanto le ninfe vivono in simbiosi con la natura.
- Nella miniserie, mentre è prigioniero di Calipso, Ulisse avvista una nave all'orizzonte e prova a raggiungerla a nuoto, ma le ancelle lo fermano e lo riportano dalla loro padrona. Si tratta di una scena inventata esclusivamente per questa versione della storia, che nel poema non compare.
- Nella miniserie, Ulisse rimane con Calipso per due anni, mentre nel poema per sette anni.
- Nella miniserie manca la discussione tra Atena e Zeus riguardo al destino di Ulisse, che si conclude con la decisione di mandare Ermes da Calipso per ordinarle di lasciarlo ripartire.
- Nella miniserie, Eurimaco riesce a smascherare l'inganno di Penelope grazie al tradimento di una giovane ancella innamorata di lui, mentre nel poema i Proci, aspettando da anni che ella termini di tessere la tela, intuiscono da soli che la regina li sta ingannando.
- Nella miniserie, Nausicaa trova Ulisse svenuto sulla spiaggia mentre sta lavando delle vesti, mentre nel poema lo trova casualmente mentre sta giocando con una palla.
- Nella miniserie, Ulisse viene accompagnato al palazzo di re Alcinoo dai Feaci, mentre nel poema vi si reca da solo, guidato da Atena, che gli suggerisce di non rivelare a nessuno il suo nome.
- Nella miniserie è omessa la parte in cui re Alcinoo invita Ulisse (di cui ignora l'identità) ad assistere ai giochi sportivi organizzati dai Feaci.
- Nella miniserie è assente il cantore cieco Demodoco che, nel poema, suscita la commozione di Ulisse mentre narra la storia della guerra di Troia e lo convince a svelarsi ad Alcinoo e a narrare le proprie avventure vissute dalla fine della guerra fino al naufragio sulla terra dei Feaci.
- Nella miniserie, i Feaci lasciano Ulisse addormentato sulla spiaggia di Itaca e se ne vanno indisturbati, mentre nel poema essi subiscono l'ira di Poseidone che, adirato per il fatto che Ulisse sia comunque arrivato a casa, trasforma la nave e tutto l'equipaggio in uno scoglio.
- Nella miniserie, il primo personaggio che Ulisse incontra una volta tornato a Itaca è il suo fedele porcaio Eumeo, che lo riconosce immediatamente, mentre nel poema Ulisse incontra prima Atena, dalla quale si lascia trasformare in vecchio mendicante proprio per mettere alla prova la fedeltà di Eumeo (temendo di non essere più il benvenuto).
- Nella miniserie, i Proci complottano di uccidere Telemaco con il pretesto di indurlo a combattere in una sanguinosa colluttazione contro il più spietato di loro, Antinoo, ma il loro piano viene sventato da Ulisse, che salva il figlio convincendolo a ritirarsi. Questa scena è totalmente inventata e va a sostituire quella del poema in cui Ulisse, creduto un mendicante, viene aggredito da un vero mendicante di nome Iro, che l'eroe sconfigge facilmente gettandolo poi fuori dal palazzo.
- Nella miniserie, Penelope, rivedendo Ulisse dopo venti anni, sviene per l'emozione tra le sue braccia, mentre nel poema ella dapprima non lo riconosce ma si convince quando Ulisse non le prova la sua identità dicendole un segreto che solo lui può conoscere (il fatto che il loro letto sia stato ricavato dal ceppo di un ulivo).
- Nella miniserie manca completamente Laerte, il vecchio padre contadino di Ulisse. Nella miniserie manca completamente Argo, il cane di Ulisse.
RiconoscimentiModifica
- 1998 - Premi Emmy
- Miglior Regia a Andrej Končalovskij.
- Migliori Effetti Speciali e Visivi a Mike McGee
Trasmissioni ed edizioni in italianoModifica
- La miniserie, prodotta da Francis Ford Coppola, è stata trasmessa negli Stati Uniti d'America il 18 e il 19 maggio 1997 su NBC e invece in Italia è stata trasmessa su Canale 5 il 28 e il 29 settembre successivo. In seguito è stata replicata sempre su Canale 5 e poi su Italia 1 in una versione "cinematografica" da 100 minuti complessivi. Oltre ai vari passaggi televisivi, nel 2000 è stata pubblicata anche in DVD da Medusa con il titolo "L'Odissea", oggi quasi introvabile, e nel 2006 la Equator e 01 Distribution ne hanno prodotto una nuova edizione con il titolo originale "The Odyssey".
- L'edizione italiana della miniserie ha mescolato nomi latini e greci, e dopo una prima versione in due puntate, è stata successivamente divisa in tre nelle repliche.
Collegamenti esterniModifica
- L'Odissea, su Il mondo dei doppiatori, AntonioGenna.net.
- (EN) L'Odissea, su Internet Movie Database, IMDb.com.
- (EN) L'Odissea, su AllMovie, All Media Network.
- (EN) L'Odissea, su Rotten Tomatoes, Flixster Inc.
- (EN, ES) L'Odissea, su FilmAffinity.
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