Houston Rockets

squadra di pallacanestro della NBA
Houston Rockets
Pallacanestro
Segni distintivi
Uniformi di gara
Casa
Trasferta
Terza divisa
Colori sociali Rosso, argento, nero, bianco[1][2]
                   
Dati societari
Città Houston (TX)
Nazione Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Campionato NBA
Conference Western Conference
Division Southwest Division
Fondazione 1967
Denominazione San Diego Rockets
1967-1971
Houston Rockets
1971-presente
Proprietario Tilman Fertitta
General manager Rafael Stone
Allenatore Ime Udoka
Impianto Toyota Center
(18,055 posti)
Sito web www.nba.com/rockets
Palmarès
Trofeo Larry O'BrienTrofeo Larry O'Brien
Titoli NBA 2
Titoli di conference 4
Titoli di division 8
Stagione in corso

Gli Houston Rockets sono una delle trenta squadre di pallacanestro che militano nel massimo campionato professionistico statunitense, la National Basketball Association.

Giocano al Toyota Center. Il precedente palazzetto era il Compaq Center, in origine chiamato "The Summit"; quello nuovo è stato costruito dopo che la squadra ha subìto pressioni dalla città per l'ottenimento di un nuovo impianto sportivo, più capiente e moderno. I Rockets sono proprietari dei Rio Grande Valley Vipers della NBA Development League.

I Rockets hanno vinto solo 15 partite nella loro stagione di debutto come franchigia nel 1967. Nel Draft NBA del 1968 i Rockets selezionano come prima scelta l'ala grande Elvin Hayes, che avrebbe condotto la squadra alla prima apparizione play-off nella sua stagione di rookie. I Rockets non avevano ancora finito una stagione con un record vincente fino alla stagione 1976-77, quando hanno ottenuto Moses Malone come centro. Malone ha vinto due volte il premio MVP e ha portato Houston alla finale di conference nel suo primo anno con la squadra. Ha inoltre portato i Rockets nelle Finale NBA nel 1981, dove sono stati sconfitti in sei partite da parte dei Boston Celtics, guidati da Larry Bird e dal futuro allenatore Rockets Kevin McHale.

Nel 1984 i Rockets scelsero Hakeem Olajuwon, che sarebbe stato accoppiato con Ralph Sampson (2,24 m), formando una delle più alte coppie di lunghi in NBA. Soprannominati "Torri Gemelle", hanno guidato la squadra alla Finale NBA 1986 - la seconda comparsa NBA Finale nella storia della franchigia - dove Houston è stata nuovamente sconfitta dai Boston Celtics. I Rockets hanno continuato a raggiungere i playoff negli anni ottanta, ma non sono andati oltre il primo turno per diversi anni dopo un secondo turno contro i Seattle SuperSonics nel 1987. Rudy Tomjanovich divenne coach durante la stagione 1991-92, inaugurando il periodo di maggiore successo nella storia della franchigia. I Rockets guidati da Olajuwon sono andati alle finali del NBA del 1994 e hanno vinto il primo campionato della franchigia contro Patrick Ewing e i New York Knicks. La stagione successiva, i Rockets rinforzati da un altro All-Star, Clyde Drexler, si ripetono come campioni e spazzano 4-0 gli Orlando Magic, guidata da un giovane Shaquille O'Neal e Penny Hardaway, in quattro partite.

I Rockets hanno acquisito Charles Barkley nel 1996, ma la presenza di tre dei migliori cinquanta giocatori di tutti i tempi (Olajuwon, Drexler e Barkley) del NBA non era sufficiente a spingere Houston oltre le finali della conferenza occidentale. I componenti del trio, ormai invecchiati, hanno lasciato la squadra entro il 2001.

I Rockets, guidati da superstar come Tracy McGrady e Yao Ming, condussero la squadra a una buona regolar season, seguita da una insufficiente prestazione nei playoff, per via degli infortuni che colpirono proprio i due giocatori. Dopo l'abbandono di Yao nel 2011, i Rockets entrarono in un periodo di ricostruzione, smantellando completamente e riorganizzando il loro gioco. L'acquisizione del giocatore James Harden nel 2012 ha rilanciato i Rockets per il titolo di campioni. Sotto il direttore generale Daryl Morey, sono diventati famosi per l'uso di analisi statistiche avanzate (simili alle sabermetrics del baseball) nelle acquisizioni dei giocatori e nello stile di gioco.

Storia della franchigia modifica

San Diego Rockets modifica

I San Diego Rockets vengono fondati nel 1967, dopo essere stati comprati da Robert Breitbard per 1,75 milioni di dollari ed entrano nella NBA nella stagione 1967-1968, nati come dallo scorporo dei Seattle SuperSonics, lo stesso anno in cui l'American Basketball Association si lancia come lega rivale. Il nome "Rockets" viene scelto in onore dello sviluppo locale (General Dynamics) del Missile Atlas e del programma aerospaziale. Venne nominato allenatore Jack McMahon nel draft 1967 venne scelto Pat Riley. Perdono 67 partite nella loro stagione inaugurale, che era allora un record di sconfitte in NBA.

Nel draft 1968, dopo avere vinto alla lotteria la prima scelta contro i Baltimore Bullets, selezionano Elvin Hayes, proprio dall'Università di Houston. Hayes guida la squadra alla sua prima apparizione di sempre ai play-off nel 1969, ma i Rockets vengono sconfitti per 4-2 in semifinale di Western Division dagli Atlanta Hawks. Al draft 1970 vengono selezionati il futuro Hall of Fame Calvin Murphy e il futuro allenatore dei Rockets campioni NBA Rudy Tomjanovich, che avrebbero entrambi giocato nei Rockets per tutta la loro carriera, venendo nominati più volte All-Star.

Allenati dall'allenatore Hall of Fame Alex Hannum i Rockets chiudono le successive due stagioni con un bilancio di 57-97, senza mai qualificarsi ai play-off. A causa degli scarsi risultati Breitbard mette in vendita la squadra. Nel 1971 Wayne Duddleston e Billy Goldberg (il primo broker immobiliare, il secondo banchiere) comprano la franchigia per 5,6 milioni di dollari e la trasferiscono a Houston (Texas), la casa della loro stella Elvin Hayes. Leggenda vuole che il primo mercoledì in cui giocano a Houston, la chiesa locale attiri più persone dei Rockets, sebbene la squadra giochi bene, grazie al talento di due giocatori effervescenti come Murphy e Tomjanovich.

Era Murphy - Rudy-T modifica

Prima dell'inizio della stagione 1971-72 Hannum viene ingaggiato dai Denver Rockets (che sarebbero poi diventati Denver Nuggets nella fusione NBA-ABA) e viene assunto al suo posto Tex Winter. Winter dichiara tuttavia che Hayes aveva "i peggiori fondamentali di qualsiasi altro giocatore", applicando un sistema di gioco contrastante con quello offensivo a quello a cui era abituato Hayes. A causa dei contrasti tra Winter e Hayes, i Rockets lo cedono, nonostante li avesse guidati nelle loro precedenti stagioni, ai Baltimore Bullets in cambio di Jack Marin dopo la stagione 1971-1972. In questo periodo i Rockets adottano inoltre il logo che useranno fino alla stagione 1994-1995. Winter viene licenziato poco dopo, nella primavera 1973, a seguito di una striscia di 10 sconfitte consecutive, venendo sostituito da Johnny Egan.

Nel 1974 i Rockets svelano le nuove uniformi abbinate al nuovo logo che avrebbero usato per i successivi ventuno anni. Nella stagione 1974-75 ecco la prima comparsa dei Rockets nei playoffs da quando si sono trasferiti a Houston: sconfiggono al primo turno i New York Knicks per 2-1 perdendo nella semifinale di Conference contro i Boston Celtics. Durante questo periodo la città di Houston inizia finalmente ad affezionarsi alla sua squadra di pallacanestro, facendo registrare il tutto esaurito ad alcune partite di stagione regolare e a tutte le partite casalinghe dei play-off 1975.

Era Moses Malone modifica

Nella stagione 1975-76 i Rockets si stabiliscono permanentemente a Houston, stabilendosi al The Summit, che sarebbe stata la loro arena per i successivi ventinove anni. Nella stagione successiva (dopo avere saltato i play-off 1976), sotto la guida dell'allenatore Egan, da Moses Malone (appena arrivato dall'ABA) e dai veterani Murphy, Tomjanovich e Mike Newlin, i Rockets vincono il loro primo titolo di Division, vincendo la Division con un bilancio di 49-33 e qualificandosi ai play-off per la seconda volta dal loro arrivo a Houston. Dopo avere chiuso con il secondo bilancio in Eastern Conference i Rockets affrontano i Washington Bullets guidati dall'ex stella dei Rockets Elvin Hayes, da Wes Unseld e Dave Bing nelle semifinali di Eastern Conference, sconfiggendoli per 4-2, venendo però sconfitti alle finali di Eastern Conference dai Philadelphia 76ers di Julius Erving per 4-2.

Agli inizi della stagione 1977-78, nella partita del 9 dicembre 1977, scoppia una rissa tra Kevin Kunnert dei Rockets e Kermit Washington del Los Angeles Lakers. Mentre Tomjanovich stava intervenendo per sedare la rissa Washington gli sferrò un pugno in faccia, causandogli numerose fratture al volto. Tomjanovich trascorse i successivi cinque mesi in riabilitazione e saltò l'All-Star Game e Malone fu l'unico giocatore dei Rockets convocato. Le prestazioni di Rudy-T calarono nettamente dopo l'infortunio e i Rockets, senza la guida del loro capitano, chiusero la stagione con appena 28 vittorie, nonostante un'ottima stagione disputata da Murphy.

Nella stagione 1978-79 Malone, Murphy e Tomjanovich disputano tutti e tre l'All-Star Game 1979 e Malone, "The Chairman Of The Boards" ("Il presidente dei Consigli di Amministrazione"), conquista il titolo di MVP: pur non essendo eccezionalmente grosso o veloce riesce grazie alla determinazione a diventare un centro superbo. I Rockets cedono inoltre John Lucas II ai Golden State Warriors in cambio di Rick Barry, che avrebbe siglato un allora record in NBA di percentuale di tiri liberi in una stagione, tirando con il 94,7%. I Rockets, nell'ultima stagione sotto la guida di Tom Nissalke, siglano un punteggio di 47 vinte e 35 perse che gli vale il secondo posto nella Central Division e l'accesso ai play-off, dove tuttavia sono sconfitti al primo turno dagli Atlanta Hawks per 2-0. La stagione successiva premia l'impegno dei Rockets: nei play-off (dopo avere chiuso con un bilancio di 41-41) passano il primo turno contro i San Antonio Spurs e sono sconfitti dai Boston Celtics della matricola Larry Bird nella semifinale di Conference. Prima della stagione Nissalke era stato sostituito da Del Harris.

Nel 1979 George Maloof, un uomo di affari di Albuquerque (Nuovo Messico), compra la squadra per nove milioni di $. Bill Schadewald, del Houston Business Journal, aveva dichiarato che "Potrei arrivare subito prima della partita, pagare un bagarino all'ultimo e sedermi un po' ovunque al The Summit".

L'arrivo di una terza squadra NBA in Texas, i Dallas Mavericks, causa un rimescolamento nella divisione delle franchigie e Houston viene spostata nella Midwest Division della Western Conference, insieme a San Antonio Spurs, Kansas City Kings, Utah Jazz e Dallas Mavericks. Nella stagione 1980-81, la seconda di Harris, i Rockets lottano con i Kings per il secondo posto in Midwest Division dietro agli Spurs, qualificandosi ai play-off per una sola partita (bilancio di 40-42): qui raggiungono la finale sconfiggendo clamorosamente i Los Angeles Lakers di Magic Johnson campioni uscenti (al primo turno), gli Spurs di George Gervin per 4-3 (in gara-7 Murphy fa registrare un primato di carriera nei play-off di 42 punti) e, nella finale di conference, i Kansas City Kings di Otis Birdsong, Scott Wedman, e Phil Ford che cadono in cinque partite; i Rockets diventano così la prima squadra dopo i Minneapolis Lakers nel 1959 ad arrivare in finale dopo avere chiuso la stagione regolare con un bilancio perdente. Houston raggiunge così la finale contro i Boston Celtics di Larry Bird, Robert Parish e Cedric Maxwell giocata in sei partite ma terminata con una sconfitta sonora: i Celtics, per Houston, erano troppo forti. Durante i play-off si distinguono Murphy, Mike Dunleavy, Tom Henderson, Bill Willoughby, Billy Paultz, Allen Leavell, Robert Reid, Major Jones e anche l'anziano Rudy Tomjanovich, che ha segnato dei fondamentali tiri liberi in gara-2, oltre alle solite superbe prestazioni di Malone. In questa stagione Murphy sigla due record NBA: segnando 78 tiri liberi consecutivi supera il record di Barry del 1976 di 60 e, con una percentuale di 95,8, supera il record di Barry con i Rockets del 1979.

La stagione successiva (1981-1982) vede la conquista del secondo titolo MVP di Malone, che con una media di 31.1 punti a partita e 14.7 rimbalzi si impone sui rivali. In stagione regolare i Rockets migliorano il loro bilancio, chiudendo con 46-36. Ai playoffs sono eliminati al primo turno contro i Seattle SuperSonics.

Era Hakeem Olajuwon modifica

Le "Torri Gemelle" modifica

 
Hakeem Olajuwon

Nell'estate 1982 Malone, free agent con restrizioni, accetta l'offerta del contratto dei Philadelphia 76ers: Houston pareggia l'offerta, ma poco dopo scambia l'MVP con la franchigia della città dell'amore fraterno (che andrà subito a vincere l'agognato titolo da MVP di stagione e le finali) per Caldwell Jones; questa mossa di mercato è finalizzata soprattutto a disfarsi dello stipendio di Malone, a causa delle difficoltà finanziarie dovute a una crisi economica regionale. La stagione 1982-83, l'ultima per Del Harris, finisce con il peggior record (14-68) di sempre dei texani; l'anno dopo il nuovo coach Bill Fitch (ex Boston Celtics) fa un po' meglio (29-53). Il paio di stagioni in ombra valgono a Houston la possibilità di scegliere per primi nel draft e tali scelte condizioneranno il futuro dei Rockets per molto tempo: nel 1983 viene scelto Ralph Sampson (alto 2,25 metri) dall'Università della Virginia e nel 1984 Hakeem Olajuwon (alto 2,10 metri) dall'Università di Houston, che sono la coppia più alta che la lega abbia mai conosciuto. Sampson conquistò il titolo di miglior matricola dell'anno nella stagione 1983-84, grazie a una media di 21 punti e 11 rimbalzi. Olajuwon aveva meno esperienza di quest'ultimo: originario della Nigeria, non aveva mai giocato a pallacanestro fino al 1978, due anni prima di trasferirsi all'università. Houston lo prende come prima scelta assoluta, lo stesso anno in cui i Chicago Bulls chiameranno con la terza scelta Michael Jordan.

Finali NBA 1986

Nella stagione 1983-1984 i Rockets chiudono con un bilancio di 29-53. La squadra e la sua coppia di punta, soprannominata Twin Towers ("Torri Gemelle"), raggiunge i playoffs nella stessa stagione dell'ingaggio di Olajuwon, le finali nell'anno successivo (1985-1986) sconfitti ancora una volta dai Boston Celtics per 4-2.

La stagione successiva i problemi fisici di Sampson (a soli ventisei anni) lo costringono a saltare quasi la metà delle gare di regular season, costringendo l'ingaggio di Cedric Maxwell: i Rockets vengono eliminati nelle semifinali di Conference. L'anno dopo Sampson viene ceduto a metà stagione mentre arriva Joe Barry Carroll, la squadra perde il primo turno dei playoff e l'allenatore Bill Fitch non viene confermato per l'anno seguente (subentrerà Don Chaney).

I due titoli modifica

La città di Houston, nel panorama dello sport USA, è stata sempre considerata una città perdente, in quanto le compagini sportive cittadine, negli anni, non hanno mai vinto niente d'importante. Dal 1989 al 1991 i texani subiscono tre eliminazioni al primo turno dei playoff perdendo nove gare su dieci; la stagione 1991/92 (durante la quale Chasey è sostituito da Rudy Tomjanovich) vede addirittura il mancato accesso ai playoff, nonostante il record positivo 42-40. Ma le soddisfazioni per i fan dei Rockets arrivano svoltato l'angolo degli anni novanta: sebbene l'acquisto di nuove star emergenti (tra cui Otis Thorpe, Kenny Smith e Robert Horry) non porti a dei risultati nei primi anni, condizionati dall'infortunio di Olajuwon, la stagione 1993-94 rappresenta il picco della storia della franchigia texana.

Già l'anno precedente i Rockets erano stati autori di un sorprendente exploit, perdendo le semifinali di conference battuti dai Seattle Supersonics dopo avere fatto registrare la miglior regular season della storia della franchigia.

La regular season 1993-94 inizia nel migliore dei modi per la franchigia, che riesce a ottenere il record di vittorie iniziali (15), andando a classificarsi, nel tabellone playoff, come seconda squadra dell'Ovest (58 vinte e 24 perse, miglior record di sempre dei "razzi"). Nel primo turno di playoff la franchigia incontra i Portland Trail Blazers, che verranno sconfitti per 3 a 1 (all'epoca il primo turno si svolgeva al meglio delle cinque gare). Nelle semifinali di conference Houston si scontra con i Phoenix Suns di Charles Barkley e Kevin Johnson; i Rockets la spunteranno in gara 7, dopo essere andati sotto 2 a 0, e avanti 3 a 2. Prima della finale di conference con gli Utah Jazz, Hakem Olajuwon viene insignito del premio come miglior giocatore dell'anno (MVP); nello stesso anno si era già aggiudicato il premio di miglior difensore della lega. "Dedico questo premio ai miei compagni di squadra perché è grazie a loro se quest'anno ho raggiunto questi livelli" sono le parole del numero 34 dei Rockets. La finale della West Conference risulta una passeggiata per Houston, che schiacciano i Jazz di Malone e Stockton per 4 a 1.

In finale i Rockets trovano i New York Knicks di Patrick Ewing: la sfida fra i due grandi centri è il leitmotiv della serie, anche se altri personaggi risulteranno importanti nell'evolversi delle finali NBA 1994. Il fattore campo è a favore di Houston, quindi le prime due partite vengono giocate nella città texana. Mentre in gara 1 il gioco dei Rockets riesce a imporsi in gara 2 New York, grazie a ben cinque uomini in doppia cifra, e ai rimbalzi catturati da Ewing e Oakley, la spunta per 91 a 83. A questo punto la serie sembra volgere a favore dei Knicks, che giocheranno le prossime tre gare sul campo di casa del Madison Square Garden. In gara 3 New York parte forte, mentre Houston sembra subire il colpo; piano piano però i Rockets si riordinano in difesa e riescono a rimontare punto su punto. Alla fine un tiro da tre del rookie Sam Cassell fornisce a Houston la certezza della vittoria. Il protagonista è talmente sconosciuto e inaspettato che Ewing, in una intervista dopo gara, lo ribattezzerà "Cossell". Il fattore campo viene così ristabilito.

Gara-4 e gara-5 non conoscono storia: New York domina i due incontri senza particolari sofferenze, vincendo con punteggi quasi simili (91 a 82 e 91 a 84). New York è guidata dalla vena offensiva di John Starks e di Ewing, autore di otto stoppate in gara 5. Da rilevare i 32 e 27 punti di Olajuwon nelle due gare.

Per gara-6 si ritorna al "The Summit", l'allora campo dei Rockets. I Knicks riescono a imporsi sin dai primi minuti della gara, sempre grazie a un ottimo Starks, alla fine autore di ventisette punti. Houston all'inizio si trova in difficoltà, poi grazie all'aiuto della panchina (Cassell ed Herrera), di un Olajuwon stratosferico (trenta punti e dieci rimbalzi), riescono a mantenere in vita la gara. Sulla sirena finale John Starks ha sulle mani il tiro da tre della vittoria ma Olajuwon grazie a una stoppata impercettibile riesce a evitare il sorpasso. Houston vince 86 a 84.

Gara 7 è la gara della vittoria dei Rockets. La partita, pur essendo equilibrata in alcuni frangenti, sembra destinata a consacrare la squadra texana. Alla fine sarà 90 a 84 per Houston. Ottima prova di Maxwell e di Olajuwon, che alla fine sarà MVP della serie.

Nella stagione successiva i Rockets si ripetono: conquistano il secondo anello consecutivo raggiungendo il record condiviso da Chicago Bulls, Detroit Pistons, Boston Celtics e Los Angeles Lakers, grazie all'inizialmente criticato arrivo di Clyde Drexler (scambiato con Thorpe) e all'immancabile apporto di Olajuwon.

Finali NBA 1995

7 giugno-14 giugno 1995

Houston Rockets - Orlando Magic 120–118 OT
Houston Rockets - Orlando Magic 117–106
Orlando Magic - Houston Rockets 103–106
Orlando Magic - Houston Rockets 101-113

MVP: Hakeem Olajuwon

La regular season non inizia nel modo migliore per i Rockets a causa dell'infortunio di Carl Herrera e alla partenza, il 14 febbraio, dei protagonisti della stagione precedente, fra cui Vernon Maxwell e Otis Thorpe, scambiati con Clyde Drexler dai Portland Trail Blazers; senza questi due giocatori chiave, il gioco dei Rockets si trasforma, passando da un gioco difensivo, suffragato dal duo Olajuwon-Thorpe, a uno molto più offensivo, al fine di sfruttare anche le doti da contropiedista di Clyde Drexler e spostando Robert Horry ala grande. Tale scambio fu fortemente criticato anche da critici nostrani, fra cui Dan Peterson, che sulle pagine di American Superbasket, dove il coach analizzava la concezione di vincente, la quale non si addiceva all'ex Portland; la stagione regolare si chiuderà con un bilancio di 47-35, il sesto nella Western Conference.

Ai play-off i Rockets incontrano tutte e tre le migliori squadre dell'ovest, partendo dai terzi migliori che erano gli Utah Jazz (60-22) battuti 3-2, dopo essere stati sotto 2 partite a 1; nel turno successivo i Phoenix Suns (59-23) verranno battuti 4-3, con Houston in rimonta da 2-0 e poi 3-1 (record, in quanto nessuno ha mai vinto il titolo partendo da tale svantaggio; gara-7 verrà vinta 113-110 grazie a un tiro di Mario Elie a otto secondi dalla fine. Nella finale di Conference i Rockets incontreranno i San Antonio Spurs (62-20), che verranno battuti per 4-2, grazie soprattutto alla supremazia sotto canestro di Olajuwon su David Robinson.

La finale, contro gli Orlando Magic di Shaquille O'Neal, Penny Hardaway e Horace Grant, vede Houston fortemente sfavorita, grazie anche alla supremazia sotto canestro del nº34 dei Magic. In realtà la superiorità di Orlando verrà fuori solamente nel primo tempo di Gara-1, da molti considerata una delle migliori finali di tutti i tempi; i Magic partono subito forte, soprattutto grazie a un ispirato Hardaway, il quale li conduce a portarsi su un ampio margine. Houston, piano piano, soprattutto grazie ad Horry, Drexler e Olajuwon riescono a riportarsi sotto. I Magic hanno la possibilità di vincere la partita: a 8 secondi dalla fine, su 110 a 107 per Orlando, Nick Anderson sbaglierà 4 tiri liberi consecutivi, ottenuti, subendo un fallo su rimbalzo, dopo i primi due; con 5 secondi sul cronometro, dopo il timeout, Kenny Smith realizzerà il tiro da tre punti che regala un overtime insperato a Houston, grazie anche alla successiva stoppata di Horry su Scott dopo la rimessa. Nell'overtime Houston vincerà 120 a 118 grazie a un tap-in vincente di Hakeem Olajuwon, dopo una mischia sotto canestro; Orlando sembra, nelle partite successive, subire il colpo psicologico e non darà mai l'impressione di avere la forza di ribaltare la serie. Finisce trionfalmente con un pesante 4-0 e Olajuwon raggiunge la Hall of Fame vincendo il suo secondo titolo di MVP delle finali. La vittoria di Houston rappresenta un record, in quanto fatta da una squadra classificatosi 6° nella regular season della propria Conference.

Ultimi anni modifica

Passano due stagioni tra luci e ombre e l'acquisto di Charles Barkley sembra ridare morale ai tifosi dei Rockets: insieme a Olajuwon e Drexler, infatti, si forma il cosiddetto The Big Three che riporta i Rockets ad alti livelli; nella stagione 1996-1997 chiudono con un bilancio di 57-25, sconfiggendo ai play-off i Minnesota Timberwolves e i Seattle SuperSonics, prima di venire eliminati per 4-2 dagli Utah Jazz grazie a un tiro all'ultimo secondo di John Stockton.

Nella stagione 1997-98 i Rockets chiudono, a causa dei numerosi infortuni, con un bilancio di 41-41, classificandosi 8º in Western Conference, venendo ancora una volta sconfitti ai play-off dai Jazz per 3-2 e che chiuderà il ciclo di vittorie dei Rockets nel 1998 quando il loro campione Clyde "The Glide" Drexler giocherà l'ultima partita contro i Jazz per poi ritirarsi dalla pallacanestro. Nella stagione successiva (1998-99) i Rockets cercano di compensare la perdita di Drexler acquistando Scottie Pippen, pluricampione NBA con i Chicago Bulls. Pippen però non si ambienta e gioca una delle peggiori annate in carriera; Houston arriva ai playoff (bilancio di 31-19) ma viene nuovamente eliminata al primo turno, questa volta per mano dei Los Angeles Lakers di Shaquille O'Neal e Kobe Bryant. Dopo il draft 1999 i Rockets cedono quattro giocatori e una scelta al primo turno ai Vancouver Grizzlies in cambio della prima scelta Steve Francis. Tuttavia, dopo la cessione del deludente Pippen ai Portland Trail Blazers e un infortunio che costringe Barkley a chiudere la carriera, i Rockets in ricostruzione con un bilancio di 34-48, perdendo i play-off per la seconda volta in quindici anni.

Era Yao Ming - McGrady modifica

 
Yao Ming

A cavallo tra la fine degli anni novanta e i Duemila i Rockets mancano i play-off: a seguito del record 28-54 nel 2001-02 nel draft del 2002 i Rockets pescarono con la prima scelta Yao Ming, centro cinese di oltre due metri e venti centimetri al quale si aggiunsero Glen Rice e James Posey e qualche anno dopo la stella Tracy McGrady, il duo guidò i Rockets al loro ritorno ai play-off (dopo quattro anni) nella stagione 2004-05 dove però furono eliminati dai Dallas Mavericks. Nelle stagioni successive, i Rockets puntellarono il roster con Juwan Howard, Dikembe Mutombo e Shane Battier ma non riusciranno mai ad andare oltre il secondo turno dei play-off, finendo tutte le stagioni (tranne nel 2006) con record positivi. Nel 2007-08 (dopo 4 stagioni) a coach Jeff Van Gundy, che aveva sostituito la guida decennale di Tomjanovich, subentra Rick Adelman, che porta subito il team a uno dei migliori record di sempre (67,1%) grazie anche a una storica striscia di 22 vittorie consecutive, la seconda più lunga della storia all'epoca. Nella stagione 2008-09 i Rockets nonostante i problemi di infortuni di McGrady possono fare comunque affidamento su Ron Artest e Luis Scola e raggiungono le semifinali di conference dove vengono sconfitti in 7 gare dai futuri campioni dei Los Angeles Lakers. Gli infortuni di McGrady fanno sì che a febbraio 2010 venga mandato a New York. Anche Ming ha seri problemi fisici dopo le prime tre annate al top: dopo avere saltato più di cento gare tra il 2006 e il 2008 il centro cinese salta l'intera stagione 2009-10 e disputa solo una manciata di match in quella successiva annunciando poi il suo ritiro dall'attività professionistica a soli trenta anni. Così per tre anni consecutivi Houston non raggiunge i play-off pur chiudendo la stagione con record positivi.

L'8 luglio 2009 i Rockets firmano Trevor Ariza, facendogli firmare un contratto di cinque anni a 32 milioni di dollari, usando l'Opzione Giocatore Infortunato che la lega aveva concesso loro a seguito dell'infortunio di Ming. Ariza aveva precedentemente giocato nei Los Angeles Lakers. A lui si aggiunge l'arrivo di Kevin Martin per sopperire alla partenza di McGrady in febbraio (andato ai New York Knicks in uno scambio a tre squadre che ha visto coinvolti anche i Sacramento Kings). Qualche anno dopo i Rockets hanno continuato a cercare un sostituto a Ming ingaggiando centri come Brad Miller, Marcus Camby e Samuel Dalembert senza ottenere i risultati sperati

Era James Harden modifica

 
James Harden

Dopo avere lasciato che Kyle Lowry fosse ingaggiato dai Toronto Raptors e che Goran Dragić facesse ritorno ai Phoenix Suns i Rockets si mettono alla ricerca di nuovi playmaker. L'11 luglio 2012 i Rockets firmano Jeremy Lin, facendogli firmare un contratto di tre anni a 25,1 milioni di dollari, dal momento che i New York Knicks non avevano pareggiato la loro offerta. Il 20 luglio il free agent con restrizioni Ömer Aşık firma con i Rockets un contratto di tre anni a 25,1 milioni di dollari. I Chicago Bulls non pareggiano l'offerta e il 24 luglio Aşık viene ufficialmente ingaggiato dai Rockets. Il 27 ottobre 2012 i Rockets cedono Martin, Jeremy Lamb e alcune scelte al draft in cambio del Sixth Man of the Year James Harden, Cole Aldrich, Daequan Cook, e Lazar Hayward. Al suo debutto con la maglia dei Rockets Harden mette a segno 37 punti, dodici assist, sei rimbalzi, quattro palle rubate e una stoppata mentre Lin, il cui minutaggio è stato limitato da un problema di falli, ha segnato dodici punti, quattro rimbalzi, otto assist e quattro palle rubate. Harden ha poi rinnovato il suo contratto con i Rockets firmando per cinque anni a 80 milioni di dollari. Nella sua seconda partita con i Rockets Harden ha segnato un career-high di 45 punti contro gli Atlanta Hawks. In seguito Lin realizzerà un career-high di 38 punti in una sconfitta ai tempi supplementari contro i San Antonio Spurs. Harden chiude la stagione con 25,9 punti di media guadagnandosi la partecipazione all'All-Star Game (primo giocatore dei Rockets dopo Ming a guadagnarsi la convocazione) che si svolge proprio al Toyota Center di Houston e trascina la squadra al ritorno ai play-off dopo quattro anni con un record di 45 vittorie e 37 sconfitte che valgono l'ottava posizione in Western Conference. Ai play-off i Rockets incontrano gli Oklahoma City Thunder, squadra favorita insieme ai Miami Heat per la vittoria finale; dopo essere andati in svantaggio per 3-0, i Rockets vincono sorprendentemente gara-4 e gara-5, perdendo successivamente gara-6 e la serie per 4-2. Il 6 luglio la franchigia texana conferma l'arrivo della stella Dwight Howard dai Los Angeles Lakers. Fortemente voluto dal GM Daryl Morey, Il centro ex Orlando Magic, che era diventato free agent senza restrizioni lo scorso 1º luglio, firmerà un contratto quadriennale da 88 milioni di $. La stagione 2014-15 si apre con eccellenti premesse per Houston, che il 26 dicembre ingaggia da free agent il giocatore Josh Smith (tagliato quattro giorni prima dai Detroit Pistons nonostante avesse un contratto quadriennale da 57 milioni di dollari con la franchigia del Michigan).[3] La regular season comincia molto positivamente e continua così fino alla conclusione, che vedrà Houston al secondo posto nella Western Conference con un record di 56 vittorie e 26 sconfitte, sotto unicamente a dei brillantissimi Golden State Warriors. Ai play-off Houston supera facilmente Dallas al primo turno con un netto 4-1, mentre al secondo deve affrontare dei motivatissimi Los Angeles Clippers, seri candidati al titolo guidati da Chris Paul. Dopo essere finiti sotto per 3-1 in una serie che sembrava già destinata a finire in sconfitta, i Rockets riescono in una clamorosa rimonta terminata in una vittoria per 113-100 a favore dei texani in gara-7, che si portano così in finale di Conference contro i Golden State Warriors, nella quale però, nonostante le prime partite risultino molto combattute, gli Warriors hanno la meglio vincendo per 4-1. Gli Warriors a fine anno si laureeranno campioni NBA.

Nella stagione successiva i Rockets partono con grandi aspettative: in estate viene ingaggiato Ty Lawson (playmaker dal grande talento ma con problemi d'alcolismo), che prende il posto di Pablo Prigioni come riserva di Patrick Beverley; tuttavia la stagione parte male per i texani che dopo 11 partite (con un record di 4-7) esonerano Kevin McHale (in carica dal 2011), sostituendolo con JB Bickerstaff che avrà l'incarico a interim fino alla fine della stagione. Nonostante la squadra faccia molta fatica e abbia divisioni interne nello spogliatoio (James Harden tante volte non ha viaggiato con la squadra prima delle partite)[4], riesce a raggiungere un insperato ottavo posto, arrivando così ai play-off, con un record di 41-41 a scapito degli Utah Jazz (che hanno pagato a caro prezzo gli infortuni dei titolari negli ultimi mesi della regular season). Nella post-season i razzi rincontrano (ma sta volta al primo turno) i Golden State Warriors. Esattamente come l'anno scorso i gialloblù hanno la meglio sui biancorossi vincendo la serie 4-1.

Arrivo di Mike D'Antoni modifica

Nell'estate 2016 gli Houston Rockets non rimisero sotto contratto Dwight Howard (che passò agli Atlanta Hawks) e a seguito del termine dell'accordo a interim con il coach Bickerstaff, decisero di ingaggiare Mike D'Antoni, che tornò alla guida di una squadra NBA a due anni di distanza dall'ultima esperienza (in quel caso allenò i Los Angeles Lakers).

James Harden diventò così il leader tecnico della squadra a tutti gli effetti.

Durante la free agency arrivano tre giocatori molto importanti: Ryan Anderson, Eric Gordon e Nenê. Oltre a loro arriveranno anche Bobby Brown (che tornò in NBA dopo sei anni nei quali ha giocato in Europa e in Cina), Tyler Ennis e l'undrafted Kyle Wiltjer.

I primi tre si rivelano importanti per la rosa in quanto i due ex di New Orleans sono titolari, mentre Nenê è il sesto uomo della squadra. James Harden rilevò il posto di Patrick Beverley (infortunato) come play titolare della squadra con ottimi risultati. Con il ritorno sul campo di Beverley a livello tattico Harden tornò nel ruolo di guardia (pur mantenendo di fatto il ruolo di playmaker e finendo la stagione con più di 11 assist di media), ed Eric Gordon diventò il sesto uomo della squadra. I Rockets ottennero dei grandi risultati in stagione tanto da essere tra le prime tre a ovest. Ai playoff, dopo avere sconfitto 4-1 i Thunder dell'MVP Westbrook al primo turno vengono eliminati per 4-2 dagli Spurs.

Durante la off-season 2017 viene ingaggiato Chris Paul dai Clippers, in cambio di Patrick Beverley, Lou Williams, Sam Dekker, Montrezl Harrell, Darrun Hilliard, DeAndre Liggins, Kyle Wiltje, una prima scelta protetta al draft 2018 e una cifra in denaro non resa pubblica. The Beard (Harden) e CP3 (Paul) vanno così a formare uno dei più forti backcourt dell'intera lega. Con Paul i Rockets riescono a disputare una stagione record da 65 vittorie in regular season. Durante i playoff battono 4-1 sia i Minnesota Timberwolves al primo turno che gli Utah Jazz al secondo, scontrandosi poi ancora una volta con i Golden State Warriors in finale di conference. Qui Houston riesce a portarsi avanti 3-2 nella serie ma, complice l'infortunio che costringerà Chris Paul a concludere in anticipo la stagione, vengono poi rimontati da Golden State che chiuderà la serie sul 4-3.

Nella stagione successiva i Rockets perdono due importanti giocatori per la difesa, Trevor Ariza, che firmerà con i Suns e Luc Mbah a Moute di ritorno a Los Angeles. Durante la Free Agency vengono firmati Michael Carter-Williams, James Ennis III e Carmelo Anthony, nella speranza di riempire i posti vacanti da ala piccola, e affiancare una terza stella alla coppia Harden - Paul.

La regular season inizia decisamente sotto le aspettative, a solo 13 partite dall'inizio della stagione la squadra, in accordo con Anthony, decide di scambiare il giocatore con i Chicago Bulls dai quali verrà poi tagliato. Dopo un pessimo inizio di stagione i Rockets, grazie a delle fenomenali prestazioni di Harden che metterà a referto almeno trenta punti per trentadue partite consecutive, con una media di 41.1 punti a partita, riusciranno a conquistare il quarto posto in classifica concludendo la stagione con un record di 53 vittorie e 29 sconfitte e confermandosi campioni di Division per il secondo anno consecutivo e raggiungendo i playoff per il settimo anno di fila.

Nella postseason dopo avere sconfitto i Jazz in cinque partite, Houston verrà sconfitta 4-2 dai Golden State Warriors dopo una serie dall'arbitraggio controverso che riceverà in seguito molte critiche da parte di giocatori, allenatori e general manager[5].

Durante l'estate del 2019 i Rockets decidono di scambiare Chris Paul con i Thunder in cambio dell'ex MVP Russell Westbrook, che torna a giocare insieme ad Harden dopo sette anni. Dato che i San Antonio Spurs channo saltato i playoff per la prima volta dalla stagione 1996-97 , i Rockets in quella stagione hanno detenuto la serie di playoff attiva più lunga nelle qualificazioni NBA ogni anno dalla stagione 2012-13 .

A febbraio, Westbrook e Harden sono diventati i primi compagni di squadra nella storia della NBA a raggiungere una media di 30 o più punti e 5 o più assist a partita. [2]

Questo ha segnato il terzo campionato di divisione consecutivo della squadra, così come l'ottava selezione All-Star consecutiva di James Harden come Rocket.

Nei playoff, i Rockets hanno sconfitto gli Oklahoma City Thunder, l'ex squadra di Westbrook e Harden, in gara 7 del primo round. Tuttavia, nelle semifinali della Western Conference, avrebbero perso in 5 partite contro l'eventuale campione dei Los Angeles Lakers.

Ricostruzione modifica

Il 13 settembre, Mike D'Antoni ha informato i Rockets che non sarebbe tornato come capo allenatore dopo aver allenato la squadra per quattro stagioni. [2] Il 30 ottobre, i Rockets assunsero Stephen Silas come loro nuovo allenatore. [3] Il 15 ottobre, Daryl Morey si è dimesso dalla sua posizione di direttore generale dopo tredici anni e Rafael Stone è stato nominato come suo sostituto. [4] [5] [6] Per la prima volta dal 2011-2012 , James Harden non era nel roster poiché è stato ceduto ai Brooklyn Netsin un accordo a quattro squadre; questo lo ha riunito con l'ex compagno di squadra degli Oklahoma City Thunder Kevin Durant per la prima volta dalla stagione 2011-12 . [7] [8]

Senza Harden e la maggior parte dei loro giocatori persi dalla squadra dell'anno scorso, i Rockets sono entrati in un periodo di ricostruzione. Hanno iniziato con un punteggio di 11–10, ma la loro stagione è stata contrassegnata da una serie di 20 sconfitte consecutive, la peggiore della franchigia, che ha pareggiato la nona serie di sconfitte più lunga nella storia della NBA e la più lunga dal record di 28 sconfitte consecutive dai Philadelphia 76ers tra la fine della stagione 2014-15 e l'inizio della stagione 2015-16 . [9]

Entro il 22 aprile, i Rockets sono stati ufficialmente eliminati dalla contesa dei playoff per la prima volta dalla stagione di blocco 2011-12 . Ciò ha posto fine alla serie di playoff attiva più lunga della NBA a otto anni consecutivi. [10] I Rockets hanno concluso la stagione in fondo alla classifica con un record di 17–55, il terzo peggiore nella storia della franchigia. La stagione NBA 2021-22 è stata la 55ª stagione dei Rockets nella National Basketball Association e la 51a nella città di Houston . [1] Il 20 agosto 2021, la NBA ha annunciato che la stagione regolare per il campionato sarebbe iniziata il 19 ottobre 2021, tornando al tipico programma di 82 partite a seguito delle interruzioni del programma dovute al COVID-19 . [2] Dopo un terribile record di 17–55 compilato nella stagione precedente [3] in seguito alla partenza di James Harden in uno scambio con i Brooklyn Nets , [4] [5] i Rockets hanno iniziato una nuova era arruolando Jalen Greendalla G League con la seconda scelta assoluta nel draft NBA 2021 . [6]I Rockets sono stati eliminati dalla contesa dei playoff per la seconda stagione consecutiva, che è stata la prima volta che i Rockets hanno saltato i playoff in stagioni consecutive dal 2010-12.

Arene di gioco modifica

San Diego Rockets

Houston Rockets

Record stagione per stagione modifica

Campione NBA Campione di Conference Campione di Division
Stagione V P % Playoff Risultato
San Diego Rockets
1967-68 15 67 18,3
1968-69 37 45 45,1 Perdono le Semifinali di Division Atlanta 4, San Diego 2
1969-70 27 55 32,9
1970-71 40 42 48,8
Houston Rockets
1971-72 34 48 41,5
1972-73 33 49 40,2
1973-74 32 50 39,0
1974-75 41 41 50,0 Vincono il Primo Turno
Perdono le Semifinali di Conference
Houston 2, New York 1
Philadelphia 4, Houston 1
1975-76 40 42 48,8
1976-77 49 33 59,8 Vincono le Semifinali di Conference
Perdono le Finali di Conference
Houston 4, Washington 2
Philadelphia 4, Houston 2
1977-78 28 54 34,1
1978-79 47 35 57,3 Perdono il Primo Turno Atlanta 2, Houston 0
1979-80 41 41 50,0 Vincono il Primo Turno
Perdono le Semifinali di Conference
Houston 2, San Antonio 1
Boston 4, Houston 0
1980-81 40 42 48,8 Vincono il Primo Turno
Vincono le Semifinali di Conference
Vincono le Finali di Conference
Perdono le Finali NBA
Houston 2, LA Lakers 1
Houston 4, San Antonio 3
Houston 4, Kansas City 1
Boston 4, Houston 2
1981-82 46 36 56,1 Perdono il Primo Turno Seattle 2, Houston 1
1982-83 14 68 17,1
1983-84 29 53 35,4
1984-85 48 34 58,5 Perdono il Primo Turno Utah 3, Houston 2
1985-86 51 31 62,2 Vincono il Primo Turno
Vincono le Semifinali di Conference
Vincono le Finali di Conference
Perdono le Finali NBA
Houston 3, Sacramento 0
Houston 4, Denver 2
Houston 4, LA Lakers 1
Boston 4, Houston 2
1986-87 42 40 51,2 Vincono il Primo Turno
Perdono le Semifinali di Conference
Houston 3, Portland 1
Seattle 4, Houston 2
1987-88 46 36 56,1 Perdono il Primo Turno Dallas 3, Houston 1
1988-89 45 37 54,9 Perdono il Primo Turno Seattle 3, Houston 1
1989-90 41 41 50,0 Perdono il Primo Turno LA Lakers 3, Houston 0
1990-91 52 30 63,4 Perdono il Primo Turno LA Lakers 3, Houston 0
1991-92 42 40 51,2
1992-93 55 27 67,1 Vincono il Primo Turno
Perdono le Semifinali di Conference
Houston 3, LA Clippers 2
Seattle 4, Houston 3
1993-94 58 24 70,7 Vincono il Primo Turno
Vincono le Semifinali di Conference
Vincono le Finali di Conference
Vincono le Finali NBA
Houston 3, Portland 1
Houston 4, Phoenix 3
Houston 4, Utah 1
Houston 4, New York 3
1994-95 47 35 57,3 Vincono il Primo Turno
Vincono le Semifinali di Conference
Vincono le Finali di Conference
Vincono le Finali NBA
Houston 3, Utah 2
Houston 4, Phoenix 3
Houston 4, San Antonio 2
Houston 4, Orlando 0
1995-96 48 34 58,5 Vincono il Primo Turno
Perdono le Semifinali di Conference
Houston 3, LA Lakers 1
Seattle 4, Houston 0
1996-97 57 25 69,5 Vincono il Primo Turno
Vincono le Semifinali di Conference
Perdono le Finali di Conference
Houston 3, Minnesota 0
Houston 4, Seattle 3
Utah 4, Houston 2
1997-98 41 41 50,0 Perdono il Primo Turno Utah 3, Houston 2
1998-99 31 19 62,0 Perdono il Primo Turno LA Lakers 3, Houston 1
1999-2000 34 48 41,5
2000-01 45 37 55,0
2001-02 28 54 34,1
2002-03 43 39 52,4
2003-04 45 37 55,0 Perdono il Primo Turno LA Lakers 4, Houston 1
2004-05 51 31 62,2 Perdono il Primo Turno Dallas 4, Houston 3
2005-06 34 48 41,5
2006-07 52 30 63,4 Perdono il Primo Turno Utah 4, Houston 3
2007-08 55 27 67,1 Perdono il Primo Turno Utah 4, Houston 2
2008-09 53 29 64,6 Vincono il Primo Turno
Perdono le Semifinali di Conference
Houston 4, Portland 2
LA Lakers 4, Houston 3
2009-10 42 40 51,2
2010-11 43 39 52,4
2011-12 34 32 51,5
2012-13 45 37 54,9 Perdono il Primo Turno Oklahoma City 4, Houston 2
2013-14 54 28 65,9 Perdono il Primo Turno Portland 4, Houston 2
2014-15 56 26 68,3 Vincono il Primo Turno
Vincono le Semifinali di Conference
Perdono le Finali di Conference
Houston 4, Dallas 1
Houston 4, LA Clippers 3
Golden State 4, Houston 1
2015-16 41 41 50,0 Perdono il Primo Turno Golden State 4, Houston 1
2016-17 55 27 67,1 Vincono il Primo Turno
Perdono le Semifinali di Conference
Houston 4, Oklahoma City 1
San Antonio 4, Houston 2
2017-18 65 17 79,3 Vincono il Primo Turno
Vincono le Semifinali di Conference
Perdono le Finali di Conference
Houston 4, Minnesota 1
Houston 4, Utah 1
Golden State 4, Houston 3
2018-19 53 29 64,6 Vincono il Primo Turno
Perdono le Semifinali di Conference
Houston 4, Utah 1
Golden State 4, Houston 2
2019-20 44 28 61,1 Vincono il Primo Turno
Perdono le Semifinali di Conference
Houston 4, Oklahoma City 3
Los Angeles 4, Houston 1
2020-21 17 55 23,6
2021-22 20 62 24,4
2022-23 22 60 26,8
2023-24 41 41 50,0
Totale 2369 2237 51,4
Play-off 158 164 49,1 2 Titoli NBA

Squadra attuale modifica

Roster Houston Rockets
Giocatori Staff tecnico
Pos. Num. Naz. Nome Altezza Peso Data nascita Provenienza
G 4   Green, Jalen 193 cm 84 kg 09-09-2002 NBA G League Ignite
C 28   Şengün, Alperen 208 cm 110 kg 25-07-2002 Turchia
AG 8   Tate, Jae'Sean 193 cm 104 kg 28-10-1995 Ohio State
C 51   Marjanović, Boban 224 cm 132 kg 15-08-1988 Serbia
AG 10   Smith Jr., Jabari 208 cm 100 kg 13-05-2003 Auburn
AP 17   Eason, Tari 203 cm 98 kg 10-05-2001 LSU
P 1   Thompson, Amen 201 cm 91 kg 30-01-2003 Overtime Élite
AP 7   Whitmore, Cam 201 cm 104 kg 08-07-2004 Villanova
G 5   VanVleet, Fred 183 cm 88 kg 25-02-1994 Wichita State
AP 9   Brooks, Dillon 198 cm 102 kg 22-01-1996 Oregon
AP/AG 32   Green, Jeff 203 cm 107 kg 28-08-1986 Georgetown
P 0   Holiday, Aaron 183 cm 84 kg 30-09-1996 UCLA
C 2   Landale, Jock 211 cm 116 kg 25-10-1995 Saint Mary's
G/AP 25   Bullock, Reggie 198 cm 93 kg 16-03-1991 University of North Carolina at Chapel Hill
G/AP 19   Williams, Nate 196 cm 93 kg 12-02-1999 Buffalo
G/AP 14   Hinton, Nate 196 cm 95 kg 08-06-1999 Houston
AP 00   Samuels, Jermaine 198 cm 104 kg 12-11-1998 Villanova
C 12   Adams, Steven 211 cm 120 kg 20-07-1993 Pittsburgh
Allenatore
Assistente/i

Legenda
  • (C) Capitano
  • (FA) Free agent
  • (S) Sospeso
  • (TW) Contratto Two-way
  • (GL) Assegnato a squadra G League affiliata
  •   Infortunato

RosterTransazioni
Ultima transazione: 16 giugno 2022

Allenatori modifica

Legenda
PA Partite allenate
V Vittorie
S Sconfitte
V% Percentuale di vittorie
Ha trascorso l'intera sua carriera da allenatore con gli Rockets
Eletto nella Basketball Hall of Fame

Note: Statistiche aggiornate a fine stagione 2022-2023.

Num. Nome Stagione/i PA V S V% PA V S V% Successi Note
Stagione regolare Playoff
San Diego Rockets
1 Jack McMahon 1968–1970 190 61 129 .321 6 2 4 .333
2 Alex Hannum 1970–1971 138 58 80 .420
Houston Rockets
3 Tex Winter 1971–1973 129 51 78 .395
4 Johnny Egan 1973–1976 281 129 152 .459 8 3 5 .375
5 Tom Nissalke 1976–1979 246 124 122 .504 14 6 8 .429 1976–77 Allenatore dell'anno NBA
6 Del Harris 1979–1983 328 141 187 .430 31 15 16 .484
7 Bill Fitch 1983–1988 410 216 194 .527 39 21 18 .538 Nella top 10 allenatori della storia NBA[6]
8 Don Chaney 1988–1992 298 164 134 .550 11 2 9 .182 1990–91 Allenatore dell'anno NBA
9 Rudy Tomjanovich 1992–2003 900 503 397 .559 90 51 39 .567 2 Titoli NBA (1994, 1995)
10 Jeff Van Gundy 2003–2007 328 182 146 .555 19 7 12 .368
11 Rick Adelman 2007–2011 328 193 135 .588 19 9 10 .474
12 Kevin McHale 2011–2015 323 193 130 .598 29 13 16 .448
13 J.B. Bickerstaff 2015–2016 71 37 34 .521 5 1 4 .200
14 Mike D'Antoni 2016–2020 318 217 101 .682 51 28 23 .549 2016–17 Allenatore dell'anno NBA
15 Stephen Silas 2020–2023 236 59 177 .250
16 Ime Udoka 2023–oggi 0 0 0 .000

Giocatori modifica

Membri della Basketball Hall of Fame modifica

 
Charles Barkley

Numeri ritirati modifica

Numeri ritirati Houston Rockets
Num. Giocatore Ruolo Stagione/i Giorno ritiro
11 Yao Ming C 2002-2011 3 febbraio 2017
22 Clyde Drexler G 1995-1998 3 febbraio 2000
23 Calvin Murphy G 1970-1983 17 marzo 1984
24 Moses Malone C 1976-1982 19 aprile 1998
34 Hakeem Olajuwon C 1984–2001 9 novembre 2002
44 Elvin Hayes F/C 1968–1972
1981–1984
18 novembre 2022
45 Rudy Tomjanovich F 1970–1981 28 gennaio 1982

Leader di franchigia modifica

Dati aggiornati al 28 dicembre 2023.

Presenze
Assist
  1. James Harden: 4.796
  2. Calvin Murphy: 4.402
  3. Allen Leavell: 3.339
  4. Hakeem Olajuwon: 2.992
  5. Mike Newlin: 2.581
  6. Kenny Smith: 2.457
  7. Steve Francis: 2.411
  8. Sleepy Floyd: 2.363
  9. John Lucas: 2.358
  10. Robert Reid: 2.253
Punti
  1. Hakeem Olajuwon: 26.511
  2. James Harden: 18.365
  3. Calvin Murphy: 17.949
  4. Rudy Tomjanovich: 13.383
  5. Elvin Hayes: 11.762
  6. Moses Malone: 11.119
  7. Yao Ming: 9.247
  8. Robert Reid: 8.823
  9. Mike Newlin: 8.480
  10. Otis Thorpe: 8.177
Palle Rubate
Rimbalzi
  1. Hakeem Olajuwon: 13.382
  2. Elvin Hayes: 6.974
  3. Moses Malone: 6.959
  4. Rudy Tomjanovich: 6.198
  5. Otis Thorpe: 5.010
  6. Yao Ming: 4.494
  7. James Harden: 3.736
  8. Robert Reid: 3.706
  9. Clint Capela: 3.243
  10. Ralph Sampson: 3.189
Stoppate

Palmarès modifica

1994, 1995
1981, 1986, 1994, 1995
1976-1977, 1985-1986, 1992-1993, 1993-1994, 2014-2015, 2017-2018, 2018-2019, 2019-2020

Premi individuali modifica

All-NBA First Team

All-NBA Second Team

All-NBA Third Team

NBA All-Defensive First Team

NBA All-Defensive Second Team

Note modifica

  1. ^ General Information (PDF), in Houston Rockets 2016-17 Media Guide, NBA Properties, Inc.. URL consultato il 21 gennaio 2018.
  2. ^ Houston Rockets Reproduction and Usage Guideline Sheet (JPG), su mediacentral.nba.com, NBA Properties, Inc.. URL consultato il 21 gennaio 2018 (archiviato dall'url originale il 29 aprile 2018).
  3. ^ Official release, Pistons waive forward Josh Smith, in NBA.com. URL consultato il 1º dicembre 2016 (archiviato dall'url originale il 3 ottobre 2017).
  4. ^ Rockets: Harden più volte non è salito sul pullman coi compagni nelle gare in trasferta, in Sportando. URL consultato il 1º dicembre 2016 (archiviato dall'url originale il 2 dicembre 2016).
  5. ^ (EN) NBA players add to chorus of refereeing complaints on Twitter, su ESPN.com, 28 aprile 2019. URL consultato il 28 luglio 2019.
  6. ^ Top 10 Coaches in NBA History, in NBA.com, Turner Sports Interactive. URL consultato il 29 novembre 2008 (archiviato dall'url originale il 17 gennaio 2010).

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

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