Progetto:Coordinamento/Scuole/Liceo Celio-Roccati/SandBoxCrespino

Disambiguazione – Se stai cercando l'arbusto selvatico comunemente chiamato crespino, vedi Berberis vulgaris.
Disambiguazione – Se stai cercando il nome proprio di persona simile, vedi Crispino.
Disambiguazione – Se stai cercando la frazione di Marradi in provincia di Firenze, vedi Crespino sul Lamone.
Crespino
comune
Crespino – Stemma
Crespino – Bandiera
Crespino – Veduta
Crespino – Veduta
Crespino, la centrale Piazza Fetonte: sulla destra parte del Palazzo Comunale con il suo porticato, sulla sinistra la facciata barocca della chiesa arcipretale dei Santi Martino e Severo.
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Veneto
Provincia Rovigo
Amministrazione
SindacoAngela Zambelli (lista civica Insieme costruiamo il futuro) dal 26-5-2014
Territorio
Superficie31,86 km²
Abitanti1 865[1] (31-12-2015)
Densità58,54 ab./km²
FrazioniSan Cassiano (San Cassan), Selva (fino al 1815 Selva Fraresa, poi Selva 'd Crespin o più semplicemente La Selva)

Località: Aguiaro (l'aguiaro), Arginello (l'arznell) , Passetto (al passetto), Passodoppio (al passodopi) , San Antonio (sant'Antoni)

Comuni confinantiBerra (FE), Ceregnano, Gavello, Guarda Veneta, Pontecchio Polesine, Ro (FE), Rovigo, Villanova Marchesana
Altre informazioni
Fuso orarioUTC+1
Cl. sismicazona 4 (sismicità molto bassa)[2]
Nome abitanticrespinesi
Cartografia
Crespino – Mappa
Crespino – Mappa
Posizione del comune di Crespino nella provincia di Rovigo

Crespino (Crespìn in dialetto ferrarese) è un comune italiano di 1 865 abitanti della provincia di Rovigo, in Veneto, situato a circa 30 km da Ferrara e 17 km da Rovigo.

Il territorio modifica

L'abitato modifica

Il 23 giugno Napoleone impose un armistizio che mirava all’occupazione delle Legazioni di Bologna e Ferrara. Il 22 giugno 1796, Crespino fu invasa dai francesi.[3] Durante questo periodo si avviò un nuovo svolgimento della vita municipale, in conseguenza della caduta del governo pontificio. Con il decreto dell'8 giugno 1805, si divideva il Regno in Dipartimenti, Distretti, Cantoni e Comuni. Ad ogni dipartimento era nominato un Prefetto, ad ogni Distretto un Vice Prefetto, in ogni Cantone risiedeva un Giudice di pace e un cancelliere del Censo. Veniva poi stabilito che nei singoli comuni vi fosse un Consiglio eletto dalla popolazione e una Municipalità scelta tra i cittadini del comune. Uno dei cittadini eletti per la municipalità di Crespino fu Antonio Carravieri. [4]

Di antica origine, Crespino fino al 1815 è rimasta parte del territorio ferrarese d'oltre Po (Vedi Transpadana Ferrarese).

Dopo la seconda guerra mondiale l'Italia aveva ricominciato la sua ripresa economica. Crespino nel novembre 1951 fu colpita da un grave disastro, un'alluvione che coinvolse tutta l'area del Polesine e la popolazione si vide costretta ad emigrare nelle zone più settentrionali del paese. Le città che furono meta per la maggior parte di questa migrazione furono Milano, Torino e Bolzano. Il dimezzamento della popolazione locale, a causa dell'alluvione, ha sicuramente influenzato il futuro del piccolo comune emiliano-romagnolo d'oltre Po.

Attualmente la sua popolazione supera di poco le due migliaia di abitanti ed è in costante flessione. Nella sua grande piazza Fetonte e nella sua ampia Chiesa, Crespino mostra i tratti di un comune che ha sempre avuto un ruolo importante nella cultura Ferrarese e Polesana, come anche nel commercio con le città emiliane adiacenti alla riva del Po.

Principe Pio modifica

Tracce di Principe Pio a Crespino

Nella prima metà del XVII secolo, la famiglia dei Principi Pio svolse un ruolo rilevante sotto il punto di vista politico-sociale nel territorio di Ferrara e, più in generale, nello Stato Pontificio. Vista l’importanza della famiglia nel territorio ferrarese, è possibile attribuire ad essa un patrimonio di terre ed edifici anche a Crespino. La storia di Crespino è strettamente legata al Ducato di Ferrara, entrato a far parte dello Stato Pontificio alla morte del duca Alfonso II d'Este, che decise di destinare i suoi beni al cugino don Cesare. Ma papa Clemente VIII ritenne che quest’ultimo non disponesse di alcun titolo per porsi a capo del Ducato di Ferrara. Da quel momento il territorio del Ducato di Ferrara, così come la cosiddetta “Transpadana ferrarese” divenne parte integrante dello Stato Pontificio. Lo stato della chiesa si divide in tredici province, la dodicesima delle quali è Ferrara, sede del cardinale delegato dallo Stato Pontifico, e rappresentante del potere centrale. Crespino fu la sede del governatore, il quale svolgeva funzioni amministrative e giudiziarie, mentre per l’attività di polizia si serviva della “Compagnia dei Fanti della Terra di Crispino”. Nel 1796 con l’arrivo di Napoleone e la firma del Trattato di Tolentino, la Repubblica Transpadana e Cisalpina venne unita al territorio ferrarese, ceduto da papa Pio VI. Con la fine dell’Impero di Napoleone, Pio VI riuscì a riprendere possesso di buona parte dei domini precedenti. Egli però non riuscì a recuperare, per quanto riguarda la provincia di Ferrara (nota come Legazione), la parte posta sulla riva sinistra del Po (la cosiddetta Transpadana, che comprendeva Crespino), che restò all'Impero austriaco. Le informazioni sui Principi Pio a Crespino che si trovano negli archivi dello Stato Pontificio e nella Repubblica di Venezia, così come le mappe che delineano l’andamento del corso del fiume Po datate all'inizio della seconda metà del XVIII secolo, conservate a Roma, ci possono dare conferma che il passo del Borgo e il passo doppio di Crespino erano possedimenti del Principe Pio. Altrettanto importanti sono i catasti e le diverse mappe conservate a Venezia. In una di queste è raffigurato il Dipartimento del Basso Polesine, che fornisce informazioni riguardo ai terreni e fabbricati del Comune di Crespino. La “Casa da Massaro”, oggi trasformata in agriturismo, è un edificio presente nella località detta Sbarra, ascritto secondo il Sommarione a Lumiares Pio ed Antonio, figli quondam Gilberto. Tuttavia il vero proprietario fu Antonio Valcàrcel, Principe Pio di Savoia. Oggi a Crespino possiamo trovare la villa del Principe e inoltre alcuni edifici che gli appartenevano ( alla sommità dell’edificio è possibile vedere un incisione: PP e una corona, che riferiscono al Principe).

Monumenti e luoghi d'interesse modifica

Architetture religiose modifica

Chiesa di Santi Martino e Severo modifica

Chiesa di Santi Martino e Severo
 
La chiesa dei Santi Martino e Severo.
Stato  Italia
RegioneVeneto
LocalitàCrespino
Coordinate44°59′01.38″N 11°53′10.11″E / 44.983716°N 11.886143°E44.983716; 11.886143
ReligioneCattolica
TitolareS.S. Martiri e Severo
DiocesiAdria- Rovigo
ArchitettoAngelo Santini
Stile architettonicoBarocco
Inizio costruzione1754
Completamento1777

La costruzione della chiesa, che rimarrà sotto la giurisdizione di Ravenna fino al 1818, venne iniziata nel 1754, su disegno di Angelo Santini ed ultimata nel 1777. Il nuovo edificio andava a sostituirsi al precedente ormai troppo piccolo per far fronte all'aumento della popolazione. La maestosa facciata, tipica del barocco romano, presenta al centro fasci di colonne divisi da un cornicione che accentuano l'effetto prospettico. La parte alta, più stretta, affiancata da due obelischi, ha sulla sommità ricurva acroteri con fiamma. Tra le colonne quattro nicchie ospitano statue di santi. Tre sono le entrate, il portale centrale è sormontato da un frontone ricurvo. L'interno è suddiviso in tre navate e transetto, la cupola centrale è sostenuta da quattro pilastri a capitello con stucchi floreali e trabeazione. Una scalea di marmo dà accesso al presbiterio e un'altra arcata racchiude l'abside dove è collocata la pala di Sant'Apollinare e dei Santi Martino e Severo di Jacopo Alessandro Calvi detto il Sordino; (1740-1815) ai lati due vetrate.

Gli altari sono sette.

Entrando sulla destra l'altare della Madonna del Carmine in stile barocco, conserva la pala della Vergine (1779), segue l'altare di Sant'Antonio dove è posto un altro quadro di Alberto Mucchiati (1744-1828); di fianco una lapide e tre nicchie con le statue di S.Rocco, S. Giovani Nepomuceno e un busto dell'arciprete Piero Colla. La terza ara dedicata alla Vergine ospita il prezioso quadro Madonna con Bambino ed i Santi Francesco e Maria Maddalena di Benvenuto Tisi da Garofolo (1481-1559). Il tabernacolo dell'altare maggiore è a forma di tempietto, degne di nota le cantorie di legno dove era posto un organo di Gaetano Callido; il coro dell'abside del 1792 fu eseguito da Pietro Bongiovanni. L'altare del Crocifisso, ultimo a sinistra, accoglie Cristo morto in croce, fiancheggiato dalla Vergine, da S. Rocco, dal soldato Longino e dalla Maddalena di Gandolfi. Il penultimo dallo stesso lato è dedicato alla Madonna con Bambino e ospita un quadro la Madonna del Buon Consiglio di Gennazzaro; la vetrata è del 1965. L'altare della fonte battesimale, primo a sinistra, detto anche della Madonna del Rosaio, è arricchito dall'omonima pala di Ippolito Scarsella detto Scarsellino. La cappella delle reliquie dei martiri, situata all'entrata della navata laterale, conserva anche i resti sacri di Santa Saturnina.

La sagrestia è arredata con bellissimi armadi intarsiati di radica e panche con schienali e fregi, eseguiti da Pietro Bongiovanni nel 1792. Da segnalare un prezioso crocifisso conservato in archivio.

Del campanile, alto 47 metri ed inclinato a nord-est, non è certa la data di costruzione. L'unico dato certo riguarda il rifacimento della cella, nel 1743, perché abbattuta da un fulmine.

La canonica risale al Duecento-Trecento ma ha subito numerosi rifacimenti. Interessanti due tele: Maddalena al sepolcro mentre parla con Gesù, e Gesù sulla via di Emmaus tra due discepoli. Altre importanti opere appartenenti alla chiesa sono custodite altrove: Nascita di S. Giovanni Battista di Cesare Gennai, Decapitazione di S. Giovanni Battista, una Pietà di Antoon van Dyck (1599-1641), San Martino a cavallo (1600) scuola del Guercino, S. Severo in vesti pontificali (1600). Paramenti sacri e calici del 1500 e 1600.

Oratorio di Santa Maria Madre della Misericordia modifica

Si tratta di una piccola chiesa costruita sulle rovine di un'antica cappella paleocristiana verso la metà del 1700.

Per secoli la chiesa venne utilizzata come luogo di culto finché nella Seconda guerra mondiale i tedeschi la usarono come deposito d'armi.

La chiesa sopravvisse ai bombardamenti ma l'alluvione del Polesine del novembre 1951 danneggiò la struttura in modo molto serio, con il rischio di essere demolita. Gli abitanti del paese organizzarono una serie di iniziative per raccogliere i fondi sufficienti per eseguire i lavori di ristrutturazioni, ricordati all'interno della chiesa con le foto dei contributori.


Architetture civili modifica

 
Vista laterale destra della Villa Marzolla.
  • Palazzo Municipale
  • Villa P.Pio Falcò
  • Villa Sarti Savonarola
  • Villa Tisi
  • Villa Marzolla
  • Casa Carravieri


Municipio di Crespino, memorie storiche modifica

 
Fronte chiesa di san Martino.

Esorto di fare un ultimo tentativo, mandando qui la Deputazione per implorare la meditazione dell’ imperatrice, questo a parer mio è solo mezzo che resta a tentare a quegli infelici. Non si pose indugio, partì per Parigi, e l’Aldini li presentò all’ imperatrice e Regina. Nuovi allo sfarzo ed alle cerimonie della Corte Imperiale rimasero confusi e impauriti. Giuseppina, dotata di ottimo cuore, sentì compassione della sventura ond’ erano colpiti, ma l’inflessibile Sire le rispose che l’avrebbe accordata soltanto dopo aver conosciuto l’esito del processo. Tra i molti arrestati però si riconobbe non esservi alcuno dei capi, che con mezzi potenti erano riusciti a mettersi in salvo, e la Commissione militare non poteva emanare la sentenza di morte voluta da Napoleone. Non riuscendo a colpire i veri capi della sommossa, la Commissione militare aveva raccolti indizi contro il pescivendolo Giovanni Albieri d’anni 45, detto Veneri, come quegli che aveva calpestata la bandiera francese nella giornata del 20 ottobre, 3 perciò si era messo in maggior evidenza agli occhi del volgo. Nascostosi nelle valli di Ca-Redetto, sotto Rovigo, l’Albieri si credeva sicuro e forse protetto oltre che dai Redetti e anche da altri patrizi Veneziani che colà avevano i loro vasti possessi. La moglie di costui, donna forestiera soprannominata Blatona, forse per gelosia di mestiere, lo denunziò alla giustizia e anzi vuole una tradizione, essa stessa condusse a Ca-Redetto i gendarmi che arrestano l’Albieri, lo tradussero il dì stesso a Crespino. Per giudizio statario fu condannato a morte per delitto di ribellione al Governo francese e la mattina seguente, il 14 ottobre 1806, il giorno stesso in cui Napoleone vinceva la famosa battaglia di Jena, il misero Albieri fu decapitato alle ore 10 antimeridiane sulla piazza del mercato dinnanzi al palazzo municipale. Il povero pescatore Giovanni Albieri era un ribelle, è vero, nel Regno d’Italia, e anche gli altri rivoltosi, ma quel Regno d’allora non era uno stato nostre indipendente, bensì vassallo, anzi schiavo di Francia, e chiunque combatta per la propria patria contro qualsiasi potenza straniera è sempre un patriota, ed altamente patriottico fu il moto di Crespino. L’annunzio che la rivolta di Crespino era espiata col supplizio d’uno de’capi, i meravigliosi trionfi delle sue armi, la smisurata potenza cui era salito, placarono l’ira del grande imperatore che finalmente s’indusse a perdonare, l’11 gennaio 1807 emanò il seguente decreto, che annullava il primo, cotanto ingiusto e crudele.

I Carbonari di Crespino modifica

Coi trattati del 1815 il Polesine veniva aggregato al Veneto e quindi anche il paese passò sotto la dominazione austriaca. Felice Foresti di Conselice, giudice di pace a Crespino sotto il Regno Italico, vi rimase quale pretore e fu egli che iniziò alla Carboneria, a quella Società segreta contro l’Austria, tutti gli affiliati di Crespino, di Rovigo, di Fratta, di Polesella, di Trecenta, di Lendinara, del Polesine, insomma ed anche del Ferrarese. Fondò una vendita secondaria a Crespino, d’accordo con Giovanni Bacchiega, col Dottor Vincenzo Carravieri, col prete Gaetano Capra, Tisi Benvenuto, Cagnoni Giorgio ed Antonio, Colla Francesco deputato comunale e Pietro Rinaldi, e la Carboneria si diffuse allora per tutto il Polesine. I sospetti contro i bravi e caldi patrioti si accumularono, e l’Austria cominciò a fare alcuni arresti. La buona signora moriva di parto poco prima del 7 gennaio 1819, giorno in cui il Foresti ed il Bacchiega furono arrestati nella nostra Pretura; ma sfortunatamente era stata costretta a render consapevole del segreto una sua sorella, moglie di Benvenuto Tisi, il quale veniva pur egli arrestato alcuni mesi dopo. Col possesso di quella Costituzione latina fu provata la criminalità della setta e tutti i carbonari del 21 condannati. Dalla copia della sentenza dell’I. e R. Commissione di prima istanza datata da Venezia 22 dicembre 1821, troviamo condannati i seguenti di Crespino. Il Foresti era di Conselice ferrarese; il Bacchiega, detto da tutti di Crespino, perché qui visse e qui fu arrestato, pare fosse nativo dalle Gamberare. Di essi scrissero degnamente l’Atto Vannucci e tanti altri storici, concordi tutti nel mostrarceli veramente grandi nel loro martirio, nel fermo carattere, nel patriottismo più vero e caldo, il Dott. Carravieri è vera gloria nostra e lo troviamo fra i dodici giovani generosi che si proffersero nel 1806 ostaggi, pronti anche a morire a pro del loro paese. Nel 21 vien condannato a morte; sopporta con fermezza il carcere duro a Lubiana, s’inscrive nella segreta associazione, << La Giovane Italia >>; è membro attivo e generoso del comitato d’emigrazione; resa libera la sua terra, vien chiamato alle prime cariche cittadine ed è tosto insignito della croce di Cavaliere dei S. S. Maurizio e Lazzaro, e fra la venerazione dell’intero paese muore nel 1876, ed i funerali suoi riescono veramente degni di un patriota insigne, d’un cittadino benemerito, gloria del nostro paese. Per onorare i carbonari e martiri del 21 appena queste terre furono libere, il Municipio sulla facciata del suo palazzo aveva già murata la lapide. L’altro busto che pur oggi si inaugura, richiamerà il pensiero nostro, la nostra ammirazione e gratitudine ad altro figlio illustre di Crespino, al sacerdote D. Bernardo Roncati. Nato da famiglia che aveva sospetto, tanto da annotare insieme a tant’altri de’nostri il nome di Roncati Giuseppe. Distinto d’ingegno e buon letterato, diletta vasi anche di poesia, e compose contro l’Imperatore Francesco un sonetto, che purtroppo non è più possibile rinvenire, ma che alcuni sui discepoli ricordavano bene. Nel momento del dolore, in faccia a superiori e giudici, seppe comportarsi con ammirevole fermezza e non si smentì. Fu contattato dall’Austria e fu tenuto in carcere per ben 13 mesi. I suoi discepoli lo amarono con fervore, lo ricordarono con venerazione e lo piansero quando, nella sua Crespino, ancor giovane, sui 35 anni, venne a morte nel 1841.

La sommossa di Crespino del 20 ottobre 1805 modifica

Nel marzo 1805 Napoleone I veniva proclamato Re d’Italia, e il 26 del maggio successivo incoronavano nel Duomo di Milano, colla ferrea Corona. Il nuovo Regno d’Italia non aveva l’estensione territoriale raggiunta in seguito per la riunione delle provincie Venete, dell’Umbria, delle Marche ed altre, ma comprendeva il Polesine, come dipartimento del Basso Po, il cui capoluogo era Ferrara. L’Austria aveva in qui tempi, benché per poco, occupata la legazione di Ferrara, senza dar motivo di lamenti; ma per la pace di Campo-Formio 1797, lasciando Lombardia e legazioni, riceveva il Veneto sino al confine dell’Adige. Crespino, anche allora borgata importante di 4200 abitanti, abbellita da giardini e palazzi, villeggiature splendide di molte fra le più nobili famiglie di Bologna e di Ferrara, i Crespinesi, abituati all’indipendenza ed alla vita quieta, quasi patriarcale del passato, mal sopportavano le nuove leggi e le tasse imposte dai Francesi, quali leva militare, tassa sul sale, accrescimento delle imposte, aumenti della tariffa postale, requisizioni militari, non o mal pagate. Pare, così il Bocchi, che denaro e promesse si spargessero da parte dell’Inghilterra e dall’Austria fra i più influenti campagnoli degli Stati ex pontifici e Parmensi oltre il Po. Scoppiata la guerra tra i Francesi e l’Austria, corse voce che gli Austriaci stavano per passare l’Adige. Il 20 ottobre 1805 un cinquantina dei nostri o poco più, a cui s’unirono circa altrettanti facinorosi dei vicini paesi, corsero ad abbattere gli stemmi Napoleonici. Corsero di poi esultanti incontro agli Austriaci fino a Pontecchio; ma giunti colà, invece di trovar soccorso, ebbero la paurosa notizia, che l’avanguardia austriaca si era ripiegata sul grosso dell’esercito, il paese fu occupato militarmente. Napoleone colle sue vittorie di Germania e d’Italia giungeva al culmine della sua potenza, e tutti tremavano e si profondevano nelle adulazioni più servili, giungendo a paragonarlo quasi ad un Dio. Napoleone, conosciuto da quella relazione il fatto, montò sulle furie, e dalle Tuileries l’11 febbraio 1806 dettò egli stesso il famoso decreto. Indicibile fu il terrore che invase gli infelici abitanti di Crespino al sentire la gravissima ed ignominiosa condanna. Erano essi rei di fellonia a tal segno da meritarsi sì tremenda ed obbrobriosa punizione? Niuno vorrà certo disconoscerne la sproporzione e l’ingiustizia. Fra essi furono scelti dodici tutti appartenenti alla Guardia Nazionale approvata dal decreto prefettizio dopo il 20 ottobre. L’orrore che sorprese gli animi vostri ed il pianto che spargeste all’annunzio del Sovrano Decreto 11 febbraio, stampato nei prossimi fogli, portarono colpi di morte in tutta questa numerosa popolazione. Vogliamo implorare l’attivazione di castighi sopra di noi, per ottenere da quell’Eccelso Eroe il perdono alla patria e veder salvi 4200 suoi abitanti vittime immolate alla colpa di circa cinquanta dei nostri e di altrettanti forestieri, tale a un dipresso essendo il numero degli rei dell’enorme commesso delitto nel giorno 20 ottobre verso la di lui Maestà. Dalla di Lui clemenza sia revocato il fatale Decreto e saremo molto premiati, se dagli altari sacrati a Dio Ottimo Massimo si canteranno sopra le nostre ceneri per un tanto bene Inni di grazia. La generosa proposta dei dodici giovani fu accettata e per le spese di viaggio per quelli che erano sprovveduti di mezzi, si aperse una colletta che fruttò all’istante oltre 300 scudi. Furono introdotti davanti il principe Eugenio, che li accolse benignamente, ma non li fece proseguire per Parigi, temendo che la loro presenza potesse rinfocolare ancor maggiormente l’ira dell’imperatore. Licenziò i dodici giovani, che ritornarono fra i loro compaesani, dolenti di non aver potuto recarsi a Parigi, ma lieti di aver parlato col Principe e di riportare buone speranze. Essi mandarono la supplica al vice-re e si rivolsero al Ministro segretario di Stato Aldini, affinchè volesse presso Napoleone interporsi in favore dei Crespinesi, in pari tempo il Vice-re s’interessò per essi, scrivendo all’Imperatore.

Creditori al liberatore ed alla Patria italiana modifica

Vi rimando perciò tutte le vostre carte, che non leggerò se non quando sarà fatto, ciò che vi ho detto. Pochi giorni dopo, il 4 aprile, scriveva ancora: << Non revocherò il mio decreto per Crespino se non allorchè effettivamente vi saranno tre uomini fucilati. La condanna in contumacia non vale un bel nulla. Si procuri dunque di arrestare i colpevoli. >> Quest’ira implacabile, non si saprebbero spiegare in Napoleone che pure si mostrò talvolta persino eccessivamente indulgente verso reati ben maggiori.


Altro modifica

  • Museo delle acque, dedicato alla vita sociale e lavorativa del centro legato alle attività commerciali, ora scomparse, legate alla vicinanza del fiume Po.

Società modifica

Evoluzione demografica modifica

Abitanti censiti[5]

Cultura modifica

Il mito di Fetonte modifica

Una delle grandi leggende, riguardanti il paese di Crespino, è quella legata a Fetonte, una figura della mitologia greca, raffigurato nel gonfalone del Comune.

La leggenda vuole che il giovane Fetonte sia caduto proprio nelle vicinanze di Crespino, a pochi chilometri dall'inizio del delta del Po.

Fetonte, figlio di Elio e della ninfa Climene, venne offeso da Epafo, il quale sosteneva che il giovane non fosse figlio del Sole. Fetonte, in lacrime per l'insulto subito, supplicò la madre Climene di dar prova della sua paternità e del suo valore, permettendogli di guidare per una volta il carro solare.

La madre chiese al Sole se il giovane figlio potesse guidare il carro solo per una volta, ed il padre lo accontentò avvertendolo della grande difficoltà nel portare i maestosi cavalli. Fetonte, bramoso di dar prova del suo valore, balzò sul carro e senza ascoltare il padre cominciò il suo volo.

I cavalli s'imbizzarrirono e si avvicinarono alla sfera terrestre, provocando disastri, incendi e siccità.

Per evitare la distruzione della terra, il giovane Fetonte andava fermato e per fare ciò Zeus, padre degli Dei, scagliò una saetta, catapultando il giovane dio nel Po.

Subito accorsero le sorelle Eliadi che disperate per l'incidente si misero a piangere. Zeus, dispiaciuto, decise di fermare il loro dolore tramutandole in pioppi, e le loro lacrime in ambra.

Ancora oggi, Crespino porta con sé questa leggenda, dando il nome del piccolo dio alla piazza principale, di fronte alla Chiesa dei SS. Martino e Severo.

Lo stemma che riproduce il mito è di forma ovoidale e vede raffigurato Fetonte incoronato che precipita sulle onde del Po dopo aver perduto la guida dei cavalli.

Nel tempo subì varie modifiche: il più antico e conosciuto è quello inciso sui fascicoli delle Leggi di Napoleone serbate nell’archivio comunale.

Nel 1868 venne ancora una volta modificato grazie alle indicazioni fornite da Francescantonio Bocchi di Adria e posto sulla porta del Municipio.

Nel 1904 venne rifatto un’ulteriore volta dal Professore Migliorini e rimase ufficialmente lo stemma del comune.

Lo stemma è contenuto nello scudo araldico sorpassato dalla corona turrita approvata dalla R. Consulta Araldica per i comuni superiori ai tremila abitanti con disposizione del 4 Maggio 1870.

Lo scudo ha nella parte inferiore un nastro con il sentenza latina del poeta Marziale: “Phaetontei Arva Padi” (le terre del Po fetonteo).


Media modifica

Televisione modifica

Crespino fece da sfondo storico-cinematografico allo sceneggiato Rai in cinque puntate Il mulino del Po del 1963 (poi replicato in quattro puntate nel 1972), diretto dal regista televisivo Sandro Bolchi, tratto dall'omonimo romanzo di Riccardo Bacchelli. A Crespino vennero girate anche alcune scene del film Baciami piccina.

Qualche anno dopo la grande Alluvione del 1951, a Crespino la Telesquadra della RAI di Torino tenne uno spettacolo in piazza il 31 luglio 1957. Allo spettacolo, ripreso dalla magnifica sala del Municipio, parteciparono il locale Complesso Polifonico, Rino Turcato, il musicista Bruno Ronconi, il pianista Benito Carravieri, il cantante Giuliano Pozzati, la soprano Gianna Buniato e il coro di fanciulli diretto da Lino Finotti.

Persone legate a Crespino modifica

Amministrazione modifica

Periodo Primo cittadino Partito Carica Note
1866 1875 Luigi Sarti Savonarola Sindaco
1875 1876 Alessandro Viviani Sindaco
1876 1882 Gaetano Gardellini progressista Sindaco
1883 Maurizio Vitale Buzzi Comm. pref.
1883 1919 Giuseppe Marzolla liberal-moderato Sindaco
1919 1920 Antonio Princigalli Comm. pref.
1920 1921 Adino Suriani PSI Sindaco
1921 1922 Omero Marchesi Comm. pref.
1922 1925 Vincenzo Chiarion Sindaco
1925 1926 Guido Finardi Comm. pref.
1927 1932 Guido Finardi Podestà
1932 1932 Ernesto Perrotta Comm. pref.
1932 1934 Emilio Totti Podestà
1934 1937 Luigi Zadra Podestà
1937 Mario Cogoli Comm. pref.
1938 Italo Bergamo Podestà
1938 1943 Rodolfo Paganelli Podestà
1943 1944 Giovanni Balzan Comm. pref.
1944 1944 Giorgio Marzolla Comm. pref.
1944 1945 Alfredo Corsini Comm. pref.
1945 1945 Guido Quaglio Sindaco
1945 1945 Antonio Bondesan PSI Sindaco Nominato dal CLN
1946 1951 Fortunato Pozzati PSI Sindaco
1951 1954 Pietro Guarato PSI Sindaco
1954 1956 Spartaco Folchini PCI Sindaco
1956 1960 Guerrino Lisandrelli PSI Sindaco
1960 1969 Guerrino Balzan DC Sindaco
1969 1970 Iones Rossi DC Sindaco
1970 1974 Guerrino Balzan DC Sindaco
1974 1979 Giovanni Andreolli DC Sindaco
1979 1980 Francesco Cabria DC Sindaco
1980 1981 Natale Francato DC Sindaco
1981 1985 Giovanni Andreolli DC Sindaco
1985 1990 Pio Luigi Zambelli DC Sindaco
1990 1995 Pio Luigi Zambelli DC Sindaco
1995 2000 Pietro Gemelli centro-sinistra Sindaco
2000 2004 Pietro Gemelli centro-sinistra Sindaco
2004 2009 Luigi Ziviani centro-sinistra Sindaco
2009 26 maggio 2014 Luigi Ziviani centro-sinistra Sindaco
26 maggio 2014 in carica Angela Zambelli lista civica Insieme costruiamo il futuro Sindaco
  1. ^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 dicembre 2015.
  2. ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  3. ^ Bonechi 2000, Vol. 2, p. 212.
  4. ^ (IT) Mario Qualdi, Crespino, pp. 83, 84, 85.
  5. ^ Statistiche I.Stat ISTAT  URL consultato in data 28-12-2012.
    Nota bene: il dato del 2021 si riferisce al dato del censimento permanente al 31 dicembre di quell'anno. Fonte: Popolazione residente per territorio - serie storica, su esploradati.censimentopopolazione.istat.it.

Bibliografia modifica

  • AA.VV., Il Veneto paese per paese, Firenze, Bonechi, 2000, ISBN 88-476-0006-5.
  • M.Qualdi. Crespino - Pagine di storia. Ed.Maseratense, Maserà di Padova, Italia, 1981 (2ª Edizione riveduta, ampliata e aggiornata)
  • V.Balzan e G.Ronconi. Crespinesi in fotografia. Ed.Soc.Coop.Tipografica, Padova, Italia, 1988
  • Pietro Giuliano Pozzati, Da piccolo, durante la guerra del 40-45, ed.Elioticinese Service Point, Milano, 2006.
  • Pietro Giuliano Pozzati, El Dialeto a Crespìn, Ediz. d/b Srl, Sesto S. Giovanni (MI), 2011.
  • Pietro Giuliano Pozzati, Radise e folclore a Crespìn, Ediz. d/b Srl, Sesto S. Giovanni (MI), 2012.
  • Pietro Giuliano Pozzati, Arti e mestieri a Crespino negli anni 30-60 del secolo 20°. Ediz. d/b Srl, Sesto S. Giovanni (Mi), 2016.
  • Giuliano Pozzati, CD 'Un polesano a Milano', con canzoni in dialetto crespinese e in lingua italiana: Crespìn to m'manchi, Gente polesana, Sognar sul fiume, Ridème la giara, la morosa paesana, Vino bianco e vino nero, Ediz music. Silverwood, Milano, 2007.

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